mai più bel sollazo
Questa è la prima delle tre laudi benivieniane dedicate alla savia pazzia. Il tema, di derivazione paolina, era tipicamente frequentato dalla laudistica: non si dimenticano certamente i testi di Iacopone o, a Firenze, quelli di Feo Belcari, autore di due laudi sull’argomento (Mosso da matta pazzia e Audite sancta pazzia) che spesso la tradizione aveva inserito nel corpus del Tudertino e che le ricerche di Stefano Cremonini hanno ricondotto alla corretta paternità.
La declinazione dell’argomento nei testi del Benivieni sembra allontanarsi dal magistero iacoponico e belcariano (che pur emerge qua e là, con qualche richiamo soprattutto lessicale). Nella laude presente il poeta traccia il profilo del “savio pazzo”, delineando in questa maniera un profilo simile a quello designato dall’Imitatio Christi.
Così, nelle strofe della lunga ballata, al savio pazzo si attribuisce il rifiuto della ricchezza e del potere temporali (vv. 5-12), l’umiltà e il rifiuto di ogni lode (vv. 13-20); la capacità di tollerare il male su di se stesso (vv. 21-28); la forza di perdonare gli sgarri subiti (vv.29-36), la modestia (vv.38-44), la compassione per il dolore altrui (vv. 45-52), la Semplicitàe la Prudenza (vv. 53-60), così come la Povertà, l’Umiltà e la Carità. (vv. 61- 68).
La contrapposizione viene fatta con la sapienza degli uomini che, sulla scorta di Paolo, è «stultizia appresso a Dio» (v. 79). La lettera dell’Apostolo emerge in filigrana, così come diversi altri rimandi biblici, dal Vecchio come dal Nuovo Testamento. Centrale rimane la trattatistica savonaroliana, dal consueto Trattato dell’Amore di Gesù Cristo al Trattato dell’Umiltà.
Dal punto di vista lessicale, la laude testimonia le prime prove d’un registro popolareggiante: esempio ne sono i vv. 70-76: «Se mi resta sale in zucca/ tolo priego, e la pazzia/ tua mi da’, che ogn’huom pilucca/ ché m’ha l’alma in modo stucca/ con la sua tanta prudentia/ quest’humana sapientia/ che anchora io voglio esser pazzo». Il registro, che andrà a rinforzarsi sia negli altri testi dedicati, tra le laudi, alla “savia pazzia” così come nei canti carnascialeschi, sarà poi ovviamente preponderante tra le frottole.
137 SCHEMA METRICO: ballata mezzana in ottonari, con ripresa xyyx e strofe ababbccx. Ogni stanza si conclude, come la ripresa, con pazo.
Non fu mai più bel solazo, 209 più giocondo né maggiore, che per zelo et per amore di Iesù diventar pazo.
La pazia di Iesù spreza 5
quel che ’l savio cerca et brama: stati, honor, pompe et riccheza,
piacer, feste, gloria et fama. Sempre cerca, honora, et ama
quel che ’l savio ha in odio tanto: 10 povertà, dolori et pianto
el christian, perch’egl’è pazo. Non fu mai.
El christian, perch’ egl’ è stolto, quando advien che sia laudato
se ne duol, perché gl’è tolto 15 a Dio quel che a lui è dato.
Ma s’egli è vituperato volentieri lo ascolta et ode,
se ne ride et se ne gode el christian, perch’egl’è pazo. 20
Non fu mai
Se alcun gli vuol far bene
con fatica lo riceve, se li dà tormenti et pene
non gli son molesti o greve.
