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Le fattispecie di c.d. pericolosità generica

I SOGGETTI DESTINATARI DELLE MISURE DI PREVENZIONE

2. Le fattispecie di c.d. pericolosità generica

Come si è già detto29, delle tre categorie soggettive elencate nell’art. 1 cod. ant., la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza risulta oggi applicabile solo a quelle di cui alle lettere b) e c), le quali si riferiscono a: «coloro che per la condotta ed il tenore di vita

27 Cfr. infra, sez. II, par. 1.

28 In questo senso cfr., ex plurimis, Cass. pen., Sez. I, 19 aprile 2018, n. 43826, §2.4: «la scissione del giudizio

prevenzionale in due fasi è ormai patrimonio comune sul piano interpretativo degli istituti coinvolti, atteso che solo a seguito di una prima fase “constatativa” (ossia di apprezzamento di fatti idonei ad iscrivere il soggetto in una delle categorie criminologiche tipizzate dal legislatore) può seguire la fase “prognostica” in senso stretto (ossia la valutazione delle probabili, future condotte, in chiave di offesa ai beni tutelati), logicamente influenzata dai risultati della prima, secondo il generale paradigma logico di cui all’art. 203 c.p.».

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debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose»; «coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica».

2.1. L’oggetto dell’accertamento “retrospettivo”

Già a una rapida lettura delle disposizioni sopra riportate, è possibile cogliere come esse offrano numerosi spunti che non contribuiscono a descrivere il quid dell’accertamento “retrospettivo” che il giudice è chiamato a compiere, riguardando invece le modalità con cui

tale accertamento deve essere compiuto. Il riferimento corre, ad esempio, al richiamo alla

“condotta” e al “comportamento” del soggetto, o alla necessaria presenza di “elementi di fatto”. Per il momento, è opportuno mettere da parte questi aspetti, su cui si tornerà successivamente.

Una volta “spogliate” di questi incisi, dalle disposizioni in esame si ricava che le misure di prevenzione sono applicabili, da un lato, a chi risulti:

“vivere abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose” (lett. b); dall’altro lato, a chi risulti:

“dedito alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica

o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica” (lett. c).

È esclusivamente in queste parti delle disposizioni che si rinvengono quelli che, usando le espressioni recentemente proposte dalla Corte costituzionale, rappresentano i “requisiti sostanziali” o gli “elementi costitutivi” delle c.d. di fattispecie di pericolosità generica30.

30 Così Corte cost., 24 gennaio 2019, n. 24, §11.4 e §12.1, la quale ha fatto ricorso a queste espressioni nel

pronunciarsi sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione alle lett. a) e b) dell’art. 1 cod. ant. Tale approccio, che mirava a isolare gli elementi “sostanziali” della fattispecie, può essere riferito anche alla fattispecie di cui alla lett. c), che in quella sede non veniva in rilievo.

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In entrambe le categorie, dunque, oggetto dell’accertamento diagnostico-constatativo è la dedizione del soggetto a condotte penalmente rilevanti: si parla di “attività delittuose”, nella prima, e di “reati”31, nella seconda.

2.2. Segue: l’art. 1, lett. b), cod. ant. quale fattispecie maggiormente “versatile”

Delle due fattispecie, quella che trova più ampia applicazione nella prassi, e sulla quale pertanto si è maggiormente concentrata l’elaborazione giurisprudenziale, è senza alcun dubbio la prima32. La seconda, invero, ha sinora conosciuto in sede giudiziaria un’applicazione pressoché nulla33.

L’enorme “successo” della fattispecie di cui all’art. 1, lett. b), cod. ant. deriva dalla sua attitudine a fungere, secondo una felice espressione dottrinale, da «“atipizzatore” dei presupposti legittimanti le misure di prevenzione»34. Il riferimento ad attività delittuose non meglio specificate ha infatti consentito alla giurisprudenza di estendere in maniera significativa il raggio d’azione delle misure, ben al di fuori dell’elenco dei reati che compaiono nelle fattispecie di c.d. pericolosità qualificata di cui all’art. 4 cod. ant.35.

