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La ricerca di un mestiere

Nel documento Vittorio Valletta (pagine 35-40)

Nel 1897, Vittorio Valletta venne iscritto alla sezione commer-ciale dell'Istituto Tecnico «Germano Sommeiller». Questa scuola, dedicata nel 1882 alla memoria del cosmopolita ingegnere francese che aveva progettato il traforo del Fréjus e ne aveva diretto i lavori, costituiva già da mezzo secolo una delle glorie della cultura indu-striale torinese. Con le sue quattro sezioni (induindu-striale, commerciale, fisico-matematica, agrimensura), fabbricava i cervelli e i quadri delle nuove istituzioni economiche, quelli che avrebbero poi costituito i

li-velli intermedi della loro struttura organizzativa nel periodo del de-collo industriale, a cavallo dei due secoli.

Numerose attività manifatturiere, commerciali e creditizie di ti-po nuovo stavano già trasformando la città sabauda, vissuta per qual-che tempo nel ricordo amaro del perduto ruolo di capitale del Re-gno, in un dinamico polo di sviluppo industriale. Il fermento di atti-vità nuove che stavano caratterizzando il processo di industrializza-zione, pur non offrendo alla città la prospettiva immediata di un nuovo primato, creava aspettative inedite e mobilitava crescenti quantità di risorse materiali ed umane. In particolare, generava un gran numero di funzioni e competenze professionali necessarie a soddisfare le più diverse esigenze nel campo della tecnica, dell'ammi-nistrazione aziendale e commerciale, dell'organizzazione produttiva.

«All'avvocato burocrate», ha scritto Valerio Castronovo, «che per tanti anni aveva impersonato in maniera emblematica i connotati e le ambizioni della borghesia benestante, e che peraltro continuerà a far parte del paesag-gio culturale torinese, si erano affiancate, con più spiccato prestipaesag-gio, quelle dell'ingegnere e del cultore di discipline scientifiche ed economiche».

Allargandosi la sfera dei ruoli professionali necessari alla gestio-ne delle istituzioni pubbliche e private, si estendeva in misura corri-spondente la potenziale area sociale di reclutamento della nuova classe dirigente; questa si sarebbe formata anche con il concorso dei nuovi professionisti che fossero riusciti a distinguersi dalla « falange degli impiegati», forze emergenti di una piccola e media borghesia che stavano trovando nel processo di industrializzazione e moderniz-zazione della società civile l'occasione buona per un'insperata affer-mazione sociale ed economica.

La sezione commerciale dell'Istituto «Germano Sommeiller» era dominata dalla figura di Vincenzo Gitti, docente di ragioneria, comunemente considerato «principe della professione», seguace di Fabio Besta, il maestro della prestigiosa Scuola Superiore di Com-mercio di Venezia creata nel 1868 da Luigi Luzzatti e diretta da Francesco Ferrara. Gitti ereditò e diffuse attraverso il suo insegna-mento il contenuto più innovativo della scuola veneziana. Fino agli ultimi decenni dell'Ottocento, infatti, l'insegnamento e la pratica della ragioneria erano legati alle tecniche di controllo, in uso presso la Ragioneria Generale dello Stato. Besta e la sua scuola la trasforma-rono in una dottrina del controllo economico aziendale, inteso a quantificare i singoli momenti del « lavoro economico, nelle sue cau-se e nei suoi effetti », allo scopo di « poterlo con fondata conoscenza

dirigere verso gli scopi prefissati». Nella teoria veneziana, lo scopo della ragioneria non era più soltanto l'accertamento delle responsa-bilità personali degli attori, ma anche e soprattutto il controllo del-l'utilizzazione delle risorse, la «determinazione, registrazione e co-strizione del lavoro economico». Attraverso l'insegnamento di Gitti e di altri professionisti provenienti dalla scuola di Ca' Foscari, l'anti-ca cultura merl'anti-cantile e cosmopolitil'anti-ca della Serenissima faceva dun-que sentire il proprio peso nei travagli del nascente industrialismo piemontese.

Nell'ottobre del 1901, Vittorio Valletta conseguì il diploma di perito commerciale e ragioniere. I risultati dei suoi studi furono ec-cellenti, anche se f u r o n o conseguiti più per la tenacia dell'impegno che per naturale vocazione agli studi.