Sempre el peso è dolce et leve 25
209vv. 1-4: La rima sollazo:pazo già in Feo Belcari, Mosso da santa pazia, vv. 19-20: «Vidi che era stolto
e pazo/ seguitando el van sollazo». vv. 7-8: Il rifiuto delle ricchezze materiali e del potere temporale, presentato in questi versi, è già in Savonarola, Omnipotente Dio, vv. 4-6: «io non ti chieggio scettro né tesoro/ come quel cieco avaro/ né che città o castel per me si strua». In filigrana si può probabilmente intuire pure De imitatione Christi I 6, 1: «Superbus et avarus nunquam quiescunt. Pauper et humilis spiritu in multitudine pacis conversatur» e anche 24, 6: «Tunc plus ponderabit contemptus divitiarum, quam totus thesaurus terrigenarum». vv. 13-16: cfr. Trattato dell’umiltà, p. 135: «Dimonstra l’umiltà che, quando l’uomo si sente laudare maxime di virtù che non ha, e che si sente in opinione degli uomini immeritatamente, se ne dolga e cerchi di minuire questa fama senza peccato, o piuttosto di adeguarla o superarla con virtuose operazioni».
138 di Iesù, quantunque grave
come el giogo anchor suave al christian, perch’egl’è pazo.210
Non fu mai
S’egli è facta alcuna ingiuria
si ricorda della croce, 30
piange el mal di chi l’ingiuria, non el suo che non gli nuoce.
A pregar prompto et veloce per ciascun è che lo offende,
ben per male a ogn’huom rende 35
el christian, perch’egl’è pazo. Non fu mai
Di ciascun ben sempre crede, di sé indice ogni male, se nel proximo error vede
cuoprel sotto le sue ale. 40 Quanto più in alto sale
(se gli andassi bene in cima) tanto men si pregia et stima
el christian, perch’egli è pazo. Non fu mai.
S’egl’ ha mal non cerca o vuole 45
che alcun di lui ne ’ncresca:
del mal d’altri ben si duole, el suo vuol che sempre cresca.
Se alcun vede che esca,
Iesù mio, della tua gregge, 50 lo ritien, lusinga et regge quanto e’ può, perch’egl’è pazo.
Non fu mai.
210vv. 25-28: il topos del suavis jugum: cfr. laude III, vv. 7-8: «da poi che ruppe el freno del mio suave
giogo». L’immagine è evangelica: cfr. Mt. 11, 29-30: «Tollite jugum meum super vos: jugum meum suave est, et onus meum leve». L’immagine è diffusa nella laudistica quattrocentesca: cfr per esempio Lorenzo de’ Medici Ben arà duro core, vv. 39-40: «Deh! prendi la sua via/ piglia il suo santo giogo sì süave» e O
peccator, io sono Dio eterno, v. 21: «Deh! Prendi el giogo mio, che non è grave». Ci sono anche ricorrenze
in Feo Belcari (per esempio O mente cieca, o insensato core, vv(.) 13-14: «Suave ’l giogo suo, leggeri ’l peso/ chi volentier lo porta»). vv. 29-31: Il perdono delle ingiurie e la preghiera per gli ingiuriosi probabilmente sono suggeriti da De imitatione Christi I 24, 2: «Habet magnum et salubre purgatorium homo patiens, qui suscipiens injurias, plus dolet de alterius malitia, quam de sua injuria, qui pro contrariantibus sibi libenter orat, et ex corde culpa indulget» v. 30 si ricorda della croce: si ricorda cioè delle ingiurie patite da Cristo nei momenti della sua Passione: cfr. per esempio Mc. 15, 29-32. v. 40 cuoprel
sotto le sue ale: l’immagine è di derivazione biblica: cfr. Ps. 90, 4: «scapulis suis ombumbrabit tibi, et sub
139 Semplice è come colomba,
et prudentia ha di serpente,211
l’uno occhio ha sempre alla tomba, 55 l’altro a Te, in croce pendente.
Mai nulla altro la sua mente
pensa, vuol, cerca, ama et spera che Te, Dio, sua luce vera,
tanto è cieco al mondo et pazo. 60 Non fu mai.
Povertà è el suo thesoro, Humiltà la sua excellentia,
Charità le gemme et l’oro, la tua croce la scientia.
