DALLA COSTITUZIONE A OGGI
7. Le novità introdotte dai “pacchetti sicurezza” del 2008 e del 2009
In una panoramica che si propone di illustrare i momenti salienti della recente evoluzione del sistema preventivo, particolare attenzione deve essere riservata alle rilevantissime modifiche introdotte con i cc.dd. pacchetti sicurezza del 2008 e del 2009.
Il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con la legge del 24 luglio 2008, n. 125, recante «[m]isure urgenti in materia di sicurezza pubblica», ha portato con sé significative novità che hanno investito molteplici settori di questa materia.
198 Cfr. F. GIUNCHEDI, Le forme del procedere e il generale rinvio all’art. 666 c.p.p., cit., p. 234, il quale mette in
luce come le dinamiche probatorie del processo di prevenzione risentano «della diversa ratio dell’incidente di esecuzione caratterizzato da un precedente accertamento della responsabilità».
199 Così G. VIDIRI, Nuovo processo penale e processo di prevenzione: quale cultura per quale giudice?, in Cass. pen.,
1992, p. 197.
200 Per le citazioni contenute in questo periodo cfr. G. VIDIRI, Nuovo processo penale e processo di prevenzione…,
cit., pp. 197-198.
201 Cfr. P. CELENTANO, Verso una giurisdizionalizzazione delle misure di prevenzione?, in Riv. Pen. Econ., 1992, p.
519, il quale sottolinea «quanto sia radicata nel potere legislativo la convinzione dell’indispensabilità delle misure di prevenzione e, al contempo, dell’insufficienza del sistema penale repressivo nella lotta al fenomeno mafioso, soprattutto dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale» (corsivo aggiunto).
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7.1. Le nuove fattispecie “indiziarie”: prosegue indisturbata la sovrapposizione tra processo penale e processo di prevenzione
Anzitutto, si ebbe un significativo ampliamento dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione personli, prevedendosi l’applicazione della legge “antimafia” del 1965 anche nei confronti dei «soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale»202, cioè dei reati rientranti nella sfera di attribuzione delle procure distrettuali.
Il legislatore ripropose in questo modo il paradigma della fattispecie “indiziaria”, apparsa più di quarant’anni prima per colpire i soggetti «indiziati di appartenere ad associazioni mafiose»203. Ma mentre la fattispecie del 1965, al momento della sua introduzione, non si sovrapponeva perfettamente ad altre fattispecie incriminatrici, questa seconda fattispecie nacque col preciso scopo di colpire soggetti “indiziati” di aver commesso
delitti puntualmente individuati.
In altre parole, la formula “indiziati di…”, coniata per contrastare fenomeni che sfuggivano alla repressione penale già da un punto di vista normativo, nel 2008 venne riproposta per neutralizzare la pericolosità di soggetti ritenuti colpevoli di singoli, determinati reati, ma nei cui confronti non era possibile irrogare una pena per mancanza di
prove. Non vi poteva infatti essere alcun dubbio sul fatto che la neonata fattispecie
preventiva si distinguesse dalle fattispecie repressive che richiamava unicamente per il più basso livello probatorio necessario204.
Nella stessa direzione, il legislatore si era peraltro mosso, una prima volta, appena un anno prima, prevedendo l’applicabilità delle misure di prevenzione disciplinate dalla legge Tambroni e dalla legge “antimafia” del 1965 anche nei confronti «delle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni»205, a episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive.
202 Cfr. art. 10, co. 1, lett. a), d.l. 23 maggio 2008, n. 92.
203 Cfr. supra, par. 3.1.1.
204 Cfr. P. SPAGNOLO, Commenti articolo per articolo, d.l. 23.5.2008, n. 92 (sicurezza pubblica), art. 10, in Leg. Pen.,
2009, p. 298.
