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Il modello delle categorizzazioni incrociate secondo la social identity theory

STRUTTURE COMPLESSE DI CATEGORIZZAZIONE SOCIALE

2. Le categorizzazioni sociali multiple

2.2 Il modello delle categorizzazioni incrociate secondo la social identity theory

La prima alternativa al modello di differenziazione categoriale arriva da Brown e Turner (1979), secondo i quali gli stessi processi di confronto sociale (con effetto sull’autostima) che si verificano nei contesti di gruppi unidimensionali dovrebbero rimanere attivi anche in una situazione di categorizzazione incrociata; l’ipotesi avanzata è che la tendenza alla discriminazione segua un pattern additivo, per cui la valutazione

maggiormente positiva si avrà nei casi in cui l’incrocio produce un doppio ingroup e la valutazione più negativa nel caso di un doppio outgroup, mentre le combinazioni di ingroup ed outgroup dovrebbero ricadere tra questi due estremi. Pertanto, seguendo un principio meramente matematico, dalle premesse precedenti si può dedurre un simile sviluppo del bias intergruppi: se si assegna valenza positiva all’appartenenza ad un ingroup A (+1) e negativa all’appartenenza ad un outgroup B(-1) l’intergroup bias totale equivarrebbe a A-B = +2; se si prendono in considerazione un secondo ingroup X (+1) ed un secondo outgroup Y (+1) ne deriva che il bias intergruppi totale nella condizione di doppio ingroup vs. doppio outgroup risulta raddoppiato (AX-BY = +4), mentre non c’è differenza dalla situazione di categorizzazione singola se ci si trova nella condizione di doppio ingroup vs. ingroup parziale (AX-AY = +2).

L’utilizzo di questo pattern permetterebbe quindi di sviluppare ipotesi precise sugli esiti del confronto intergruppi in situazioni di categorizzazione incrociata. Crisp e Hewstone (2000) fanno però notare come ottenere un supporto empirico ai risultati non significhi ricavare un sostegno anche all’ipotesi relativa al processo sottostante il suddetto meccanismo. Infatti, se le ipotesi basate sul confronto sociale da un lato sono chiare, dall’altro introdurre un effetto del processo di differenziazione ai fini dell’autostima porta ad esiti più complessi: nello specifico l’ipotesi dell’autostima (Hogg e Abrams, 1990) specifica che la discriminazione intergruppi porta ad un miglioramento della valenza dell’identità sociale in gioco e parallelamente dell’autostima, mentre un basso livello di autostima porta ad una maggiore discriminazione verso l’outgroup al fine di migliorare la valenza dell’appartenenza all’ingroup. Partendo da queste premesse e applicandole ad una situazione di categorizzazione incrociata, Hewstone, Islam e Judd (1993) suggeriscono quindi che l’autostima possa seguire lo stesso pattern sopra descritto relativo alla discriminazione intergruppi in base alla somiglianza percepita, mentre in confronto ad una situazione di categorizzazione semplice dovrebbe presentarsi una caduta nell’associazione tra autostima e discriminazione verso l’outgroup quando ci si trova in presenza di gruppi combinati ed un rafforzamento della relazione nella situazione di doppio outgroup.

Per riassumere, Crisp e Hewstone (id.) sostengono che ci siano tre condizioni da soddisfare perché i risultati relativi alle categorizzazioni incrociate possano essere considerati realmente a supporto delle ipotesi della teoria dell’identità sociale: in primis

il pattern additivo deve portare a considerare i gruppi combinati alla stregua di un outgroup; in secondo luogo la somiglianza percepita dovrebbe seguire il medesimo pattern additivo e fungere almeno parzialmente da mediatore per il bias intergruppi; infine la relazione tra autostima e discriminazione dovrebbe risultare ridotta quando il confronto è con un gruppo combinato ed accentuata quando si ha a che fare con un doppio outgroup.

