Capitolo 1. I cambiamenti di paradigma dovuti a internet e i nuovi modi di comunicare
1.4 L’evitamento delle pubblicità su internet
1.4.1 La percezione della pubblicità da parte dei consumatori
Una delle possibili risposte da parte dei consumatori alla pubblicità online è quella di evitarla. Abbiamo visto nel paragrafo 1.2 come i tassi di click sulle pubblicità display, e in generale le interazioni nei confronti delle pubblicità su internet, si attestino a valori
percentuali molto bassi. Larga parte degli utenti, infatti, ignora il contenuto pubblicitario, se non, addirittura, lo blocca attraverso software appositi di ad blocking.
Nel presente paragrafo, quindi, ci si propone di approfondire gli aspetti cognitivi dei consumatori che li portano ad evitare o a spegnere la pubblicità su internet, discutendo l’importante trend dell’ad blocking, in particolare proponendo un focus sul target dei millennials.
Discutendo preliminarmente degli aspetti percettivi delle pubblicità online nel paragrafo 1.2, era emerso come la variabile più importante nella creazione di annunci pubblicitari su internet fosse quella delle motivazioni che spingono gli utenti ad utilizzare internet. Ovvero, gli utenti preferiscono ricevere informazioni in linea con i loro interessi, che possono essere sia informativi che di intrattenimento.
Esistono delle forme pubblicitarie, specie su internet, come le pubblicità pop-up7, che inducono gli utenti ad avere quella che lo psicologo sociale Brehm (1966) chiamava “reattanza psicologica”: questa teoria spiega il comportamento delle persone quando sentono di perdere la libertà in un contesto, fino a che non fanno di tutto per restaurare la situazione iniziale. Questo comportamento da parte dei consumatori nell’ambiente digitale è stato indagato da Edwards, Li, & Lee (2002), e arriva alla conclusione che le pubblicità su internet possono essere percepite come invasive e intrusive, risultando prima nell’irritazione e poi nell’evitamento degli utenti da parte delle pubblicità.
Nel caso specifico delle pubblicità invasive su internet, gli utenti si ritrovano a dovere interagire necessariamente con un’offerta commerciale, anche solo per farla scomparire dalla propria finestra. In qualsiasi caso, queste interruzioni forzano gli utenti a dare una risposta cognitiva, affettiva o comportamentale alla pubblicità, che possono avere risolvi positivi o negativi per l’inserzionista. Se la pubblicità impedisce all’utente di visualizzare il contenuto desiderato liberamente, oppure rallenta il caricamento del contenuto stesso, sarà percepita come interruttiva, portando quindi a un risultato negativo.
Gli aspetti dell’evitamento della pubblicità e dei suoi risvolti negativi sul comportamento degli utenti erano già studiati dalla letteratura con riferimento alla pubblicità televisiva (Abernethy e Avery, 1991), portando i fruitori a cambiare canale se non, addirittura, stanza rispetto a quella dove si trovava il televisore. Secondo le diverse ricerche, ciò avviene soprattutto quando i contenuti della pubblicità non sono in linea con gli interessi del target
7 Secondo le linee guida dello IAB (2001), il pop-up è una forma di pubblicità rich media che viene lanciata
audience, quando le pubblicità hanno un tono esagerato (Bauer e Greyser, 1968)quando sono troppo lunghe o troppo frequenti (Aaker e Bruzzone, 1985).
Solo alcune pubblicità sono viste come irritanti; secondo Ha (1996) questo è dovuto al concetto di intrusività, che sta ad indicare l’interruzione del contenuto editoriale. Come visto nelle risposte cognitive legate alle pubblicità nel paragrafo 1.2, il primo obiettivo della pubblicità è attirare l’attenzione dei consumatori, quindi interrompere il contenuto di cui sta fruendo il consumatore dovrebbe essere il primo criterio per determinare l’efficacia della pubblicità. Tuttavia, non tutte le pubblicità che distolgono l’attenzione da un contenuto sono percepite come disturbanti o irritanti. La percezione di una pubblicità come “intrusiva” dovrebbe essere considerata la valutazione cognitiva del grado in cui una pubblicità interrompe gli obiettivi informativi e di intrattenimento su internet da parte dei consumatori (Edwards, Li, e Lee 2002). Già Pasadeos (1990) con una ricerca aveva scoperto che quando le pubblicità venivano percepite come di valore – contenendo quindi informazioni utili – stimolavano un minor grado di irritazione e, in ultimo, di evitamento.