Dai registri dell'Istituto Sommeiller risulta anche che Vittorio Valletta ricevette una medaglia d'oro dalla Camera di Commercio di Torino e una menzione d'onore per la calligrafia, disciplina allora molto importante negli studi di contabilità aziendale. Questo ricono-scimento è comunque tale da suscitare un certo stupore in chi ha do-vuto cimentarsi nella lettura di qualche manoscritto vallettiano; com-pito assai improbo, che pochi suoi collaboratori furono successiva-mente in grado di svolgere con sufficiente disinvoltura.

Come accadeva frequentemente negli istituti di orientamento professionale e commerciale, soprattutto nel caso degli studenti più intraprendenti, il preside del Sommeiller inviò Valletta a fare pratica di contabilità e direzione aziendale presso la cartiera di Altare e, suc-cessivamente, alla cartiera di Germagnano, in valle di Lanzo, pro-prietà di Oreste Giacomelli, sindaco del paese.

Il passaggio dall'istruzione al lavoro fu dunque immediato. Alle cinque della mattina, Valletta raggiungeva la piccola stazione ferro-viaria di Ponte Mosca, verso la periferia orientale della città, per prendere il primo treno della linea Cirié-Lanzo, quella che molti tori-nesi, con espressione ironica e devota, chiamavano la «Chirielei-son», a sottolineare la frequenza delle fermate e la lentezza dell'an-datura. Gli operai che salivano in vagone, un po' per scherzo e un po' per simpatia, issavano quel piccolo diciottenne assonnato nella reticella dei bagagli, dove riusciva ancora a rimediare qualche mez-z'ora di studio. Nel corso di quelle prime esperienze, Valletta riuscì ad ottenere un mese di permesso che trascorse presso una cartiera concorrente di Verzuolo Piemonte, dove ebbe modo di conoscere e ammirare il giovane ingegnere ligure Luigi Burgo, che avrebbe poi fondato, qualche anno dopo, la omonima impresa. Furono esperien-ze preziose, che familiarizzarono il giovane Valletta con i

rudimenti-dell' organizzazione aziendale. A più di sei decenni di distanza da quelle lontane esperienze, Valletta le ricorderà come il primo contat-to significativo con i problemi dell'organizzazione produttiva:

«Il macchinario cartario è il più antico esempio di macchinario che sfrutta il principio della linea di produzione. Questo sistema fu in seguito adottato da tutte le industrie. Fu una grande esperienza per me».

3. « Istruzione e Lavoro ».

Il lavoro in cartiera non impedì comunque a Vittorio Valletta di realizzare il suo spirito missionario. Per due anni, tra il 1901 e il 1903 , insegnò gratuitamente nelle scuole popolari festive organizzate dalla Lega Italiana di Insegnamento, dove tenne i corsi di ragioneria e computisteria, dando « costanti prove di speciale competenza e at-titudine didattica», come sottolinea un attestato rilasciato dal diret-tore. Scopo della Lega era quello di diffondere presso i ceti popolari gli elementi generali dell'istruzione e nozioni basilari di cultura prati-ca e professionale.

Nei primi anni del secolo, quando Valletta vi insegnò, poco più che ragazzo, la Lega Italiana d'Insegnamento recava ancora l'im-pronta datale dal suo fondatore, l'avvocato torinese Cesare Revel. Lettore e divulgatore dell'opera di Benjamin Franklin, filantropo e animatore di società di mutuo soccorso, Revel fu anche autore di nu-merosi volumetti di larghissima fortuna, tra i quali fu ai suoi tempi famoso II Libro dell'Operaio. Era un appello alla solidarietà tra capi-tale e lavoro nella comune battaglia contro la miseria, un'esortazione all' operosità, la sola forza che «potrà sollevare le turbe plebee alla dignità di popolo ».

Nel 1904, raggiunta la maggiore età e accumulato un piccolo gruzzolo di risparmi, Valletta aprì un piccolo studio in Via Garibaldi 23, nei pressi di Piazza Castello. L'ufficio si trovava al piano terreno dello stesso palazzo in cui aveva sede la casa editrice Paravia; consi-steva in un'unica stanza, con due tavoli e un bancone di legno a tre sportelli. L'attività professionale, agli inizi, era poca cosa; ma il tito-lare dello studio godeva già della fiducia di Gitti, che aveva ufficio ad un portone di distanza, e di Giuseppe Broglia, una singolare figura di commercialista veronese che, nella professione e nell'insegnamento, nell'amministrazione aziendale e nell'attività culturale del «Circolo Veneto », diffondeva la teoria e la pratica della ragioneria riformata

di Besta. Dallo studio di Via Garibaldi 31, Broglia teneva una fitta rete di rapporti con industrie e società commerciali, con le banche e il Tribunale. Valletta, quindi, si trovò a godere dei favori di questo piccolo « clan dei veneziani » e di fatto il suo studio, per qualche an-no dopo l'avvio, fu una succursale degli studi di Gitti e di Broglia; questi, oltre a dirottare verso il suo ufficio un consistente volume di pratiche amministrative, gli garantirono l'ammissione all'associazio-ne professionale dei ragionieri, di cui erano fondatori e massimi diri-genti. A queste caratteristiche, Gitti aggiungeva anche quella di esse-re figura di grande rilievo nella massoneria torinese e, in particolaesse-re, Gran Tesoriere del Grande Oriente d'Italia.

