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STRUTTURE COMPLESSE DI CATEGORIZZAZIONE SOCIALE

2. Le categorizzazioni sociali multiple

2.1 Le categorizzazioni incrociate

Le linee di ricerca sul pregiudizio e la discriminazione intergruppi si sono generalmente concentrate su contesti di categorizzazione semplice, ovvero contesti che riguardano una sola dimensione di categorizzazione (ad es. il sesso) che permettono di suddividere chiaramente i partecipanti in due gruppi definiti e contrapponibili. Tuttavia già da tempi non recenti si possono ritrovare una serie di studi focalizzati su contesti di vita reale nei quali gli individui sono definiti in base a caratteristiche derivanti da appartenenze di gruppo multiple e non singole (Deschamps e Doise, 1978; Arcuri, 1982; Hagendoorn e Henke, 1991; Stangor, Lynch, Duan e Glass, 1992; Macrae, Bodenhausen e Milne, 1995).

Crisp e Hewstone (2000) definiscono la categorizzazione incrociata come l’incrocio di due differenti dimensioni di categorizzazione che risulta quindi in quattro gruppi incrociati: se prendiamo ad esempio come dimensioni sesso e nazionalità nei termini di italiano vs. inglese, i quattro gruppi che ne risultano saranno composti da maschi italiani, femmine italiane, maschi inglesi e femmine inglesi. Un individuo maschio di nazionalità italiana si troverà quindi a percepire i soggetti appartenenti al primo gruppo come un doppio ingroup e quelli appartenenti all’ultimo come un doppio outgroup, mentre nelle situazioni relative ai gruppi centrali la classificazione sarà di un’appartenenza parziale al medesimo ingroup.

Già alcune ricerche basate sulle società tribali (Murphy, 1957; LeVine e Campbell, 1972) avevano indicato come un sistema di appartenenze di gruppo incrociate potesse portare ad una riduzione generale dei conflitti tra due gruppi. In seguito, la ricerca di Deschamps e Doise (1978) ha portato la prima evidenza in supporto dell’ipotesi che le categorizzazioni incrociate potessero permettere di ridurre la discriminazione intergruppi quando si parla di un sistema di categorizzazioni unidimensionali. Nello specifico, il primo studio ha messo in luce come la differenziazione fosse significativamente minore quando si confrontava un contesto basato su una categorizzazione semplice (sesso) con uno formato dall’incrocio di due categorie (sesso ed età, la cui combinazione si traduceva in maschi giovani, maschi anziani, femmine giovani e femmine anziane): in questo caso gli individui percepivano un minore livello

di differenza tra due gruppi combinati che condividono almeno una delle due dimensioni.

Le linee di ricerca successive hanno poi evidenziato la complessità intrinseca dello studio delle categorizzazioni incrociate, rilevando la presenza di differenti pattern di discriminazione possibili (Hewstone, Islam e Judd, 1993).

Le meta-analisi effettuate da Migdal, Hewstone e Mullen (1998) e da Urban e Miller (1998) hanno poi sottolineato ulteriormente che il pattern di discriminazione che riceve il maggior sostegno empirico è di tipo additivo: questo significa che l’effetto delle categorizzazioni incrociate sul bias intergruppi si verifica principalmente nelle condizioni in cui le due categorie sono combinate per addizione.

Urban e Miller, in particolare (1998) hanno analizzato in base al supporto presente in letteratura sei pattern distinti che descrivono gli effetti delle categorizzazioni incrociate (Brewer, Ho, Lee e Miller, 1987; Hewstone, Islam e Judd, id.) e definibili come pattern additivo, di equivalenza, di congiunzione categoriale basata sulla differenza, di congiunzione categoriale basata sulla somiglianza, di dominanza categoriale e gerarchico.

Nello specifico, il pattern additivo è caratterizzato da tre differenti livelli di valutazione, per cui il doppio ingroup è valutato positivamente di tutti, il doppio outgroup negativamente e i due gruppi combinati sono percepiti come neutrali (Vanbeselaere, 1991; Hagendoorn e Henke, 1991; Hewstone, Islam e Judd, 1993).

Il pattern di equivalenza propone invece che a ciascuno dei quattro gruppi formati dall’incrocio di due categorie sociali corrisponda un’identica valutazione (Deschamps e Doise, 1979; Brown e Turner, 1979; Vanbeselaere, 1987).

Il pattern di congiunzione categoriale basato sulla differenza prevede che solo il doppio ingroup sia valutato positivamente, mentre il doppio outgroup e i due gruppi combinati sono valutati in modo ugualmente negativo, in quanto si pone l’enfasi sulle differenze tra gruppi e di conseguenza è resa saliente la componente outgroup dell’incrocio di categorie (Vanbeselaere, 1987; Eurich-Fulcer e Schofield, 1995). Parallelamente, il pattern di congiunzione categoriale basato sulla somiglianza enfatizza la componente ingroup dei gruppi combinati, che quindi sono valutati positivamente quanto il doppio ingroup (Brown e Turner, 1979; Vanbeselaere, 1991).

