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6. UNA NUOVA TEOGONIA E ZOOGONIA

6.1. Premesse

L’Ospite riprende quindi la parola iniziando ad esporre le sue convinzioni sugli dèi: ATENIESE: Innanzitutto, a quanto sembra, date le misere rappresentazioni degli antenati, è necessario che io rappresenti nel modo migliore, rispetto a loro, la nascita degli dèi (qeogon…an) e quella dei viventi (zJogon…an)204, riprendendo quello che in precedenza avevo detto contro gli empi, quando avevo mostrato che gli dèi si prendono cura di tutte le cose, delle piccole e delle grandi, e pare siano inesorabili (¢paramÚqhtoi)205 per quanto riguarda gli atti di giustizia - se vi ricordate, Clinia; infatti, avete preso appunti (Øpomn»mata)206 – ed era senza dubbio vero quello che avevamo detto (980 C 7 – D 5).

203 Va precisato che, all’inizio dell’opera, era stato detto che la questione normativa doveva considerarsi conclusa (973 A 5- B 2): qui però ricompare la figura del legislatore. Lungi dal potere essere considerata una distrazione, è più ragionevole pensare che l’autore abbia volutamente lasciato nel testo dei segnali per suggerire al lettore il collegamento tra l’Epinomide e le Leggi, pur nella diversità dei loro contenuti.

204 Il termine è un hapax nel corpus platonico. 205 Il termine è un hapax nel corpus platonico.

206 Tarán osserva giustamente come questa frase vada intesa nel senso di enfatizzare «ciò che era stato dimostrato nel decimo libro delle Leggi contro gli atei» e che «deve qui essere assunto come conosciuto da Megillo e Clinia e anche dal lettore» (Academica…, p. 260). Sembra quindi poco convincente la lettura proposta da Specchia, il quale vede in questa frase «una precisa indicazione del metodo adottato in Accademia da Platone nell’ultimo periodo della sua vita, quando il dialogo perde ormai le precedenti caratteristiche per acquistare la fisionomia (nuova e diversa) di vera e propria discussione che, elaborata e riveduta nelle sue singole parti, sarà infine pubblicata. Orbene, le Leggi – opera assai vasta e complessa – esigevano, man mano che andavano sviluppandosi, per la stessa natura degli argomenti trattati, continui riferimenti e richiami a quanto era stato detto in precedenza; niente di più normale quindi che alcuni discepoli possedessero sotto forma di “appunti” (Øpomn»mata), provvisoriamente scritti su tavolette di cera, ampie parti dell’opera in via di elaborazione, che andavano a consultare quando se ne desse l’occasione. Se ciò è esatto per le Leggi, non si vede perché non debba essere altrettanto esatto per l’Epinomide, ultimo libro delle Leggi, a queste incorporato quale “appendice” abbozzata da Platone nell’estremo limite della sua vita» (Due note…, pp. 351-2). La lettura di Specchia poggia su basi congetturali, infatti, non abbiamo alcuna notizia sul modus operandi di Platone in fatto di stesura delle sue opere.

L’intento principale di questa nuova argomentazione è quello di proporre un discorso sugli dèi migliore rispetto a quello fatto dagli antenati, i quali si sono limitati ad offrire delle pallide immagini degli dèi207. L’intento dell’Ospite è quindi quello di opporre «alla teogonia, frutto di immaginazione poetica, una nuova e diversa teogonia»208 e, conseguentemente, anche una nuova zoogonia. Ma per essere in grado di compiere tale operazione, è necessario che egli riprenda le fila del discorso sugli empi, discorso che è stato precedentemente affrontato insieme ai suoi interlocutori, dal quale era emerso che gli dèi esistono e si curano di tutte le cose209

.

Con queste premesse l’Ateniese inizia ad esporre il suo discorso sugli dèi, partendo dalla constatazione che:

Questa era la cosa più importante (tÕ mšgiston) tra quelle, ossia che ogni anima è del tutto (¤pasa pantÒj) più vecchia (presbÚteron) di ogni corpo – ricordate forse? Senza dubbio ve ne ricordate in qualche modo? - infatti, ciò che è migliore (¥meinon), più antico (palaiÒteron) e più simile al divino (qeoeidšsteron), è da credere che sia più venerabile210 di ciò che è inferiore (†nšou), più giovane (newtšrou) e meno degno (¢timotšrou)211, come ciò che governa (¥rcon) è del tutto più vecchio (presbÚteron) di ciò che è governato (¢rcomšnou) e ciò che muove (¥gon) di ciò che è mosso (¢gomšnou). Dunque accettiamo questo, ossia che l’anima è più vecchia (presbÚteron) del corpo (980 D 6 – E 3).

