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I personaggi ed il luogo del dialogo

4. I PERSONAGGI, IL TEMPO E IL LUOGO DEL DIALOGO

4.1. I personaggi ed il luogo del dialogo

L’Epinomide presenta gli stessi tre anziani personaggi protagonisti della discussione che si svolge nelle Leggi: il cretese Clinia, lo spartano Megillo e l’anonimo Ospite ateniese. Inoltre, il dialogo ci offre qualche vaga coordinata temporale – su cui a breve rifletteremo –, ma, per quanto concerne il luogo di svolgimento della discussione, non ci fornisce nessuna indicazione.

Fra gli intervenuti è Clinia ad aprire il dialogo proponendo l’argomento di discussione, ma sarà poi l’Ospite a farsi carico dell’intero svolgimento dell’argomentazione (973 B segg.): una volta che l’Ateniese inizia il suo discorso, sarà solo Clinia ad interagire brevemente con lui82. In questo scenario non può non saltare all’occhio una stranezza riguardante Megillo: per tutto il dialogo sarà un personaggio “muto”. Egli, infatti, viene esplicitamente nominato due volte, una proprio all’inizio del dialogo da Clinia che presenta gli intervenuti alla discussione (973 A 2: tre‹j Ôntej, ™gë kaˆ sÝ kaˆ Mšgilloj Óde); e una seconda volta dall’Ateniese, che si rivolge ai suoi interlocutori domandando loro quale sia il dio causa di ogni bene per l’uomo (977 A 2: t…na d¾ kaˆ semnÚnwn pote lšgw qeÒn, ð Mšgillš te kaˆ Klein…a;). Egli viene poi indirettamente ricordato da Clinia quando quest’ultimo si propone di rispondere a nome di entrambi all’Ateniese (979 E 6: taàt' œstai: kaˆ Øpὲr ¢mfo‹n ™gè soi fr£zw.); ed infine in altri due punti dove l’Ospite richiama l’attenzione dei suoi interlocutori su un discorso fatto in precedenza, di cui essi dovrebbero aver memoria (980 D 3-4: e„ d¾ mšmnhsqš ge, ð Klein…a: ™l£bete mὲn g¦r d¾ kaˆ Øpomn»mata; 980 D 6-7: «ra mšmnhsqe; À p£ntwj pou toàtÒ ge;). Tuttavia, nonostante non vi possano essere dubbi rispetto alla sua presenza tra gli intervenuti alla discussione, all’interno del dialogo Megillo non partecipa mai attivamente al dibattito.

82 Epinomide, 973 C 9 – D 2; 979 D 7-8, E 3-4, E 6; 980 A 6, B 3-6, C 1-3, C 6; 981 A 6, A 10, B 2; 986 A 4, A 7.

La critica si è limitata a segnalare questa peculiarità riguardante Megillo, senza però soffermarsi sulle possibili ragioni di tale silenzio, ragioni che, invece, a nostro avviso, necessitano per lo meno di un tentativo di chiarimento83.

Il silenzio di questo personaggio è davvero “strano”: non si riesce a capire che necessità ci sarebbe stata per l’autore dell’Epinomide di presentare subito al lettore un personaggio che non avrà alcun ruolo all’interno dell’analisi a seguire e, tanto meno, di ribadirne la presenza, come visto, nel corso della discussione. Considerando le tematiche svolte all’interno dell’Epinomide, non ci sembra del resto vi siano ragioni sufficienti per sostenere che Clinia sia maggiormente preparato per una discussione di carattere cosmologico rispetto allo spartano, e quindi abbia maggior diritto di parola rispetto a Megillo84.

Se però consideriamo l’Epinomide all’interno del corpus platonico, ci accorgiamo che questa situazione, in cui un personaggio viene presentato per poi non proferire parola nel corso del dialogo, non è nuova: infatti, nel blocco dei dialoghi dialettici Teeteto-Sofista-

Politico, troviamo Socrate il giovane che viene lasciato da Platone volontariamente e consapevolmente muto fino al Politico, opera in cui diviene l’interlocutore principale di

Socrate85.

