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La struttura della distribuzione commerciale

Le esportazioni dirette

3.4 Canali di distribuzione nel mercato cinese

3.4.1 La struttura della distribuzione commerciale

Nel mercato cinese le aziende all’ingrosso pesano per il 58,9% mentre le aziende al dettaglio pesano per il 41,1%; in particolare le imprese della distribuzione commerciale a capitale estero rappresentano il 3,2% nell’ambito del commercio all’ingrosso e solo l’1,6% nell’ambito del commercio al dettaglio.

Quindi, in sintesi il sistema distributivo cinese, è caratterizzato da una notevole complessità, con la coesistenza nelle aree urbane più sviluppate, di forme distributive evolute e di un dettaglio tradizionale molto arretrato.

La struttura del canale distributivo dipende innanzitutto dalla basilare scelta tra percorsi diretti e indiretti del prodotto verso il mercato finale.

Il canale diretto

Questo implica la relazione, senza intermediari, tra produttore e cliente finale.

Il ricorso a questo canale è frequente nell’ambito del business-to-business, nei casi di limitato numero di clienti o, comunque, di forte concentrazione della domanda, raggiunta mediante la forza vendita aziendale136.

Nel business-to-consumer (sul quale ci focalizziamo nel seguente lavoro), se in passato il canale diretto era basato sui tradizionali strumenti della vendita porta a porta, telefonica e postale, in anni recenti si è sviluppato soprattutto grazie al diffuso impiego di Internet e al sempre più frequente ricorso da parte delle aziende, anche di quelle di minori dimensioni, all’e- commerce137.

I dati reperiti da Euromonitor ci permettono di osservare come le nuove tendenze in atto, dominate dalla grande crescita di Internet, abbiamo portato nel corso degli anni 2009 e 2010, a un cambiamento delle posizioni relative tra vendite dirette e vendite online.

                                                                                                               

136 Nei settori B2B si opta in genere per reti di vendita che entrano in relazione diretta con l’impresa utilizzatrice del bene o servizio

industriale.    

Le vendite dirette, pur avendo rappresentato in Cina nel 2011 solo l’1% di quota sul valore complessivo del fatturato retail, hanno superato i 7 miliardi di euro. L’unica forma di vendita diretta ammessa nel Paese, dopo il divieto di esercitare il multi-level marketing, è il single-level marketing138, che richiede comunque una particolare licenza del governo.

Nella tabella seguente è possibile evidenziare il valore e lo sviluppo delle vendite dirette nel mercato cinese:

Tab.5- Valore e sviluppo delle vendite dirette nel mercato cinese139

Il canale indiretto

Questo è frequentemente utilizzato nel caso dei beni di consumo, ed è caratterizzato dalla presenza di uno o più stadi intermedi tra produttore e clienti. Nei diversi mercati nazionali, si distinguono in quest’ambito il commercio all’ingrosso e al dettaglio. Nel mercato cinese il commercio all’ingrosso ha assunto nel tempo una rilevanza particolare. Gli operatori che lo compongono, generalmente di più piccole dimensioni rispetto a quanto si può riscontrare nei mercati occidentali, come Stati Uniti ed Europa, hanno svolto e in gran parte continuano a svolgere, soprattutto nel caso dell’ingrosso specializzato, un ruolo cruciale nell’avvicinamento del prodotto al mercato finale. Generalmente localizzati vicino alle aree di produzione, operano per i diversi produttori delle rispettive zone di riferimento. Gli esempi più noti nel Paese sono quelli del mercato delle commodity di Yivu, del mercato all’ingrosso di frutta e verdura di Shandong (Shouguang) e quello dell’abbigliamento di Pechino (Dahongmen).

                                                                                                               

138 Il single level marketing prevede una remunerazione, in forma di commissione, esclusivamente sui prodotti venduti dal singolo

distributore, sulla base della propria attività di vendita diretta.

Il multi level marketing, invece, si riferisce ad un metodo di vendita, a struttura piramidale, in cui il venditore, che non è dipendente dell’azienda, propone i prodotti di cui diventa consumatore/ distributore, basandosi su una doppia remunerazione: riceve infatti provviggioni sia sui prodotti venduti direttamente, sia su quelli venduti dai promotori che egli stesso è riuscito a reclutare.  