205 Cfr. art. 7-ter, l. 13 dicembre 1989, n. 401, introdotto dall’art. 6, co. 1, d.l. 8 febbraio 2007, n. 8 (corsivo
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7.2. Un nuovo assetto in materia di titolarità della proposta
All’ampliamento dei soggetti destinatari corrispose una modificazione dei soggetti “attivi”,
i.e. dei soggetti titolari del potere di proposta. Con il d.l. n. 92 del 2008, infatti, il legislatore
riscrisse l’art. 2 della legge “antimafia” del 1965, prevedendo che la proposta per l’applicazione di una misura di prevenzione personale potesse essere avanzata dal questore, dal procuratore nazionale antimafia, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove dimorava la persona, nonché dal direttore della Direzione investigativa antimafia206.
Si deve anzitutto precisare che la scelta di attribuire il potere di proposta al procuratore nazionale antimafia – che era stato istituito nel 1991207 – non risale a questo provvedimento legislativo, ma era stata già effettuata dal legislatore del 1992208.
Neppure con riguardo al direttore della Direzione investigativa antimafia poteva, invero, parlarsi di una novità209. Deve infatti segnalarsi che, con la cessazione delle funzioni dell’Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa, avvenuta nel 1992, il potere di proposta a lui spettante era passato nelle mani del Ministro dell’interno210, cui si era pure attribuita facoltà di delega ad altri organi e uffici dell’Amministrazione della pubblica sicurezza. Tale facoltà era stata subito esercitata, in via permanente, proprio a favore del Direttore della Direzione investigativa antimafia, il quale, dunque, già poteva proporre l’applicazione delle misure personali (a partire dal 1992) e patrimoniali (a partire dal 1993) nei confronti degli indiziati di appartenere ad associazioni
206 Art. 2, l. 31 maggio 1965, n. 575, come modificato dall’art. 10, co. 1, lett. b), d.l. 23 maggio 2008, n. 92.
207 Cfr. art. 6, d.l. 20 novembre 1991, n. 367, convertito dalla l. 20 gennaio 1992, n. 8.
208 Art. 22, co. 01, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla l. 7 agosto 1992, n. 356. Per completezza si
deve segnalare che il legislatore aveva inizialmente attribuito al procuratore nazionale antimafia solo il potere di proporre l’applicazione di misure di prevenzione personali, senza introdurre un’espressa disposizione anche per quanto concerne le misure patrimoniali. Secondo una parte della dottrina, però, non si trattava di una precisa scelta del legislatore, bensì di una «vera e propria dimenticanza» colmabile in via interpretativa,
cfr. P. V. MOLINARI, Titolari dell’azione di prevenzione con riferimento alle misure patrimoniali. Il Procuratore
nazionale antimafia dimezzato?, in Cass. pen., 1998, III, p. 959.
209 Cfr. M. F. CORTESI, Modifiche al sistema normativo delle misure di prevenzione, in Decreto sicurezza: tutte le
novità: D.L. 23 maggio 2008, n. 92, conv., con modif., dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, introduzione di G. Spangher,
Ipsoa, 2008, p. 255 ss.
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mafiose211. Comunque, alla nuova disposizione del 2008 si doveva quantomeno riconoscere il merito di aver riordinato la normativa212.
La portata innovativa del provvedimento in esame si coglie invece nella devoluzione del potere di formulare la proposta al procuratore distrettuale, e non più al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimorava la persona. L’intenzione del legislatore era quella di coordinare i procedimenti di prevenzione con l’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari riguardanti la criminalità organizzata213.
Contestualmente, attraverso una modifica dell’art. 371-bis c.p.p., si previde che il procuratore nazionale antimafia dovesse esercitare le proprie funzioni di coordinamento anche in relazione ai procedimenti di prevenzione, oltre che rispetto ai procedimenti penali per i delitti di cui all’art. 51, co. 3-bis, c.p.p.214.
Alla regola appena descritta fu però posta una deroga: rispetto ai c.d. pericolosi generici di cui all’art. 1, nn. 1 e 2, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, il potere di avanzare la proposta continuava a rimanere anche nelle mani del procuratore della Repubblica del circondario in cui dimorava la persona. Ciò in quanto, trattandosi di un tipo di pericolosità estraneo al mondo della criminalità organizzata, e quindi alle attribuzioni del procuratore distrettuale, l’estensione incondizionata della suddetta regola avrebbe comportato il rischio di dispersione di materiale probatorio reperibile nel luogo di dimora del soggetto.
