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5.2.4.2 Il software Nvivo per l’analisi qualitativa.

Foto 1 tortellini Foto 2 kebab

5.3.1.4 Le affermazioni critiche.

Non sono state molte le affermazioni di rifiuto completo di un determinato tipo di cibo, ma quelle che ci sono state si riferivano generalmente al cibo straniero e alla diffidenza verso questo e la cultura a cui appartiene:

… i marocchini lo fanno….Non è buono..

A te piace?

No, il kebab no.. l’avevo mangiato una volta ma mi veniva da vomitare.. (N.48, M, 16 anni, professionale, origini kosovare, Bologna)

Il kebab mi fa schifo solo a vederlo, è osceno secondo me, mi hanno detto dei miei amici che è molto buono a mangiarlo, io non l’ho mai provato, sono tante carni spiaccicate, penso siano carni di manzo, ce ne sono parecchi in giro ne ho visti abbastanza, in via Ravegnana dove faccio hip hop c’è n’è proprio uno sotto la palestra, ma non mi ispira mangiarlo, sarà perché non mi piace la carne ed è brutto da vedere, secondo me, quella carne spiaccicata, un po’ lucida. (N.58, F, 18 anni, ist.tecnico, Forlì)

Sì non ci sono mai andato a mangiare, ci sono solo passato davanti, non mi azzarderò mai di andarci a mangiare.

Perché?

Il kebab è fatto di pollo vero? Pollo, carne mista, chissà cosa c’è dentro, no, no ai miei amici piace mangiarlo, però io sinceramente a me la cultura marocchina...

Quella penso che sia turca

A me quelle culture lì non mi piacciono, cioè quelle orientali, orientali sì, ma il Medio Oriente non mi piace tanto, non so, è proprio la gente che forse non mi attira, poi alla fine con la gente devi sempre cercare di socializzare perché è giusto così, però provare le loro culture non mi interessa, non mi attira.

Quindi tu il kebab non lo hai mai assaggiato?

No mai.

Però i tuoi amici lo mangiano?

I miei amici a volte ci vanno a mangiare quel coso, un panino, però io non ci vado, come il Mac Donald, non lo mangio io il Mac Donald.

Assolutamente, se devo scegliere se mangiare questo e il Mac Donald scelgo il kebab.(N.60, M, 17 anni, professionale, Forlì)

Il cibo, una delle forme di consumo che veicolano significati più antiche, manifesta in maniera molto evidente la dialettica tra globale e locale, come la si è voluta intendere in questa ricerca, ossia come rapporto complesso che dà luogo a effetti di non sola omogeneizzazione culturale ma a intrecci e mescolamenti.

Quanto emerge dal significato che gli adolescenti attribuiscono al consumo di cibo locale e cibo introdotto nella realtà italiana da persone di altri paesi, mi pare che testimoni come l’identità contemporanea si costruisca, come sostiene Beck [2005] sul principio della distinzione inclusiva, sulla logica del sia...sia.

Infatti se riflettiamo sul rapporto tra cibo e identità, da ciò che i ragazzi hanno detto emerge:

• una generale, anche se non totale, apertura e curiosità verso gli alimenti stranieri

• al tempo stesso è considerato molto importante il valore del cibo tradizionale, legato alla dimensione più familiare, e l’appartenenza alla zona di origine.

Occorre sottolineare che le due cose non vengono vissute come in contrapposizione, non si è “locali” o “cosmopoliti” riguardo al cibo, ma si può essere contemporaneamente tutti e due.

In questo caso, riprendendo la distinzione tra identità personale e identità sociale proposta da Crespi [2004] e Sciolla [2000] se alla domanda “che cosa sono io?” ovvero parlando dell’identità sociale, gli intervistati potrebbero rispondere di sentire di appartenere soprattutto al luogo di origine, ciò però non porta come conseguenza a una chiusura al cibo tipico dell’altro, ossia degli stranieri. Questo probabilmente perché il luogo in cui essi vivono è anche contenitore di diverse identità culturali. La città che si presenta agli adolescenti italiani contemporanei propone sia il negozio dei tortellini che quello del kebab ed essi,

protagonisti del loro tempo e non di un tempo che non c’è più, vivono entrambe le realtà.

Dunque la cultura alimentare dei ragazzi subisce quel processo di creolizzazione [Hannerz 1998] che vede spinte provenienti da realtà diverse intersecarsi e mescolarsi in modo vario, con la possibilità tanto di un flusso che va dal centro alla periferia, quanto dalla periferia al centro.

Accettare il cibo dell’altro però non è detto che voglia dire accettare l’altro totalmente, infatti, nell’epoca della distinzione inclusiva, si può, al tempo stesso, mangiare kebab ed essere razzisti; la grande quantità di ristoranti “etnici” frequentati da italiani e il contemporaneo e abbastanza diffuso atteggiamento di diffidenza verso gli immigrati credo che oggi diano conto di questo.

Anche da parte dei ragazzi stranieri si verifica la logica del sia...sia: la maggior parte di essi tende a sottolineare di amare il cibo italiano, quasi a voler insistere sul loro essere entrati a fare parte di questa cultura, anche se a casa propria apprezzano il cibo che è legato al paese di origine della famiglia.

“Sono riconoscibili molteplici motivazioni che spingono soggetti, molto diversi per origine sociale e geografica e per status culturale ed economico, a consumare nello stesso territorio – le metropoli di tutto il mondo – gli stessi prodotti, sia quelli di provenienza `esotica´, sia quelli di produzione locale.

In base alle tradizionali variabili di stratificazione sociale, economica e culturale, vengono abitualmente identificati gruppi di consumatori molto diversi che consumano beni diversi. Nelle metropoli `globalizzate´ questo non è più del tutto vero. Il consumo degli stessi prodotti etnici è collocato nel contesto di stili di vita molto diversi e si concilia con motivazioni di vario genere per i diversi tipi di attori intervistati (giovani, anziani viaggiatori, extracomunitari [...] ecc.)” [Mora 2001: 72].

Mi sembra interessante anche la differenza che c’è tra cosa si consuma e con chi si consuma:

• il cibo nuovo, che viene sperimentato, è più legato agli amici come generalmente i pasti che avvengono fuori casa; • il cibo tradizionale è connesso alla famiglia

Tipicamente infatti, nell’età adolescenziale, le esperienze nuove, che testimoniano lo stacco dal rapporto con la famiglia, troppo legato all’infanzia, si compiono con il gruppo dei pari [Palmonari 2001]. Ma la famiglia risulta lo stesso nell’ombra della sperimentazione, infatti anche l’atteggiamento di chiusura o apertura di questa all’altro e al diverso può certamente condizionare i ragazzi.

5.3.2 Corpo/look: presentazione di sé,