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La Sommaria e le comunità: diritti e prerogative

TENTATIVI DI AUTONOMIA AMMINISTRATIVA: I CAPITOLI DI AGNONE E CAMPOBASSO

5.1. Il controllo amministrativo e finanziario del Regno: la Regia Camera della Sommaria Nel Regno di Napoli la Regia Camera della Sommaria, nata con la dominazione angioina, già

5.4.4. La Sommaria e le comunità: diritti e prerogative

Se i privilegi concessi direttamente dal sovrano erano, come abbiamo visto, la forma più rigorosa delle prerogative godute dalle comunità, l’università aveva anche modo di ritagliarsi diritti vari anche attraverso un processo negoziale con la Sommaria: la tutela e la rivendicazione di tali prerogative e diritti non erano meno importanti per l’università della difesa dei suoi privilegi sovrani. Nel 1469 la Camera in una lettera inviata al doganiere e credenziere della dogana di Termoli accolse le lamentele dell’università in merito all’esazione dello ius extiturum: il documento è particolarmente significativo perché ricostruisce i passaggi precedenti della vicenda.

Il 4 novembre 1468 i funzionari della Camera avevano scritto a

lo mastro portulano de le province de Terra de Bari e Capitinata che devesse intimare ad tucti dahaneri de sua iurisdictione che havessero dallhura innanzi exacto lo Ius exiturum et alii diricti per ollyo, caso, carne salata et sivo che per mare se extrahesse

come avveniva in precedenza nel Regno. In seguito però il sovrano aveva deliberato che

ne la exequicione de dicte lettere se devesse soprasedere fin attanto che sopra zò altro fosse per sua Maiestà conmandato et de questo fossero state spazate lettere per questa camera date449directe a lo dicto mastro portulano.450

Oltre alla questione dello jus extiturum, i termolesi avevano anche chiesto il rispetto di alcune prerogative di cui avevano sempre goduto e che i funzionari pubblici negavano. Di tali prerogative la Sommaria riconobbe l’esattezza e chiarì che voleva che Termoli continuasse a goderne (con l’interessante notazione sulla differenza di condizione, per l’università, del dominio diretto regio e del dominio feudale: torneremo su questo tema), scrivendo ai destinatari che a loro non sembrava giusto «che la università et homini predicti debiano havere pegio condicione et tractamento mo ch’è sopto lo demanio de lo Signore re che haveano in tempo che erano sopto barone»451.

Tali prerogative erano tenere fiera a maggio e agosto e mercato franco il lunedì, con una serie di esenzioni e la possibilità di utilizzare gli erbaggi di quelle parti «de la silva de lo Commune che

449 Il 20 febbraio 1469. 450 Doc. 24.

127 antiquamente li citadini haveno tenuto et posseduto et usufructatose et de quelli disposto pro eorum arbitrio» (ci si rifà qui all’esistenza di beni comuni di cui ‘antiquamente’ l’universitas aveva goduto)452. Pertanto la Sommaria ordinava al doganiere e al credenziere di Temoli che sia riguardo le fiere e il mercato, sia per quanto riguarda le parti del bosco «vel qualsevole altra consuetudine» non dovessero «ignovare» nulla, e nel caso ritenessero necessario modificare qualcosa, avrebbero dovuto prima chiedere in Sommaria. Si noti, en passant, che ciò che Termoli chiedeva in Sommaria, Campobasso lo aveva chiesto al re nei capitoli453.

Il fatto che i funzionari volessero negare a Termoli questo privilegio sicuramente non deriva a questa data dalla scarsa importanza della città, che era al contrario un vivace centro portuale e commerciale, sede diocesana e centro eponimo di una contea cruciale dal punto di vista strategico per il controllo dei traffici marittimi e il sistema della Dogana della Mena delle pecore, ma per la forza della monarchia in quel momento. Come abbiamo detto infatti, nel 1469 re Ferrante era ben saldo sul trono, avendo eliminato i nemici militarmente più forti come i Caldora e Giacomo Piccinino, costretto all’esilio un temibile condottiero come Cola di Monforte e incamerato nel demanio regio, tra gli altri, i due più grandi agglomerati feudali del regno, cioè i domini di Giovanni Antonio del Balzo Orsini principe di Taranto e di Marino Marzano, principe di Rossano e duca di Sessa Aurunca. Da questa posizione di forza, quindi, era possibile al re – pur riconoscendo le prerogative antiche di Termoli – non demandare la conferma o meno di determinati diritti al rapporto diretto e più forte tra sé e la comunità per il tramite di suppliche da placitare, ma piuttosto ridurla a una mera questione amministrativa, per quanto condotta e definita dal supremo organo di controllo amministrativo e finanziario del Regno di Napoli.