Al procuratore distrettuale non si conferì solo il potere di proporre l’applicazione delle misure di prevenzione, ma gli si attribuirono anche le funzioni di pubblico ministero nelle
udienze dei relativi procedimenti215. In questo modo, si pose un argine a quel rischio di
«sdoppiamento delle funzioni»216 generato dalla disciplina precedente: mentre, infatti, la proposta spettava al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimorava la persona, in udienza le funzioni di pubblico ministero erano esercitate dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, e cioè presso il tribunale avente sede nel capoluogo di provincia.
211 Cfr. A. M. MAUGERI, La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem?, in AA.VV., Misure urgenti
in materia di sicurezza pubblica (d.l. 23 maggio 2008, n. 92 conv. in legge 24 luglio 2008, n. 125), O. Mazza – F.
Viganò (a cura di), Giappichelli, Torino, 2008, p. 146.
212 Cfr. P. SPAGNOLO, Commenti articolo per articolo, d.l. 23.5.2008, n. 92…, cit., p. 299.
213 Cfr. A. BALSAMO, voce Codice antimafia, in Dig. Disc. pen., VIII agg., Torino, 2014, p. 93; M. F. CORTESI,
Modifiche al sistema normativo delle misure di prevenzione, cit., p. 250.
214 La modifica è stata introdotta dall’art. 2, co. 1, lett. b), d.l. 23 maggio 2008, n. 92.
215 Cfr. art. 2, co. 3, l. 31 maggio 1965, n. 575, come modificato dall’art. 1, co. 1, lett. b), d.l. 23 maggio 2008,
n. 92.
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7.3. Le misure personali e la confisca di prevenzione al bivio: i due volti di Giano Fra le novità apportate dal provvedimento in esame, quelle di maggiore impatto sul sistema preventivo le si rinvengono indubbiamente in tema di confisca di prevenzione.
Ai fini del nostro studio, è sufficiente segnalare che il d.l. 92 del 2008 sancì il «principio di reciproca autonomia tra le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali»217, le quali, da quel momento, potevano essere richieste e applicate disgiuntamente.
Oltre a ciò, si previde che il sequestro e la confisca di prevenzione potessero essere disposte «anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione» e che in caso di morte sopraggiunta nel corso del procedimento, questo dovesse proseguire «nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa»218.
Con la novella, il potenziale della confisca di prevenzione si liberò definitivamente degli angusti limiti derivanti dalla necessità di una contestuale applicazione di una misura personale. Tuttavia, mentre parte della dottrina vide subito nell’intervento legislativo una «riforma epocale»219, secondo altri Autori il d.l. del 2008 non aveva operato un completo sganciamento del procedimento di prevenzione patrimoniale da quello personale: poiché
217 Cfr. S. FINOCCHIARO, La confisca “civile” dei proventi…, cit., p. 55.
218 Cfr. art. 2-bis, co. 6-bis, l. 31 maggio 1965, n. 575, introdotto dall’art. 10, co. 1, lett. c), n. 2, d.l. 92/2008.
A dire il vero, però, già il diritto vivente aveva mosso qualche passo nella direzione dell’autonomia tra misure
personali e patrimoniali. Sul punto cfr. F. LICATA, La costituzionalità della confisca antimafia nei confronti degli
eredi: un altro passo verso la definizione della natura dell’actio in rem, in Giur. cost., 2012, p. 241, §2. In particolare,
a metà degli anni ’90 le Sezioni Unite della Corte di cassazione, nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, avevano affermato che la confisca di prevenzione potesse essere disposta anche qualora il soggetto proposto fosse deceduto dopo l’adozione del provvedimento ablatorio, ma prima della sua definitività, e ciò nonostante il tenore letterale delle disposizioni in materia di misure patrimoniali non dettasse una disciplina in tal senso, cfr. Cass. pen., Sez. Un., 3 luglio 1996, n. 18. Precedentemente, si era espressa nello stesso senso Cass. pen.,
Sez. I, 22 maggio 1995, n. 3116, in Cass. pen., 1996, VI, p. 1963 ss., con nota di P. V. MOLINARI, Confisca
antimafia non esecutiva e morte della persona pericolosa.