Considerato ancora disorganizzato, di bassa qualità e scarsamente competitivo, il settore all’ingrosso cinese ha avviato di recente alcuni cambiamenti, stimolati dagli operatori più innovativi, che lo stanno portando lentamente a evolvere verso una gestione manageriale e un posizionamento più elevato in relazione sia ai brand trattati che alla qualità del servizio offerto. Per quanto riguarda i rapporti tra commercio all’ingrosso e al dettaglio, una recente ricerca, condotta nel periodo compreso tra marzo e maggio 2011, su 18 catene di super e ipermercati, ha messo in evidenza interessanti risultati sui canali di distribuzione cinesi. È stato rilevato un incremento del numero di fornitori rispetto all’anno precedente, per la maggior parte delle aziende intervistate (78%), che hanno dichiarato di aver già programmato, per l’anno successivo, una maggiore centralizzazione degli acquisti (77%). Inoltre, è stata rilevata la tendenza, per la maggior parte degli intervistati, a espandere gli acquisti diretti, soprattutto per incrementare l’efficienza distributiva, ridurre i costi e migliorare la sicurezza relativamente al prodotto. Coerentemente, i criteri indicati come guida per la scelta dei fornitori, sono stati principalmente ricondotti alla qualità dei prodotti, all’efficienza distributiva e al prezzo140. Con

riferimento ai beni di consumo importati, oltre allo stadio del commercio all’ingrosso e al dettaglio141, si possono individuare in generale diverse figure intermedie142:

• operatori remunerati a provvigione, cinesi o italiani, come agenti, rappresentanti o broker;

• distributori cinesi indipendenti che acquistano direttamente dall’azienda, come buyer, importatori e grossisti, e che distribuiscono poi agli operatori del commercio al dettaglio;

• intermediari italiani che acquistano i prodotti dall’azienda e ne gestiscono la vendita in Cina, quali ad esempio trading company e case d’esportazione;

• intermediari esteri residenti in Italia, come buyer di catene cinesi;

• società di commercializzazione, propria o in partecipazione, con sede in Italia o in Cina; • consorzi export che, attraverso reti di imprese orientate soprattutto allo sviluppo del

territorio, possono promuovere o anche vendere in Cina i prodotti degli associati. Il canale indiretto sembra essere quello privilegiato ad oggi dalle aziende italiane: la scelta prevalente è verso i distributori esteri indipendenti, tra cui importatori e grossisti, seguita dal ricorso a intermediari cinesi remunerati a provvigione. È pertanto nettamente prevalente rispetto

                                                                                                               

140 Li&Fung Research Center (2011), “Purchasing strategies of chain retailers in China and implications to wholesale distributors”, China chain store & franchise association, 91, November

141 Verrà approfondito nei paragrafi successivi.

142 Marcati A., de Luca P., Galli G. (1998), “Ruolo e strategie degli intermediari commerciali nei processi di internazionalizzazione delle imprese”, Sinergie, 47: 133-175

Keegan W.J., Green M. (2008), Global Marketing, 5 Ed Prentice Hall, Upper Saddle River, NJ; Silvestrelli S. (2008), International Marketing Mix, Esculapio, Bologna.

Vianelli D., de Luca P. (2011), “Scelte di marketing delle imprese italiane in Cina. La distribuzione”, in Vescovi T. (a cura di),

al ruolo secondario svolto dagli intermediari o agenti-italiani o stranieri- residenti in Italia. Ancora marginale è il ruolo sia di Internet che dei consorzi di esportazione.

Come già accennato nei paragrafi precedenti, la dimensione aziendale influisce sulla scelta del canale distributivo, infatti, le grandi aziende preferiscono gli investimenti diretti e i punti vendita di proprietà, che trovano invece un limitato utilizzo nelle PMI, a causa degli investimenti necessari per la loro realizzazione. La dimensione aziendale non sembra invece influenzare la scelta dei distributori esteri indipendenti, adottati in egual misura da PMI e da grandi aziende, così come agenti, rappresentanti o broker cinesi e punti vendita in franchising. Nella definizione della struttura dei canali influisce anche l’approccio distributivo adottato, con le possibili scelte di distribuzione che di seguito sono elencate:

• intensiva: prevede la presenza del prodotto nel più alto numero possibile di punti vendita, dove poter realizzare anche elevate vendite. È tipica dei beni di massa (come pasta, acqua minerale, detersivi ecc...) la cui distribuzione capillare può facilmente avvenire mediante canali più lunghi;

• selettiva: prevede l’individuazione di un numero non elevato di punti vendita, coerenti con il posizionamento del brand, localizzati di solito in aree centrali o comunque significative per il business, dove poter valorizzare la propria presenza a livello di assortimento. È una scelta tipica del mercato dell’abbigliamento di qualità, dell’arredamento e dei prodotti alimentari rivolti ai segmenti più elevati del mercato; • esclusiva: prevede il controllo completo del punto vendita, realizzabile con

investimenti diretti o con accordi inter-aziendali, come avviene tipicamente nel settore automobilistico, della moda, del lusso e, in generale, in quei settori per i quali è rilevante il controllo, da parte del produttore, del percorso che il prodotto compie fino al consumatore. In questi casi inoltre, data l’importanza dell’approccio esperienziale e della valorizzazione dell’atmosfera del punto vendita143, diventa fondamentale

accorciare il canale e sviluppare sistemi verticali di marketing di tipo aziendale o contrattuale, tali da consentire un’integrazione verticale che favorisca la possibilità di controllo fino al momento dell’acquisto o addirittura del consumo144.

