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5. Consumi e identità tra globale e locale: una ricerca visuale su

5.1 Il contesto locale: la regione Emilia-Romagna.

5.2.1 Obiettivi e ipotesi della ricerca.

5.2.1.1 Obiettivi.

Con questa ricerca mi sono proposta di affrontare il tema dell’identità e dei consumi degli adolescenti, alla luce dei cambiamenti portati sulla cultura e sugli individui contemporanei dalla globalizzazione.

L’obiettivo dell’indagine è stato quello, in primo luogo, di cogliere attentamente i mutamenti che sono avvenuti nelle città emiliano-romagnole, scenario al cui interno vivono i soggetti studiati, a seguito della progressiva interdipendenza che si è andata a creare tra le diverse parti del mondo e che ha portato a una circolazione sempre più veloce di persone, oggetti di consumo, immagini e comunicazione.

Ho rivolto l’attenzione in particolare a quanto questi processi sono percepibili visualmente.

Come si è avuto modo di sostenere nei precedenti capitoli, l’introduzione sempre più frequente nelle società contemporanee di elementi culturali (oggetti, cibi, prodotti mediali, eccetera) originari di altre parti del mondo e l’immigrazione sono solo alcuni dei portati, a livello culturale, della globalizzazione; al tempo stesso, la nuova valorizzazione del locale, il bisogno e la ricerca di nuove appartenenze, le chiusure e le aperture al nuovo, all’altro e al diverso sono un altro aspetto dello stesso

processo. Mi sono focalizzata dunque sul rapporto tra globale e locale.

In secondo luogo, sono andata ad esaminare come questi cambiamenti si sono ripercossi sull’identità degli adolescenti emiliano-romagnoli, sui loro consumi e sulle loro mode e quindi sulla visione di loro stessi e dell’altro da sé.

L’ambito di studio verso cui volge l’attenzione questa ricerca è quello che Beck [2005] definirebbe il “cosmopolitismo banale”; questo appare quotidianamente “nel fatto che le distinzioni tra noi e gli altri, tra nazionale e internazionale si mescolano vorticosamente” [2005: 22], quindi ogni luogo, ogni città diventa teatro di esperienze universali e di intrecci che spingono a ripensare il rapporto tra luogo e mondo. Ciò avviene in modo molto evidente negli elementi che hanno a che fare con la vita quotidiana e con il tempo libero.

L’autore sostiene che per studiare il mondo attuale occorre assumere uno sguardo cosmopolita che significa “senso del mondo, senso della mancanza di confini. Uno sguardo quotidiano, vigile sulla storia, riflessivo. Uno sguardo dialogico capace di cogliere le ambivalenze nel contesto delle differenze che sfumano e delle contraddizioni culturali” [Beck 2005:14]. Infatti la nostra realtà non può più essere indagata facendo riferimento allo stato, alla nazione, sfere interpretative che sono state superate dall’attuale stato delle cose. Oggi occorre leggere la realtà con uno sguardo cosmopolita e anche con un cosmopolitismo metodologico che è ciò che ci permette di interpretare le ambivalenze che stanno all’interno della nostra società, gli intrecci tra globale e locale, tra provinciale e cosmopolita, senza che una cosa escluda l’altra. L’identità contemporanea si basa infatti sulla “logica «sia...sia» della distinzione inclusiva. Viene tracciata un’immagine della propria identità che si serve liberamente della struttura componibile delle identità mondiali e configura l’immagine di sé come progressiva inclusività” [Beck 2005: 15].

Il cosmopolitismo banale è ben visibile nei consumi che sono particolarmente soggetti a mescolamenti e intrecci, sia per il fatto che molte merci, ad esempio, portano un marchio nazionale ma sono assemblate in diverse parti del mondo, ma anche perché “il cosmopolitismo stesso è diventato una merce. La lucentezza della differenza culturale si vende bene. Di conseguenza, le immagini di un mondo di mezzo, del corpo nero, della bellezza esotica, della musica esotica, del cibo esotico e così via vengono cannibalizzate su scala globale, reinscenate e consumate come prodotti per i mercati di massa” [Beck 2005: 58]. Così ad esempio chi ascolta musica nera o porta su di sé simboli di quella cultura non è tenuto ad identificarsi per forza con la cultura cui questi appartengono ma comunque porta messaggi che travalicano i confini e penetrano in spazi lontani da quelli in cui hanno avuto origine.

Un altro esempio che riporta l’autore è quello dei ristoranti indiani che sono stati inventati dagli immigrati a Londra e poi sono comparsi in India dove, nelle cultura tradizionale, non esisteva il ristorante pubblico.

Da un punto di vista metodologico secondo Beck “non è necessario studiare il globale in modo totalmente globale. Possiamo sviluppare [...] un nuovo empirismo, adeguato e dotato di sensibilità storica per le conseguenze ambivalenti della globalizzazione” [2005: 118].

Facendo studi qualitativi sul campo, secondo l’autore “si può infrangere il sortilegio che porta a confondere l’unità di analisi – il «locale» - con la questione della realtà della cosmopolitizzazione e del modo in cui essa si manifesta e può essere studiata sul piano del locale. Il particolare non è il particolare, bensì, nello stesso tempo, il globale, così come il globale non è il globale, ma il particolare che è locale” [Beck 2005: 121,122]. Così è possibile distinguere le unità di analisi “dagli intrecci e dalle compenetrazioni translocali e transnazionali che a questo livello (ma anche a livello nazionale e

transnazionale) possono essere studiati nei loro processi di formazione e nelle loro forme di espressione” [Beck 2005: 122]. Sguardo e metodologie, in definitiva, devono essere pronte a percepire gli intrecci senza rifarsi a approcci interpretativi che si riferiscono alla nazione come quadro al cui interno leggere i cambiamenti.