Nello stesso solco si erano collocate quelle pronunce giurisprudenziali secondo cui, ai fini dell’applicazione della confisca, doveva ritenersi che l’attualità della pericolosità fosse necessaria unicamente al momento della decisione di primo grado. In questo senso cfr. Cass. pen., Sez. V, 17 marzo 2000, n. 1520, in Cass. pen., 2001,
IV, p. 1327, con nota critica di P. V. MOLINARI, Il troppo e il vano nelle sentenze, secondo il quale tale
orientamento rappresentava un “espediente” per superare la norma che collega la confisca di prevenzione all’adozione delle misure personali. Nello stesso senso, per un caso in cui il provvedimento di confisca era stato confermato dalla Corte d’appello nonostante nel frattempo fosse stata revocata la misura personale in quanto il proposto era divenuto collaboratore di giustizia, cfr. Cass. pen., Sez. II, 14 febbraio 1997, n. 12541,
in Cass. pen., 1997, XI, p. 3170 ss., con nota critica di P. V. MOLINARI, Si estende l’applicazione contra legem
della confisca antimafia. In senso contrario cfr. Cass. pen., Sez. VI, 30 gennaio 1998, n. 606.
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l’ambito applicativo della legge “antimafia” del 1965 – e, quindi, anche delle misure patrimoniali – continuava comunque a riguardare i soggetti pericolosi passibili di misure personali, sarebbe stata in ogni caso necessaria una verifica incidentale della sussistenza dei presupposti della misura personale, anche nel caso di azione di prevenzione esercitata al solo fine di applicare una misura patrimoniale220.
Il legislatore, però, fugò ogni dubbio in proposito l’anno successivo: con la legge 15 luglio 2009, n. 94, recante «disposizioni in materia di sicurezza pubblica», chiarì che le misure di prevenzione patrimoniali potevano essere richieste e disposte «indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione»221.
Così, a seguito di questi interventi complementari risultava definitivamente superato il previgente sistema di prevenzione, incentrato sulla pericolosità del soggetto. Da quel momento sarebbe stato possibile avviare un processo di prevenzione anche nei confronti di soggetti non pericolosi, al solo fine di disporre la confisca di beni di provenienza illecita222.
A seguito dei c.d. pacchetti sicurezza del 2008 e del 2009, si può dire che il processo di prevenzione abbia assunto un duplice volto: uno di essi si concentra sul futuro, mirando ad accertare la “pericolosità per la sicurezza pubblica” del soggetto; l’altro, invece, si caratterizza per un accertamento interamente retrospettivo, proteso alla confisca dei beni di provenienza illecita223. Un po’ come il dio Giano, a cui, secondo il mito, Saturno donò il potere di vedere sia il passato, sia il futuro.
7.4. La perdurante vitalità delle misure di prevenzione personali. Alcuni dati sull’applicazione milanese e quella torinese
220 Cfr. A. M. MAUGERI, Dalla riforma delle misure di prevenzione patrimoniali alla confisca generale dei beni contro
il terrorismo, in AA.VV., Il “pacchetto sicurezza” 2009: (commento al D.L. 23 febbraio 2009, n. 11 conv. in Legge 23
aprile 2009, n. 38 e alla Legge 15 luglio 2009, n. 94), O. Mazza – F. Viganò (a cura di), Torino, 2009, p. 437,
secondo la quale l’unico risultato sicuramente raggiunto era quello di «consentire di confiscare il patrimonio del morto».
