• Non ci sono risultati.

Lo statuto garantistico

LE MISURE E I LORO EFFETTI

1. Lo statuto garantistico

Prima di passare alle singole restrizioni alle libertà individuali che possono essere irrogate all’esito di un processo di prevenzione personale, è bene tratteggiare brevemente le garanzie costituzionali e convenzionali che incorniciano le misure personali secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo.

1.1. La cornice costituzionale

Come si è avuto modo di segnalare ripercorrendo l’evoluzione del sistema preventivo1, con la sentenza n. 11 del 1956 la Corte costituzionale aveva accolto una nozione “lata” di libertà personale, tale da ricondurre le limitazioni derivanti dall’ammonizione nella cornice garantistica di cui all’art. 13 Cost.2. Proprio per questo motivo, il giudice delle leggi era

1 Cfr. supra, cap. I, sez. II, par. 1.1.

2 L’impostazione accolta dalla Corte costituzionale in sede preventiva è respinta da una parte della dottrina,

195

pervenuto a una «declaratoria di illegittimità […] piena ed assoluta»3 di quella misura, all’epoca disposta dall’autorità amministrativa. Così, sul finire dello stesso anno, il legislatore provvide a colmare il difetto di giurisdizionalità, disciplinando la nuova “sorveglianza speciale di pubblica sicurezza”, eventualmente accompagnata dal divieto di soggiorno o dall’obbligo di soggiorno.

Questa accezione “lata” di libertà personale ruota essenzialmente attorno al concetto di “degradazione giuridica”, con ciò intendendosi una «menomazione o mortificazione della dignità o del prestigio della persona, tale da potere essere equiparata a quell’assoggettamento all’altrui potere, in cui si concreta la violazione del principio dell’habeas corpus»4. Per il tramite di questo concetto, la Consulta qualifica quale limitazione della libertà personale anche l’imposizione di una serie di obblighi di fare e di non fare, tra i quali, ad esempio, quello di non uscire la mattina prima e di non rincasare la sera più tardi di una determinata ora5.

Seguendo questa impostazione – ribadita anche da una recentissima pronuncia6 – la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, ai sensi dell’art. 13 Cost., può essere disposta soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria (riserva di giurisdizione) e nei soli casi e

modi previsti dalla legge (riserva di legge).

ricostruzione del dibattito relativo alla disciplina delle misure di prevenzione cfr. l’ampia analisi di G. AMATO,

Commento all’art. 13 Cost., in Commentario della Costituzione, G. Branca (a cura di), Zanichelli, Bologna, 1977,

p. 30 ss.

Tra gli Autori secondo cui l’art. 13 Cost. accoglierebbe una nozione rigorosa di libertà personale, coincidente

con la libertà fisica, cfr., seppur con diversità di accenti, G. AMATO, Individuo e autorità…, cit., p. 28; L. ELIA,

Libertà personale e misure di prevenzione, cit., p. 29 ss.; U. DEL POZZO, Libertà personale dell’imputato, in Noviss.

Dig. It., IX, 1963, p. 860; A. PACE, Libertà personale (dir. cost.), in Enc. Dir., XXIV, 1974, p. 295; F. ZACCHÈ,

Criterio di necessità e misure cautelari personali, cit., p. 78 ss.

In senso contrario, altri Autori ritengono che anche strumenti coercitivi non corrispondenti a restrizioni fisiche comportino limitazioni della libertà personale ai sensi dell’art. 13 Cost. Per questa visione, che pare

in linea con quella costantemente proposta dalla Consulta in materia preventiva, cfr. A. CERRI, voce Libertà,

II) Libertà personale – dir. cost., in Enc. Giur., 1990, §2; G. CONSO, Giustizia penale e diritti dell’uomo, in Ind. Pen.,

1969, p. 9; G. GARUTI, voce Misure coercitive (dir. proc. pen.), cit., §1; E. MARZADURI, voce Misure cautelari

personali (princìpi generali e disciplina), cit., p. 63.

3 Cfr. G. CONSO, Il “nuovo” foglio di via obbligatorio, in Giur. it., 1957, II, c. 257.

4 Così Corte cost. 20 giugno 1964, n. 68, §2. In senso critico rispetto a tale nozione cfr. L. ELIA, Le misure di

prevenzione tra l’art. 13 e l’art. 25 della Costituzione, cit., p. 942 ss.

