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Le caratteristiche dei processi di integrazione

Il termine integrazione è stato oggetto di numerose critiche in quanto portatore di un’istanza etnocentrica. Guia Gilardoni riporta: «Affermare che le minoranze si integrano o devono integrarsi equivale, infatti, a dire che esse assumono o devono assumere le norme, i valori e i comportamenti delle società in cui si inseriscono, secondo il punto di vista di queste ultime».35 Vincenzo Cesareo

definisce l’integrazione «un processo multidimensionale finalizzato alla pacifica convivenza entro una determinata realtà sociale tra individui e gruppi etnicamente differenti, fondato sul rispetto delle diversità, a condizione che queste non mettano in pericolo i diritti umani fondamentali e le istituzioni democratiche. Essa è un processo che si realizza e va colto nel tempo, è multidimensionale in quanto si declina a livello economico, culturale, sociale, politico, ed è un processo bidirezionale che non riguarda solo gli immigrati, ma la società multiculturale nel suo complesso».36

Questa definizione mette in luce tre caratteristiche fondamentali dei processi di integrazione:

1) processualità: si tratta di un percorso che avviene nel tempo e si modifica in base alle influenze provenienti dal contesto esterno. Guia Gilardoni sostiene che «la natura intrinsecamente processuale dell’integrazione implica che essa non possa essere intesa come un obiettivo raggiungibile una volta per tutte, ma come una meta che si configura, in senso weberiano, come idealtipica, la cui realizzazione va quindi costantemente perseguita.»37

Inoltre, l’integrazione è sempre situata, perché prende forma all’interno di un preciso momento storico e viene continuamente influenzata dagli elementi che lo costituiscono. 2) multidimensionalità: l’integrazione si declina sotto l’aspetto economico, culturale, sociale e 34 Maurizio AMBROSINI, Stefano MOLINA (a cura di), op. cit., pp. 39-40.

35 Guia GILARDONI, Somiglianze e differenze. L’integrazione delle nuove generazioni nella società multietnica, Franco Angeli, Milano, 2008, p. 13.

36 Vincenzo CESAREO, Società multietniche e multiculturalismi, Vita e Pensiero, Milano, 2000. 37 Guia GILARDONI, op. cit., p. 14.

politico, perciò bisogna sempre tener conto di tutti questi livelli per la valutazione.

3) bidirezionalità: i processi di integrazione non riguardano soltanto gli immigrati, ma congiuntamente anche i cittadini della società di accoglienza.

I percorsi di integrazione non sono soltanto il risultato dell’azione dei singoli individui, bensì risentono della forte influenza delle politiche migratorie adottate dal paese d’accoglienza. Di queste, è possibile rintracciarne quattro tipologie che vanno a definire diverse modalità di inserimento sociale: esclusione, assimilazione, provvisorietà e multiculturalismo.38

1. L’esclusione è la posizione di quei paesi che applicano politiche che favoriscano il ritorno in patria degli immigrati. Questa visione è frutto del razzismo differenzialista il cui fondamento è l’incomunicabilità tra le culture e la conseguente impossibilità di stabilire una convivenza pacifica e rispettosa.

2. L’assimilazione mira all’adattamento di tutti i gruppi minoritari alla cultura dominante. Viene chiesto al singolo individuo di abbandonare le tradizioni della propria cultura d’origine per conformarsi il più possibile alla cultura del paese d’accoglienza. Il governo offre in cambio la possibilità di diventare cittadini di quel paese in base allo ius soli e ad altre particolari condizioni. Questo tipo di politica, tipica dei governi francesi, crea scontento sia da parte dei cittadini francesi, sia da parte degli immigrati. I primi temono che gli immigrati in possesso della cittadinanza possano minare l’unità del paese perché, anche in seguito all’ottenimento dello status di cittadino, continuano a covare i valori della cultura d’origine. I secondi, invece, si sentono obbligati a dover abbandonare definitivamente la propria cultura originaria al fine di venir assorbiti dalla cultura dominante, pur senza la garanzia di conquistare un’effettiva equità di trattamento.

3. La provvisorietà è la visione di chi considera gli immigrati solo come residenti temporanei o “lavoratori a prestito”, che, dopo aver prestato servizio nel paese di accoglienza per un certo periodo, sono pronti a tornare nei propri paesi d’origine. Questo pensiero si avvicina all’azione del governo tedesco, che tende a tutelare il Gastarbeiter, lavoratore ospite, e al massimo la sua singola famiglia, ma non l’intera comunità di immigrati presenti da tempo sul territorio.

4. Il multiculturalismo postula il pari valore e dignità di tutte le culture. Sostiene il riconoscimento e la valorizzazione delle differenze culturali e si oppone all’appiattimento e all’omologazione ad un’unica cultura maggioritaria. Si può distinguere tra due tipologie di 38 Cfr. Vincenzo CESAREO, op. cit., p. 105.

multiculturalismo, uno temperato e uno radicale: il primo afferma che i diritti etnici possono essere introdotti solo se non si scontrano con l’attuazione dei diritti fondamentali della persona. È necessario quindi stabilire un equilibrio tra i diritti collettivi e quelli individuali, dove questi ultimi però hanno un’importanza maggiore; il secondo si basa sulla preminenza dei diritti etnici su quelli individuali. Il modello multiculturalista è tipico della Gran Bretagna e degli stati dell’America Settentrionale (Stati Uniti e Canada).39

Da questo breve excursus si può notare che il contesto di accoglienza impone agli immigrati determinati modelli di inserimento. Vi sono tre diverse prospettive adottate dai vari stati:

1. la prospettiva monoculturale: si fonda sul non riconoscimento delle culture diverse dalla propria. Ne è un esempio la soluzione etnocentrica che considera la cultura “occidentale” come superiore a tutte le altre e si pone come obiettivo l’”occidentalizzazione” del mondo, portando alla morte tutte le altre culture. Questo processo prende il nome di deculturazione e, nei casi più estremi, può arrivare all’etnocidio;

2. la prospettiva multiculturale: prevede la coesistenza di diverse culture sullo stesso territorio, ad ognuna delle quali vengono riconosciuti dei diritti etnici specifici in grado di tutelare le differenze. Questa prospettiva può portare alla creazione di “ghetti etnici”;

3. la prospettiva interculturale: si fonda sul riconoscimento della pari dignità di ogni cultura e sulla possibilità di arricchimento che produce il contatto con altre culture, pur conservando i tratti essenziali della cultura di appartenenza. Guia Gilardoni spiega che «la scommessa dell’interculturalismo consiste nel conciliare l’esigenza di possedere un codice comune di convivenza con la richiesta di riconoscimento delle diversità culturali, combinando i diritti universali con il loro rispetto e la loro valorizzazione. Esso pone l’accento sui rapporti fondati sullo scambio e consiste nell’assunzione vicendevole di elementi culturali dell’Altro nel rispetto delle singole identità.»40 Questa prospettiva richiede un forte impegno

progettuale perché deve coinvolgere entrambe le parti e si pone l’obiettivo di costruire assieme una convivenza alla pari.