Nei primi anni del secolo, mentre muove i primi passi dell'attivi-tà professionale, Valletta si dedica con molto entusiasmo all'attividell'attivi-tà di insegnamento. Dal 1904 al 1905 insegna materie contabili in un benemerito Istituto di Commercio, Lavoro e Arte, di cui è anche vi-cedirettore. La sua scolaresca, molto eterogenea per età, è accomu-nata da una forte motivazione ad abbinare lo studio con l'impegno pratico: d'altra parte «Istruzione e Lavoro» era il motto della scuola.

È in questa atmosfera culturale e sociale che matura la giovanile adesione di Valletta al socialismo, che in età più avanzata avrà poi modo di rievocare con qualche occasionale interlocutore. Non fu una scelta ideologica argomentata, ma un'adesione diretta alla causa dei diseredati volenterosi, la speranza in una democrazia dei migliori, uno spontaneo moto di simpatia per i diseredati in cerca di emanci-pazione.

Era, in fondo, una versione ridotta del « socialismo dei professo-ri», che al giovane Valletta fu ben presente attraverso l'opera e l'in-segnamento di Luigi Luzzatti, il fondatore della scuola veneziana, precursore e artefice della legislazione sociale italiana, apostolo del movimento cooperativo e fondatore dell'Associazione Industriale Italiana. La figura di Luzzatti sembra contenere, su orizzonti cultura-li ben più vasti, molte o quasi tutte le forze ideacultura-li che si agitano nel-l'animo di Valletta: acquisizione e diffusione di una cultura profes-sionale che garantisca l'inserimento del «proletariato intellettuale» nel processo di modernizzazione della società, adesione al movimen-to cooperativo per l'unione e la concordia di tutte le forze operose e produttive della nazione, esaltazione del volontariato e del sacrificio personale.

Ci fu anche, da parte di Valletta, qualche sporadico tentativo di attività politica vera e propria, per la quale aveva tuttavia scarsa incli-nazione. Gli occorse anche uno spiacevole incidente, durante la cam-pagna per una tornata di elezioni amministrative. Sulla piazza del

co-mune di Quattordici, in provincia di Alessandria, un malfermo podio di legno, rimediato alla buona, cedette di schianto sotto il peso della sua pur modesta persona e il giovane oratore finì malconcio in un mucchio di assi e di risate.

Il suo impegno si riversò interamente nell'insegnamento, pratica-to contemporaneamente in diversi istituti, che lo ripagarono con il ri-conoscimento del disinteressato contributo dato all'attività della scuola. Il direttore dell'Istituto di Commercio, Lavoro e Arte, colle-gato alle Scuole Popolari Da Camino, in data 3 luglio 1905 scriveva a Valletta:

«Chiusosi con la premiazione del 25 giugno l'anno scolastico 1904-5, sento l'obbligo di ringraziare la S.V. Illustrissima per il generoso concorso da lei prestato all'istituzione e mi permetta che possa affermarle tutta la mia soddisfazione per le sue rare qualità di insegnante, frutto del suo non comu-ne ingegno ».

E con toni non diversi, il direttore del Circolo Torinese della Le-ga Italiana di Insegnamento, EdLe-gardo Corbelli, certificò che Vittorio Valletta

« ha prestato il suo disinteressato concorso alle scuole festive promosse da questa istituzione in qualità di Insegnante di Computisteria e Ragioneria e che in tale ufficio diede costante prova di speciale competenza e attitudine didattica».

I tempi della « miseria dal colletto duro » non erano ancora finiti. Il giovane insegnante andava a scuola vestito in un elegante stiffelius, ma abitava ancora in Borgo San Salvario, in una modesta abitazione di Via Pallamaglio, con il gabinetto comune sul balcone. Vi si trasferì nel 1905, quando il «casone» venne abbattuto per intervento del-l'autorità di pubblica sicurezza.

Nel documento Vittorio Valletta (pagine 35-40)