Se quindi consideriamo che in altri dialoghi Platone ha scelto di adottare un personaggio muto per il suo “teatro filosofico”, il silenzio di Megillo potrebbe apparire qui

83 Specchia, Platone..., p. 70; Tarán, Academica..., p. 204; Novotný, Platonis…, p. 48.

84 Va segnalato come, anche nelle Leggi, gli interventi di Clinia siano in numero nettamente superiore rispetto a quello di Megillo, come appare dalla breve schematizzazione a seguire:

I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII Totale interventi

Megillo 23 0 66 3 0 3 3 11 0 2 0 2 113

Clinia 103 108 80 79 1 46 113 30 46 123 12 53 794

Nonostante queste differenze, resta indiscutibile il fatto che, all’interno delle Leggi, Megillo svolga un ruolo attivo nella discussione, mentre nell’Epinomide egli è solo una presenza silenziosa.

85 M. Migliori chiarisce bene questa volontà di far tacere un personaggio presente sulla scena sostenendo che «tale procedura, che è molto strana in sé, serve a compiere un gioco drammaturgico che, nel nostro schema di “teatro filosofico” è massimamente evidente. Per ben due dialoghi Socrate il giovane è stato un personaggio muto, in senso letterale: si dice – come di Megillo nell’Epinomide – che è presente, ma egli non apre bocca; invece nel Politico diviene l’interlocutore, mentre Teeteto diviene improvvisamente muto e letteralmente non pronuncia nemmeno una parola. Questo gioco spiega perché non gli viene nemmeno chiesto, per coerenza con quanto si è detto nel Sofista e “per educazione”, se si sente davvero stanco. La cosa ha doppio rilievo se si pensa a chi è Socrate il giovane: per noi è poco più che un nome, ma in realtà è uno Scolarca, prematuramente scomparso, e primo maestro, ad esempio, di Aristotele, che entrò in Accademia quando Platone era a Siracusa. Il suo silenzio è quindi assolutamente rilevante, come lo è il suo dialogare con l’Ospite nel momento in cui si tratta di individuare la natura di quella che è “la scienza del governo degli uomini, che è quasi la più difficile e la più importante da acquisire” (Politico, 292 D 3-4). In effetti, in questo modo, dopo un confronto tra Socrate e Teeteto, personaggio vicino all’Accademia (Teeteto) e uno tra Teeteto e un Platone eleatizzante, nascosto sotto la figura dell’Ospite di Elea, allievo di Parmenide e Zenone, quindi esponente di una terza generazione di Eleati mai esistita (Sofista), abbiamo un dibattito tutto interno all’Accademia, adeguato alla superiore rilevanza dell’argomento (Politico)» (Tra polifonia e puzzle. Esempi di una rilettura del “gioco” filosofico di Platone, in La struttura del dialogo platonico, a cura di G. Casertano, Loffredo editore, Napoli 2000, pp. 171-212, pp. 206- 207).

meno “strano” e inusuale e può forse essere letto come una scelta narrativa da parte dell’Autore: tuttavia, le ragioni del silenzio di Megillo non sono così evidenti come nel caso di Socrate il giovane. Se però consideriamo l’ipotesi di vedere nell’Epinomide solo la bozza di un dialogo, ecco che allora il silenzio di Megillo potrebbe acquisire una ratio ed essere una chiara traccia dello stato di incompiutezza dell’opera. Questa seconda ipotesi interpretativa della silente presenza di Megillo ha un senso solo se si ritiene che l’autore sia Platone: infatti, se è plausibile che la morte abbia colto il filosofo prima che potesse completare la stesura dello scritto, viceversa, qualora si scegliesse di attribuire lo scritto a Filippo di Opunte, «non

si vede perché avrebbe lasciato il dialogo incompleto in modo che il lettore, più che uno

sviluppo, ha davanti a sé una traccia» 86.