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La tutela di privilegi, diritti e prerogative feudal

TENTATIVI DI AUTONOMIA AMMINISTRATIVA: I CAPITOLI DI AGNONE E CAMPOBASSO

5.1. Il controllo amministrativo e finanziario del Regno: la Regia Camera della Sommaria Nel Regno di Napoli la Regia Camera della Sommaria, nata con la dominazione angioina, già

5.3.1. La tutela di privilegi, diritti e prerogative feudal

La prima tipologia relazionale tra barone e corona non può che essere quella della richiesta e della tutela di privilegi personali, di diritti spesso di natura tributaria e di prerogative varie e diverse. Tale fascio di richieste e di aspettative coinvolge baroni e signori di tutti i livelli.

Che a lamentarsi in Sommaria per far riconoscere i propri diritti fosse un piccolo signore come Parmesano di Stamignone, già squadriero braccesco351 divenuto utile signore di Rotello,352 non ci stupisce, né ci stupisce che lo facesse un piccolo barone, seppure di comprovata fedeltà alla casata aragonese, come Cola della Castagna, utile signore di Sessano del Molise, che nel 1484 si lamentava

1979 e, più recentemente, ad A. GAMBERINI, Oltre le città. Assetti territoriali e culture aristocratiche nella

Lombardia del tardo medioevo, Roma 2009: ricapitola la questione F. CENGARLE, Signorie, feudi e “piccoli

Stati”, in Lo Stato del Rinascimento, pp. 261-276.

351 Cfr. Dispacci Sforzeschi V, passim.

352 Parmesano aveva avuto in concessione dal re sia Rotello che i suoi proventi fiscali e si era lamentato del fatto che non gli avevano pagato tutto quanto dovuto derivante dagli introiti fiscali e dalla colletta di San Pietro (doc. 57).

100 del fatto che pur «havendo et possidendo ipso li fochi de la dicta terra de Sexano»353 grazie al privilegio concesso dal Magnanimo al padre e confermato da Ferrante sia al genitore che al figlio, il commissario fiscale, Michele d’Afflitto, gli avesse chiesto il quattro per cento di tale quantità. Il barone si rifiutava di pagare «maxime per essere dicta quantità multo antiqua et che non havi mai pagato in nullo tempo». La Sommaria accolse la richiesta intimando al commissario di non molestare il barone non chiedendo tale quattro per cento né per il passato, né per il presente e il futuro prossimo354. Qualche anno dopo il barone si rivolse alla Sommaria chiedendone l’intervento sugli abitanti di Sessano che non volevano pagare quanto dovuto per i pagamenti fiscali che a lui spettavano in virtù del privilegio regio. Egli dichiarava di dover avere quarantacinque ducati di coronati che corrispondono a quarantanove ducati di carlini, due tarì e dieci grana (dodici ducati di carlini a completamento del pagamento di tre anni alla suddetta ragione e nove ducati a completamento dei trentatre ducati di carlini relativi a due terzi anticipati nell’anno della seconda indizione355 per l’anno

della terza356). Gli abitanti di Sessano «li hanno facta renitencia de non pagare: asserendo dicta università et homini non li competere tanta summa»357. La Sommaria, ritenendo giusta la richiesta

del barone, ricostruito il cedolario della tassazione e verificato che la numerazione corrispondeva a quanto affermato dal barone, ordinò al commissario di costringere l’università a pagare.

Ci stupisce di più che Angelo di Monforte358, conte di Campobasso, riappacificatosi da poco

con re Ferrante e appartenente alla dinastia comitale che aveva retto la contea per secoli, dovesse ricorrere alla Sommaria nel 1485 per riavere l’imposta di mezzo tornese per rotolo359 di carne venduto e di mezzo tornese per «ambolea di vino, de la quale exactione continuamente ne sono stati in potere per fin ad quello dì che foro imposte le nove imposiciuni»360.La lettera continua aggiungendo che:

Al presente per ordinacione dela Maiestà del Signore Re le rasune de dicte nove imposte sono reducte in potere dele universitate de pagareno ala regia Corte quello che è stato per vui ordinato in dicta terra. Et perché la voluntà dela prefata maiestà è che per dicta exactione de carne et de vino se exiga per parte de ipso conte361,

