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66 Euromonitor International, (2011), Cheese in China

3.2 Modalità di entrata

Le modalità tecnico-organizzative attuabili possono essere distinte in tre gruppi69:

• modalità esportative • modalità contrattuali • investimenti diretti

È importante sottolineare che l’analisi della strategia di entrata ci porta a prendere in considerazione anche le altre attività della catena del valore, come ad esempio l’aspetto produttivo; quest’ultime sono in molti casi fortemente interrelate alle attività di vendita, e spesso concorrono a determinare il vantaggio competitivo dell’azienda nel mercato estero di riferimento70.

Nell’analisi dei processi di internazionalizzazione delle aziende, il modello a stadi71 è quello che meglio di altri consente di evidenziare le peculiarità che distinguono le strategie di entrata e sviluppo nel mercato cinese. Com’è noto, il modello considera la conoscenza del mercato e l’esperienza accumulata dall’azienda quali prerequisiti per la graduale espansione internazionale. La gradualità nel processo d’internazionalizzazione può essere riconosciuta nel passare dalla focalizzazione su un Paese estero, spesso culturalmente vicino a quello nazionale,

                                                                                                               

69 Alon et al, (2012), Global marketing: contemporary theory, practise, and cases, McGraw-Hill/Irwin, New york.

70 Johansson J.K. (2008), Global marketing: Foreign Entry, Local Marketing and Global Marketing, McGraw-Hill, New York.

71 Johanson J.K, Vahlne J.E, (1977), “The internationalization process of the firm-a model of knowledge development and

increasing foreign commitment”, Journal of International Business Studies, 8, 1: 23-32.

Modalità  contrattuali  

-­‐ Licensing  internazionale   -­‐ Franchising  

-­‐ Piggy  back  

-­‐ Contract  manufacturing  

-­‐ Original  Equipment  Manufacturing   -­‐ Turkney  contract  

-­‐ Management  contract  

all’espansione su molteplici mercati. Può essere altrettanto considerata nel passaggio dalla scelta di una modalità esportativa-sicuramente meno rischiosa - a scelte contrattuali quali il franchising o il licensing, fino ad arrivare all’investimento diretto con la creazione di filiali commerciali e/o produttive tramite WOFE o joint venture, che garantiscono un maggiore controllo ma sono nel contempo anche molto più rischiose.

Fig.1- Le principali modalità di entrata nel mercato cinese

Se questo, in linea di principio, può essere considerato l’approccio più frequente nello sviluppo all’estero, tuttavia non sempre le modalità d’entrata sopra descritte hanno uno sviluppo consequenziale72: in alcuni casi, le caratteristiche del settore e del prodotto, del sistema concorrenziale, del mercato target e del macro ambiente del Paese di riferimento impongono o inducono le imprese a seguire percorsi diversi.

Ad esempio, queste potrebbero reputare più adeguata un’entrata nel nuovo Paese direttamente con una joint venture o con un investimento diretto, impegnando più risorse sia finanziarie che umane, e affrontando quindi fin dall’inizio un rischio maggiore rispetto alla scelta di più semplici e graduali modalità esportative73.

Nel caso in cui il mercato prescelto dall’azienda sia la Cina, non tutte le aziende agiscono allo stesso modo, data l’elevata incertezza che caratterizza questo mercato. Alcune, in linea con il modello a stadi, preferiscono investire gradualmente con l’esportazione per poi passare, una volta approfondite le caratteristiche del mercato, a forme di entrata più impegnative e coinvolgenti. Altre scelgono invece di investire e rischiare di più fin dall’inizio con joint

                                                                                                               

72 Zanni L., Zucchella a. (2009), “I nuovi imprenditori internazionali. L’esperienza di imprese nate globali e dell’imprenditoria etnica nei distretti industriali italiani”, in Pepe C., Zucchella a. (a cura di)(2009), L’internazionalizzazione delle imprese italiane, il

Mulino, Bologna.

73 Child J., Tse D.K. (2001), “Chinàs transition and the impacts on international business”, Journal of International Business

Studies,32,1: 8-21.

Cavusgil S.T., Ghauri P.N., Argarwal M.R. (2002), Doing business in emerging markets.Entry and negotiation strategies, Sage, Thousand Oaks, California.

Investimenti  diretti:  

-­‐ Joint  venture  

-­‐ WOFE  (Wholly  Foreign  Owned  Enterprise)  

Modalità  esportative:   -­‐ esportazione  indiretta   -­‐ esportazione  diretta  

+  

 

 

 

 

Investimento   Rischio   Controllo  

 

 

 

 

-­‐  

venture o WOFE, per riuscire a esercitare un maggiore controllo delle attività estere74. In questo

secondo caso, il riconoscimento delle enormi opportunità presenti e future che la Cina può offrire, e che alcune aziende ritengono di cogliere solo se fin dall’inizio stabiliscono una forte presenza nel mercato con un investimento diretto, prevale sulla percezione d’incertezza e di rischio che in genere porta ai comportamenti più prudenti, tipici dell’esportazione.

Quest’ approccio, in una prospettiva manageriale, è stato ben descritto in un recente studio pubblicato da Mckinsey Quarterly che evidenzia la necessità, sempre più sentita dalle aziende, di fare della Cina una “seconda casa”, ovvero di dedicare le stesse o, addirittura maggiori attenzioni di quelle dedicate al mercato domestico. L’obiettivo è duplice: diventare maggiormente competitivi nel mercato locale, ma anche acquisire vantaggi competitivi che possono aiutare la crescita dell’impresa in altri mercati.