31 L’inclusione delle contravvenzioni, e non solo dei delitti, in questa fattispecie è vista con favore da E.

GALLO, voce Misure di prevenzione, cit., p. 6, il quale osserva che «vi sono reati contravvenzionali che possono

rappresentare notevole pericolo per l’integrità fisica o morale dei minorenni, ma anche per la sanità o la sicurezza pubblica […]».

32 Sono estremamente interessanti i risultati dell’indagine condotta, presso il Tribunale di Milano, da E.

MARIANI, Le misure di prevenzione personali nella prassi milanese, in Dir. Pen. Cont., 24 ottobre 2018. In particolare, cfr. pp. 291-292, ove l’Autrice segnala che nell’arco di cinque anni, e precisamente dal 2012 al 2016, su 435 provvedimenti emessi nei confronti di soggetti a pericolosità generica, soltanto 16 hanno riguardato persone riconducibili unicamente alla categoria di cui all’art. 1, lett. c), cod. ant. Un numero ancor più esiguo di provvedimenti, e precisamente 10, ha riguardato soggetti inquadrabili nella lett. a) dell’art. 1 cod. ant., che in quegli anni poteva ancora sorreggere l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (cfr. supra, par. 1.2). Ben 272, invece, i provvedimenti emessi nei confronti di soggetti che si riteneva vivessero, anche in parte, con i proventi di attività delittuose (lett. b), a cui si aggiungono 130 casi in cui i destinatari dei provvedimenti sono stati ritenuti appartenere a più di una fattispecie e 7 in cui è stato indicato solo l’art. 1 cod. ant., senza specificare la lettera di riferimento.

33 Cfr. F. BASILE, Tassatività delle norme ricognitive della pericolosità nelle misure di prevenzione: Strasburgo chiama,

Roma risponde, in Dir. Pen. Cont., 20 luglio 2018, §1.

A proposito della fattispecie di cui alla lett. c), la Cassazione ha recentemente parlato di un «retaggio della precedente impostazione della normativa di prevenzione incentrata sui soggetti perturbatori dello ordine pubblico», cfr. Cass. pen., Sez. VI, 21 settembre 2017, n. 53003, §2.1 del “considerato in diritto”.

34 Così S. FINOCCHIARO, La confisca “civile”…, cit., p. 94.

35 Parla di un’espansione “inarrestabile” M. BERTOLINO, Diritti fondamentali e diritto penale della prevenzione nel

paradigma dell’efficienza, in La pena, ancora: tra attualità e tradizione. Studi in onore di Emilio Dolcini, C. E. Paliero

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Uno dei settori maggiormente investiti da questa espansione è senza dubbio quello dell’evasione fiscale36. A ben vedere, però, il tenore dell’art. 1, lett. b), cod. ant. consente di colpire chiunque sia dedito a qualsiasi tipo di attività delittuosa “lucrogenetica”. Non stupisce, allora, che in questa rete siano rimasti “impigliati” anche i cc. dd. colletti bianchi37: nelle applicazioni giurisprudenziali sono infatti venute a delinearsi figure quali il “corruttore o corrotto socialmente pericoloso”, il “truffatore socialmente pericoloso”, il “bancarottiere socialmente pericoloso” e il “falso professionista socialmente pericoloso”38.

Tuttavia, come si è già accennato, anche questo “atipizzatore” è stato recentemente investito da un “fulmine a ciel sereno”, vale a dire la sentenza della Grande Camera della Corte Edu del 23 febbraio 2017 emessa nella causa de Tommaso c. Italia. In quell’occasione, infatti, anche l’art. 1, n. 2, della l. 1423/1956 – poi trasfuso nell’art. 1, lett. b), d.lgs. 159/2011 – era stato oggetto delle aspre censure dei giudici di Strasburgo, i quali avevano ritenuto che la fattispecie in questione non soddisfacesse il requisito della “prevedibilità”, imposto dall’art. 2, Prot. n. 4 CEDU in relazione a qualsiasi restrizione della libertà di circolazione39. In particolare, la Grande Camera ha osservato come l’articolo 1 della l. 1423/1956 «non contenesse disposizioni sufficientemente dettagliate sui tipi di

