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Il sistema della Dogana delle pecore e gli equilibri interni delle università

TENTATIVI DI AUTONOMIA AMMINISTRATIVA: I CAPITOLI DI AGNONE E CAMPOBASSO

5.5. Il sistema della Dogana della Mena delle pecore.

5.5.3. Il sistema della Dogana delle pecore e gli equilibri interni delle università

Generalmente i funzionari della Sommaria erano solleciti nei riguardi delle università e dei loro abitanti: si veda per esempio il caso di Agnone. In una lettera del 14 novembre 1500, inviata ai funzionari della Dogana delle Pecore di Puglia, la Sommaria scriveva di aver ricevuto le lamentele degli uomini del centro altomolisano riguardo la mancata assegnazione in locazione dei terreni del quarto di San Giovanni di Cerignola che tradizionalmente erano loro affidati e che comparivano nell’elenco delle locazioni che gli aveva consegnato il «cassere et auditore de quessa dohana». La concessione ad altri di questi terreni, oltre ad essere un atto contra solitum et consuetum, costituiva un grave danno «in lo anno presente che nce hanno portato più del solito in circha pecore XIIIM, che

haveriano de bisogno più presto de augmentare et accresserli del terreno che diminuirli». Informatisi con il doganiere su «come se costuma fare per levare li terreni et li pecorari de dicta dohana», era stato risposto che «quando se dona la locacione se li dona con prestacione de posserence adiongere più pecore et mancare in dicta locacione terreni, ma non se costuma levare li terreni et darli ad terze

483 Doc. 266. 484 Ibidem.

140 particulare persone». Pertanto gli agnonesi avevano supplicato la Sommaria di intervenire. Quest’ultima ordinò ai funzionari della dogana di accertare la veridicità della protesta agnonese: se quello che dicevano gli agnonesi era vero, allora i doganieri non avrebbero dovuto «innovare cosa alchuna né levarli dicti terreni, maxime che per questo anno diceno havernonce portati più pecore del solito in circha 14.000, ma quello havendocelo tolto, gilelo debiate restituire»485.

Analogamente venne trovata una soluzione per evitare che gli allevatori di Macchiagodena fossero danneggiati dalle lungaggini burocratiche. In una lettera al commissario della Dogana della Mena delle Pecore datata al 15 marzo 1500 (con molta probabilità per un errore di scrittura della data che dovrebbe essere 1501), la Sommaria scrisse che nell’analizzare la rendicontazione degli introiti della dogana per il 1496, risultava che il doganiere non aveva esatto il dovuto da parte degli uomini di Macchiagodena in virtù di un capitolo loro concesso dal re (capitolo che venne inserito nella lettera) nel quale alla loro richiesta di essere esentati dal pagamento della fida giustificandola con il fatto che «la magiore parte [delle pecore] foro sachizate» e «maxime che per la dicta mortalità se sono spasati 30ta case», il sovrano aveva risposto: «Regius dohanerius menae pecudum de expositis informet regiam maiestatem et interea non molestet debitores». Quest’ultimo non aveva fornito alcuna informazione, per cui la Sommaria incaricò il commissario di farlo al più presto, per poter eventualmente provvedere alla riscossione.486 Il commissario agì rapidamente fornendo le

informazioni necessarie, ma il sovrano tardava a prendere una decisione e a comunicarla alla Sommaria: senza la decisione del re non era però possibile far ripartire il bestiame alla volta del Molise per poter evidentemente farsi pagare il dovuto dagli allevatori. Le cose andarono per le lunghe tanto che il 24 aprile 1501 la Sommaria scriveva al commissario che, avendo ricevuto le lamentele degli allevatori poiché «tardandandono più in Puglia serria causa de perdere dicte pecore» e chiedendo questi «de farli concedere licentia de possere caziare dicte pecore de dohana senza li sia data alcuna molestia», gli consentisse di partire alla volta di casa. Poi, una volta pronunciatosi il sovrano, avrebbero provveduto a riscuotere l’eventuale somma dovuta, trattandosi comunque della fida del 1496. Gli allevatori che dicevano di avere all’epoca pagato e che potevano dimostrarlo con le polizze avrebbero avuto un mese di tempo per farle recapitare alla Sommaria in modo da potersi vedere riconosciuto il pagamento487.

Ma nei contenziosi tra le università e i loro cittadini riguardanti l’inserimento delle pecore dei cittadini nell’apprezzo, la Sommaria entrava nei rapporti interni tra università e persone e lo faceva

485 Doc. 395. 486 Doc. 396 487 Doc. 403.

141 barcamenandosi tra l’equità nei riguardi delle università che vedevano sottratti dei beni dall’apprezzo, e quindi avrebbero poi avuto problemi per determinare un’equa ripartizione delle tasse, e la tutela dei possessori di animali, la cui attività transumante era una fonte di reddito per il fisco regio che bisognava sostenere.

L’università di Bagnoli del Trigno si era rivolta nel 1493 alla Sommaria poiché c’erano

multi particulari homini quale teneno et possedeno de multe pecore et quelle recusano volereno ponere in apprezo at accastatare per pagareno per quelle li pagamenti fiscali sub pretextu che dicono havencio pagato la fida a la Regia dohana, in grave dapno et preiudicio de dicta università, et per consequens de la regia Corte, Che dicti pagamenti se vengono ad retardare et demenuire488.

