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Le principali modifiche al “codice antimafia”

DALLA COSTITUZIONE A OGGI

9. Le principali modifiche al “codice antimafia”

L’emanazione del codice antimafia non ha rappresentato l’ultimo degli interventi legislativi in materia di misure di prevenzione.

Per quanto concerne specificamente il processo di prevenzione personale, alcune modifiche sono state introdotte con il d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge del 17 aprile 2015, n. 43. Sull’onda degli attentati di Parigi del 7 gennaio 2015, con questo provvedimento il legislatore intendeva «potenziare […] i meccanismi di contrasto al terrorismo internazionale»283.

Limitando lo sguardo alle modifiche apportate al codice antimafia, si può dire che la nuova strategia preventiva si è mossa lungo due direttrici: l’estensione delle categorie di soggetti destinatari delle misure di prevenzione, da un lato, e la previsione di misure provvisorie dirette a impedire al potenziale foreign fighter di raggiungere un territorio estero terreno di conflitti, dall’altro.

Quanto al primo profilo, si deve segnalare che già all’indomani dell’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri gemelle, e in particolare con il d.l. 18 ottobre 2001, n. 374, le misure di prevenzione personali erano state estese, attraverso una modifica dell’art. 18, co. 1, n. 2 della c.d. Legge Reale, a coloro che, in gruppo o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, «diretti alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale», fattispecie poi confluita nell’art. 4, co. 1, lett. d), del codice antimafia. Con l’intervento del 2015 si è voluto includere tra i soggetti passivi della prevenzione anche i potenziali foreign fighters, al fine di allargare la «sfera di protezione verso nuove forme di espressione della pericolosità sociale»284. Così, da quel momento la

della causa in aula, dalle regole processuali che più specificamente governano la celebrazione del dibattimento. Deve escludersi, pertanto, che l’affermazione del principio di pubblicità dell’udienza di prevenzione involga di per sé, e necessariamente, un mutamento del rito». Precedentemente, in termini analoghi, Cass. pen., Sez. I, 6 giugno 2012, n. 40254.

283 Cfr. F. VIGANÒ, Minaccia dei “lupi solitari” e risposta dell’ordinamento: alla ricerca di un delicato equilibrio tra

diritto penale, misure di prevenzione e tutela dei diritti fondamentali della persona, in R. KOSTORIS –F.VIGANÒ (a cura di), Il nuovo “pacchetto” antiterrorismo, Giappichelli, Torino, 2015, p. IX.

284 Così M. F. CORTESI, Il decreto antiterrorismo – I riflessi sul sistema processuale, penitenziario e di prevenzione, in

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categoria dei potenziali destinatari delle misure di prevenzione del terrorismo ricomprende anche «coloro che, operanti in gruppo o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti […] a prendere parte ad un conflitto estero a sostegno di un’organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all’art. 270-sexies del codice penale»285. Si tratta di una fattispecie che presenta delle peculiarità di indubbio interesse, sulle quali ci si soffermerà nel corso del secondo capitolo286.

Quanto al secondo profilo, si deve segnalare che, coerentemente con la scelta di includere il potenziale foreign fighter tra i soggetti destinatari delle misure di prevenzione, il d.l. 7/2015 ha attribuito al questore – nei casi di necessità e urgenza – il potere di disporre temporaneamente il ritiro del passaporto e la sospensione di validità di ogni altro documento equipollente ai fini dell’espatrio nei confronti dei soggetti rientranti nella categoria di cui all’art. 4, co. 1, lett. d), cod. ant.287. Si tratta di una novella diretta a «impedire a chi (italiano o straniero) sia sospettato di simpatie per la causa fondamentalistica di uscire dal territorio nazionale, con lo scopo di andare a combattere a fianco delle milizie islamiste»288.

Ma l’intervento legislativo di più ampio respiro degli ultimi anni, specie in relazione ai profili processuali della materia, lo si è senz’altro avuto con la l. 17 ottobre 2017, n. 161, su cui è bene soffermarsi brevemente289.

9.1. Le novità introdotte con la legge n. 161/2017

La legge che ci si accinge a esaminare è intervenuta su molteplici profili del sistema preventivo: sulle categorie di soggetti “passivi”; sulla disciplina delle misure personali e patrimoniali; sul processo.

Non è necessario, in questa sede, ripercorrere analiticamente tutte le novità: trattandosi di norme in vigore, si avrà modo di esaminarle nei successivi due capitoli, quando saranno illustrati i profili “statici” e “dinamici” del processo di prevenzione personale.