5 Oltre che in Corte cost., 3 luglio 1956, n. 11 e Corte cost., 30 giugno 1964, n. 68, tale nozione si rinviene

anche in Corte cost., 29 maggio 1995, n. 210 (sempre in tema di misure di prevenzione); Corte cost., 22 marzo 1962, n. 30 (in tema di rilievi segnaletici); Corte cost., sent. 24 novembre 1994, n. 419 (in tema di “soggiorno cautelare”).

196

Deve peraltro segnalarsi che spesso la Corte costituzionale è pervenuta ad affermare l’operatività del principio di legalità in questa materia seguendo anche un altro sentiero. In particolare, in diverse sentenze si è fatto richiamo all’art. 25, co. III, Cost., osservando che anche le misure di prevenzione, come le misure di sicurezza, trovano fondamento giustificativo nella pericolosità dell’individuo7.

Infine, oltre alla riserva di legge e alla riserva di giurisdizione, viene in rilievo un ulteriore, fondamentale, principio. Proprio di recente, la Corte costituzionale, nel delineare lo statuto garantistico delle misure di prevenzione personali, vi ha espressamente incluso la «necessaria proporzionalità della misura rispetto ai legittimi obiettivi di prevenzione dei reati»8; pur non essendo espressamente contemplata dall’art. 13 Cost., la proporzionalità rappresenta infatti un «requisito di sistema nell’ordinamento costituzionale italiano, in relazione a ogni atto dell’autorità suscettibile di incidere sui diritti fondamentali dell’individuo»9.

1.2. La cornice convenzionale

Differente appare invece lo statuto garantistico che viene in gioco se si guarda alle misure di prevenzione personali con la “lente” della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

Solo in un caso isolato la Corte EDU, trovandosi alle prese con la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, ha chiamato “in causa” quel diritto alla libertà che, riconosciuto dall’art. 5 Cedu, «si pone ai vertici della scala di valori consacrata nella Convenzione europea»10. Si tratta del noto caso Guzzardi c. Italia11, in cui i giudici europei avevano ritenuto che la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno rappresentasse, in quel caso concreto, una vera e propria misura privativa della libertà personale; come tale, l’avevano

7 Cfr., ad esempio, Corte cost., 4 marzo 1964, n. 23; Corte cost., 16 dicembre 1980, n. 177, su cui cfr. supra,

cap. I, sez. II, par. 5.1; Corte cost., 21 aprile 1983, n. 126; Corte cost., 24 novembre 1994, n. 419.

8 Cfr. Corte cost., 24 gennaio 2019, n. 24, §9.7.3 del “considerato in diritto”. Precedentemente cfr. Corte

cost., 1 ottobre 2003, n. 309, §2.2.

9 Per questa e per le precedenti citazioni cfr. Corte cost., 24 gennaio 2019, n. 24, §9.7.3 (corsivo aggiunto).

10 Così O. MAZZA, La libertà personale nella costituzione europea, in Profili del processo penale nella Costituzione

europea, M. G. Coppetta (a cura di), Giappichelli, Torino, 2015, p. 47.

11 Corte EDU, plen., 6 novembre 1980, Guzzardi c. Italia. Anche con la sentenza del 22 febbraio 1989, Ciulla

c. Italia, la Corte EDU ha chiamato in causa l’art. 5 CEDU. In quel caso, però, nel mirino dei giudici finì

non la misura di prevenzione in sé, bensì la possibilità, all’epoca contemplata dall’art. 6 della legge Tambroni del 1956 (cfr. supra, cap. I, sez. II, par. 2.2), di disporre la “custodia preventiva” del proposto fino a che non fosse divenuta esecutiva la misura dell’obbligo di soggiorno.