36 Fra i molti contributi sul tema, v. M. DI LELLO FINUOLI, Misure di prevenzione ed evasione fiscale, in Ricchezza

illecita ed evasione fiscale. Le nuove misure penali nella prospettiva europea, A. Gullo – F. Mazzacuva (a cura di),

Cacucci, Bari, 2016; M. DI LELLO FINUOLI, La torsione della confisca di prevenzione per la soluzione del problema

dell’evasione fiscale. Note a margine della sentenza delle Sezioni Unite, 29 maggio 2014 (29 luglio 2014), n. 33451, Pres. Santacroce, Rel. Zampetti, Imp. Repaci, in Dir. Pen. Cont. – Riv. Trim., 2015, I, p. 282 ss.; A. M. MAUGERI,

La confisca allargata dalla lotta alla mafia alla lotta all’evasione fiscale?, in Dir. Pen. Cont., 9 marzo 2014; F.

MENDITTO, La rilevanza dei redditi da evasione fiscale nella confisca di prevenzione e nella confisca “allargata”, in Dir.

Pen. Cont., 9 marzo 2014; F. RAPINO, La modernizzazione delle misure di prevenzione. Riflessioni a margine

dell’applicazione di misure personali e patrimoniali all’“evasore fiscale socialmente pericoloso”, in Dir. Pen. Cont., 26

marzo 2013; A. TADINI, Confisca di prevenzione ed evasione fiscale, in La responsabilità amministrativa delle società

e degli enti, 2014; T. TRINCHERA, La sentenza delle Sezioni Unite sulla rilevanza dei redditi non dichiarati al fisco ai

fini della confisca di prevenzione, in Dir. Pen. Cont., 23 settembre 2014; L. TROYER, La confisca di prevenzione:

“moderno” strumento di lotta all’accumulazione di patrimoni illeciti? La via che conduce dall’ozioso all’evasore socialmente pericoloso, in Rivista dei dottori commercialisti, 2015, p. 490.

37 Sul tema cfr. F. BRIZZI, Misure di prevenzione e pericolosità dei “colletti bianchi” nella elaborazione della

giurisprudenza di merito, in Arch. Pen., 2014, III, p. 7; F. MENDITTO, Le confische nella prevenzione e nel contrasto

alla criminalità “da profitto” (mafie, corruzione, evasione fiscale), in Dir. Pen. Cont., 2 febbraio 2015, p. 27 ss.; F.

MENDITTO, Presente e futuro delle misure di prevenzione (personali e patrimoniali): da misure di polizia a prevenzione

della criminalità da profitto, in Dir. Pen. Cont., 23 maggio 2016, p. 29.

38 Sul punto cfr. E. ZUFFADA, Il tribunale di Milano individua una nuova figura di “colletto bianco pericoloso”: il falso

professionista (nella specie, un falso avvocato). Un ulteriore passo delle misure di prevenzione nel contrasto alla criminalità da profitto, in Dir. Pen. Cont., 27 giugno 2016. In particolare, si trattava di un soggetto indagato per esercizio

abusivo della professione forense.

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comportamento che dovevano essere considerati costituire un pericolo per la società»40, ritenendolo pertanto inidoneo a «fornire una protezione contro […] ingerenze arbitrarie»41. Il futuro di tutto il sistema preventivo sembrava allora gravemente compromesso, soprattutto se si considera che nella prassi esso pare rivolgersi prevalentemente ai c.d. pericolosi generici42 (e in particolare, come si è già detto, a quelli inquadrabili nella lett. b) dell’art. 1 cod. ant.43).

Tuttavia, come si è già anticipato, la lett. b) dell’art. 1 cod. ant. è riuscita a sfuggire a quello che poteva sembrare un destino ormai segnato. Ciò è stato possibile grazie a quella lettura convenzionalmente orientata, talora indicata come “tassativizzante”, che la giurisprudenza di legittimità aveva iniziato a compiere già in epoca immediatamente precedente alla sentenza de Tommaso, e che successivamente è stata ripresa e coltivata44.