353 Doc. 239.

354 Prescrizione ignorata dal successore del d’Afflitto, Pietro Giacomo di Gennaro, che chiese al barone il pagamento del 4% sui proventi fiscali di Sessano che gli erano stati concessi, sostenendo che non li aveva mai pagati. La Sommaria inserì nella lettera al commissario il decreto del d’Afflitto, nel quale era dichiarata l’immunità da detto pagamento e ordinò di restituire tutto quanto eventualmente preso per tale causa.

355 Dal 1 settembre 1483 al 31 agosto 1484. 356 Dal 1 settembre 1484 al 31 agosto 1485. 357 Doc. 289f. 87r.

358 Angelo di Monforte († 1491) figlio del famoso Cola, ribelle a re Ferdinando e per questo esule dal Regno al seguito del padre. Riconciliatosi con Ferrante nel 1480 (VOLPICELLA, Note biografiche, pp. 370-372). 359 Il rotolo era pari a poco più di 950 gr. (GROHMANN, Le Fiere, p. 45)

360 Si fa riferimento al tentativo posto in essere da Ferrante di abolire la tassa generale esatta tramite i cespiti del focatico e del sale per passare a un sistema fiscale totalmente basato su imposte indirette.

101 la Camera concesse quanto chiesto, mentre il destinatario, il commissario Michele d’Afflitto, avrebbe docuto ordinare

che per quello che montasse dicta exactione de carne et vino, che la università de la terra predicta la impona sopra altra cabella, adciò che la regia corte haia ad consequire quello che per vuy li è stato ordinato che paga.

Maancor più stupisceche siano costretti a ricorrere all’intervento dei funzionari della Regia Camera della Sommaria grandi feudatari creati e immessi nel Regno da Ferrante e il Gran Siniscalco del Regno: tale situazione la dice lunga sui rapporti di forza nel Regno e in particolare nell’area regionale corrispondente all’attuale Molise. Qualche esempio basterà a dare conto della situazione.

Galçeran de Requesens362, conte di Trivento et «capitanio dele galee del Signore Re», il 10 maggio 1466 con un privilegio regio fu fatto

francho, immune et exempto da qualsevoglia rasone de dohane, cabelle, plaze, scaphe et fundici per qualesevoglia robbe et cose ad ipso necessarie tanto per uso de sua casa et fameglia quanto per uso de soe quactro galee et altre fuste, secondo più largamente in dicto prilegio se dice continere.363

Sono privilegi che vennero rivendicati molti anni dopo, quando la Sommaria scrisse a Giacomo Tolomei di non dare alcun fastidio al conte di Trivento nell’esazione dei pagamenti fiscali delle sue terre, come da privilegio concessogli dal re364.

Di tali pagamenti fiscali ci informa il conte stesso lamentandosi in Sommaria del fatto che non riusciva a riscuotere i novecento ducati di provvigione che doveva percepire annualmente dai pagamenti fiscali di fuochi e sale delle terre del contado di Avellino365, di altre terre irpine366 e di terre del contado di Trivento367. Le università, infatti, non solo non volevano pagare direttamente lui o un suo commissario, ma neanche gli esecutori inviati per riscuotere con spese a carico delle università debitrici, appellandosi alla deliberazione del Parlamento generale del regno e alla relativa

362 Galçerán de Requesens († post 1504), al servizio della Corona d’Aragona almeno dal 1437. Al comando della flotta aragonese che il 7 luglio 1465 vinceva la battaglia di Ischia ponendo ufficialmente fine alla guerra di successione. Conte di Trivento dal 16 luglio 1465, di Avellino dal 1468, di Sarno dal 1480 al 1483 e di Ruvo dal 1486 (L. VOLPICELLA, Note biografiche, pp. 408-409).

363 Doc. 115. 364 Doc. 250.

365 Le terre del contado di Avellino interessate sono: Avellino, Candida, Chiusano di San Domenico e San Mango sul Calore.