La rassegna di Crisp e Hewstone (1999a), come si è detto in precedenza, ha evidenziato la presenza di un pattern additivo, ma non ha rilevato la presenza di marcate evidenze a supporto delle ipotesi della teoria dell’identità sociale. Analizzando ad esempio le ricerche di Brown e Turner (1979) sul confronto categorizzazioni singole ed incrociate si può vedere come il pattern additivo si presenti nella differenza delle valutazioni di performance di un altro gruppo, per cui i membri di un doppio outgroup sono discriminati in modo più forte rispetto ai membri di gruppi combinati e dell’ingroup; tuttavia dallo studio non è stato possibile evidenziare una discriminazione significativa tra ingroup e outgroup nella condizione di categorizzazione semplice, rendendo così più complesso il confronto con la condizione di categorizzazione incrociata. Lo stesso problema si ritrova in una ricerca di Singh, Yeoh, Lim e Lim (1997) in cui l’identità nazionale è incrociata con l’appartenenza ad un determinato gruppo etnico, per cui la presenza del pattern additivo è resa confusa dalla mancanza di una baseline precisa in termini di discriminazione tra le categorizzazioni semplici.

2.2.1 Categorizzazioni incrociate ed autostima

Per quanto riguarda il rapporto tra categorizzazioni incrociate ed autostima le evidenze empiriche sono ridotte e non del tutto utili al sostegno delle ipotesi della SIT (Crisp e Hewstone, 2000). Ad esempio Vanbeselaere (1991) ha rilevato che non ci sono differenze nel livello di autostima in seguito alla valutazione della performance di un outgroup semplice, parziale (gruppo combinato) o doppio, mentre se è misurata prima della valutazione risulta più bassa nella condizione di categorizzazione semplice rispetto alle due categorizzazione incrociate: il risultato non offre sostegno all’idea che la base

della discriminazione in presenza di categorizzazioni incrociate risieda nell’autostima, anche se è possibile derivarne l’ipotesi che il semplice fatto di trovarsi in una situazione di categorizzazione singola vs. incrociata provochi rispettivamente una caduta o un aumento dell’autostima.

Un risultato più convincente relativamente alla presenza di processi motivazionali alla base della discriminazione in situazioni di categorizzazioni incrociate può essere ritrovato in uno degli studi di Hewstone, Islam e Judd (1993): incrociando categorie sociali relative alla religione e alla nazionalità non sono emerse differenze significative del livello di autostima in seguito alla valutazione dell’outgroup sia nella condizione di categorizzazione semplice sia in quella di categorizzazione incrociata; tuttavia è stata rilevata una correlazione positiva tra valutazione e autostima quando il target è un membro dell’ingroup religioso (considerato come dominante rispetto a quello nazionale) e negativa quando si tratta di un membro dell’outgroup.

Crisp, Hewstone e Rubin (2001) hanno cercato di ovviare al problema della mancata evidenza della relazione tra autostima e discriminazione utilizzando una concettualizzazione differente dell’autostima: in altre parole la valutazione è stata spostata dall’autostima in senso generale e personale e limitata all’autostima specificamente sociale, ovvero relativa all’appartenenza all’ingroup in questione e all’immagine che ne deriva (Rubin e Hewstone, 1998). L’esperimento ha applicato il paradigma dei gruppi minimi, misurando l’autostima di gruppo dei partecipanti in seguito a un primo compito di allocazione di punteggi in una situazione di categorizzazione singola: in questo caso si è ritrovato il pattern di discriminazione intergruppi classico e già conosciuto. È stata poi introdotta una seconda categoria incrociata con la prima ed in seguito i partecipanti hanno svolto un altro compito di allocazione, al fine di mettere in luce un eventuale cambiamento nel livello di discriminazione, ma i risultati in questo caso sono stati solo parzialmente soddisfacenti, in quanto da un lato è stato possibile indicare un aumento della discriminazione nei confronti dei doppi outgroup così formati, ma non è emersa alcuna differenza nella discriminazione nel passaggio da outgroup semplici a parziali.