221 Art. 2-bis, co. 6-bis, l. 31 maggio 1965, n. 575, come modificato dall’art. 2, co. 22, l. 15 luglio 2009, n. 94.
222 Alla pericolosità “individuale” subentrò il concetto di pericolosità “reale”, cfr. M. F. CORTESI, Modifiche
alla disciplina delle misure di prevenzione, in Sistema penale e sicurezza pubblica: le riforme del 2009: L. 15 luglio 2009, n. 94 e d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, conv., con modif., dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, S. Corbetta – A. Della Bella
– G. L. Gatta (a cura di), Ipsoa, Milanofiori, Assago, 2009, p. 329.
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La novità esaminata nel precedente paragrafo ha trasformato il processo di prevenzione in uno strumento con cui raggiungere finalità tra loro eterogenee, incidendo profondamente sulla sua stessa natura. Sarebbe però sbagliato pensare che il “nuovo corso” della giustizia preventiva abbia fatto ombra alla neutralizzazione della pericolosità individuale, di ottocentesca memoria.
Oggi l’attenzione della dottrina tende a concentrarsi sulle misure di prevenzione patrimoniali, probabilmente per via della fiducia riposta in esse sul fronte del contrasto alla grande criminalità organizzata224.
Da parte di alcuni Autori, si è addirittura auspicata la completa eliminazione delle misure
di prevenzione personali, al fine di poter concentrare tutte le risorse disponibili
nell’applicazione delle misure patrimoniali225, unanimemente ritenute più efficaci delle prime, di cui, al contrario, molto spesso si segnala la scarsa utilità pratica226.
Tuttavia, a dispetto della «quasi inesistente»227 attenzione ricevuta, le misure di prevenzione personali conoscono tutt’oggi una larghissima applicazione, che, da un punto
quantitativo, parrebbe di gran lunga maggiore rispetto a quella delle misure patrimoniali.
Nel corso della nostra ricerca abbiamo avuto occasione di svolgere un’indagine di carattere “empirico” presso la “sezione autonoma misure di prevenzione” del Tribunale di Milano, indagine resa possibile dalla disponibilità del Presidente dott. Fabio Roia. Potendo accedere ai fascicoli contenenti i decreti emessi dalla Sezione negli ultimi anni, ci è stato possibile constatare che, nella prassi milanese, le misure di prevenzione patrimoniali assumono, da un punto di vista quantitativo, un’applicazione tutto sommato marginale. In particolare, prendendo in considerazione gli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019 (quest’ultimo anno con riferimento al periodo dal 1 gennaio al 31 luglio), è emerso che il 79,62% di tutti i decreti emessi ha riguardato esclusivamente misure di prevenzione personali. Peraltro, il restante 20,38% dei decreti include sia i casi in cui è stata applicata
224 Lo osserva F. VIGANÒ, La neutralizzazione del delinquente pericoloso nell’ordinamento italiano, in Riv. It. Dir.
Proc. Pen., 2012, IV, p. 1334 ss., §6.
225 Così P. V. MOLINARI, Ancora una volta bocciata…, cit., p. 803 ss., secondo il quale tale scelta comporterebbe
effetti positivi sia sulla durata dei procedimenti, sia sulla professionalità e sulla “specializzazione” degli organi
inquirenti e giudicanti. L’Autore propone le medesime considerazioni anche in P. V. MOLINARI, Sequestro e
confisca antimafia: vecchie questioni ancora irrisolte e nuove prospettive, in Cass. pen., 2002, XI, p. 3565. Nello stesso
senso cfr. anche V. MAIELLO, La prevenzione patrimoniale in trasformazione, in Dir. Pen. Proc., 2009, VII, p. 805.
226 Per tutti, v. l’ampia analisi di D. PETRINI,La prevenzione inutile…, cit., passim.
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la sola misura patrimoniale, sia i casi in cui la misura patrimoniale è stata applicata congiuntamente a una misura personale228.
