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Rappresentazioni soggettive delle appartenenze di gruppo multiple

STRUTTURE COMPLESSE DI CATEGORIZZAZIONE SOCIALE

3. La complessità dell’identità sociale

3.1 Rappresentazioni soggettive delle appartenenze di gruppo multiple

Il grado di sovrapposizione tra le categorie sociali di cui un individuo fa parte può variare fortemente, andando da situazioni in cui certe identità sono completamente annidate in altre di livello sovraordinato a categorie in posizione ortogonale l’una rispetto all’altra, passando per situazioni di sovrapposizione parziale. Quando c’è un overlapping completo tra gruppi con differenti dimensioni di categorizzazione il processo di identificazione e di riconoscimento degli altri come membri dell’ingroup o di un outgroup è relativamente semplice. La situazione appare più complicata quando la sovrapposizione è soltanto parziale, dal momento che chi appartiene allo stesso ingroup per una categoria può appartenere ad un outgroup per altre: se si pensa ad esempio alla combinazione tra la categorizzazione data dal ruolo lavorativo e a quella proveniente dal sesso, si può immaginare come un uomo e una donna che lavorano nello stesso posto possono alternativamente percepirsi come colleghi – e di conseguenza membri dello stesso ingroup – in un determinato contesto e come appartenenti a gruppi contrapposti in un altro, a seconda di come gli elementi situazionali rendono saliente una o l’altra delle identità disponibili (Roccas e Brewer, 2002).

La complessità data dall’avere molteplici appartenenze di gruppo può riflettersi o meno nella rappresentazione soggettiva che un individuo si dà della struttura del proprio sé sociale: Roccas e Brewer (id.) sottolineano come una persona possa aumentare o ridurre l’inclusività del proprio ingroup, su un continuum che va dall’accettazione come

membri dell’ingroup di tutti coloro con i quali condivide almeno una identità sociale (situazione di massima inclusività e massima complessità) al riconoscimento come ingroup solo per chi condivide con essa tutte le medesime appartenenze di gruppo (situazione di minima inclusività e minima complessità). Il suddetto continuum può essere suddiviso in quattro parti principali, che corrispondono ad altrettante forme di rappresentazione soggettiva della struttura dell’identità sociale e si ricollegano alle situazioni di categorizzazione incrociata già individuate in letteratura (Urban e Miller, 1998; Hewstone, Islam e Judd): le quattro forme sono definibili come intersezione, dominanza, compartimentazione e fusione (Roccas e Brewer, id.), e le vedremo ora maggiormente nel dettaglio.

3.1.1 Intersezione

Ci si trova di fronte ad una struttura basata sul processo di intersezione quando un individuo riconosce le proprie differenti identità sociali ed allo stesso tempo definisce il proprio ingroup come l’intersecarsi di tutte le proprie appartenenze di gruppo. In questo modo la categoria composita che ne deriva è un’identità sociale singola ed unica, con proprietà distinte da quelle delle categorie più ampie dalle quali deriva (Roccas e Brewer, 2002).

In altri termini, le molteplici basi delle diverse identificazioni di gruppo convergono nella formazione di un’identità singola, per cui chi non si trova a condividere la stessa unione di categorie è riconosciuto come membro dell’outgroup. Si tratta della stessa situazione descritta da Urban e Miller (1998) come pattern di congiunzione/dissimilarità o, secondo Hewston, Islam e Judd (1993), come pattern di esclusione sociale. È solo la congiunzione tra due o più identità precise a costituire un ingroup, qualsiasi altra combinazione che non le comprenda tutte è trattata come un outgroup (ad es., congiunzione tra identità nazionale e religiosa: chi non appartiene ad entrambe ma ne condivide anche solo una non è percepito come membro del proprio ingroup).

3.1.2 Dominanza

Il processo di dominanza corrisponde all’adottare una identificazione di gruppo primaria, alla quale vengono subordinate tutte le altre categorizzazioni disponibili (Roccas e Brewer, 2002). Di conseguenza, l’ingroup è definito in base alla condivisione dell’appartenenza al gruppo primario, mentre tutte le altre appartenenze categoriali non sono considerate come identità sociali in quanto tali, ma solo come aspetti del sé di un individuo in quanto membro del suddetto gruppo primario.

