’n faville
La Sequentia dei morti è la traduzione del Dies Irae, il famoso inno latino attribuito dalla tradizione a Tommaso da Celano. Benivieni segue per la sua traduzione la versione del messale romano, composta da diciannove strofe di tre versi ciascuna, in metro trocaico, è tradotto nella classica forma del capitolo ternario. La traduzione del Benivieni si dimostra rispettosa della lezione e priva delle amplificazioni che caratterizzano alcune delle versioni salmodiche.
Il Dies irae illustra il pensiero escatologico cristiano, sulla cui importanza nella dottrina savonaroliana e nella poetica del nostro autore probabilmete è eccessivo ritornare. Molti autori dell’orbita piagnona, come Castellano Castellani, avevano composto testi sul destino ultimo dell’umanità, concentrandosi in particolar modo sugli aspetti prettamente corporali, in fede al quia pulvis es et in pulverem revertis di Genesi. L’inno di Celano descrive nella prima parte (i vv. 1-21 della traduzione benivieniana) descrive il momento del Giudizio finale, secondo quanto narrato nella Bibbia e, specialmente, nell’Apocalisse; la seconda parte del testo è invece impegnata da un’accorata preghiera per la misericordia di Dio.
Il Dies irae riferisce i due poli della poetica spirituale benivieniana (timore del Giudizio e conseguente paura della Dannazione Eterna e ininterrotta preghiera per la misericordia di Dio) e, nella sua versione tradotta, ne fanno un manifesto della poesia religiosa del poeta.
109 Solverà el mondo in cenere e ’n faville190
l’ultimo dì dell’ira et del furore,
dice el Propheta, dicon le Sibylle. 3 Quanto spavento fia, quanto terrore
allhor che ogni opra, ogni pensier più occulto
examinato fia del nostro core. 6
Da tutti e luoghi ove alcun fia sepulto miser saren dal paventoso suono
d’una tuba condocti, et dal tumulto 9 condocti certo innanzi al divin trono.
Stupirà Morte insieme et la Natura
vedendo surger quei che morti sono. 12 Misero a me, che ogni creatura
constrecta fia rispondere in iuditio
a chi le colpe sue vede et misura. 15 Vedrassi el libro alhora dove l’inditio
de’ nostri mal si monstra et la cagione
de’ gaudii eterni et del final supplitio, 18 et per nostra maggior confusione
si scolpirà quel c’hor ci è più nascosto
poi che loro fia giunto al paragone. 21 Che, lasso a me, che lasso a quel che opposto
mi fia risponder deggio? E ’n tanti mali
qual patron chiamerò che mi stia accosto? 24 Che mi defende sotto le sue ali,
quando l’huom iuxto fia securo appena
dal iudicio divino et da’ suoi strali. 27 O Re del cielo, la cui potenza infrena
ogni virtù, che solo per tua bontate
salvi, rompi del cor l’impia catena. 30 Rompila, o fonte di somma pietate,
salvami priego, o dolce Signor mio,
non guardare a le mie iniquitate. 33 Ricordati, ricordati che io
sono stato cagione della tua via,
non mi damnare, Iesù dolce et pio. 36 Tu, mentre el core et l’ingrata alma mia
cercavi lasso, affaticato et afflicto
sedesti, o sommo Bene che ogni huom disia, 39 Tu per me in croce per amor conficto
190vv. 1-3 cfr. Dies irae, vv. 1-3: «Dies irae, dies illa/ solvet saeclum in favilla/ teste David cum Sibylla». vv. 4-6: cfr. Dies irae, vv. 4-6: «Quanto tremor est futurus/ quando iudex est venturus/ cuncta strincte discussurus!». vv. 7-9: cfr. Dies irae, vv. 7-9: «Tuba, mirum spargens sonum/ per sepulchra regionum/ coget omnes ante thronum.» vv. 11-12: cfr. Dies irae, vv. 10-11: «Mors stupebit et natura/ cum resurget creatura». vv. 16-21: cfr. Dies irae, vv. 13-18: «Liber scriptus proferetur/ in quo totum continetur/ unde mundus iudicetur./ Iudex ergo cum sedebit/ quidquid later apparebit/ nil inultum remanebit». L’immagine è di Apocalisse 20, 12-15: «Et vidi mortuos, magnos et pusillos, stantes in conspectu throni, et libri aperti sunt: et alius liber apertus est, qui est vitae: et judicati sunt mortui ex his, quae scripta erant in libris, secundum opera ipsorum».