197

ritenuta illegittima, dal momento che la finalità preventiva perseguita dalle misure di prevenzione non può essere sussunta sotto alcuna delle ipotesi che, ai sensi dell’art. 5 CEDU, ammettono privazioni della libertà12. I giudici di Strasburgo erano pervenuti a questa conclusione prendendo in considerazione le modalità di attuazione della misura in quello specifico caso, che vedeva il “sorvegliato” obbligato a risiedere in una piccola parte dell’isola dell’Asinara (il cui territorio, peraltro, era in gran parte occupato da una prigione), in condizioni abitative precarie e con scarsissimi contatti sociali13.

A parte questo specifico caso, la Corte europea – in numerose occasioni – ha sempre ritenuto che le limitazioni derivanti dall’applicazione delle misure di prevenzione personali

non siano tali da sfociare in una privazione della libertà personale, interferendo, al contrario,

solo con la libertà di circolazione14. Libertà che, per quanto viene qui in rilievo, ai sensi dell’art. 2, Prot. n. 4 CEDU può essere limitata anche per ragioni di pubblica sicurezza, di mantenimento dell’ordine pubblico e di «prevenzione delle infrazioni penali».

È dunque nel tessuto dell’art. 2, Prot. n. 4, CEDU che possono essere rintracciate le garanzie con cui si deve confrontare la disciplina delle misure di prevenzione personali.

In particolare, tale disposizione richiede, da un lato, che la restrizione trovi fondamento in una base legale dotata dei requisiti di “accessibilità”15 e di “prevedibilità”16; dall’altro, che essa sia adottata secondo il criterio di necessarietà.

12 Tra i casi che, ai sensi dell’art. 5 CEDU, consentono di disporre una misura privativa della libertà personale,

figura anche l’ipotesi in cui «vi sono fondati motivi di ritenere che sia necessario impedir[e]» a un soggetto «di commettere un reato» (art. 5, §1, lett. c, CEDU). Tuttavia, secondo la giurisprudenza convenzionale, tale disposizione non può essere invocata quale “copertura” delle misure c.d. ante delictum disciplinate dal nostro ordinamento. Sul punto cfr., tra le molte pronunce, Corte EDU, plen., 22 febbraio 1989, Ciulla c. Italia, §38, ove si chiarisce come la clausola di cui alla lett. c) dell’art. 5 si riferisca unicamente alle ipotesi in cui la privazione sia disposta in connessione con un procedimento penale in corso. Facendo riferimento alle «categorie

italiane», l’art. 5, §1, lett. c), CEDU, consente, insomma, solo misure cautelari, cfr. F. VIGANÒ, Commento sub

art. 2 Prot. n. 4, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, G. Ubertis – F. Viganò (a cura di), Giappichelli, Torino,

2016, p. 355.

13 Corte EDU, plen., 6 novembre 1980, Guzzardi c. Italia, §95.

14 Tale orientamento, inaugurato dalla sentenza Corte EDU, 22 febbraio 1994, Raimondo c. Italia, §39, può

dirsi un vero e proprio “diritto consolidato”. Cfr., ad esempio, Corte EDU, Sez. III, 1 luglio 2004, Vito Sante

Santoro c. Italia, §37; Corte EDU, Sez. II, 20 aprile 2010, Villa c. Italia, §§41-43; Corte EDU, Sez. II, 8 ottobre

2013, Monno c. Italia, §21-23. In questo senso, da ultimo, si è espressa anche la Grande Camera con la sentenza de Tommaso c. Italia, di cui si è già parlato supra, sez. I, par. 1.2.

15 A partire dal leading case Corte EDU, plen., 26 aprile 1979, Sunday Times c. Regno Unito, §49, i giudici di

Strasburgo hanno ripetutamente affermato che tale requisito esige che il cittadino sia posto nelle condizioni di sapere, in maniera sufficientemente adeguate alle circostanze del caso concreto, quali siano le norme applicabili al caso di specie.

16 Secondo questo requisito, l’individuo deve essere in grado, eventualmente attraverso una consulenza, «di

198

Quest’ultimo requisito, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, richiede a sua volta che la limitazione risponda a un «pressante bisogno sociale» e, in secondo luogo, che sia «proporzionata rispetto alla finalità legittima perseguita»17. Peraltro, come precisato dai giudici di Strasburgo, la verifica della proporzionalità della singola restrizione deve essere effettuata avendo riguardo non solo al momento della sua applicazione, bensì all’intero arco temporale in cui essa dispiega i suoi effetti, e ciò vale, a maggior ragione, nella nostra materia, essendo la pericolosità uno status soggettivo suscettibile di mutare nel tempo18.