285 Cfr. art. 4, co. 1, lett. a), d.l. n. 7/2015.

286 Cfr. infra, cap. II, sez. I, par. 3.4.2.

287 Si veda il co. 2-bis dell’art. 9 cod. ant., introdotto dall’art. 4, co. 1, lett. b), del d.l. 7/2015.

288 Così F. VIGANÒ, Minaccia dei ‘lupi solitari’ e risposta dell’ordinamento: alla ricerca di un delicato equilibrio tra

diritto penale, misure di prevenzione e tutela dei diritti fondamentali della persona, cit., p. XI.

289 Per un’efficace panoramica delle modifiche introdotte cfr. S. FINOCCHIARO, La riforma del codice antimafia

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È però opportuno segnalare quelle modifiche che – più di altre – si collocano a nostro avviso in perfetta continuità con la storia delle misure di prevenzione. Una storia fatta, da un lato, da una progressiva espansione e dal tendenziale inasprimento del sistema preventivo290, cui, dall’altro, e salvo la parentesi fascista, è corrisposta una progressiva “giurisdizionalizzazione” – per usare un termine molto frequente in letteratura – del processo di prevenzione. Insomma: giunti alla più significativa fra le ultime tessere di quel complesso – spesso confuso – mosaico che è la storia di questi istituti, è possibile rilevare, ancora una volta, che l’innalzamento delle garanzie processuali non è giunto da solo, ma in ricca compagnia. Ancora una volta, a esse è stato conferito il duro compito di far apparire “sostenibile” il sempre più ampio ricorso alle misure c.d. ante delictum.

9.1.1. Le nuove categorie di soggetti destinatari e una modifica alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Si continua sulla via della sovrapposizione tra processo di prevenzione e processo penale

Anzitutto, la novella de qua ha comportato un significativo ampliamento della platea dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione personali, “arricchendo” tre delle otto lettere in cui si articolava l’art. 4 d.lgs. 159/2011 e introducendo due nuove lettere a chiusura della medesima disposizione291.

Ancora una volta il legislatore ha riproposto, con una certa disinvoltura, il paradigma che colpisce i soggetti “indiziati” di aver posto in essere determinate condotte penalmente rilevanti, coniato – più di sessant’anni prima – per contrastare la mafia quando il codice penale non si era ancora attrezzato per combatterla efficacemente.

In particolare, da questo momento le misure di prevenzione personali divengono applicabili anche: a) ai soggetti indiziati del delitto di “assistenza agli associati” (art. 418 c.p.)292; b) ai soggetti indiziati di un delitto consumato o tentato con finalità di terrorismo (art. 51, co. 3-quater, c.p.p.)293; c) ai soggetti indiziati del delitto di “truffa aggravata per il

290 Da ultimo, rileva l’inasprimento del sistema preventivo provocato dalla legge in esame A. BARGI, Le insidiose

oscillazioni della recente legislazione populista tra tutela della “sicurezza” e garanzia dei diritti fondamentali, in Arch. Pen., 2019 (web), III, p. 4.

291 Per un esame delle nuove categorie soggettive cfr., ad esempio, M. FINESCHI, Le modifiche al codice delle leggi

antimafia e delle misure di prevenzione [l. 161 del 2017], Parte I, I soggetti destinatari, in AA.VV., Dai decreti attuativi

della legge “Orlando” alle novelle di fine legislatura, A. Giarda – F. Giunta – G. Varraso (a cura di), Cedam, 2018,

p. 299 ss.

292 Cfr. art. 4, co. 1, lett. b), d.lgs. 159/2011, come modificato dall’art. 1, co. 1, lett. a), l. 161/2017.

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conseguimento di erogazioni pubbliche” (art. 640-bis c.p.)294; d) ai soggetti indiziati del delitto di “associazione per delinquere” (art. 416 c.p.) finalizzata alla commissione di numerosi reati contro la pubblica amministrazione295; e) ai soggetti indiziati del delitto di “atti persecutori” (art. 612-bis c.p.)296.

Con la riforma, si moltiplicano – e non sono più confinate solo al mondo della criminalità organizzata – le ipotesi in cui processo penale e processo di prevenzione condividono il medesimo thema probandum, differenziandosi unicamente per lo standard probatorio richiesto nelle due diverse sedi.

Inoltre, diventano destinatari delle misure di prevenzione anche coloro che pongano in essere “atti esecutivi” — e non più dunque soltanto atti preparatori obiettivamente rilevanti — diretti: a) a sovvertire l’ordinamento dello Stato con la commissione dei reati specificamente indicati; b) alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale; c) a prendere parte a un conflitto in territorio estero a sostegno di un’organizzazione che persegua le finalità terroristiche di cui all’art. 270-sexies c.p.297; d) alla ricostituzione del partito fascista298.

