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Laude in honore di sancto Paulo, Destati, anima mia

Questa è la prima delle due laudi dedicate a un santo, tra quelle pubblicate all’interno delle Opere. La laude in questione è dedicata a san Paolo e si inserisce nella scia di altre invocazioni all’Apostolo composte negli stessi anni: in particolare, è da ricordare la ballata in ottonari Chi si vuol col core unire di Francesco d’Albizo, con la quale la laude di Benivieni condivide il repertorio di topoi riferibili alla vita e al culto paolini, ricavati dai testi del nuovo Testamento (Atti, le stesse lettere di Paolo) e dalla patristica (san Girolamo in primis). Il tono scanzonato che contraddistingue la laude dell’Albizo non è adottato dal Benivieni, che preferisce in questo caso utilizzare un linguaggio poetico “medio”, arricchito da immagini dantesche, velocizzando però il ritmo della sua canzone con il frequente impiego di enjambement.

Il testo si articola in sette stanze di sette versi, in ottonari ed endecasillabi. Dopo una stanza introduttiva, si passa al racconto della conversione di Saulo (vv. 8-21), poi un lungo elogio dell’Apostolo, scandito nelle restanti quattro che vengono introdotte con leggere varianti dall’epiteto vaso, riferito a Paolo sulla base di un passo degli Atti degli Apostoli (9, 15: «Dixit autem ad eum Dominus: Vade, quoniam vas electionis est mihi iste»).

Gli ultimi versi sono infine occupati da una preghiera al santo, affinché interceda per salvare l’anima del poeta-peccatore.

132 SCHEMA METRICO: sette stanze di sette versi, in settenari e endecasillabi, di schema metrico ababbcC. La seconda e la terza stanza sono collegati da un rapporto di capfinit.

Destati, anima mia,206

al suon di quella gloriosa tromba che se ben già seguia

Iesù, quasi rapace uccel colomba

per tutto hor ne rimbomba 5

et sparge el suo giocondo

nome a cui serve el cielo, l’abysso e ’l mondo. Surgea contro al tuo nome

questo per zelo delle sue patrie leggi,

o Iesù mio; ma come 10

piacque a Te, sommo Ben che tutto reggi,

farlo uno delle tue greggi, gli occhi d’un grave velo

ne adombri et teco lo conduci in cielo.

Teco, o Iesù mio, dove 15

vide quel che parlare a huom non lice,

tanto sono alte et nuove le cose che lassù fan l’huom felice. Così d’una radice

amara uscì quel fructo 20 dolce, che addolcì lui e ’l mondo tutto.

206v.1: L’esortazione iniziale all’anima è diffusa nel genere laudistico (per es. Gherardo d’Astore: «Levati

su omai/ anima mia, e non dormire»). In una laude dedicata all’Apostolo, è possibile ipotizzare un probabile influsso di Ef. 5,13-14: «13 Omnia autem, quae arguuntur, a lumine manifestantur: omne enim, quod manifestatur, lumen est. 14Propter quod dicit: Surge qui dormis, et exsurge a mortuis, et illuminabit te, Christus». v.2 gloriosa tromba: epiteto per Paolo, ricordato come “tromba del Vangelo” secondo un detto di Gerolamo. Cfr. Francesco d’Albizi, Chi si vuol al ciel unire, vv. 5-6: «quest’angelica trombetta/ della chiesa militante». vv. 6-7: cfr. lauda XXII, vv. 1-3: «Non è questa, cor mio, quella suprema/ quella immensa virtù, quel sommo bene/ che l’abysso, che ’l ciel, che ’l mondo trema?». L’ abysso, le profondità terrestri, il Cielo e il Mondo sono le tre parti in cui è diviso il Creato. Probabilmente qui, come in altri passi del Benivieni, segue l’esempio di Inf. XIX, vv. 10-11: «o somma sapienza, quanta è l’arte/ che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo». vv. 10-14 ma come…: «ma quando ti piacque, o sommo Bene che reggi il mondo, di renderlo uno dei tuoi discepoli, gli hai tolto la vista e lo hai portato in cielo con te». Cfr. At. 9, 8: «Surrexit autem Saulus de terra, apertisque oculis nihil videbat». vv. 15-16: cfr. 2Cor, 2-4: «2Scio hominem in Christo ante annos quatuordecim, sive in corpore nescio, sive extra corpus nescio, Deus scit, raptum huiusmodi usque ad tertium caelum. 3Et scio huiusmodi hominem sive in corpore, sive extra corpus nescio, Deus scit: 4quoniam raptus est in paradisum: et audivit arcana verba, quae non licet homini loqui».