L’esperimento di Edwards, Li e Lee (2002) su un campione di consumatori ha confermato l’ipotesi per cui quando le pubblicità vengono percepite come intrusive, i consumatori provano irritazione e le pubblicità vengono evitate. Questa percezione dipende dall’intensità cognitiva con cui l’utente vuole raggiungere i suoi obiettivi, ovvero da quanto è concentrato sulla pagina web che sta visualizzando. In tutti i casi, quando le pubblicità venivano richieste o fornivano valore informativo o di intrattenimento, le probabilità che venissero percepite come meno irritanti e interruttive, e che quindi non venissero evitate, erano più alte.
Questa prima discussione ha reso evidente quali siano le principali motivazioni per le quali gli utenti ritengano invasive le pubblicità su internet. Un altro studio (Cho e Cheon, 2004) prova a costruire un modello teorico per spiegare perché gli utenti su internet evitino le pubblicità da un punto di vista cognitivo, affettivo e comportamentale. Questo si basa su tre variabili, cioè:
1) l’impedimento dell’obiettivo percepito: i consumatori nell’utilizzo di internet potrebbero essere guidati da un obiettivo ben preciso, e se vengono disturbati nel perseguimento di questi da una pubblicità, significa che questa era intrusiva. Secondo il modello degli autori, questa è risultata essere la variabile più significativa, coerentemente con la definizione di Internet come “mezzo orientato all’obiettivo”, viene utilizzato cioè dagli utenti per uno specifico scopo;
2) la confusione della pubblicità: un altro fattore che influenza l’evitamento delle pubblicità è il numero eccessivo di pubblicità incontrate durante la navigazione di un sito da parte di un utente;
3) esperienze precedenti negative: i consumatori potrebbero essere influenzati dalle esperienze già vissute in precedenza.
La pubblicità viene evitata in diversi modi, secondo il modello CAB (cognitive – affective –
beahavioral):
• a livello cognitivo l’evitamento delle pubblicità si manifesta in tutte quelle convinzioni che si sono create negli individui con riferimento alle pubblicità stesse. Se cioè si sono create delle convinzioni negative, si creeranno delle risposte cognitive di evitamento delle pubblicità;
• a livello affettivo l’evitamento delle pubblicità riguarda una risposta emotiva o un sentimento negativo nei confronti di una pubblicità, come il fatto di non averne apprezzata una caratteristica;
• a livello comportamentale, l’evitamento delle pubblicità si manifesta in un’azione specifica intrapresa dall’individuo, come lo scroll della pagina per evitare la visualizzazione dei banner, la chiusura dei pop-up, o la chiusura delle pagine contenenti le pubblicità.
Quali possono essere le soluzioni all’evitamento delle pubblicità da parte dei consumatori? Si può vedere il problema da tre punti di vista diversi: quello dell’inserzionista, quello dell’editore e quello del consumatore/fruitore della pubblicità. L’inserzionista dovrebbe creare delle pubblicità che siano in linea con gli interessi dimostrati dall’utente attraverso il comportamento manifestato da Internet. Si tratta del modello della pubblicità contestuale perseguito ad esempio dall’Affiliate Marketing e dai banner contestuali di Google AdSense e DoubleClick8. L’editore, dal suo canto, dovrebbe invece accettare di ospitare sul proprio sito soltanto quelle pubblicità in linea con le caratteristiche demografiche, psicografiche e comportamentali del proprio audience. L’utente che invece voglia evitare le pubblicità potrebbe mettere in atto dei meccanismi di blocco delle pubblicità, attraverso software specifici di ad blocking, i quali aprono il campo a una nuova serie di discussioni.
8 Attraverso il tracciamento del comportamento degli utenti su internet grazie ai cookie di navigazione, il
circuito DoubleClick, nato alla fine degli anni ’90 e poi acquistato da Google per integrare i propri servizi pubblicitari, riesce a restituire agli inserzionisti un pubblico altamente profilato a cui rivolgere i propri annunci, e agli utenti dei contenuti pubblicitari tendenzialmente in linea con i loro interessi espressi in fase di navigazione.