Anche il pattern di dominanza categoriale presenta due livelli di valutazione, ma in questo caso è dovuto al fatto che una delle due appartenenze di gruppo è dominante rispetto all’altra; pertanto, se il target è qualificabile come ingroup sulla categoria dominante è valutato positivamente (doppio ingroup o gruppo combinato con componente ingroup sulla dimensione dominante), mentre in ciascuno degli altri casi (doppio outgroup o gruppo combinato con componente outgroup sulla dimensione dominante) riceve una valutazione negativa (Arcuri, 1982; Stangor, Lynch, Duan e Glass, 1992). Questo pattern può presentarsi in forma decisa, per cui le percezioni e le valutazioni seguiranno lo schema appena descritto; se invece il pattern si verifica più debolmente anche la categoria non dominante verrà utilizzata per la valutazione dei target, seppure in misura minore rispetto a quella dominante.

Infine, il pattern gerarchico si riferisce ad una situazione di interazione tra le due appartenenze di gruppo, per cui l’effetto di una delle categorizzazioni dipende dall’altra (Brewer, Ho, Lee e Miller, 1987): come nel pattern precedente una delle due categorie deve risultare dominante e i membri di ingroup e outgroup definiti in base a questa dimensione ricevono una valutazione differente. La condizione di appartenente all’ingroup vs. outgroup sulla seconda dimensione e i conseguenti effetti di differenziazione vengono presi in considerazione solo se il target fa parte dell’ingroup dominante.

La meta-analisi di Urban e Miller (id.), parallelamente a quella svolta da Migdal, Hewstone e Mullen (1998) ha sottolineato ulteriormente che il pattern di discriminazione che riceve il maggior sostegno empirico è di tipo additivo: questo significa che l’effetto delle categorizzazioni incrociate sul bias intergruppi si verifica principalmente nelle condizioni in cui le due categorie sono combinate per addizione.

Urban e Miller (id.) si sono proposti poi di testare quale modello risultasse applicabile nei contesti di appartenenze di gruppo multiple tenendo conto di quattro possibili variabili di moderazione. A tal fine gli autori si sono concentrati in primis sul concetto di salienza delle categorie sociali (Miller, Urban e Vanman, 1998) ed in particolare sulla componente dell’accessibilità (Oakes, 1987), che rappresenta una delle più forti determinanti nella valutazione relativa dell’appartenenza ad ingroup vs. outgroup in caso di presenza di elementi di contesto confusivi. L’effetto della salienza si potrebbe tradurre quindi in una valutazione relativa delle categorizzazioni multiple

disponibili, risultando in un pattern che può essere alternativamente di equivalenza o di dominanza a seconda dell’importanza attribuita a ciascuna delle categorie incrociate (Urban e Miller, id.).

Un secondo possibile moderatore sempre di tipo squisitamente cognitivo risiede nei fattori di sovraccarico, per il quale è possibile ipotizzare che all’aumentare della distrazione posta da un compito da svolgere diminuisca la probabilità da parte di un individuo di prendere in considerazione informazioni relative alla differenziazione tra i target da valutare, portando quindi ad una prevalenza del pattern di equivalenza (Wilder, 1993; Kim e Baron, 1988). Allo stesso modo però, se il sovraccarico cognitivo attiva selettivamente un’appartenenza di gruppo, potrebbe risultare in un aumento di differenziazione in quanto i soggetti saranno portati ad utilizzare la suddetta categorizzazione come “scorciatoia cognitiva” (Gilbert e Hixon, 1991). Un ulteriore effetto possibile del sovraccarico cognitivo deriva infine dall’aspetto edonico del compito, per cui ci si può attendere che compiti particolarmente impegnativi e fastidiosi si traducano in una maggiore probabilità di un pattern di congiunzione categoriale basata sulla differenza.

Un altro possibile effetto di moderazione proposto arriva dalla individualizzazione del target, ovvero dalla presenza di condizioni che riducono la probabilità di categorizzazione nei termini di ingroup vs. outgroup e focalizzano invece l’attenzione sulle caratteristiche personali di un individuo (Allport, 1954; Brewer e Miller, 1984). La situazione dovrebbe verificarsi principalmente in condizioni di bassa salienza delle appartenenze di gruppo, sia per scarsa accessibilità che per ridotta importanza – si pensi ad esempio a contesti cooperativi (come il posto di lavoro) in cui è più semplice che il contatto avvenga su base interpersonale piuttosto che intergruppi. In queste condizioni, pertanto, Urban e Miller (id.) ipotizzano che si configuri un pattern di equivalenza e che i target vengano valutati indifferentemente dalle categorie di cui fanno parte (Bettencourt, Brewer, Croak e Miller, 1992; Dovidio, Gaertner, Isen e Lowrance, 1995).