Si può pensare a tutte le identità sociali alternative come annidate all’interno dell’identificazione principale e pertanto come elementi che portano alla variabilità intragruppo: pertanto, queste non vengono estese a chi non condivide l’appartenenza definita come primaria e non sono permettono di considerare questi soggetti come membri di un ingroup su un altro livello (ad es., identità di genere dominante rispetto al lavorare per la stessa azienda: il soggetto riconosce come membro dell’ingroup qualsiasi altro uomo o donna indipendentemente dal fatto che siano colleghi o meno, mentre l’essere colleghi non costituisce una base per la percezione di un’appartenenza di gruppo condivisa).

Questa forma di rappresentazione della struttura dell’identità sociale corrisponde al pattern definito come “dominanza categoriale” da Urban e Miller (1998) e si avvicina al pattern “gerarchico” di Brewer, Ho, Lee e Miller (1987), con la differenza che anche in questo caso chi non condivide l’appartenenza primaria non fa parte dell’ingroup, ma all’interno di questo avviene poi una serie di differenziazioni successive basate sulle ulteriori categorizzazioni disponibili.

3.1.3 Compartimentazione

La compartimentazione si verifica quando un individuo percepisce più di un’appartenenza categoriale come importante per la definizione della propria identità sociale e di conseguenza attiva ed esprime molteplici identità mediante un processo di differenziazione ed isolamento delle stesse. Le identità sociali attivate diventano specifiche per determinati contesti e/o situazioni (Roccas e Brewer, 2002).

Gli elementi di contesto rendono quindi primarie alternativamente le categorizzazioni riconosciute come fondamentali dall’individuo: se ad esempio sul posto di lavoro può essere l’identità professionale a prendere la precedenza, lasciando in secondo piano l’identità di genere, politica o religiosa, nel momento in cui l’individuo si trova a casa può considerare come primaria un’identità differente da quella derivante dal ruolo lavorativo per la definizione del proprio sé sociale. In questo modo si può notare come la struttura dell’identità sociale mantenga centrali non una ma molteplici identificazioni non necessariamente convergenti, a patto però che non siano attivate contemporaneamente.

L’elemento di specificità dato dal contesto è stato già fortemente enfatizzato dalla self-categorization theory (Turner, 1987), che presuppone l’identità sociale come un insieme di categorizzazioni contesto-specifiche e reciprocamente esclusive. Tuttavia può accadere che in alcune situazioni ci siano più categorizzazioni salienti e rilevanti per la definizione del sé sociale di un individuo: in un caso simile la teoria dell’identità sociale prevede che la percezione degli altri come membri di un ingroup piuttosto che di un outgroup avvenga sulla base di un pattern additivo come funzione delle molteplici identità da prendere in considerazione (Brown e Turner, 1979). Se si pensa ad un contesto in cui sono l’identità di genere e quella politica ad essere centrali e salienti per l’individuo, verranno considerati come membri dell’ingroup tutti coloro che condividono almeno una delle due appartenenze, ma la valutazione sarà maggiormente positiva per chi appartiene ad entrambi i gruppi, meno positiva per chi appartiene ad uno solo di essi e ancora meno positiva (o direttamente negativa) per chi è membro di un outgroup rispetto ad entrambe le dimensioni.

3.1.4 Fusione

L’ultima forma di rappresentazione della molteplicità delle identità sociali definita da Roccas e Brewer (2002) si colloca sull’estremo di massimo inclusività e massima complessità della struttura, in quanto questa raccoglie al suo interno contemporaneamente tutte le appartenenze di gruppo considerate come centrali e importanti dall’individuo. In una situazione di fusione delle appartenenze di gruppo in

un’unica struttura, l’individuo considera come membri del proprio ingroup tutti coloro con i quali condivide anche solo una delle suddette categorizzazioni e l’identità sociale che ne deriva non è la combinazione ma la somma di tutte le identificazioni di gruppo disponibili.

Dal momento che le caratteristiche costitutive delle varie appartenenze di gruppo risultano equamente importanti, l’identità di membro dell’ingroup che ne deriva sarà tanto complessa quanto inclusiva. Si tratta di una condizione che va oltre il semplice procedimento additivo che Urban e Miller mettono alla base del pattern che definiscono “di equivalenza” (1998), in quanto all’aumentare delle identità sociali di un individuo corrisponde un progressivo ampliamento della definizione di ingroup, fino ad arrivare al punto in cui non è più possibile tracciare una chiara linea di distinzione tra ciò che è ingroup e ciò che è outgroup.