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Il Molise in età aragonese

Per concludere questa prima panoramica degli attori e del contesto, è opportuna una breve presentazione di quel che possiamo considerare il Molise in età aragonese. Il territorio del Regno di Napoli era diviso in dodici province, cioè in ambiti territoriali definiti in considerazione degli aspetti orografici del territorio e delle vie di comunicazione. Le province erano rette da un giustiziere, un funzionario regio con competenze di tipo militare e giudiziario, che era preferibilmente reclutato tra i baroni non appartenenti alla provincia che avrebbe dovuto controllare.

In età aragonese l’attuale area regionale molisana era divisa tra quattro delle dodici province del Regno di Napoli: Abruzzo Citra Flumen Piscarie, Contado di Molise, Terra di Lavoro e

63 M. Da Capua a F. Sforza, Chieti 13.X.1464, ASM, SPE, Napoli, 213, 234, cit. ivi, p. 125. 64 C.PORZIO, La congiura dei Baroni, Venosa 1989, p. 99 cit. in STORTI, L’esercito, p. 150n.

30 Capitanata65; il Contado di Molise, seppur formalmente autonomo, era accorpato fiscalmente alla provincia di Terra di Lavoro66.

Questa ripartizione, come si evince dal confronto della cartina numero 1 con una carta geografica fisica della regione, rispetta perfettamente il criterio della omogeneità orografica dei territori poiché le zone pianeggianti intorno a Venafro appartenevano alla provincia di Terra di Lavoro, con cui chiaramente condividevano non solo l’assetto orografico, ma anche quello economico-sociale, come succedeva per le zone appartenenti alla Capitanata con le cui terre condividevano l’appartenenza al sistema tratturale − poi regolamentato con l’istituzione della Dogana della Mena delle pecore – e gli assetti economico-sociali.

Per quanto riguarda le terre molisane appartenenti alla provincia di Abruzzo Citra, detta appartenenza era determinata dalla posizione rispetto al fiume Trigno che fungeva da confine tra le due province.

Le terre appartenenti all’allora Contado di Molise costituiscono la parte centrale dell’attuale Molise, quella più collinare e legata al mondo della pastorizia.

Dal punto di vista delle vie di comunicazione, il Molise era attraversato dalla “via degli Abruzzi” e dalla via Adriatica e da quasi tutta la rete tratturale: questa particolarità ne faceva una zona nevralgica per le comunicazioni terrestri del Regno.

In alcuni casi il percorso da Venafro a Benevento via Isernia, Bojano e Sepino era utilizzato come via di comunicazione tra Campania e Puglia e Campania e Abruzzo.

Nel territorio dell’attuale Molise vi erano sette diocesi: Venafro e Isernia suffraganee di Capua; Bojano, Trivento, Larino, Termoli e Guardialfiera suffraganee di Benevento67.

Prendendo come riferimento i dati presenti nel Liber Focorum Regni Neapolis edito da Fausto Cozzetto68, vediamo che agli inizi dell’età aragonese 132 terre erano afferenti all’attuale Molise, numerate per 11.659 fuochi con una popolazione stimata in 58.295 persone69.

65 Per una prima introduzione al Molise medievale, si rimanda, pur con più di una riserva, a G. B

RANCACCIO,

Il Molise medievale e moderno. Storia di uno spazio regionale, Napoli 2005.

66 Cfr. infra cap. 5. 67 Cfr. cartina 2. 68 F. C

OZZETTO, Mezzogiorno e demografia nel XV secolo, Soveria Mannelli 1986, pp. 55-172.

69 Per i dati della numerazione e per la stima della popolazione ad essi relativa cfr. introduzione all’Appendice 1.

31 Di esse solo tre erano demaniali: Agnone, Guglionesi e Isernia – unica ad appartenere al Contado di Molise – per una percentuale del 2,27%, ma con un peso sulla popolazione quasi quintuplo: 11,2%.

Il centro più popoloso era Venafro con i suoi 615 fuochi e una popolazione stimata in 3.075 abitanti, leggermente inferiori ai 651 fuochi per 3.255 abitanti citati nel documento del 10 dicembre 1498 di cui si parla nel paragrafo 4.5.1.

I nuclei feudali più consistenti erano quello di Giacomo da Montagano, conte di Montagano, con venti terre, seguito da quello di Francesco Pandone, conte di Venafro, con quindici ma molto più popoloso con i suoi 428 fuochi in più (1.775 contro 1.347) e Cola di Monforte, conte di Campobasso, con 14 terre.

Le attività economiche praticate erano le condotte militari dei baroni, che annoveravano tra le proprie fila condottieri del calibro di Giacomo da Montagano e soprattutto Antonio Caldora, il figlio Restaino e Cola di Monforte, e l’allevamento. Agnone era una fiorente realtà economica, come vedremo nei capitoli quattro e cinque.

Termoli che, a fronte di una popolazione non troppo numerosa – almeno all’inizio del regno di Alfonso con i suoi 151 fuochi per 755 abitanti: la rivale storica, Guglionesi, ne aveva 465 per 2.325 abitanti – era sede di un porto, della dogana e del fondaco del sale.

La fisionomia demica e insediativa del Molise, che abbiamo appena rapidamente sintetizzata agli albori dell’età aragonese, sarebbe stata profondamente trasformata dai decenni di regno di Alfonso il Magnanimo e Ferrante.

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3.CORONAEBARONI:ILDISFACIMENTODELSISTEMADIPOTERE

DEICALDORAEDEICALDORESCHIEINUOVIEQUILIBRIDIPOTERE

Premessa

La conquista del Regno di Napoli da parte di Alfonso I d’Aragona venne suggellata militarmente dalla vittoria contro Antonio Caldora nella battaglia di Sessano del Molise del 29 giugno 1442.

Questo evento diede il via allo smantellamento del sistema di potere costruito da Giacomo Caldora ed ereditato dal figlio Antonio che, come vedremo, si estendeva su quasi tutto l’attuale Molise, su ampie parti dell’Abruzzo e anche nell’attuale Puglia.

L’appartenere ad una famiglia di tradizione militare, l’essere stato capace di assurgere al ruolo di uno dei più grandi condottieri del tempo e l’aver formato una propria compagnia mercenaria composta da condottieri abruzzesi e molisani che erano anche titolari di domini feudali in quei territori, aveva consentito a Giacomo Caldora, morto soli tre anni prima della conquista aragonese del Regno, di costituire un potere tale da essere il principale antagonista di qualsiasi sovrano che volesse avere un potere effettivo sul territorio.

Pertanto, nell’ottica di voler analizzare il rapporto bilaterale Corona-baroni nell’area territoriale costituita dall’attuale Molise, non si può che analizzare la vicenda della distruzione del sistema di potere e relazioni dei Caldora e dei baroni a loro a vario titolo legati, che comunemente vengono definiti “caldoreschi”.

Tale vicenda si svolse nell’arco di due decenni attraverso due fasi, ambedue conseguenti alle vittorie militari degli aragonesi sui Caldora – nel 1442 e nel 1464-1465 − che videro smembrare pezzo per pezzo i domini dei Caldora e dei caldoreschi per poi immetterli nel demanio regio o infeudarli a nuovi baroni.

Descrivendo ed analizzando questo processo in ambedue le distinte fasi, e collegandolo alle caratteristiche proprie delle terre facenti parte del “sistema caldoresco” cercheremo di individuare le logiche di fondo che ne sono state alla base e i nuovi rapporti di potere instauratisi tra Corona e Baroni che caratterizzeranno l’area regionale molisana nell’età aragonese.

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