366 Le altre terre irpine interessate sono: Prata di Principato Ultra, Montefredane, Pratola Serra, Salza Irpina (Salsa) e Manocalzati;

102 prammatica regia che stabiliva che commissari, tesorieri e percettori non dovevano mandare esecutori, ma recarsi personalmente nelle terre da cui riscuotere. Il conte sosteneva che tale norma riguardasse «le terre demaniale de soa Maiestà et non se extende a le terre alienate per la prefata Maiestà come so’ queste».

La Sommaria gli diede ragione e ordinò che si riscuotesse il dovuto dalle terre anche inviando, nel caso, esecutori, con l’accortezza, però, «de mandare dicti exequturi con la minore despesa de le dicte università sia possebile», cosicché «non vengano ad essere usurpate et mangiate» ribadendo che «dicto Parlamento et pragmatica non se extende al dicte terre alienate, si non ale terre se rescoteno per parte de la prefata Maiestà»368.

Gherardo Appiani di Piombino, conte di Montagano, − un altro dei feudatari venuti da fuori del regno e infeudati da Ferrante, come abbiamo visto, in una zona strategica del regno come la contea di Montagano − rivendicava il privilegio concessogli dal re di poter estrarre dal regno grano proveniente dalle entrate delle sue terre, citando una lettera regia del 23 marzo 1481 da Foggia al portolano di Termoli, inserita nel documento, da cui compare che il sovrano aveva

facta gratia com facimo per tenore de la presente al spectabile conte de Montagano che delli grani che have havute delle intrate delle terre sue possa cazare et fare cazare per extra regnum fine alla summa de octomilia tumuli franchi de tracte et de one altro pagamento spectante ad nostra corte369.

Il doganiere gli chiedeva di pagare i diritti di dogana «per non essere tale lettere ad vui directe». La Sommaria diede ragione al conte perché nella lettera regia si parla di esenzione da tratte e qualsiasi altri pagamento dovuto alla corte, quindi anche i diritti doganali.

Pietro de Guevara, Gran Siniscalco del Regno, nel 1484 voleva estrarre da Termoli quindici carri di grano per uso suo e della sua famiglia a Vasto, ma gli veniva impedito. La Sommaria ordinò dunque al portolano di acconsentire alla richiesta, facendogli notare che il Guevara era uno dei Sette Grandi Ufficiali del regno e a per di più voleva trasportare il grano per il suo uso personale370.

Vale la pena notare come, a parte il caso di Parmisano, le lamentele avvennero negli anni immediatamente precedenti la celebre rivolta baronale nota come Congiura dei Baroni, che fu

368 Doc. 355. 369 Doc. 210.

370 Doc. 251. Il riferimento all’uso personale era stato inserito perché una delle prerogative dei grandi ufficiali del regno era quella di poter condurre beni ad uso personale per tutto il Regno senza dovere pagare alcun tipo di dazio o gabella.

103 repressa nel sangue e ebbe come conseguenza diretta un ulteriore aumento del potere regio sui baroni. Tale conseguenza appare chiara dalla lamentela giunta in Sommaria da parte di Carlo di Sangro – non propriamente un piccolo barone – dovuta al fatto che nel 1491 il commissario fiscale di Capitanata, Francesco della Piccola, si era arrogato il diritto di nominare gli erari anche nelle terre del barone. I funzionari della Sommaria così scrissero al della Piccola, ricordandogli seccamente, che:

ne è stato con querela exposto como per vui, per virtù dele lettere et ordinaciune quali havite havute de deputare li erari in ciascuna terra de vostra iurisdictione in potere deli quali se havessero da venire tucti li proventi quali se facessero per li capitanei de dicti lochi per posserese de po’ de quelli exequire lo ordine donato per la Maiestà delo signore Re, per vui se intendeno ordinare li erari in le terre de ipso exponente che habeano de pigliare li proventi predicti. Delche, quando cussì fosse, siamo de vui multo maravigliati che ve siati inpacciato et exstiso ale terre de impso exponente, perché tale lettere et ordinaciune se intende ale terre demaniale et non ad quelle sonno de baruni371.

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