                                                                                                               

143 Kotler P.(1973), “Atmospherics as a Marketing tool”, Journal of retailing, 49, 4:48-56;

Eroglu S.A., Machleit K.A.(1989), “Atmosperics factors in the retail environment: sight, sounds, and smell”, Advances in consumer research, 20, 1:34

Caru’ A., Cova B. (2007), Consuming Experience, Routledge, Oxon, 2007;

Grewal D., Levy M., Kumar V. (2009), “Customer Experience Management in retailing: an organizing framework” et al., 2009; Avello M., Gavilan D., Abril C., Manzano R. (2011) “Experiential Shopping at the Mall: influence on consumer behaviour”, China-USA business review, 10, 16-24

144 Lorenzoni G., Manaresi A. (2001), “I processi di internazionalizzazione dell’impresa minore:l’internazionalizzazione attraverso punti vendita”, Sinergie, Quaderno 13: 33-50.  

Non sono mancati in Italia progetti con l’obiettivo di fare incontrare la distribuzione cinese di prodotti agro-alimentari con le imprese italiane aderenti all’iniziativa; per esempio, dal 16 al 20 Maggio 2011 è stato organizzato da Promofirenze e CESP Matera, il progetto “Italia a tavola" al quale sono stati invitati alcuni buyers provenienti dalla Cina (selezionati in modo mirato direttamente a Pechino) e 148 aziende italiane.

Tra i prodotti interessati dall'iniziativa, si ricordano vino, olio d’oliva, formaggi, pasta, sughi e conserve, caffè, prodotti dolciari e altri prodotti ammessi dalla legislazione cinese.

Per quanto concerne l’articolazione del canale distributivo dei prodotti alimentari italiani, questi possono essere destinati sia al canale off trade, del commercio al dettaglio, che a quello on trade, o Horeca.

Fig.7 - Canali di distribuzione al dettaglio (off trade) del comparto alimentare in Cina

Come si può notare, la complessità del canale off trade risiede nell’elevato numero di stadi intermedi tramite i quali i prodotti passano; questi si riducono nel caso di passaggio attraverso la grande distribuzione, che spesso integra al proprio interno parte delle operazioni tipiche del commercio all’ingrosso, con accorciamento del canale.

In ambito alimentare, un settore che riveste un interesse particolare per il made in Italy in Cina, non tanto per i volumi attuali, quanto per i potenziali sviluppi futuri, è quello del caffè.

Come già mostrato nel secondo capitolo della tesi, diversi noti brand italiani, come ad esempio Illy, Lavazza e Pellini, sono già entrati nel mercato, nel cui ambito un’importante variabile critica di successo è proprio di carattere distributivo.

Soprattutto il controllo del momento del consumo, attraverso il canale on trade, può permettere quella diffusione culturale, con conseguente riduzione della distanza cognitiva, per un prodotto che non appartiene oggi alle tradizioni alimentari dei consumatori cinesi.

In tal senso Starbucks già da tempo è entrato in Cina, con una forte integrazione della supply chain e dello sviluppo a valle dello shopping experience. La creazione, nell’ambito del canale, di sistemi verticali di marketing è anche la scelta effettuata da alcuni importanti produttori italiani.

Illy, in Asia dalla prima metà degli anni Novanta, con la costituzione, nel 2005, di Illy Shanghai, si sta sviluppando con successo anche nel mercato cinese. Attraverso la catena in franchising Espressamente Illy, in cui gli ambienti sono valorizzati dal design e da altri stimoli multisensoriali, l’azienda intende interpretare la cultura del “caffè all’italiana”, con focalizzazione sul segmento premium, per trasferirla al consumatore cinese, ancora poco abituato a questa bevanda nel suo uso quotidiano.

Inoltre, essendo il caffè, un prodotto che si consuma dopo un processo di trasformazione, l’azienda ha ritenuto importante aprire anche in Cina l’Università del caffè, un’iniziativa nata proprio per trasferire la conoscenza aziendale anche ai responsabili dei bar, ai quali spetta il difficile compito di far giungere al consumatore finale un prodotto concepito secondo le regole codificate dall’azienda. In un mercato come quello cinese è, infatti, importante la conoscenza e la formazione sul prodotto non solo per il mercato finale, ma anche per quello intermedio145.