Secondo la Consulta, infatti, questa evoluzione giurisprudenziale ha reso «possibile assicurare in via interpretativa contorni sufficientemente precisi alla fattispecie» in esame, «sì da consentire ai consociati di prevedere ragionevolmente in anticipo in quali “casi” – oltre che in quali “modi” – essi potranno essere sottoposti» alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza45.

40 Cfr. Corte EDU, Grande Camera, 23 febbraio 2017, de Tommaso c. Italia, §117.

41 Cfr. Corte EDU, Grande Camera, 23 febbraio 2017, de Tommaso c. Italia, §118.

42 Sul punto si rinvia nuovamente all’indagine condotta da E. MARIANI, Le misure di prevenzione personale nella

prassi milanese, cit., pp. 290-291, la quale segnala che, tra il 2012 e il 2016, il Tribunale di Milano ha emesso

435 provvedimenti applicativi di misure di prevenzione personali nei confronti di soggetti a pericolosità

generica, e solo 26 nei confronti di soggetti a pericolosità “qualificata” (mentre in ben 271 provvedimenti –

cifra che corrisponde al 37% di tutti i decreti emessi – la fattispecie di pericolosità non è stata indicata esplicitamente).

Questa tendenza è peraltro confermata dall’esperienza torinese: i dati resi disponibili dalla Procura della Repubblica di Torino, che riguardano l’applicazione delle misure sia personali che patrimoniali, segnalano che, di tutte le proposte presentate al Tribunale di Torino negli anni che vanno dal 2013 al 2018, solo il 24,67% era rivolto nei confronti di soggetti a pericolosità “qualificata”, mentre il 75,33% riguardava soggetti a pericolosità “generica”. In particolare, delle 535 proposte presentate nei sei anni che vanno dal 2013 al 2018, 403 riguardavano pericolosi “generici” e 132 soggetti a pericolosità “qualificata”. Questi dati si ricavano dalle “lettere di prevenzione” pubblicate su Dir. Pen. Cont., già richiamate supra, cap. I, sez. II, par. 7.4, nota n. 229, cui si rinvia per più precisi riferimenti, anche in relazione ai periodi coperti dai dati statistici.

Stando a questi numeri, si dovrebbe concludere che una declaratoria di illegittimità costituzionale della fattispecie di pericolosità “generica” maggiormente versatile avrebbe assestato un colpo quasi mortale al sistema preventivo.

43 Cfr. supra, nota n. 32.

44 Cfr. Corte. cost., 24 gennaio 2019, n. 24, §11.4.

45 Per le citazioni contenute in questo periodo cfr. Corte cost., 24 gennaio 2019, n. 24, §12.2. Al §12 della

sentenza la Corte costituzionale ha precisato che, «allorché si versi […] al di fuori della materia penale, non può del tutto escludersi che l’esigenza di predeterminazione delle condizioni in presenza delle quali può legittimamente limitarsi un diritto costituzionalmente e convenzionalmente protetto possa essere soddisfatta

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2.2.1. La c.d. interpretazione tassativizzante

Passiamo, allora, a esaminare le coordinate giurisprudenziali che l’interprete deve oggi tenere a mente per definire la portata applicativa di questa fattispecie di pericolosità “generica”46.

Anzitutto, l’aggettivo “delittuose”, riferito alle attività dei cui proventi il soggetto deve risultare vivere abitualmente, viene letto nel senso che rileva la commissione non di qualsiasi illecito, e neppure di qualsiasi reato, ma solo ed esclusivamente di delitti47. Un’importante ricaduta pratica di questa lettura la si è avuta a proposito della figura del c.d. evasore fiscale pericoloso48.

In secondo luogo, l’avverbio “abitualmente” viene letto nel senso di richiedere una «realizzazione di attività delittuose […] non episodica, ma almeno caratterizzante un significativo intervallo temporale della vita del proposto»49. In altre parole, occorre poter «attribuire al soggetto proposto una pluralità di condotte passate»50, le quali devono connotare «in modo significativo lo stile di vita del soggetto, che quindi si deve

anche sulla base dell’interpretazione, fornita da una giurisprudenza costante e uniforme, di disposizioni legislative pure caratterizzate dall’uso di clausole generali, o comunque da formule connotate in origine da un certo grado di imprecisione».

