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Un mutamento strutturale delle consuetudini dell’epoca

TENTATIVI DI AUTONOMIA AMMINISTRATIVA: I CAPITOLI DI AGNONE E CAMPOBASSO

5.5. Il sistema della Dogana della Mena delle pecore.

5.5.1. Un mutamento strutturale delle consuetudini dell’epoca

Oggi nel Meridione d’Italia siamo abituati a pensare alla transumanza come al naturale spostamento migratorio di tutti o di gran parte degli armenti dalle montagne appenniniche alle piatte pianure del Tavoliere delle Puglie. Ma non è così, o meglio, non è sempre stato così. Tale migrazione generalizzata è infatti frutto di una scelta storicamente precisa, vale a dire dell’imposizione aragonese conseguente alla creazione della Dogana della Mena delle Pecore di Puglia: la documentazione conservata nei registri Litterarum Partium lo dice a chiare lettere, nero su bianco. A ben pensare, è infatti assolutamente illogico che un allevatore che si trovi a poca distanza dalle fertili e calde pianure campane si avventuri in un viaggio enormemente più lungo per portare i suoi animali in Puglia a centinaia di chilometri di distanza: se lo fa, significa che a un dato punto un sistema così innaturale è stato introdotto in funzione di una serie di ragioni che oltrepassavano il contesto puramente locale.

471 Cfr. doc. 141.

472 Cfr doc. 215 e doc. 307. 473 Cfr. supra punto 2.4.2.

135 Partendo dai registri Litterarum Partium, alcuni gruppi di lettere gettano luce sui momenti fondativi di questa pratica, sulle resistenze locali alla sua introduzione e sui suoi effetti.

Tra il settembre e l’ottobre del 1474 i funzionari della Sommaria inviarono a re Ferdinando I d’Aragona, re Ferrante, una serie di lettere relative alla questione dei pagamenti della fida da parte dei proprietari di greggi. Le pecore erano state colpite da un’epidemia di «rogna» che le aveva decimate474, ma il doganiere Gaspare di Castiglione aveva chiesto comunque la fida ai proprietari in base al numero di animali che ognuno di loro aveva portato in dogana l’anno precedente. La situazione appariva critica, tanto che la Sommaria – a proposito della lamentela del notaio Matteo Papa dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno riguardante la richiesta del doganiere475 − nel poscritto della lettera che invia a quest’ultimo gli ordinava di soprassedere in attesa di ricevere altri ordini, presumibilmente poiché i funzionari della Sommaria volevano investire della questione direttamente il sovrano.

I funzionari della Camera fecero poi presente al re le lamentele di alcuni allevatori di Roccamandolfi, a cui il doganiere delle pecore di Puglia aveva chiesto il pagamento della fida anche per le pecore che erano rimaste in Terra di Lavoro e Contado di Molise non solo per via della rogna, ma anche per la loro antica consuetudine. I funzionari consigliavano al sovrano di non vessare gli allevatori con queste parole:

ve advisamo che ab antiquo le pecore de Terra de Lavoro et del Contato de Molisi non erano astrecte andare in Puglia lo Verno [tanto che per far sì che alcuni baroni ve le portassero] la felice memoria de vostro patri faceva franchi ipsi baruni, como era lo conte de Fundi et lo conte de Venafro de le loro proprie pecore che mandavano in Puglia. Et niente di meno li predicti [allevatori di Roccamandolfi] offereno provare essere stato consueto non tutte le pecore de dicto castello conducerese in Puglia, ma sempre parte esserende restate in lo Contato de Molisi et Terra de Lavoro. Et dato che da alcuni anni in cqua siano procesi banni da parte de Vostra Maiestà che pecore de Apruzo, Terra de Lavoro et del Contato de Molisi […] degiano conducere in Puglia afidate da ipso dohanero, tamen subcedendo lo caso de la infectione predicta, pare che havessero havuto causa iusta non ce le conducere quilli a li quali lo conducere de soe pecore in Puglia fosse stato dampnoso et infructuoso476

A conferma del fatto che quantomeno non tutti gli allevatori della zona si recassero in Puglia è la lettera che la Sommaria invia al doganiere delle pecore il 26 ottobre 1482 su istanza dell’erede di

474 Su 1300 pecore dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno la rogna ne aveva ucciso seicento e altre duecento morirono dopo il conteggio (doc. 98); dalla lettera scritta nello stesso giorno riguardante alcuni uomini di Barrea che protestavano perché gli venne chiesto il pagamento della fida sulla base di quelle portate l’anno precedente, apprendiamo che in Puglia morì circa il 30% («XXX per C») degli ovini (doc. 99).

475 Doc. 91. 476 Doc. 97.

136 Carlo d’Evoli, titolare di una serie di feudi con un nucleo sul Biferno costituito dagli attuali paesi di Casalciprano, Castropignano,477 il cui castello troneggia sul corso del fiume, la terra all’epoca autonoma di Covatta − da identificarsi con una zona posta di fronte a Castropignano sulla sponda opposta del Biferno − e un nucleo ai confini tra gli attuali Abruzzo e Molise costituito da Capracotta e Macchia Strinata.

Nella lettera si chiedeva il rispetto degli accordi presi con il barone il quale, non essendo solito portare gli animali in dogana, lo faceva solo a condizione di pagare la tariffa ridotta concessa agli allevatori di Terra di Lavoro e Contado di Molise, mentre ora all’erede veniva chiesto il pagamento della tariffa di venticinque ducati per ogni centinaio di animali pagata dagli abruzzesi contro i quindici che venivano pagati dagli allevatori abitanti in Terra di Lavoro e Contado di Molise. La Sommaria, pertanto, ordinava al Doganiere che in caso di veridicità si accontentasse l’erede del d’Evoli.

Ulteriori conferme delle condizioni di favore per gli allevatori di Terra di Lavoro e Contado di Molise appaiono nella lettera del 1487 con cui la Sommaria, accogliendo la richiesta degli uomini di Carovilli che portavano in Puglia animali grossi, ordinava al doganiere che i carovillesi fossero trattati come tutti gli altri proprietari di bestie grosse del Contado di Molise. Probabilmente il doganiere li trattava come gli abruzzesi,

acteso che per li libri quali se conservano in questa Camera tanto del vostro predecessore como vostri, li animali del contato de Molise et de terra de Lavoro pagano meno che non pagano li animali de la provincia de Apruzo478.

5.5.2. Il sistema della Dogana della Mena delle pecore e i mutamenti indotti nel governo degli

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