vv. 19-21: La massima, di origine classica (attribuita a Catone o a Cicerone, e con una grande fortuna nella

produzione latina medievale) è recuperata da Benivieni probabilmente da Gerolamo, Ep. 107,1, nella quale, commentando un passo della prima lettera ai Corinzi, il Padre della Chiesa scrive: «…et intelliget consilium apostoli illuc profecisset, ut radici amaritudinem dulcedo fructum conpensaret et viles virgulae balsama pretiosa sudarent». vv. 22-23 pretioso vaso: compare qui per la prima volta, l’epiteto paolino vaso, ricorrente in apertura delle successive quattro stanze.

133 Questo è quel pretioso

vaso in Terra da Dio posto et electo perché el tuo glorioso

et sancto nome, o Iesù benedetto, 25 portassi nel conspecto207

de’ Principi et Signori

del mondo, acciò che l’huom l’ami et honori. Da questo sancto vaso

si effunde sempre in noi quella dottrina 30 che d’ogni adverso caso

è sol remedio et vera medicina, con la quale chi cammina

sempre di luce in luce

trascende infin che al Sole ver si conduce. 35 Da questo vaso ardente fulminon sempre fuor parole elette,

ch’ogni più dura mente han forza penetrar quasi saecte.

E ’l cor, dove recepte 40 son, se di loro si pasce

subito al mondo muore e ’n Dio rinasce. O immaculato et puro

vaso di election, fonte d’Amore,

per me, vil servo impuro, 45

priega, ti priego, el tuo Redemptore ché lo aghiacciato core

così m’infiammi et ispiri

che a sé come ad suo fin lo inclini et tiri.

207vv. 24-28: Si accenna alla predicazione e ai viaggi d’evangelizzazioni compiuti da Paolo, descritti e

narrati negli Atti degli Apostoli e in alcune delle Lettere. Cfr At. 9, 15: «…portet nomen meum coram gentibus, et regibus, et filiis Israel». Con «principi et signori» indicati al v. 27 Benivieni si riferisce probabilmente al proconsole di Cipro, Sergio Paolo, convertitosi a Salamina (At. 13, 7) o al celebre incontro di Paolo col re Erode Agrippa II durante il suo processo a Gerusalemme (narrato in At. 25-26). Cfr. Francesco d’Albizo, Chi si vuol col core unire, vv. 7-8: «Con la voce sua perfetta/ convertì regioni sante». vv. 29-32: «da questo “santo vaso” [ovvero, dalla predicazione di Paolo] si diffonde in noi quella giusta dottrina [il suo insegnamento, che conduce alla Fede cristiana], che è l’unica medicina in grado di rimediare in ogni avverso caso dell’esistenza». Cfr. Francesco d’Albizo, cit, vv. 13-14: «con la sua vera dottrina/ tutto ’l mondo ha ’lluminato». v. 34 di luce in luce: in un percorso d’ascesi che conduce alla verità ultima. L’immagine è dantesca: cfr. Par X, vv. 121-22: «Or se tu l’occhio de la mente trovi/ di luce in

luce…» vv. 34-35: per il contesto (e per la rima luce:conduce), cfr. Commento III, 50, vv. 7-11: «O non

già mai virtute/ che al destinato porto/ felice hor mi conduce/ Questa è pur quella luce/ per cui già lieto vixi…». v. 36-39: «da quel vaso ardente [Paolo, ardente del fuoco della Fede] sgorgano con incredibile veemenza (fulminon) nobili parole, in grado di colpire con grande forza, come fossero frecce, anche i cuori più duri». vv. 41-42 se di lor…: l’immagine rimanda a laude V, vv. 25-28: «Così in lui si compiace/ et del suo amor si pasce/ che morta in sé rinasce/ l’anima in Lui, per non morir più mai». vv. 43-44 O

immaculato…vaso d’election: cfr. At. 9,15:«Dixit autem ad eum Dominus: Vade, quoniam vas electionis

est mihi iste» vv. 47-49: cfr. Francesco d’Albizo, cit, vv. 17-20: «non è cor tanto aghiacciato/ che san Pagol nol riscaldi/ se co’ nostri spirti caldi/ ciaschedun lo vuol seguire».

134 Amen