Tutto questo in presenza di una città – possiamo chiamarla così, al di là degli aspetti demografici, vista la presenza del vescovo – che aveva certo ben forte e saldo il senso di comunità e dei propri diritti e che, forte di tale consapevolezza, veniva riconosciuta linguisticamente dalla Sommaria come «Commune», un termine che i funzionari riutilizzano nel documento che segue nel registro, nel quale ribadiscono la linea riguardo «lo facto dele ferie et delo lunedì francho et dela spica et liandre delo Comone (…) none debiano ingnovare cosa alcuna, ma sopra de zò tractare come è stato solito per lo passato»454.

La tutela e la difesa dei propri diritti e prerogative era propria non delle sole università, ma anche delle loro componenti e di chiunque al loro interno: in questa complessa dialettica, la Sommaria

452 Ibidem.

453 Cfr. supra punto 4.4. 454 Doc. 25.

128 non si schierava sempre dalla stessa parte, ma puntava a porsi ogni volta come il garante delle leggi e della giustizia. Una serie di esempi renderà chiaro questo atteggiamento.

Nel 1474 le università dei casali di Trasarce e Valle di Campo nelle pertinenze di Venafro avevano fatto ricorso alla Sommaria contro l’università di Venafro: quest’ultima infatti aveva istituito delle gabelle il cui ricavato sarebbe servito al pagamento delle funzioni fiscali della città e voleva imporre agli abitanti dei casali il pagamento delle medesime. Essi scelsero una via negoziale: non accettarono supinamente l’imposizione, né si ribellarono in modo violento, ma, ben consapevoli dei propri diritti e di come farli legalmente valere, ricorsero alla Sommaria in nome della consuetudine. Affermarono dunque di volere pagare come prima, cioè in base alla numerazione dei casali presente nel cedolario che riportava la base imponibile della città, e chiesero che«loro fosse data la copia de li loro fochi, ad ciò che, quella havuta, dicono havereno pagata la loro rata de dicti pagamenti a lo commissario sopra ciò deputato». Mentre il capitano si schierò dalla parte dell’università di Venafro e chiese ai casali di pagare, arrivando anche a minacciarli, la Sommaria decise di audire entrambe le parti per dirimere la questione secondo giustizia455, ammonendo e censurando il comportamento del

capitano di Venafro, che voleva impedire alle università dei casali di eleggere i sindaci e il camerlengo e addirittura di tenere parlamento456.

Un’importante testimonianza di come la Regia Camera della Sommaria si inserisse nelle dinamiche di governo delle università e dei rapporti interni con i funzionari e tra i funzionari e le comunità portando avanti una propria linea di tutela dell’equità, della giustizia e insieme degli interessi della Corona, è data dalla lettera del 14 ottobre 1475 indirizzata a Giovanni Rocca di Sessa Aurunca457, già capitano di Venafro e in quel momento capitano di San Severo.

L’università di Venafro si era lamentata del fatto che il Rocca, capitano nell’anno dell’ottava indizione458, se ne fosse andato senza farsi sottoporre a sindacato e senza che «havesse satisfacto quello ad che fosse stato legitime condempnato per li sindicaturi, veniendo contra capitula et antiquas constitutiones huius Regni». L’università aveva dato al Rocca sei giorni di tempo dal momento in cui avrebbe ricevuto l’intimazione, che gli fu portata a San Severo il 6 ottobre. Il Rocca si rifiutava di sottoporsi a sindacato adducendo come motivazione l’«exercicio del Capitinato». Il sindacato partì comunque:

455 Doc 101, f. 219v. 456 Doc 102.

457 Doc 121.

129

foro ordinati li sindicaturi et sopra suo sindicato emanati banni inde soliti et consueti, et per virtù de dicti banni dati contra de ipso, peticioni et querele, et fando (sic) ipso soy defensioni et resposte sopra le querelle predicte, essendo descurso lo tempo del suo sindicato, requese li sindicaturi devessero procedere ad liquidacionem delle querele predicte, per le quale non procedendose sopra ciò, et congnoscendo ipso lo suo sindicato [divenisse] inmortale.

Il nuovo capitano di Venafro, come rappresentante dell’università, ricorse allora contro di lui, per cui il Rocca nominò un procuratore e diede «ydonea pregiaria de pagare quello fosse legitime condempnato, domandò licentia et andò ad exequire dicto suo officio». Contestualmente, chiese però l’intervento della Sommaria per avere la sua indennità di carica e per non essere costretto a stare personalmente in giudizio, essendoci i procuratori e i fideiussori che avrebbero pagato quello che eventualmente sarebbe stato stabilito.

Chiaramente l’università stava mettendo in atto una tattica per non pagarlo. Il Rocca rimase a giudizio per sedici giorni

infra li quali foro contra de ipso date multe peticioni et per li sindicaturi non fo proceso alla determinacione de esse, con dire che ancho durava lo tempo de recepere le querele, et che lo dicto Iohanne, non aspectando altro, se partio e lassao bona pregiaria.