L’ultimo moderatore proposto per l’indagine è la valenza dell’affettività nel momento della valutazione del target (Miller, Urban e Vanman, 1998), in quanto capace di condurre a un pattern di congiunzione categoriale basato sulla somiglianza se positiva o sulla differenza se negativa. Infatti, la presenza di un affetto negativo dovrebbe permettere di elaborare più velocemente le caratteristiche di un target collegate alla sua

appartenenza ad un outgroup (Bodenhausen, 1993; Mackie e Hamilton, 1993), pertanto un individuo appartenente ad uno dei gruppi combinati sarà percepito principalmente in funzione di ciò che lo caratterizza come outgroup e quindi valutato negativamente. Allo stesso modo un mood positivo dovrebbe rinforzare l’attenzione sulle caratteristiche legate all’appartenenza ad almeno una dimensione ingroup e portare al pattern opposto (Urban e Miller, id.).

Se invece si intende l’affettività come una singola dimensione bipolare piuttosto che come variazione in positivo o in negativo da un punto neutrale, si può avanzare l’ipotesi che all’aumentare della valenza positiva dell’affetto corrisponda la tendenza a formare categorizazzioni sempre più inclusive (Isen, 1987; Schwarz, 1990).

La meta-analisi svolta ha messo in luce un effetto significativo dell’individualizzazione del target e dell’effettività positiva, per cui all’aumentare del livello di queste variabili corrisponde in entrambi i casi una riduzione del bias valutativo. Per quanto riguarda i moderatori di natura cognitiva è emerso un effetto del sovraccarico cognitivo nel senso ipotizzato di elemento stressante e di disturbo, in quanto è stata verificata una diminuzione della differenziazione valutativa tra gruppi combinati e doppio outgroup. A tal proposito, Urban e Miller (id.) suggeriscono di spiegare l’effetto in base ad un priming dato dalla natura intrinsecamente stressante dell’overload, al quale conseguirebbe un arousal negativo elicitato dalle caratteristiche della dimensione outgroup in un target combinato e quindi un pattern di congiunzione categoriale basato sulla differenza.

Anche la salienza relativa delle categorie incrociate – intesa come discrepanza nell’importanza attribuita alle stesse – ha mostrato un effetto significativo, per cui all’aumento della discrepanza si associa una maggiore differenza nelle valutazioni dei gruppi combinati (nei quali è presente una dimensione di gruppo dominante ed una meno importante); il risultato sostiene quindi l’ipotesi di una prevalenza del pattern di dominanza piuttosto che di equivalenza.

Le evidenze riscontrate appena descritte sono state confermate anche nella rassegna di Crisp e Hewstone (1999a), che non trattandosi di una meta-analisi ha incluso tutti gli studi presenti sulle categorizzazioni incrociate. Ne emerge quindi che il processo sottostante all’effetto dell’incrocio tra categorie sociali sulla discriminazione intergruppi è riconducibile al modello della differenziazione categoriale (Doise, 1978): il modello

propone infatti che la presenza di un contesto in cui sono salienti due appartenenze a gruppi sociali influenza i principi su cui si basa l’organizzazione cognitiva, in modo da accentuare le differenze tra le due possibili categorizzazioni e le somiglianze all’interno delle stesse. Allo stesso modo si può pensare che questa logica si applichi anche alle situazioni di categorizzazione incrociata, per cui la discriminazione verso quelli che prima sono stati definiti come “ingroup parziali” verrà eliminata: dal punto di vista teoretico, infatti, i processi di accentuazione delle differenze tra gruppi e delle somiglianze entro i gruppi si trovano contrapposti fino ad annullarsi nel momento in cui si prende in considerazione l’incrocio tra due categorie sociali che presentano indizi conflittuali per l’individuazione di un’appartenenza di gruppo (Crisp e Hewstone, 1999b; Deschamps, 1977).

La teoria dell’identità sociale propone una spiegazione alternativa al modello di Doise per il processo sopra descritto: in breve, ci si attende che in una situazione di categorizzazione semplice l’individuo metta in atto un procedimento di confronto sociale basato sulla percezione delle somiglianze vs. differenze tra ingroup e outgroup, in modo da ricavarne in primo luogo una distintività positiva del proprio gruppo di appartenenza rispetto all’altro e, di conseguenza, una valutazione di sé e un’autostima di valenza positiva.

Tuttavia Crisp e Hewstone (2000) sottolineano il ridotto sostegno empirico ottenuto da questa spiegazione e propongono invece di porre l’attenzione in modo più focalizzato sulla presenza di eventuali fattori di moderazione nella ricerca sulle categorizzazioni incrociate. Vedremo di seguito le linee principali di questa proposta.