Una conferma di questo trend è fornita dalla prassi applicativa torinese, su cui è possibile gettare uno sguardo grazie ai dati che, negli ultimi anni, sono stati raccolti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino229. Di tutte le proposte presentate al Tribunale di Torino negli anni che vanno dal 2013 al 2018230, il 71,40% conteneva
esclusivamente una richiesta di applicazione di misure personali231, mentre quasi il 20%
conteneva una richiesta di applicazione congiunta di misure personali e patrimoniali232. Nell’arco di quei sei anni, soltanto l’8,60% delle proposte conteneva una richiesta di applicazione di misure solo patrimoniali233.
Insomma, la progressiva espansione delle misure di prevenzione patrimoniali ha senz’altro “rinnovato” in maniera significativa l’arsenale della prevenzione c.d. ante delictum, dotandolo di un nuovo volto che lo ha reso efficace anche nella lotta alla criminalità organizzata da profitto. Questa evoluzione, però, non ha mai intaccato il ricorso alle misure
228 In particolare, i decreti riguardanti anche o solo misure patrimoniali sono: 24 su 122 nel 2015; 27 su 110
nel 2016; 19 su 144 nel 2017; 31 su 146 nel 2018; 28 su 111 dal 1 gennaio al 31 luglio 2019.
229 I dati che seguono sono tratti dalle “lettere di prevenzione” pubblicate sulla rivista on-line Diritto Penale
Contemporaneo.
Per l’anno 2013 cfr. Seconda “lettera di prevenzione”, Procura della Repubblica di Torino, in Dir. Pen. Cont., 14 maggio 2014.
Per l’anno 2014 cfr. Terza “lettera di prevenzione”, Procura della Repubblica di Torino, in Dir. Pen. Cont., 21 dicembre 2015.
Per l’anno 2015 cfr. Quarta “lettera di prevenzione”, Procura della Repubblica di Torino, in Dir. Pen. Cont., 6 dicembre 2017, cap. 1, par. 1.1.
Per l’anno 2016 cfr. Quarta “lettera di prevenzione”, Procura della Repubblica di Torino, in Dir. Pen. Cont., 6 dicembre 2017, cap. 1, par. 1.2.
Per l’anno 2017 cfr. Quarta “lettera di prevenzione”, Procura della Repubblica di Torino, in Dir. Pen. Cont., 6 dicembre 2017, cap. 1, par. 1.3. In relazione al 2017, i dati disponibili riguardano il periodo che va dal 1 gennaio al 18 novembre. Pertanto, i dati messi in luce in questa sede non sono riferibili al periodo che va dal 19 novembre al 31 dicembre 2017.
Per l’anno 2018 cfr. Quinta lettera di prevenzione, Procura della Repubblica di Torino, in Dir. Pen. Cont., 4 dicembre 2018. Anche in relazione al 2018 i dati disponibili non riguardano la parte finale dell’anno, e in particolare non sono riferibili al periodo che va dal 21 novembre al 31 dicembre.
230 In totale, le “proposte” sono 535: 75 nel 2013; 98 nel 2014; 127 nel 2015; 85 nel 2016; 62 nel 2017; 88
nel 2018.
231 Complessivamente, le “proposte” con richiesta di applicazione di misure solo personali sono 382: 45 nel
2013; 73 nel 2014; 92 nel 2015; 61 nel 2016; 43 nel 2017; 68 nel 2018.
232 Le richieste di applicazione “congiunta” di misure personali e patrimoniali sono in totale 106: 23 nel 2013;
19 nel 2014; 23 nel 2015; 18 nel 2016; 11 nel 2017; 12 nel 2018.
233 Le proposte contenenti una richiesta di applicazione di misure solo patrimoniali sono, in tutto, 46: 7 nel
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di prevenzione personali, le quali ancora oggi, alla luce dei dati sopra richiamati, parrebbero far da protagoniste, quantomeno da un punto di vista quantitativo, nella prassi applicativa del sistema preventivo.
Un’ulteriore ragione, questa, per prestare la giusta attenzione a questi istituti, che incidono in maniera assai penetrante sulle libertà individuali dei relativi destinatari.