Nella cornice convenzionale non compare, invece, la riserva di giurisdizione e ciò ha recentemente portato la Corte costituzionale ad affermare che «gli esiti cui è approdata la giurisprudenza costituzionale italiana, […] finiscono […] per attribuire un livello di tutela ai diritti fondamentali dei destinatari della misura della sorveglianza speciale, con o senza obbligo o divieto di soggiorno, che è superiore a quello assicurato in sede europea»19.

1.3. Il principio di proporzionalità

Come si è accennato nei paragrafi precedenti, sia al metro dell’art. 13 Cost., sia al metro dell’art. 2, Prot. n. 4 CEDU, la disciplina delle misure di prevenzione personali deve essere illuminata dal principio di proporzionalità.

Tuttavia, si può dire che, in questa materia, il principio di proporzionalità abbia finora rappresentato un terreno piuttosto inesplorato. Eppure, una sua valorizzazione potrebbe avere, ad avviso di chi scrive, effetti dirompenti sull’attuale disciplina delle misure di prevenzione personali.

In questa sede conviene allora soffermarsi brevemente sui caratteri del principio di proporzionalità. Tale analisi consentirà di svolgere alcune considerazioni nel capitolo

conseguenze che possono derivare dal compimento di una determinata azione, cfr. Corte EDU, plen., 26 aprile 1979, Sunday Times c. Regno Unito, §49.

17 Cfr. Corte EDU, plen., 24 marzo 1988, Olsson c. Svezia, §67; Corte EDU, plen., 26 aprile 1979, Sunday

Times c. Regno Unito, §59.

In relazione alle misure di prevenzione personali italiane, sul necessario rispetto del principio di proporzionalità cfr., in particolare, Corte EDU, Grande Camera, sent. 6 aprile 2000, Labita c. Italia, §196; si

sofferma sul punto A. ESPOSITO, La sentenza Labita era inevitabile? Riflessioni sulla titolarità delle garanzie dei

diritti dell’uomo, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2001, I, p. 226 ss., §5.4.

18 Questi principi sono stati affermati da Corte EDU, Sez. II, 20 aprile 2010, Villa c. Italia, §§42-48, in

relazione alla libertà vigilata, che, come si vedrà infra, sez. IV, par. 2, presenta plurime somiglianze con la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

199

conclusivo di questo lavoro20, quando, avendo già illustrato il contenuto delle misure di prevenzione personali, si avranno gli strumenti – oltre che lo spazio – per proporre alcuni spunti di riflessione in un’ottica de jure condendo.

1.3.1. Fondamento e portata del principio di proporzionalità

Il principio di proporzionalità è un «principio di teoria generale» che, incarnando «un criterio elementare ed universale di giustizia», «trova applicazione in quasi tutti i campi del diritto, dal diritto privato al diritto penale, dal diritto del lavoro a quello fallimentare, dal diritto tributario a quello internazionale»21.

In un’accezione ampia e generale, tale principio «implica che ogni misura adottata debba essere […] in grado di perseguire il fine prefissato, recando il minor sacrificio possibile a coloro che ne subiscono gli effetti»22.

Per spiegare la portata del principio, nella manualistica centroeuropea viene spesso proposto quello spiritoso esempio, coniato agli inizi del Novecento, secondo cui la polizia non deve sparare ai passeri con i cannoni23. Tale efficace metafora sta appunto a significare «che le limitazioni alla libertà individuale non debbono mai superare la misura di quanto appaia assolutamente necessario al raggiungimento dell’obiettivo di pubblico interesse perseguito dall’autorità»24.

Il principio di proporzionalità – la cui origine viene fatta risalire all’elaborazione della giurisprudenza amministrativa prussiana di fine Ottocento25 – rappresenta oggi «un tratto fondamentale del neo-costituzionalismo contemporaneo»26 e trova accoglienza sia nel

20 Cfr. infra, cap. IV, par. 2.

21 Per questa e le precedenti citazioni cfr. A. SANDULLI, voce Proporzionalità, in Dizionario di diritto pubblico, S.

Cassese (diretto da), V, Giuffrè, Milano, 2006, p. 4643. Cfr. anche V. MANES, Principio di proporzionalità. Scelte

sanzionatorie e sindacato di legittimità, in Il libro dell’anno del diritto Treccani, 2013 (web), §1.