110 col proprio sangue m’hai ricomperato191
l’error mio, le mie colpe, el mio delicto. 42 Non fia priego o Signor, pel mio peccato
tale et tanta fatica indarno spesa
per me, benché superbo, iniquo e ’ngrato. 45 Tu pria che l’ira in el tuo pecto accesa
arda in vendecta de’ miei mali perdona,
perdona el servo tuo l’antica offesa. 48 Io piango come quel ch’el mal lo sprona,
io mi vergogno per ch’el cor mi accusa:
perdona el servo tuo che a Te si dona. 51 Tu, che Maria in humil pianto effusa
absolvi e ’l ladro, di speranza pieno
m’hai perché l’alma mia non fia confusa. 54 Et benché e prieghi miei degni non sièno,
libera, priego, da lo eterno foco
el cor che sol pensando in lui vien meno. 57 Da’ pregio al servo tuo, da’, Signor, loco
fra le tue pecorelle et da e capretti
tra’lo per quello Amor ch’io chiamo e ’nvoco 60 poi che al foco damnati et maladetti
saranno, priego che ’l tuo servo in pace
ponga su in ciel fra gli altri spirti eletti. 63 L’infelice mio cor, che in Terra giace
tutto contrito ad Te, Signor, si extende
da questo mondo misero et fallace, 66 et ti priega, Signor, che dalle horrende
man del nimico lo defenda alhora
che alla natura el suo debito rende. 69 Quanto fia lachrymoso el dì che fora
de’ lor sepolchri infra le fiamme ardenti
surgeran quei che Morte ha in preda ogn’hora, 72 quanti saranno miseri et dolenti
dinanzi al tribunal di Christo et quanti
191 vv. 22-27: cfr. Dies irae, vv. 19-21: «Quid sum miser tunc dicturus/ quem patronem rogaturus/ cum vix
iustus sic sicurus?» vv. 28-33: cfr. Dies irae, vv.22-24: «Rex tremendae maiestatis/ qui salvandos salvas gratis/ salva me, salva me, fons pietatis!». vv. 34-36: cfr. Dies irae, vv. 25-27: «Recordare, Iesu pie,/ quod sum causa tuae vitae/ ne me perdas illa die». vv. 37-45: cfr. Dies irae, vv. 28-30: «Quaerens me sedisti, lassus,/redemisti crucem passus/ tantus labor non sit cassus».vv. 46-48: cfr. Dies irae, vv. 31-32: «Iuste iudex ultionis,/ donum fac remissionis/ ante diem rationis». vv. 49-51: cfr. Dies irae, vv. 34-36: «Ingemisco tamquam reus/ culpa rubet vultus meus/ supplicanti parce, Deus». vv. 52-54: cfr. Dies irae, vv. 37-39: «qui Maria absolvisti/ et latronem exaudisti/ mihi quoque spem dedisti». vv. 55-57: cfr. Dies
irae, vv. 40-42: «Preces meae non sunt dignae/ sed tu bonus fac benigne/ ne perenni cremer igne». vv. 58-
63: cfr. Dies irae, vv. 44-48: «Inter oves locum preasta/ et ab haedis me sequestra/ statuens in parte dextra/
confutatis maledictis,/ flammis acribus addisctis/ voca me cum benedictis» vv. 64-69: cfr. Dies irae, vv. 49-51: «Oro supplex et acclinis/ cor contritum quasi cinis/ gare cura mei finis». vv. 70-72: cfr. Dies irae, vv. 52-54: «Lacrimosa dies illa/ quae resurget ex favilla/ iudicandus homo reus».
111 sospir si effunderan, quanti lamenti? 75192
Muovati a perdonar gli affanni e ’ pianti de’ miseri mortal per tuo figliuolo,
o Signor Re dei Re, Sancto de sancti, 78 che vive et regna teco unico et solo.
112