46 Per una puntuale e completa ricostruzione della lettura “tassativizzante” fornita dalla giurisprudenza di

legittimità cfr. F. BASILE, Tassatività delle norme ricognitive della pericolosità nelle misure di prevenzione…, cit.,

passim. Sempre sull’evoluzione giurisprudenziale che ha fatto seguito alla sentenza della Grande Camera cfr.

anche F. BASILE,Quale futuro per le misure di prevenzione dopo le sentenze de Tommaso e Paternò?, in Giur. It., 2018,

II, p. 452 ss., nonché F. MENDITTO, Misure di prevenzione e Corte europea, in attesa della Corte costituzionale, in

Dir. Pen. Cont., 22 ottobre 2018.

In senso critico su questa operazione intrapresa dalla giurisprudenza cfr. F. PALAZZO, Per un ripensamento

radicale del sistema di prevenzione ante delictum, in Criminalia. Annuario di Scienze penalistiche, in disCrimen (web),

p. 12, secondo il quale l’interpretazione tassativizzante rappresenta quasi un atto di usurpazione della giurisprudenza che si sostituisce al compito disatteso dal legislatore. Per una voce critica sul mantenimento

della c.d. pericolosità generica cfr. V. MAIELLO, De Tommaso c. Italia e la cattiva coscienza delle misure di

prevenzione, in Dir. Pen. Proc., 2017, VIII, p. 1039.

47 In questo senso cfr. Cass. pen., Sez. II, 23 marzo 2012, n. 16348; Cass. pen., Sez. I, 24 marzo 2015, n.

31209; Cass. pen., Sez. I, 19 aprile 2018, n. 43826.

48 Cfr. F. BASILE, Tassatività delle norme ricognitive…, cit., p. 9. La più recente giurisprudenza di legittimità

afferma infatti che la sottrazione agli adempimenti tributari e contributivi rileva esclusivamente quando vengono in gioco ipotesi delittuose (e non anche quelle contravvenzionali o amministrative). Sul punto cfr. Cass. pen., Sez. V, 6 dicembre 2016, n. 6067; Cass. pen., Sez. VI, 21 settembre 2017, n. 53003.

49 Cfr. Cass. pen., Sez. I, 24 marzo 2015, n. 31209, §5 del “considerato in diritto”.

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caratterizzare quale individuo che abbia consapevolmente scelto il crimine come pratica comune di vita per periodi adeguati o comunque significativi»51.

Infine, sulla scorta del riferimento ai “proventi”, si richiede che le attività delittuose poste in essere dal soggetto «siano produttive di reddito illecito»52: il giudice della prevenzione, pertanto, deve verificare che dai reati commessi sia scaturita un’«effettiva derivazione di profitti illeciti»53.

Sono questi gli sforzi interpretativi posti in essere dalla giurisprudenza di legittimità e che, agli occhi della Consulta, avrebbero reso “prevedibile” la futura applicazione della fattispecie de qua, la quale, pertanto, si porrebbe ora in linea con il diritto convenzionale.

Riepilogando, dunque, oggi è possibile inquadrare un soggetto nella categoria di cui all’art. 1, lett. b), cod. ant. soltanto a queste condizioni: i) deve aver posto in essere un’attività delittuosa; ii) tale attività non deve essere stata episodica, ma aver caratterizzato un significativo intervallo temporale della sua vita; iii) i delitti commessi devono aver prodotto un reddito illecito; iv) questi proventi devono essere stati destinati, almeno parzialmente, al soddisfacimento dei bisogni di sostentamento della persona e del suo eventuale nucleo familiare.

Di fronte a questo scenario, si deve constatare di essere ben lontani da misure “ante

delictum”, potendosi al più parlare di misure «ante nova delicta»54.

2.3. Sull’accertamento di questo thema probandum

Così tracciato il perimetro del thema probandum che ci viene consegnato dalle fattispecie di pericolosità generica, occorre ora concentrarsi su quelle locuzioni che hanno la funzione di guidare il giudice nel relativo accertamento.

