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Come la pazia di Iesù possa essere et sia veramente savia, Io vo’ dirti,

anima mia,

Seconda laude del Benivieni dedicata al tema della savia pazzia. Se la figura del “savio pazzo” era stata centrale nella laude precedente, nei versi di Io vo’ dirti il Benivieni si concentra sulla descrizione della “savia pazzia” stessa. Sempre sulla scorta della prima lettera ai Corinzi si racconta della pazzia di Cristo, “savia” perché dona la vera saggezza della Croce e della redenzione, in contrasto ancora una volta con la sapienza dei mortali, condannata con parole simili alla lezione paolina (e con qualche eco dell’Ecclesiaste): si vedano per esempio i vv. 85-90: «O voi savi che potete/ disputare della natura/ dite un po’ se voi el sapete/ questa croce che ’l cor sura/ onde ha forza, e chi misura / tanto amor che in lei si extende?». Alla lode della pazzia si sovrappone dunque una lode della Croce e la preghiera affinché il poeta orante possa con l’intervento divino esser partecipe della pazzia di Cristo. Per questo continuano a essere importanti i richiami dell’Amore di Gesù Cristo del Savonarola, che si conferma ancora una volta testo centrale nella poetica religiosa del Benivieni.

Dal punto di vista stilistico, continuano gli affondi in un registro ancora più popolareggiante di quello mostrato, a tratti, nella laude precedente: si segnalano locuzioni prelevate dalla comunicazione orale (per es. «ma rimangasi tra noi» del v. 3), modi di dire (come quello al v. 95 «cambia ogn’hor martello»). Si ripresentano poi formule ricorrenti nelle laudi dell’autore (v. 5: «S’egli è vero, perch’egl’è vero») e alcuni prelievi da testi sulla pazzia del Belcari e di Iacopone.

142 SCHEMA METRICO: ballata mezzana in ottonari con ripresa xyyx e stanze ababbccx. Ogni strofa termina con pazia.

Io vo’ dirti, anima mia, 213 da che tu saper lo vuoi, (ma rimangasi tra noi)

come savia è la pazia.

S’egli è vero, perch’egl’è vero, 5 che quel cor ch’in Dio si posa

ha sopra ogni desidero

con lui insieme ogn’altra cosa, se gli è poi grave et noiosa

la sua carne et gli dispiace 10

ciò che turba la sua pace,

savio è in grembo alla pazia. Io vo’ dirti

Chi non sa che la riccheza, piacer, fama, gloria, honori,

tiron con la lor dolceza 15 tanto a sé i nostri human cuori

che si reston po’ di fuori di quel Ben che ciascun brama.

Et però chi troppo gl’ama

corre drieto alla pazia. 20

Io vo’ dirti.

Se l’amor di questo mondo

dall’amor di Dio ci toglie, non è pazo insino in fondo

chi da lui non si discioglie?

Quanto più le nostre voglie 25

ad sé el mondo allecta e ’nvesca, tanto più forza è che cresca

in noi sempre la pazia.

213v.1: Io vo’ dirti… : esordio simile a laude XVII, Io vo’ darti, anima mia. v. 5: Formula ricorrente nella

laudistica benivieniana, per esempio cfr. Stanze in Passione Domini VII, 1: «Se egli è vero, Signor mio, com’egli è». v. 6: cfr. laude V, vv. 65-68: «Inclina alla mia voce/ Iesù, e tuo’ santi orecchi/ sì che più non invecchi/ fuor di te el core ove non posa mai». vv. 9-11: il rifiuto della carne anche in Stanze in Passione

Domini IX, vv. 1-2: «Lievimi al ciel/ perché sotto el peso/ di questa carne relegato sono». vv. 13-16: cfr.

laude VIII, vv. 5-8: «La pazzia di Iesù sprezza/ quel che ’l savio cerca et brama:/ Stati, honor, pompe et ricchezza/» e nota. vv. 17-18: le tentazioni mondane traviano le anime dalla salvezza. per quel Ben cfr.

Commento III, vv. 72-73. vv. 21-24: «non è forse davvero folle quello che non si lontana dalle tentazione

143 Io vo’ dirti

Se la vera sapientia 214

che stultitia el mondo appella 30

è la croce, qual prudentia, qual, Iesù, sarà mai quella

ch’e piaceri che fan sì bella questa vita cerchi et chieggia

dove sempre inanzi ir veggia 35

la sua morte et la pazia? Io vo’ dirti

Se non è maggiore el servo, Iesù mio, che ’l suo Signore, chi fia mai tanto protervo

ch’esser voglia a te maggiore? 40 Tu pascesti di dolore

le tue carni et di tormenti per far noi lieti et contenti

con la tua savia pazia. Io vo’ dirti

Se tu dunque, o Iesù mio, 45

per me in croce afflicto pendi,

et che di ove sono io ivi vo che meco ascendi,

perché, mondo, mi riprendi

s’egli advien che ’l cor mio afflicto 50 con lui in croce stia conflicto per fuggir la tua pazia?