22 Cfr. A. SANDULLI, voce Proporzionalità, cit., p. 4643.

23 L’adagio è stato formulato da F. FLEINER, Institutionen des Deutschen Verwaltungsrechts, Tübingen, 1912, p.

354, citato da F. ZACCHÈ, Criterio di necessità e misure cautelari personali, cit., p. 47, nota 26, il quale offre una

articolata e completa ricostruzione delle origini e della portata del principio di proporzionalità.

24 Così D. U. GALETTA, voce Principio di proporzionalità [dir. amm.], in Enc. Giur. Treccani, 2012 (web), §2.

25 Sulle origini del principio di proporzionalità cfr. F. ZACCHÈ, Criterio di necessità e misure cautelari personali,

cit., p. 46 ss.; D. U. GALETTA, voce Principio di proporzionalità [dir. amm.], cit., §2.

26 Cfr. M. CARTABIA, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana,

intervento alla “Conferenza trilaterale delle Corte costituzionali italiana, portoghese e spagnola”, Roma, Palazzo della Consulta, 24-26 ottobre 2013, reperibile sul sito web della Corte costituzionale.

200

diritto dell’Unione europea, sia nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia nella nostra Costituzione.

Per quanto concerne il diritto eurounitario, ai nostri fini è utile richiamare l’art. 52, §1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ove si afferma che «eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali» riconosciuti dalla Carta, oltre a dover rispondere «a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui», devono altresì rispettare il «principio di proporzionalità» e risultare «necessarie».

Nell’ambito del diritto convenzionale, la proporzionalità, «grazie alla elaborazione operata […] dalla Corte di Strasburgo […], è divenuta, con il tempo, parametro di riferimento per la verifica della tutela effettiva di tutti i diritti fondamentali previsti dalla Convenzione»27. Per quanto concerne la libertà di circolazione, il criterio di proporzionalità, come si è già visto28, è desumibile dall’art. 2, Prot. n. 4 CEDU.

Infine, per quanto riguarda il nostro ordinamento, il principio di proporzionalità trova riconoscimento fra «i principi costituzionali a valenza generale, irradiando la sua efficacia nei diversi ambiti dell’ordinamento in cui l’autorità pubblica interferisca con le prerogative inviolabili dell’individuo»29. Spesso il giudice delle leggi invoca la proporzionalità quale sinonimo del principio di ragionevolezza, mentre in alcune occasioni si è precisato che «il principio di proporzionalità “rappresenta una diretta espressione del generale canone di ragionevolezza”»30. Ad ogni modo, per quanto qui rileva, nei giudizi di legittimità costituzionale «il principio di proporzionalità viene in rilievo quando occorre bilanciare diritti fra loro confliggenti»31.

1.3.2. Segue: gli «elementi costitutivi» della proporzionalità in senso lato. Idoneità, necessità e proporzionalità in senso stretto

27 Così M. CAIANIELLO, Il principio di proporzionalità nel procedimento penale, in Dir. Pen. Cont. – Riv. Trim., 2014,

III-IV, p. 149.

28 Cfr. supra, par. 1.2.

29 Così E. ANDOLINA, L’ammissibilità degli strumenti di captazione dei dati personali tra standard di tutela della

privacy e onde eversive, in Arch. Pen., 2015, III, p. 931. Cfr. anche M. CAIANIELLO, Il principio di proporzionalità

nel procedimento penale, cit., p. 148; F. ZACCHÈ, Criterio di necessità e misure cautelari personali, cit., p. 59.

30 Sul punto cfr. M. CARTABIA, Ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana, in Il

costituzionalista riluttante. Scritti per Gustavo Zagrebelsky, A. Giorgis – E. Grosso – J. Luther (a cura di), Einaudi

Torino, 2016, p. 468, la quale richiama Corte cost., 29 maggio 1995, n. 220.