Un altro esempio settoriale è quello del vino146, che in Cina presenta, come già evidenziato, un grande potenziale di sviluppo per il made in Italy. Anche nel settore vinicolo, i canali di distribuzione possono essere articolati in più stadi, sia con riferimento al mercato on trade che in quello off trade. Il commercio all’ingrosso svolge il ruolo più importante nel canale, controllando il 75% del vino distribuito nel Paese. Definito, anche “mercato invisibile” per la difficoltà di identificarne attori e clienti, è costituito, infatti, da grossisti cinesi che, pur non

                                                                                                               

145 Tracogna A. (2005), “Il caso Illy: un modello vincente di business nel mercato mondiale del caffè”, in De Toni A.F., Tracogna

A. (2005), L’industria del caffè. Analisi del settore, casi di eccellenza e sistemi territoriali. Il caso Trieste, Il sole24ore, Milano Agichina24, Intervista, www.agichina24.it/l-intervista/notizie/font-facetimes-new-roman-size3direttore-illycaffe39-divisione- mercati-emea/font.

avendo il vino come business principale, hanno investito soprattutto per trarre vantaggio dalla popolarità generata dal prodotto o, comunque, per fini speculativi di carattere finanziario. Il margine applicato dai grossisti e dagli altri intermediari è in genere estremamente elevato, potendo arrivare anche al 70%.

Per questo motivo, nei piccoli punti vendita di provincia, raggiungibili attraverso un elevato numero di stadi, un vino da tavola d’importazione può arrivare a prezzi esorbitanti.

Il canale on trade rappresenta circa il 15% del mercato totale di vino importato.

In quest’ambito è opportuno distinguere tra locali di alto livello qualitativo (hotel a cinque stelle, ristoranti gourmet, club e locali esclusivi) e tutti gli altri esercizi (ad esempio piccoli ristoranti, bar e ristoranti cinesi).

I primi hanno una lista di vini condizionata dai gruppi che li controllano, come ad esempio Accor e Starwoods, con limitato spazio decisionale da parte del manager locale. Diventa quindi molto difficile, almeno formalmente, entrare con vini diversi in questo canale. Com’è noto, in Cina tali tipologie di ostacoli possono essere superati tramite adeguate conoscenze e relazioni informali, il Guanxi 关系147.

In termini potenziali, è anche il canale off-trade a offrire grandi opportunità di sviluppo per il prodotto vino e di creazione di valore per il mercato cinese di massa, grazie al presidio di due fattori critici di successo: i prezzi bassi e la garanzia dell’autenticità del prodotto. In un Paese dove la percentuale di contraffazione è molto elevata, i clienti cercano prodotti autentici possibilmente a prezzi bassi, e la grande distribuzione può svolgere un importante ruolo di garanzia. L’off trade rappresenta oggi solo il 5% del mercato totale cinese, ma è quello in più rapida crescita, con un numero elevato di nuovi punti vendita. Nel suo ambito ci sono differenze tra forme distributive e, quindi, tra diversi approcci alla vendita. Super e ipermercati appartengono per lo più a catene internazionali, come Carrefour, Auchan, Sam’s, Wal Mart, Metro, Tesco, e asiatiche, quali ad esempio Lotus e Ito Yokado. Gli attori locali, spesso molto grandi, cominciano solo ora a entrare nel business del prodotto d’importazione. Il vino si trova anche nei convenience store (ad esempio Family Mart, C-store, Lawson, Keddy, Buddies, 7- eleven), dove tuttavia il numero di referenze è molto più basso (circa 15 contro le 1600 di iper come Carrefour). Un rilevante fattore critico di successo sta nella capacità di sviluppare la conoscenza del prodotto da parte del consumatore, ancora poco esperto. Ciò è senza dubbio più facilmente realizzabile attraverso punti vendita specializzati, come le wine boutique o i concept

                                                                                                               

147 Indica un sistema di relazioni nella società cinese, molto profonde, una trama di rapporti sociali ed economici, in un network

interpersonale che si forma sin dalla scuola (i genitori infatti scelgono una scuola dove il figlio potrà inserirsi in un gruppo sociale su cui fondare i propri punti d’appoggio in età adulta). Guanxi è dunque un network di contatti (che si forma in un arco temporale molto lungo) a cui un individuo può fare riferimento quando ne necessita; ad esempio per velocizzare pratiche burocratiche, per ottenere informazioni importanti o per conseguire altri favori. Non necessariamente le guanxi devono essere dirette, ma si può raggiungere un obiettivo tramite guanxi altrui.

store, anche in franchising, che però non rappresentano ancora in Cina un mercato adeguatamente redditizio.