Inizialmente la Sommaria ordinò al capitano di intervenire e costringerli a inserire le pecore nell’apprezzo dei loro beni e quindi a pagare di conseguenza le tasse in proporzione, dando loro dieci giorni di tempo per presentarsi in Sommaria ad esporre le eventuali ragioni contrarie.

La questione però non si risolse e alla fine di ottobre dell’anno successivo, i «particulari homini», Antonio Azano e soci, continuavano a non voler pagare per le pecore che portavano in dogana (pari a circa duemila), perché «per quelle non hanno costumato né deveno pagare altro pagamento per essereno bestie de dohana»489, e perché il pagamento richiesto dall’università era insolito e contrario alla «consuetudine del regno, et maxime de li lochi convicini et de la provincia de Apruzo». La Sommaria ordinava dunque al destinatario − probabilmente il capitano – di

comandare ad dicta università et homini de dicta terra che contra lo solito et consueto non debiano innovare cosa alcuna contra li dicti exponenti per la supradicta causa. Ma havendono altre legitime rasone in contrario, quelle debiano exponere in dicta Camera infra termiine de quactro dì, che gli serrà ministrata iusticia.

Quasi due anni e mezzo dopo, l’erede di Antonio Azano, Angelo Bayrano e Giovanni de Roata – probabilmente i soci di cui si parla nella lettera precedente − erano ancora in lite con l’università. A questo punto, però, la Sommaria pose la parola fine alla questione ordinando che

se dicti exponenti non pasculareno né marczessero li terreni et herbe de dicta università et terra de Bagnulo né de estate né de vernata, ma quelle tenessero in dohana et altri lochi extra lo territorio predicto, de quelle non farite pagare ad ipsi cosa alcuna, perché non pascendono le herbe de dicta università, quella non ha causa alcuna de possere ponere in appreczo dicte pecore. Et quando pascessero le herbe de dicta università franchi

488 Doc. 352 489 Doc. 363.

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como fanno li altri citatini de epsa terra, levate lle cepese (sic) occorreno lo anno per causa de dicte pecore tanto in fida quanto in massari et altri occurenzie per causa de epse pecore, per quello restasse de epse pecore, appreczandoli bonamente secondo lo preczo extimane le altre robbe. Per quello solamente li fate ponere in apreczo et non altramente490.

La stessa cosa capitava negli stessi anni a Monteroduni. Il 4 maggio 1500 la Sommaria ordinò infatti al capitano di Monteroduni di indagare e procedere velocemente riguardo a una lite di cui inviava tutti i dettagli in una lettera allegata di cui non abbiamo traccia491. La lite dovrebbe però essere quella tra Antonio Paolo di Monteroduni e l’università della terra molisana di cui si parla in una lettera di due giorni dopo. Dal momento che Antonio non voleva inserire tra i beni soggetti ad apprezzo alcune pecore di dogana, era sorta una lite innanzi al doganiere delle Pecore che era sostanzialmente giunta a sentenza quando il doganiere, saputo che ne era stata investita la Sommaria, si era fermato e aveva scritto ad essa. I funzionari della Sommaria gli confermarono che poteva proseguire nel giudicare la lite ai sensi dei capitoli fondativi della Dogana e andare fino in fondo, con l’accortezza di audire le parti

multo bene in tucto quello vorranno dire et allegare ad ciò che ad neciuna de epse resta loco de iusta querela. Perché nuy avemo scripto al dictro capitano de Monte Rotundo492 che per quanto aspecta la differentia de dicte pecore de dohana, non se debia in quella aliquo modo intremectere né impaziare493.

Il processo istruito dal doganiere delle pecore andava per le lunghe, con grave danno dei pagamenti fiscali: pertanto la Sommaria ordinò al capitano di inviare a Napoli tutti gli atti in busta chiusa e sigillata in modo che si potesse finalmente chiudere la faccenda494. Qualche mese dopo, infatti, Antonio per parte sua e di Pietro e Antonio de notare Janne, di Monteroduni, si presentava in Sommaria dichiarando che lui e i suoi colleghi erano pronti ad «obedire a la sentencia data li dì paxati per dicta camera in favore dela università de dicta terra sopra lo accatastare de loro bestiame»,495 ma chiedevano due cose: innanzitutto di poter scomputare dal dovuto le spese che avevano sostenuto per contribuire con l’università alle spese del processo e poi che, avendo «facto intendere como loro son parati ponere lo loro bestiame in lo apprezo de dicta università»,che si facesse «lo apprezo novo, et tucti quilli che hanno pecore et bestiame como ad ipsi exponenti le habiano de ponere in lo dicto

490 Doc. 400. 491 Doc. 383. 492 Doc. 385. 493 Doc. 384. 494 Doc. 399. 495 Doc. 408.

143 apprezo»496. La Sommaria accettò le loro richieste ritenendole giuste: ordinò dunque al capitano di

informarsi in merito alle eventuali spese sostenute dai tre e di intimare all’università di Monteroduni «de fare dicto apprezzo novo in lo quale sence habia de ponere in distinte tucte le robbe et bestiame de ciascuno senza diminucione alcuna»497.

È interessante notare come in tutte queste dispute la Sommaria tenne una via mediana, giudicando e provvedendo a favore di volta in volta o delle università o dei proprietari delle pecore, ma lasciando sempre alla parte perdente la possibilità di fare valere le sue ragioni e di vedere tali ragioni attentamente considerate.

5.5.4. Il sistema della Dogana della Mena delle Pecore e i mutamenti degli equilibri interni al

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