Anzitutto, vengono in rilievo due riferimenti che ci sembrano sostanzialmente omogenei: da un lato, la lett. b) indirizza lo sguardo del giudice verso la “condotta” del soggetto; dall’altro, la lett. c) chiede di guardare al suo “comportamento”. Si tratta di richiami connotati da estrema genericità, e comunque – sembra quasi superfluo sottolinearlo –

51 Cfr. Cass. pen., Sez. II, 19 gennaio 2018, n. 11846, §3.7 del “considerato in diritto”.

52 Cfr. Cass. pen., Sez. I, 24 marzo 2015, n. 31209, §5 del “considerato in diritto”.

53 Cfr. Cass. pen., Sez. I, 24 marzo 2015, n. 31209, §7 del “considerato in diritto”.

54 Questa espressione è di R. MAGI, Sul recupero di tassatività nelle misure di prevenzione personali. Tecniche

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incapaci di indicare quali condotte e quali comportamenti il giudice debba prendere in considerazione.

Un’indicazione in più la si ha in relazione alla fattispecie di cui alla lett. b), che invita a tenere conto del “tenore di vita” del soggetto, utile per accertare che egli viva abitualmente con i proventi di attività delittuose.

Infine, entrambe le fattispecie prevedono che il convincimento del giudice debba formarsi «sulla base di elementi di fatto».

Come si è visto nel primo capitolo, tale locuzione ha fatto la propria comparsa nel 1988, con l’ambizione di adeguare il sistema preventivo agli insegnamenti che, qualche anno prima, erano provenuti da Palazzo della Consulta55.

A questo inciso, che è stato correttamente qualificato quale vero e proprio «richiamo probatorio»56, parte della dottrina ha riservato dure critiche per via del suo «evanescente significato»57. E in effetti, ancora una volta la legge non dice quali elementi il giudice debba prendere in considerazione, lasciando “carta bianca” alla sua discrezionalità.

Soltanto recentemente il legislatore si è sforzato di esemplificare alcuni “elementi di fatto” di cui tenere conto; ciò, però, è avvenuto solo rispetto alla fattispecie di cui alla lett.

c), la quale, oltre a essere la meno applicata nella prassi, è anche l’unica che non era stata

raggiunta dalle censure dei giudici di Strasburgo58. Nel 2017 si è infatti dato specifico rilievo alle «reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio […] nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa»59; elencazione, questa, che oltre a non essere esaustiva60, non sembra neppure fissare dei “requisiti minimi” vincolanti per il giudice.

A parte questa novità, che comunque non ha interessato la fattispecie di cui alla lett. b) dell’art. 1 cod. ant., il richiamo alla necessaria presenza di “elementi di fatto” non è in grado

55 Cfr. supra, cap. I, sez. II, par. 5.2.

56 Cfr. T. PADOVANI, Misure di sicurezza e misure di prevenzione, cit., p. 248. Nello stesso senso cfr. Corte cost.,

24 gennaio 2019, n. 24, §11.1.

57 Così A. MANNA, Natura giuridica delle misure di prevenzione: legislazione, giurisprudenza e dottrina, in Arch. Pen.

(web), 2018, III, §4.

58 Cfr. F. BASILE,Tassatività delle norme ricognitive della pericolosità nelle misure di prevenzione…, cit., p. 4.

59 Questa modifica dell’art. 1, lett. c), cod. ant., è stata effettuata tramite l’art. 15, co. 1, lett. a), d.l. 20 febbraio

2017, n. 14, recante «[d]isposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città».

60 Cfr. A. BALSAMO, Commento agli artt. 1 e 7 d.lgs. 159/2011, in Commentario breve al codice antimafia e alle

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di fornire precise indicazioni all’interprete61, che si trova a percorrere sentieri alquanto incerti. A dirla tutta, verrebbe quasi da stupirsi che vi sia stato bisogno di precisare che il giudice non possa raggiungere un qualsiasi convincimento se non sulla base di “elementi di fatto”62.

L’intento del legislatore del 1988 era quello di allontanare l’ombra del “sospetto” dal sistema preventivo e per soddisfare questa istanza “garantistica” ha richiesto l’accertamento di «riscontri obiettivi»63. Ma che questa fosse la strada più indicata da imboccare per