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Il sistema della Dogana della Mena delle pecore e i mutamenti indotti nel governo degli uomini e delle terre

TENTATIVI DI AUTONOMIA AMMINISTRATIVA: I CAPITOLI DI AGNONE E CAMPOBASSO

5.5. Il sistema della Dogana della Mena delle pecore.

5.5.2. Il sistema della Dogana della Mena delle pecore e i mutamenti indotti nel governo degli uomini e delle terre

Come abbiamo visto nel capitolo dedicato ai Caldora e ai rapporti tra baroni e corona, l’area territoriale interessata dal sistema doganale in età aragonese era stata oggetto di profondi mutamenti nella titolarità dei feudi, vedendo sin da subito l’immissione di una feudalità iberica fedele alla casata aragonese.

A questo profondo mutamento nella titolarità del potere baronale si accompagnò il processo di organizzazione della Dogana, un processo che di fatto spossessava temporaneamente il titolare del potere locale a vantaggio dell’istituzione pubblica della dogana retta dal doganiere, il cui tribunale diventava l’unico foro nel quale potevano essere discusse le cause riguardanti tutto ciò che avveniva

477 La sua attuale frazione di Roccaspromonte all’epoca era terra autonoma anch’essa soggetta al d’Evoli. 478 Doc. 278.

137 nel territorio coinvolto dal sistema della dogana. Tale cambiamento, in apparenza legato solo a un fattore economico, di fatto introdusse una trasformazione epocale poiché toglieva al titolare del potere feudale locale non solo i proventi economici dell’esercizio dell’autorità giudiziaria, ma anche, se non soprattutto, l’autorità sociale, il potere di comando sugli uomini.

Tale mutamento profondo viene ribadito dalla Sommaria in uno dei documenti che abbiamo trovato. Antonio di Nicola Tartaglione di Capracotta aveva svernato con le pecore in Puglia, a Barletta, nel terreno che gli era stato affidato dal doganiere. Nel gennaio precedente aveva avuto una discussione con un tale Pasquale di Corrado a cui aveva dato una bastonata. L’officiale della dogana Cola Cozetta aveva indagato e informato il doganiere, che aveva a sua volta risolto la cosa spostando il Tartaglione. Questi si rivolse alla Sommaria perché il di Corrado aveva fatto ricorso al Giustiziere di Molise contro di lui e il padre Nicola: dal momento che, come continua la lettera, alla Camera constava

per relacione facta per lo dicto Cola Cozecta che tale causa è stata decisa et determinata per lo dicto dohanero; et lo dicto exponente è stato composto et liberato, non ne pare iusto che debia essere per tale causa altra volta gravato479.

Pertanto Cozetta non doveva assolutamente fare nulla contro Antonio e il padre, anche perché

quando tale causa non fosse stata terminata per lo dicto dohanero, minime la congnicione de quella specteria ad vui, per essere stato facto tale delicto intra pecorari et in territorio de dohana. Che, como sapite, puro se haveria ad remettere a lo dicto dohanero480.

Il doganiere, come sappiamo, aveva la gestione di tutte le aree lungo i tratturi e i riposi, più in generale di tutte le aree che in qualche modo facevano parte del sistema della dogana della mena delle pecore. Di conseguenza, i titolari delle giurisdizioni su di tali territori ne venivano temporaneamente privati, con una conseguente perdita di potere e prestigio.

Si pensi a situazioni come quella di Castelbottaccio, il cui signore Salvatore di Sangro si lamenta in Sommaria per conto dell’università dei danni arrecati a vigneti e terreni coltivati da parte delle pecore che andavano e venivano dalla Puglia. La Sommaria, accogliendo la richiesta, ordinò al doganiere che le greggi si muovessero lungo la «via solita et consueta» e non passassero per campi coltivati e vigne e inoltre provvide che

479 Doc. 147. 480 Ibidem.

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a li dicti exponenti et dicto loro Signore sia lassato tanto terreno in lo territorio de dicta terra che sia bastante per lo pascere et substentare de loro bastiamo, comandando a li pecorari et guardiani de dicte pecore et altro bestiamo che non debiano molestare ispi exponenti sopra quello territorio che per vui li serrà assignato per uso de loro bestiamo, secondo el tenore de le instructione a vui date per questa camera sopra tale causa481.

