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Minaccia da categorizzazione inappropriata (categorization threat)

LE MINACCE ALL’IDENTITÀ SOCIALE

2. Le minacce all’identità sociale

2.1 Minaccia da categorizzazione inappropriata (categorization threat)

La categorizzazione sociale implica per sua natura l’assegnazione di caratteristiche stereotipiche di un determinato gruppo agli individui che ne fanno parte. Già Lemyre e Smith (1985) affermavano che di conseguenza è possibile che l’autostima dei membri del gruppo subisca l’effetto di questo procedimento e che pertanto la categorizzazione potrebbe costituire in sé una minaccia all’identità sociale.

Ci sono svariate situazioni sociali in cui le persone si aspettano di interagire con gli altri in base alle proprie caratteristiche individuali. Se in una situazione simile la persona coinvolta si trova ad essere considerata invece in base alle caratteristiche derivanti dalla propria appartenenza ad un gruppo sociale (ad es. spostando l’accento sulla sua identità di genere, sull’orientamento politico o sull’origine etnica e/o geografica), è possibile che la cosa sia percepita come ingiusta. In altre parole, la persona si può sentire vittima di un pregiudizio in quanto è trattata come membro di un gruppo e non come un individuo unico e a sé stante.

La resistenza ad una categorizzazione ingiusta è ancora più forte quando il gruppo sociale preso in considerazione appare irrilevante – se non addirittura illegittimo – data la situazione in cui ci si trova, anche se l’identificazione col suddetto gruppo sarebbe (in altri momenti) molto forte. Studi recenti hanno verificato ad esempio che soggetti di sesso femminile in posizioni di leadership tendono a descriversi come diverse dalle altre donne (Ellemers, 1993a) e che una categorizzazione in termini di genere sessuale non sarebbe appropriata in questi contesti (Rojahn, 1996).

Va peraltro sottolineato che se in alcuni casi le persone possono arrivare a nascondere completamente una loro appartenenza di gruppo potenzialmente “vulnerabile”, ci sono altresì situazioni in cui questo non è possibile: si pensi ad esempio all’origine etnica o al sesso, categorizzazioni rilevabili semplicemente in base all’apparenza fisica di una persona (Crocker e Major, 1989).

Il grado di accettabilità di una determinata categorizzazione deriva sia dal livello di identificazione con un certo gruppo e di commitment verso lo stesso, quando si presenta la possibilità di una categorizzazione alternativa (Vanbeselaere, 1991; Gaertner, Mann, Murrell e Dovidio, 1989; Macrae, Bodenhausen e Milne, 1996). Alcuni studi mostrano come i soggetti avvertono un commitment più forte verso i gruppi ai quali hanno scelto

autonomamente di appartenere piuttosto che verso quelli imposti dall’esterno, e si identificano preferibilmente con gruppi più piccoli rispetto a categorie sociali ampie (Branscombe, Spears, Ellemers e Doosje, 1998; Ellemers, Kortekaas e Ouwerkerk, 1999).

Se però parliamo di categorizzazione come minaccia, ne deduciamo che le self- categorization preferite da un individuo spesso non coincidono col modo in cui gli altri lo percepiscono (Long e Spears, 1997). Inoltre ci si può aspettare che ad un basso livello di identificazione con un gruppo corrisponda una maggiore resistenza alla categorizzazione. Un’altra serie di ricerche supporta l’idea che l’incoerenza o l’incompatibilità tra categorizzazioni interne ed esterne possa portare a reazioni difensive: ad esempio Long e Spears (id.) hanno rilevato come soggetti con un’alta autostima personale combinata con una bassa autostima derivante dal gruppo di appartenenza e pubblicamente visibile possano sentirsi più facilmente minacciati quando si parla di group categorization. In questo caso gli individui avvertirebbero le loro caratteristiche personali positive come “affondate” dal far parte di un gruppo valutato negativamente.

In situazioni simili possono verificarsi processi di disidentificazione ed allontanamento dall’ingroup minacciato (Ellemers, Wilke e Van Knippenberg, 1993) fino ad arrivare allo screditamento dell’ingroup allo scopo di entrare nelle grazie di un outgroup di status più elevato, soprattutto se in presenza di un audience composta da membri dell’outgroup stesso (Ellemers, Van Dyck, Hinkle e Jacobs, 2000; Noel, Wann e Branscombe, 1995).

Dal punto di vista delle risposte affettive in presenza di una categorizzazione indesiderata, la ricerca precedente mostra come possano variare dall’espressione di rabbia all’abbattimento dell’autostima (Koper, Van Knippenberg, Bouhuijs, Vermut e Wilke, 1993; Tyler e Lind, 1992). In particolare uno studio di Van Rijswijk e Ellemers (1998) ha fornito un risultato particolare: ad un campione di studentesse è stato sottoposto un questionario per valutare la loro identificazione col genere femminile, seguita da un feedback positivo o negativo sulla prestazione delle donne all’università; le partecipanti dovevano poi indicare quali emozioni avessero provato in seguito al feedback e contemporaneamente erano sottoposte ad una misurazione della risposta psicogalvanica per valutarne il livello di arousal. Se dal punto di vista delle misure di

self report le risposte emotive sono apparse concordi con la valenza del feedback ricevuto, i risultati della test di conduttanza psicogalvanica hanno mostrato come l’arousal aumentasse non per la valenza negativa del feedback sul valore del gruppo ma per l’indicazione di un eventuale scarsa identificazione con l’ingroup. La spiegazione fornita dagli autori è che l’arousal deriverebbe quindi dall’essere considerate in base all’appartenenza ad un gruppo col quale le partecipanti hanno scelto di non identificarsi.

La categorizzazione indesiderata appare particolarmente minacciosa quando l’appartenenza di gruppo implica una ridotta abilità o una performance limitata, circoscrivendo l’adesione ad una categoria svalutata solo agli individui che provano un forte commitment verso la stessa (Spears, Doosje e Ellemers, 1997). Altre ricerche indicano come un gruppo sperimentale, se messo a confronto con un outgroup che ottiene risultati migliori in una performance, tenda ad enfatizzare l’eterogeneità dei due gruppi in modo da rendere la categorizzazione negativa meno significativa (Doosje, Spears, Ellemers e Koomen, 1999).