Io vo’ dirti

214vv. 29-31: cfr. 1Cor 1, 22-23: «22 Quoniam et Judaei signa petunt, et Graeci sapientiam quaerunt 23 nos autem praedicamus Christum crucifixum: Judaeis quidem scandalum, gentibus autem stultitiam». Cfr. anche laude VIII, vv. 77-79: «e m’è decto, Iesù mio/ che la sapienza humana/ è stultitia appress’a Dio». v.

36 la sua morte: la dannazione eterna. vv. 37-40: cfr. Gv. 15, 20: «Mementote sermonis meis, quem ego

dixi vobis: non est servus maius domino suo». vv. 41- 43: Uno dei temi portanti del Trattato dell’Amore

di Gesù Cristo, (cfr., per esempio, p. 120: «Che vogliono, adunque, significare tante piaghe? Dove vengono

tante passioni? Dove procede tanto dolore? Dove versa in terra tanto sangue? Che ha fatto colui che non cognobbe mai peccato? Lasso me, ché le mie iniquitate sono sopra le sue spalle! Lasso me, li mei peccati l’hanno congiunto a questa croce!») vv. 45-46: cfr. laude XV, vv. 1-2: «Veggo Iesù, el mio Dio, che in croce pende/ morto pel il mio peccato». v. 49 perché, mondo, mi riprendi…: cfr. Commento III, 1 vv. 9- 11: «E tu, mondo fallace, onde sospincto/ fui da’ tuoi inganni, tue lusinghe et arte/ a morte eterna…» vv.

144 Io conosco ogn’hor per pruova215

che chi impaza, o Iesu, teco,

come serpe si rinnuova 55

dentro a questo carcer cieco. Ma chi segue el mondo et seco

si transtulla et si sollaza, così sempre al mondo impaza

che diventa la pazia. 60

Io vo’ dirti

La pazia quando condita, Iesù mio, è dal tuo sale,

tanto al gusto è saporita che lo purga d’ogni male.

Ma senza esso è sempre tale 65 che quel core che se ne pasce

così muore, che mai rinasce mentre sta in questa pazia. Io vo’ dirti

Deh, se mai a tuo sancti orecchi,

Iesù, venne alcuna voce, 70

dammi pria che al mondo invecchi

la pazia della tua croce, perché troppo pur m’invoce

questo nostro human sapere,

dove altro hor non so vedere 75

che fumo, ombra, odii et pazia. Io vo’ dirti

Io vorrei, Iesù mio buono, per tuo Amor diventar pazo,

perché savio mai non sono

se non quando per te impazo. 80

O qual gaudio et qual sollazo sente el core allhor che dentro

si transfonde insino al centro della tua sancta pazia.

Io vo’ dirti

215vv. 53-56: «Io mi rendo sempre più conto che chi impazzisce per te, o Gesù, muta il proprio aspetto

come i serpenti all’interno della prigione del mondo [carcer terreno]». vv. 69-71: cfr. laude V, vv. 65-66: «inclina alla mia voce/ Iesù, e tuo’ sancti orecchi». vv. 75-76: Tema recuperato dalla letteratura dell’Ecclesiaste, al centro della laude XX: cfr da quel testo, per es., i vv. 17-18: «…non truovo altro che pene/ Odij, sogni, Morte et vento».

145

O voi savi che potete216 85

disputare della natura, dite un po’, se voi el sapete:

questa croce che ’l cor sura

onde ha forza, et chi misura

tanto amor che in lei si extende? 90 Quel che ’l savio non intende

lo conosce la pazia. Io vo’ dirti

La pazia, da poi che quello Sommo Bene in carne humana

scese, cambia ogn’hor mantello 95 con la sapientia humana,

onde, come stolta et vana è hor questa, così grave,

savia, provida et suave

è Iesu la tua pazia. 100

Io vo’ dirti.

216vv. 85-90: l’inferiorità delle scienze di fronte alla savia pazzia è tema derivato, anch’esso, dalla lettura

del Qoelet e soprattutto della prima lettera ai Corinzi (per es. 1Cor1,21: «Nam quia in Dei sapientia non cognovit mundus per sapientiam Deum: placuit Deo per stultitiam preadicationis salvos facere credentes»: diffuso nella laudistica sull’argomento: cfr. per es. Feo Belcari, Udite matta pazzia, vv. 53-56: «Scientia et cosa divina/ ove el buon ozo se affina/ molti han messi in gran ruina/ Sophistica et theologia».

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