207 Nel X libro delle Leggi, a cui questo passo fa esplicito riferimento, si spiegano le ragioni per cui non è bene tener conto dei discorsi fatti dagli antenati sugli dèi: «ci sono da noi discorsi scritti nei libri che da voi non sono a causa della virtù propria della vostra costituzione, come io intendo; alcuni sono in versi, altri in prosa e parlano degli dèi. I più antichi narrano come in principio fu la prima natura del cielo e delle altre cose e, procedendo non molto oltre il principio, espongono la nascita degli dèi e come venuti all’essere gli dèi ebbero rapporti fra loro. E se queste cose per coloro che le ascoltano sono buone o non buone in funzione di qualche altra cosa da quelle che dirò, non è proprio facile valutarlo facendo ad esse rimproveri, a esse che sono così antiche, ma per quanto riguarda le cure e gli onori che si debbono avere per i genitori non potrei proprio dire mai per esse un discorso di lode, non potrei dire che siano utili, né che sono state dette in modo conforme alla realtà, assolutamente. Ma lasciamo e diciamo addio a ciò che riguarda queste cose antiche, su di loro si esprima il giudizio che è caro agli dèi; noi ora dobbiamo accusare le opere dei nostri moderni e sapienti, in quanto sono causa dei mali» (Leggi, X, 886 B 10 – D 3).

208 Specchia, Epinomis…, p. 91.

209 Tarán, e con lui Specchia (Epinomis…, p. 92) e Harward (The Epinomis…, p. 121), nota come «i tre punti qui menzionati erano le conclusioni dell’argomento contro gli atei espresso nelle Leggi» (Academica…, p. 259). Il passo a cui fa riferimento Tarán è a conclusione della dimostrazione sostenuta dall’Ateniese contro gli empi, in cui afferma: «possiamo dire ora di aver dimostrato in modo sufficiente tutte le tre cose che ci siamo proposti e cioè che gli dèi esistono (qeo… te æj e„s…n), che si curano delle cose umane (æj ™pimele‹j) e che non sono assolutamente corruttibili ad andare oltre la giustizia (kaˆ par¦ tÕ d…kaion æj pant£pasin ¢para…thtoi)?» (Leggi, X, 907 B 5-7).

210 Appare subito chiaro che il testo stia proponendo un paragone tra le caratteristiche dell’anima e quelle del corpo, sottolineando come la prima sia indiscutibilmente superiore al secondo. Tuttavia, il testo è corrotto e non si esplicita in che modo l’anima sia da considerarsi migliore anche se la critica si trova concorde nel sottintendere “più venerabile”.

211 La frase in greco suona così: piqanÕn Óti toà †nšou kaˆ newtšrou kaˆ ¢timotšrou. La critica ha notato come il testo sia corrotto in quanto nšou non dà senso, tuttavia risulta chiaro che nel testo si sta istituendo un confronto tra l’anima e il corpo e per fare questo si creano delle contrapposizioni: palaiÒteron – newtšrou;

¥meinon – ¢timotšrou; qeoeidšsteron – †nšou. Harward ipotizza che la parola mancante potrebbe essere qnhtoà o ¢nqrwp…nou (The Epinomis…, p. 121), mentre Novotný suggerisce che la parola mancante sia ¢qšou

(Platonis…, p. 118); Tarán propende per l’ipotesi di inserire ce…ronoj, che «bilancerebbe ¥meinon, mentre

¢timotšrou bilancerebbe qeoeidšsteron» (Academica…, p. 261): a nostro avviso, quest’ultima ipotesi risulta la

Come aveva già in precedenza dimostrato212, l’Ateniese ricorda che l’aspetto più importante di tale argomentazione condotta contro gli empi era che l’anima si trova ad avere una priorità ontologica rispetto al corpo perché è una realtà anteriore a questo213. Essa è quindi più originaria e simile al dio, è lei a governare e a muovere il corpo, il quale è una realtà più giovane e inferiore, destinata quindi, come tale, ad essere comandata e mossa dall’anima214.

Forte di queste premesse, l’Ateniese prosegue dicendo:

Se le cose stanno così, allora per noi è più verosimile che il principio (tÒ prîton) del principio della generazione (oá prètou tÁj genšsewj) sia benefico (Øphrgmšnon); stabiliamo che il principio del principio (t¾n ¢rc¾n tÁj ¢rcÁj) è più nobile (eÙschmonšsteron), e giungiamo nel modo più corretto, per quanto riguarda la generazione degli dèi (perˆ qeîn genšsewj), e agli elementi più importanti della sapienza (tîn meg…stwn sof…aj).