Quello stesso barone che “normalmente” avrebbe direttamente e in prima persona tutelato gli interessi della comunità di Castelbottaccio, era quindi costretto a ridursi a mero latore delle istanze di quest’ultima in Sommaria, organo emanazione della “presenza” e dell’autorità regia che si faceva carico di risolvere la questione prendendosene i meriti.

I proventi derivanti dalla dogana erano così importanti che la Corona cercava in ogni modo di favorire coloro che portavano le pecore in Puglia e lo faceva mediante tutta una serie di esenzioni dai tributi e/o di riduzioni dei medesimi che, oltre alle ovvie ricadute sul piano economico, avevano di fatto effetti sul piano politico-sociale poiché rafforzavano il legame tra sovrano e suddito a discapito di tutti gli altri, un legame quindi non più mediato dai poteri territoriali locali, ma direttamente dall’apparato burocratico della Dogana della Mena delle Pecore e dalla Regia Camera della Sommaria che sovrintende ad esso.

In primo luogo i transumanti erano esentati dal pagamento di qualsiasi diritto, in particolare di passo, lungo il cammino che li portava in Dogana, come avviene per il cancelliere regio Teseo Pisanello. Costui si era lamentato in Sommaria del fatto che il «Baglivo seu passagero» del passo di Pescolanciano gli aveva fatto pagare il passaggio per delle sue pecore che tornavano dalla Puglia ed erano dirette a Sant’Angelo in Grotte: i funzionari, irati, lo bacchettarono duramente, ordinandogli di restituire i soldi e di non farlo mai più poiché «de pecore de dohana non se deve dericto alcuno»482.

Altre condizioni di favore vennero stabilite da un provvedimento emanato dal sovrano secondo cui ai proprietari di pecore che portavano gli animali in Puglia dovesse essere venduto il sale a cinque coronati a tomolo: si trattò di un provvedimento tanto favorevole da necessitare l’intervento della Sommaria per imporne l’applicazione generalizzata. I funzionari scrissero al doganiere che, nonostante in teoria bisognasse considerare le spese necessarie al trasporto del sale

481 Doc. 163, f. 165r.

482 Doc. 386. Un caso simile è quello presente nel doc. 405: Giovanni Conti, utile signore di Tufara, si era lamentato in Sommaria perché il commissario della Dogana aveva fatto sequestrare degli animali ad alcuni suoi vassalli che avevano indebitamente esatto il diritto di passo per alcuni castrati acquistati in Dogana per essere portati al di fuori del Regno e che poi si erano rifiutati di restituire i soldi. Dato che essi si dichiararono disposti a farlo, la Sommaria ordinò di ridargli intanto gli animali, perché poi per quanto riguarda l’inobbedienza si sarebbe visto dopo aver esaminato le ragioni addotte dai vassalli.

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da li fundici ordinari a li socto fundici et omne altra dispesa nce occoresse, adeo che per lo preczo de dicti sali ne habiano da restare necti ala regia Corte de vendere dicto sale ad prezo de secte coronati lo thomolo483

dovrà vendere ai pastori per l’uso relativo alle pecore

quella quantità de sale che alloro serrà necessaria a lo prezo predicto secondo lo bolectino che ve presenteranno de lo magnifico Cola Carazolo dohanero dele pecore dele quantitate delle pecore quale in lo presente anno so’ state ad pasculare in dicta dohana, et hanno per quelle pagata la fida ala regia corte. Intenderite, però, la assignacione de dicto sale ad rasone de vinte thomola per ciaschuno migliaro de pecore et non più. Del quale sale tenerite cunto appartato ad ciò che sende possa havera rasone per la regia Corte. Et si forte li patruni de dicte pecore non pigliassero tucta la quantità in una volta et volesserola in doye o tre partite, li lo consingnarite, puroche non passe vinte thomola per migliaro484.

Analizzando il sistema della Dogana della Mena delle pecore dal punto di vista delle relazioni tra corona, baroni e comunità, non si può non considerarlo come un momento fortemente innovativo di questi rapporti e come uno strumento grazie al quale – o a causa del quale, a seconda dei punti di vista – l’azione della Corona entrava nel vivo degli equilibri interni tanto delle università che del ceto baronale.

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