Rimane comunque un vincolo e a volte anche un limite, la dimensione dell’azienda in questione; per esempio quando si parla di piccole e medie imprese, la limitata esperienza internazionale e le barriere finanziarie sono ostacoli non semplici da superare, soprattutto con riferimento al mercato cinese. Dai dati reperibili dal web emerge come la maggiore percentuale delle scelte d’entrata utilizzate dalle aziende italiane, sono rappresentate dalle esportazioni, seguite da modalità contrattuali e investimenti diretti.

In molti casi è importante evidenziare come la complessità del mercato e la pluralità dei target ai quali l’azienda si rivolge nel mercato cinese, implicano la scelta di più di una modalità di entrata. Ad esempio, vi sono aziende che in alcune aree della Cina vendono tramite distributori in negozi specializzati (esportazione), mentre altre hanno investito su negozi monomarca di proprietà (investimento diretto), che hanno in seguito aperto la possibilità di sviluppare una catena in franchising (modalità contrattuali), necessaria per incrementare la capillarità distributiva e rafforzare l’identità di marca. In molti casi si può addirittura parlare di modalità di entrata ibride, dirette e indirette, che vedono ad esempio forme di joint venture associate a contratti di distribuzione, oppure negozi di proprietà o in franchising gestiti da WOFE75.

Nei prossimi paragrafi saranno descritte le diverse forme di entrata, con l’obiettivo di approfondire le problematiche incontrate di frequente dalle aziende italiane nel mercato cinese.

3.2.1 Modalità d’entrata esportative

Come già accennato nel precedente paragrafo, l’esportazione è la modalità di entrata più utilizzata dalle piccole e medie imprese76. Il motivo di questa preferenza è legato al minor

                                                                                                               

74 Buckley P.J., Casson M.(1976), The future of the multinational enterprise, Macmillan, London

Buckley P.J., Casson M.(1981), The optical timing of a foreign direct investment, Economic Journal, 92: 75-87

Luo (2001), “Determinants of entry in an emerging economy: a multilevel approach”, Journal of Management studies, 38, 3: 443- 472.

75 Keegan W.J., Green M. (2008), Global Marketing, 5 Ed Prentice Hall, Upper Saddle River, NJ

76 Calvelli A. (1998), Scelte d’impresa e mercati internazionali, Giappichelli, Torino

rischio che caratterizza questa scelta, in una fase in cui l’azienda vuole iniziare la vendita dei propri prodotti all’estero con obiettivi innanzitutto esplorativi, ovvero per capire se vi sono opportunità di sviluppo nel mercato cinese. Infatti, se la valutazione del mercato non è soddisfacente, l’uscita può essere attuata senza particolari problemi, perché l’investimento è stato77 quasi nullo. D’altra parte il rischio basso è spesso accompagnato da un’elevata mancanza

di controllo sul processo di vendita all’estero, che l’impresa decide di accettare solo se il controllo rappresenta in quel momento una priorità secondaria78.

Le modalità esportative si distinguono in:

• indirette: il primo intermediario cui l’azienda si rivolge, è localizzato nel territorio nazionale;

• dirette: il primo intermediario è localizzato nel territorio estero79.

Fig.2- Esempi di modalità esportative indirette e dirette  

Ovviamente, a seconda della lunghezza del canale, tra il primo intermediario e il cliente finale possono essere individuati un numero variabile di operatori commerciali che definiscono la lunghezza del canale di distribuzione (agenti, grossisti, dettaglianti, ecc.)80.

È tuttavia importante rilevare come la distinzione proposta tra esportazione diretta e indiretta spesso non sia univoca. Alcuni autori, basano come appena detto, la differenza sul fatto che l’azienda si rivolga a un intermediario presente nel mercato nazionale piuttosto che su quello estero. Altri81 sostengono che nell’esportazione indiretta la gestione e il rischio del processo di

esportazione sono totalmente a carico dell’intermediario indipendente e il controllo delle attività estere da parte dell’azienda è bassissimo, se non nullo. Invece, nell’esportazione diretta, vi è un avvicinamento al potenziale cliente e, quindi, un contatto più diretto con la realtà estera. L’elemento comune di queste distinzioni risiede nel fatto che, rivolgendosi a un esportatore nazionale, il contatto dell’azienda con il paese estero è di solito nullo. Viceversa, l’azienda

                                                                                                               

77 Shenkar O.,Luo Y. (2008), International Business, Sage, Thousand Oaks. 78 Root F.R (1994), Entry strategies for International Markets, Lexington, New York 79 Hollensen S. (2011), Global Marketing: a decision oriented approach 5° Ed.

80 Kotler P.,Wong V.,Saunders J., Armstong G. (2005), Principles of marketing, 4° Ed, Pearson 81 Valdani E., Bertoli G. (2010), Mercati internazionali e marketing, Egea, Milano

riesce ad avvicinarsi un po' di più al mercato estero solo se si affida ad un operatore localizzato nel Paese di esportazione. In questo caso, il confronto con un intermediario estero richiederà una conseguente crescita nella cultura internazionale dell’impresa e una maggiore consapevolezza delle caratteristiche del Paese d’entrata.

A sostegno della distinzione proposta da Valdani e Bertoli82, è possibile evidenziare come il

grado di controllo non dipenda solo dalla presenza dell’intermediario commerciale nel Paese nazionale o in quello di esportazione, ma anche dal tipo di intermediario.