CLINIA: Diciamo che sia così, secondo le nostre capacità (981 A 1-6)215.

Sulla base di queste premesse, l’Ateniese osserva che, poiché l’anima è ontologicamente prima rispetto al corpo, si può verosimilmente supporre che essa, la quale si trova ad essere principio della generazione, sia anche un principio benefico; inoltre avrà uno statuto più nobile rispetto a quello del corpo, di cui a breve si parlerà. Tenendo conto di questi elementi si sarà quindi in grado di fare un discorso corretto per quanto concerne gli dèi e i problemi più importanti relativi alla sapienza.

Clinia non trova nulla da obiettare, si limita semplicemente ad osservare che ciò che l’Ateniese ha mostrato è da considerarsi vero nei limiti delle umane capacità: questo significa che l’uomo potrà avvicinarsi ad un corretta descrizione degli dèi ma, essendo questa realtà immensamente superiore a lui, non potrà mai rappresentarla perfettamente.

212 L’intera dimostrazione dell’anteriorità dell’anima sul corpo, da cui prende le mosse il discorso condotto qui dall’Ospite, si trova espressa in Leggi, X, 894 E 4 – 897 B 6. All’interno di tale dimostrazione, il passo in cui più chiaramente si espone quanto viene qui ricordato dall’Ateniese cita: «quasi tutti rischiano di aver ignorato la natura dell’anima, che cosa si trova ad essere, e la sua facoltà e, fra le altre cose che la riguardano e che riguardano anche la sua generazione, hanno ignorato che l’anima è una delle entità originarie che ha preceduto tutti i corpi nel suo venir all’essere e guida tutti i mutamenti e le trasformazioni di questi più di ogni altra cosa. Se dunque queste cose sono così, non è forse anche necessario che tutto ciò che appartiene al genere dell’anima abbia preceduto nel suo venir all’essere tutto ciò che appartiene al corpo, poiché l’anima è più vecchia del corpo? CLINIA: Necessario» (Leggi, X, 892 A 2 – B 1).

213

Nel corso della trattazione sull’anima esposta nel X libro delle Leggi si ricorda più volte l’anteriorità dell’anima sul corpo (cfr. 892 A 5; 893 A 6-7; 896 B 2-3; 896 C 1-2).

214 Tutta la dimostrazione dell’anteriorità dell’anima sul corpo esposta nel X libro delle Leggi si basa sulla definizione di anima come «quel movimento che è capace di muovere se stesso» (896 A 1-2) e, conseguentemente, di causare il cambiamento e il mutamento nelle cose (892 A 5-7; 896 B 1).

215 Novotný ritiene l’intero passo un «difficillimo loco» (Platonis…, p. 119) ed anche Harward conviene che il passaggio sia davvero «difficile» (The Epinomis…, p. 121). Specchia, in linea con gli altri interpreti, segnala «notevoli difficoltà di interpretazione» e suggerisce di tradurre l’intero periodo come segue: «se è così, ne consegue che il nostro principio di generazione meriterà più credito di quello stabilito dagli antichi; ammettiamo anche che il principio da noi stabilito è più eccelso di quello loro e che noi intraprendiamo, nella maniera più giusta, nei riguardi della generazione degli dèi, i problemi più importanti della sapienza» (Epinomis…, pp. 92-3).

L’assenso di Clinia consente così all’Ospite di proseguire domandando: ATENIESE: Suvvia, diciamo cosa verissima e secondo natura sostenendo che il vivente si ha quando l’anima e il corpo si incontrano in una composizione (sÚstasij), producendo una sola forma (m…an morf»n)?

CLINIA: Evidentemente.

ATENIESE: Questo è quindi il modo più giusto per chiamare il vivente?

CLINIA: Sì (981 A 7 – B 2).

Dopo aver elencato le peculiarità dell’anima, si avanza ulteriormente nell’argomentazione fino a sostenere che dove vi è l’unione dell’anima e del corpo in un’unica forma, possiamo dire che l’anima vivifichi quest’ultimo consentendo così di chiamare questo legame “vivente”.

Con questa precisazione si conclude quella che potremmo definire una “premessa” al discorso che seguirà, nel quale, oltre a menzionare l’anima, verrà approfondita la dimensione del corpo e le sue differenti articolazioni.