Trascorsi questi però, la Sommaria accettò la richiesta del Rocca di tornarsene a San Severo (si specifica, per la necessità di avere i pagamenti fiscali di San Severo, che solo la presenza in loco del capitano avrebbe garantito)

maxime essendo ipso occupato circha la administracione de dicto officio de Capitaniato de San Severo, dove non se po' manchare de sullicitare de fare pagare li pagamenti fiscali.

ordinando ai sindacatori di esaminare le querele nonostante la sua assenza (anche perché non erano cause criminali che non potevano essere liquidate mediante procuratore) e procedere all’amministrazione della giustizia. Qualora, invece, fossero emerse delle «cause criminali» il capitano avrebbe dovuto mandare il tutto in busta chiusa in Sommaria, ove si sarebbe provveduto «tanto alla indepnità de quessa università quanto del dicto Iohanne».

Tra i diritti per la tutela dei quali si ricorreva alla Sommaria non potevano mancare quelli relativi alle gabelle riguardanti le attività commerciali, come è il caso della querelle del 1480 tra Campobasso e Matteo di Limosano. I baglivi della città avevano chiesto alla Sommaria di fare sì che

130 Matteo di Limosano fosse costretto a pagare il diritto di «piaza per tucte le cose che vende et compera cossì como pagano li altri forestieri»459 e i funzionari della Camera in un primo momento avevano scritto al capitano di Campobasso e ai suoi assessori in tal senso. In un secondo momento, però gli scrissero che Matteo si era presentato in Sommaria dicendo di non dover pagare

per causa che è observantia et ordinacione in la prefeta terra facta per epsa et per lo Signore conte de Campobascio in tempo che teneva quella in dominio et signoria, che quilli che haveno casa et possessione in dicta terra et contribuiscono in li pagamenti fiscali de’ fochi et Sali et con le altre graveze de essa terra siano tractati como citatini et non siano astricti ad tale pagamento. Et per questo, essendo ipso exponente in tale casu et già stato in essa terra per circha dece anni et non may pagato tale piaza, ma sempre tractato como citatino, nce ha supplicato non sia esso exponente constritto ad tale pagamento, de facto contra la dicta observantia et consetudine.460

Pertanto, al ricevere della lettera

vocans vocandis ve informate summarie simpliciter et de plano delle rasone de tucte le parte in scriptis et pigliata per vui tale informacione, quella incontinenti remecterite in questa camera, clausa et sigillata, acioché, quella vista, se possa terminare secundo serrà de iusticia.461

Frattanto avrebbero dovuto far sì che Matteo non fosse molestato, prendendo però da lui una sufficiente «pregiaria» di dieci once che avrebbe pagato

tucto quello che per questa camera serrà indicato quale iudicio et terminacione da fare per questa camera […] ipso exponente la debia monstrare a vui et presentare infra termine de uno mese da correre dalla data della presente.462

La documentazione della Sommaria, infine, contiene anche documenti dai quali traspare come il rapporto tra comunità e pubblica amministrazione si innescasse anche per tutelare gli interessi economici non solo delle diverse collettività, ma anche di singoli imprenditori.

459 Doc. 200. 460 Ivi.

461 Ivi f. 138v. 462 Ivi.

131 Un esempio chiarissimo ci viene da un caso del 27 aprile 1468. La Sommaria scrisse infatti ad Antonio Sarrocco «arrendatori cabelle ferri Guasti et districtus»463, in merito alle lamentele ricevute da Amico d’Angelo e Giacomo Antonio di Colle sindaci di Agnone, che avevano denunciato la mancanza di ferro e acciaio nel fondaco della cittadina abruzzese sotto la responsabilità del Sarrocco, e chiedevano alla Sommaria di potersi rifornire in un qualsiasi altro fondaco del Regno.

I funzionari, facendo riferimento ai capitoli che regolavano l’appalto della gabella nei quali era fatto esplicito obbligo per l’arrendatore di tenere i fondaci forniti di ferro e acciaio affinché i sudditi del Regno potessero fornirsene, gli intimarono di rifornire il fondaco del metallo entro venti giorni dalla ricezione della lettera, decorsi i quali gli Agnonesi sarebbero stati liberi di acquistarlo dove avrebbero voluto464.

Ancora una ventina di anni dopo gli agnonesi, rivendicando il privilegio di poter prendere ferro in qualsiasi fondaco del regno purché venissero pagati i diritti regi, si lamentarono del fatto di esser costretti a prenderlo a Vasto. La Sommaria ordinò a quel punto di verificare il privilegio cui alludevano e nel caso avessero ragione, di assecondarli:

comandamo che inspecto per vui el tenore et forma del dicto privilegio, quillo observareli inviolabelemente ad dicta università. Da cqua avante per modo alcuno non debiate astrengere li homini de quella che non possano andare ad comperare in qualsevoglia fundico reale del regnio la quantità de ferro li serrà necessaria iuxta la forma de dicto privilegio. (…) questo però volimo se intenda, como è dicto, pagando loro li dericti debiti ala Regia Corte in li fundichi dove compereranno el ferro, zoè la terziaria deli ferri solita et consueta.

5.4.5. La Sommaria, le comunità, i feudatari: la difesa dei diritti e delle prerogative delle

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