Avendo interesse a cogliere i vissuti interiori, le opinioni, insomma il punto di vista degli adolescenti, la scelta metodologica si è orientata verso tecniche di ricerca qualitativa e visuale, più appropriate ad indagare queste dimensioni in maniera approfondita.

La necessità di un approccio qualitativo, connessa oggi a una generale richiesta di qualità in tanti ambiti, nasce da una serie di esigenze legate soprattutto alle caratteristiche della società contemporanea. Melucci [1998] spiega quali queste siano, ne cito alcune: innanzitutto i processi di individualizzazione delle società complesse determinano che gli individui si concepiscano come soggetti autonomi d’azione, “ciò assegna all’esperienza individuale un ruolo e un valore molto importanti: di qui nasce l’attenzione verso la dimensione esperienziale del singolo individuo che non può essere affrontata in termini conoscitivi unicamente con gli strumenti della ricerca quantitativa e spinge verso la necessità di adottare metodi di tipo qualitativo” [Melucci 1998: 18].

Altro aspetto è l’importanza della dimensione quotidiana come spazio al cui interno gli individui costruiscono il senso delle loro azioni, sempre più prodotto attraverso le relazioni e quindi “ciò sposta l’attenzione verso le dimensioni culturali dell’azione umana e accentua l’interesse e l’importanza della ricerca di tipo qualitativo [Melucci 1998: 19].

Inoltre “il consumo è uno dei comportamenti attraverso cui si afferma l’individualità e gli individui consumatori esigono prodotti che attraverso la capacità di incorporare fattori non materiali si distinguano per le loro differenze qualitative” [Melucci 1998:19].

Infine un aspetto tipico della nostra società è anche quello della differenziazione e dei processi che sottolineano le differenze culturali, territoriali e individuali, anche queste difficilmente indagabili con metodi di ricerca quantitativi e tendenti alla standardizzazione [Melucci 1998:19].

5.2.1.2 Ipotesi.

Quando si affronta il tema della globalizzazione e poi, più nello specifico, quello del rapporto tra globalizzazione e identità culturale, tanto a livello teorico e di studio della letteratura sull’argomento, quanto a livello empirico con la ricerca sul campo, l’impressione che se ne trae è quella di una enorme complessità, incertezza, impossibilità di appoggiarsi a punti certi. Tale percezione mi ha portato a ritenere e poi verificare che è impossibile trovare nel mondo reale esempi concreti di elementi culturali e di oggetti di consumo che possono essere inseriti, senza dubbi e perplessità, nelle categorie di globale, locale e glocale, ma, ancora una volta, la realtà ha superato l’immaginazione e l’impressione che ne ho tratto è quella di una presenza di intrecci, mescolamenti, cambiamenti, difficilmente inseribili in categorie chiuse.

La globalizzazione, che a un primo sguardo può apparire un processo unidirezionale che da occidente si irradia in tutto il mondo, portando con sé elementi culturali e modelli di consumo, prevalentemente americani, che sembrano doversi imporre dappertutto, ad una indagine più attenta pare avere dinamiche più complesse, in particolare a livello culturale. Se è vero che a livello economico si assiste a una enorme prepotenza dei paesi occidentali sugli altri paesi, a livello culturale la situazione si fa più sfaccettata e accanto a spinte omogeneizzanti, vi sono spinte che, in ogni paese, portano alla differenziazione, alla rielaborazione di modelli culturali importati dall’estero e talora,

anche se meno frequentemente, alla diffusione di elementi culturali provenienti da oriente e dai sud del mondo.

Inoltre il rapporto tra consumi e identità, che è così centrale nella nostra società, dà luogo a dinamiche diverse, oscillanti tra la possibilità di utilizzare attivamente il consumo per esprimere una parte della propria personalità, al rischio di diventare schiavi dei consumi applicando le dinamiche consumistiche ad ogni aspetto della nostra vita o a dimostrare un eccessivo culto verso certi oggetti senza i quali, per alcune persone, pare impossibile vivere.

L’ipotesi con cui sono andata sul campo, e che al tempo stesso la prima fase di osservazione ha contribuito ad alimentare, era che la complessità della realtà attuale, il mescolamento che si verifica a livello culturale e il rapporto che lega fortemente consumo (inteso come linguaggio capace di veicolare significati) e identità nella dinamica ambivalente di cui si è appena detto, siano elementi che vanno ad agire anche e forse in particolar modo sull’identità e sulle appartenenze adolescenziali, sulla percezione che questi soggetti hanno del mondo in cui vivono e degli altri che incontrano o con cui si relazionano.

Iniziando la ricerca mi aspettavo che una realtà incerta, complessa e portatrice di continui mescolamenti culturali andasse ad agire su soggetti che, già per l’età che hanno, si trovano a vivere continui cambiamenti interiori ed esteriori, suscitando effetti di particolare interesse e strategie di “sopravvivenza” in un mondo difficile, degne di attenzione.

Devo dire che l’aspettativa è stata confermata dalla realtà, quello che invece non potevo immaginarmi è il “come” questa complessità sia gestita dai giovani che ho studiato e che emerge dalle interviste in cui mi hanno esposto il loro punto di vista.