Discipline et penitentia 65 son le sue prime delitie,
e suoi gaudi et le letitie e ’ martirii, perch’egl’è pazo.
Non fu mai.
O Iesù, per cortesia,
se mi resta sale in zucca 70
tôlo priego, et la pazia
tua mi dà, ch’ogn’huom pilucca, ché m’ha l’alma in modo stucca
con la sua tanta prudentia
questa humana sapientia 75
che anchor io voglio esser pazo. Non fu mai.
E m’è decto, Iesù mio, che la sapientia humana è stultitia appresso a Dio
211vv. 53-54: cfr. Mt. 10, 16: «Estote ergo prudentes sicut serpentes,/ et simplices sicut columbae». v. 55
alla tomba: cioè al Giudizio divino dopo la morte: cfr. De imitatione Christi I 24, 1: «In omnibus rebus
respice finem, et qualiter ante districtum judicem stabis, cui nihil est occultum». v. 56 a Te, in croce
pendente: cfr. De imitatione Christi 25, 6: «Memor esto arrepti propositi, et imaginem crucifixi tibi
propone». Si ricorda ancora una volta la Contemplazione dei misteri della Passione del Cristo come momento fondamentale per la redenzione dell’anima, sia nella dottrina savonaroliana che nella poesia benivieniana. v. 61: cfr. Mt 6, 19: «Nolite thesaurizare vobis thesauros in terra: ubi aerugo, et tinea demolitur: et ubi fures effondiut et furantur».v. 69 per cortesia: evidente eco iacoponica («Senno me par e cortisia»). vv. 72-77 e la pazia…: «e dammi la tua pazzia, che ogni uomo desidera ardentemente [pilucca], perché la sapienza umana mi ha tediato [stucca] con il suo equilibrio [prudenza] tanto che voglio ancora essere pazzo». Cfr. Frottole III vv. 313-316: «Vende al ritaglio el sale/ che non ha più la zucca/ et ancor è chi pilucca/ la carne insino all’ossa».
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et ch’ogn’altra cosa è vana212 80
fuor di Te, viva fontana, onde in Te l’acqua trabocca
che ciascun che vi pon bocca per tuo Amor fu cieco et pazo.
Non fu mai.
Ognun, dunque, a questa vena 85
che nel tuo pecto si absconde corra ognuno, a bocca piena
bea di queste nitide onde, et nell’acqua che si effonde
poi di fuor ciascun immolli, 90 vi si tuffi et si satolli
tanto che diventi pazo. Non fu mai.
Come pazo ogn’huom gridando, Iesù mio, la croce prenda,
la tua croce, et iubilando 95
sopra lei tutto si extenda.
Nel tuo pecto ogn’huomo ascenda et in lui facci suo nido.
Ognun gridi, com’io grido,
sempre «pazo, pazo, pazo». 100
Non fu mai
212vv. 77-79: cfr. 1Cor 20: «Ubi sapiens? Ubi scriba? Ubi conquisitor huius saeculi? Nonne stultam fecit
Deus sapientiam huius mundi?». v. 81 viva fontana: tipico appellativo del Cristo, molto frequente nella laudistica, per es. in Feo Belcari, Vivo per te, Signor, sincero, vv. 21-23: «Vengo a te Gesù, fonte di grazia/ pien di pietà e di misericordia/ che faccia tutta la mia voglia sazia». vv. 85-88 a questa vena… : il costato di Cristo, dal quale sgorgò sangue misto ad acqua: cfr. Gv 19, 33-34: «33Ad Jesum autem cum venissent, ut viderunt eum jam mortuum, non fregerunt ejus crura 34 sed unus militum lancea latus ejus aperuit, et continuo exivit sanguis et aqua». vv. 93-96: cfr. Trattato dell’Amore di Gesù, p. 116: «Lassami, Signor mio, venire teco in croce; fammi teco morire sopra quel legno». vv. 99-100: la chiusa del canto riprende,
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