2.2.2 Categorizzazioni incrociate e percezione di somiglianza

Se prendiamo in considerazione una situazione di categorizzazioni incrociate dal punto di vista dei processi di confronto sociale attivi secondo la social identity theory, sappiamo dai postulati di questa che i gruppi combinati – in quanto outrgroup parziali – dovrebbero essere percepiti tanto differenti dall’ingroup quanto un outgroup semplice, mentre i doppi outgroup sarebbero percepiti come totalmente differenti.

A sostegno di questa ipotesi, Vanbeselaere (1991) ha mostrato la presenza del pattern additivo sopra descritto nella valutazione di piacevolezza di membri di gruppi sociali incrociati: nello specifico, i membri di doppi ingroup risultavano più piacevoli, seguiti dai membri di ingroup parziali e poi dagli appartenenti a doppi outgroup; parallelamente la stessa distribuzione è emersa nella valutazione di somiglianza percepita con gli stessi individui.

Anche Crisp, Hewstone Rubin (1999) hanno riscontrato evidenze a sostegno del pattern additivo di discriminazione nei processi di confronto sociale, per cui i membri di outgroup parziali risultano discriminati allo stesso modo di membri di outgroup semplici ma significativamente meno degli appartenenti a doppi outgroup (anche in questo caso la stessa distribuzione era applicabile alla percezione di somiglianza intergruppi). Tuttavia, nello stesso studio non è stato possibile indicare un effetto di mediazione da parte della somiglianza intergruppi percepita sul pattern di discriminazione.

Un risultato simile arrivava già in precedenza da una ricerca di Marcus-Newhall, Miller, Holtz e Brewer (1993) che si è occupata di indagare gli effetti di una particolare situazione di categorizzazione incrociata: in questo caso, infatti, non è stato osservato uno strettissimo criterio di relazione intergruppi, in quanto i gruppi creati sperimentalmente sono stati incrociati con attribuzioni di ruolo differenti. L’ipotesi di fondo sosteneva che l’introduzione di ruoli che potevano convergere con le categorie sociali create o attraversarle (allo stesso modo di una seconda categorizzazione) avrebbe avuto gli stessi effetti rilevabili in una condizione di categorizzazione incrociata riconducibile a quelle precedentemente descritte.

Gli autori si sono serviti di un indice di differenziazione composto da valutazioni della somiglianza intergruppi percepita, della somiglianza percepita con i membri

dell’outgroup presenti nello stesso team e con i membri dell’ingroup presenti nel proprio team: dalle analisi effettuate è risultato che l’indice mostra punteggi maggiori quando l’appartenenza categoriale è incrociata con l’attribuzione di ruolo rispetto a quando queste sono convergenti; inoltre è stato evidenziato una mediazione della percezione di somiglianza sull’effetto dell’incrocio vs. convergenza dell’assegnazione di ruolo.

Come sottolineano anche Crisp e Hewstone (2000) questa serie di risultati mette chiaramente in luce l’effetto della percezione di somiglianza quando ci si trova in una situazione di categorizzazioni incrociate: andrebbe quindi sottolineata la presenza di una componente strettamente cognitiva dei postulati della teoria dell’identità sociale al riguardo, sebbene le prime concettualizzazioni (Brown e Turner, 1979) proponessero una base strettamente motivazionale per questo processo. Crisp e Hewstone (id.) pongono però l’accento anche sulla necessità di non escludere la componente motivazionale ma piuttosto di portare la componente cognitiva a complemento di questa nella spiegazione dei processi intergruppi nelle situazioni di categorizzazione incrociata: il pattern additivo di discriminazione, infatti, non può essere spiegato solo sulla base di una percezione di somiglianza così come di processi legati all’autostima dell’individuo, sia intesa in senso generale sia come strettamente legata all’appartenenza ad un determinato ingroup.