Anche con queste modifiche il legislatore ha finito per provocare un visibile avvicinamento tra fattispecie preventive e corrispondenti fattispecie penali. Se – come si è messo in luce supra299 – il paradigma che segue il modello degli “atti preparatori”, al momento della sua nascita con la legge Reale, era parso alla Consulta in grado di consentire al sistema preventivo di ritagliarsi un proprio autonomo ambito di applicazione, gli “atti esecutivi”, per contro, non sembrano riuscire a inserirsi in questo spazio autonomo, dando inevitabilmente vita a sovrapposizioni con le forme “tentate” delle diverse fattispecie incriminatrici300. Anche qui, dunque, la fattispecie preventiva sembra destinata a distinguersi da quella penale solo per il minore standard probatorio richiesto.

L’intervento del 2017 ha poi altresì provocato un inasprimento della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

294 Cfr. art. 4, co. 1, lett. i-bis), d.lgs. 159/2011, introdotto dall’art. 1, co. 1, lett. d), l. 161/2017.

295 Cfr. art. 4, co. 1, lett. i-bis), d.lgs. 159/2011, introdotto dall’art. 1, co. 1, lett. d), l. 161/2017.

296 Cfr. art. 4, co. 1, lett. i-ter), d.lgs. 159/2011, introdotto dall’art. 1, co. 1, lett. d), l. 161/2017.

297 Per questa e per le due lettere precedenti cfr. art. 4, co. 1, lett. d), d.lgs. 159/2011, come modificato dall’art.

1, co. 1, lett. b), l. 161/2017.

298 Cfr. art. 4, co. 1, lett. f), d.lgs. 159/2011, come modificato dall’art. 1, co. 1, lett. c), l. 161/2017.

299 Cfr. supra, par. 3.2.1.

300 Con la nota sentenza n. 177 del 1980, su cui più volte ci si è soffermati, la Corte costituzionale aveva

infatti affermato, sub §8, che «“atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un delitto” possono essere esclusivamente atti esecutivi…».

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In particolare, mentre prima era possibile disporre il divieto di soggiorno in uno o più comuni (diversi da quelli di residenza o di dimora abituale) o in una o più province, da questo momento tale divieto può riguardare uno o più comuni o una o più regioni301. Aumenta, quindi, la gravità della restrizione che il “proposto” può subire alla propria libertà di movimento302.

9.1.2. Le novità processuali. Alcuni passi in avanti nell’abbandono di paradigmi “esecutivi”

Venendo alle novità di carattere processuale303, si deve anzitutto segnalare che il legislatore del 2017 ha mutato la competenza territoriale del giudice: mentre ai sensi del “vecchio” art. 5, co. 4, cod. ant. la proposta di applicazione di una misura di prevenzione doveva essere presentata al presidente del Tribunale del capoluogo della provincia in cui la persona dimorava, la nuova formulazione di questa disposizione prevede che la stessa debba essere depositata presso la cancelleria delle apposite sezioni o degli appositi collegi del tribunale del capoluogo del distretto nel quale il “proposto” dimora304.

Oltre a ciò, come si è anticipato, il provvedimento legislativo in esame non ha mancato di introdurre nuove garanzie nel processo di prevenzione.

Un significativo passo in avanti lo si è avuto sul versante della partecipazione dell’interessato. Come si è già detto305, il “codice antimafia” aveva previsto che il soggetto detenuto o internato in luogo posto al di fuori della circoscrizione del giudice, ove ne facesse richiesta, dovesse essere sentito – prima del giorno dell’udienza – dal magistrato di sorveglianza del luogo, e che solo in presenza della disponibilità di strumenti tecnici idonei il presidente del collegio avrebbe potuto disporne l’audizione mediante collegamento audiovisivo. Con la novella del 2017, invece, laddove il soggetto interessato sia detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, la sua partecipazione all’udienza a distanza mediante collegamento audiovisivo diviene la regola, prevedendosi che, in caso di indisponibilità di mezzi tecnici idonei, il presidente debba disporne la

301 Cfr. art. 6, co. 2, d.lgs. 159/2011, come modificato dall’art. 2, co. 2, l. 161/2017.

302 Cfr. D. GUIDI, Le modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione [l. 161 del 2017], Parte II,

Sorveglianza speciale, in AA.VV., Dai decreti attuativi della legge “Orlando” alle novelle di fine legislatura, cit., p. 317.

303 Per una ricostruzione del processo di prevenzione alla luce delle novità del 2017 cfr. F. VERGINE, Le

modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione [l. 161 del 2017], Parte X, Le novità nei profili processuali, in AA.VV., Dai decreti attuativi della legge “Orlando” alle novelle di fine legislatura, cit., p. 398 ss.

304 Cfr. art. 5, co. 4, d.lgs. 159/2011, come modificato dall’art. 2, co. 1, lett. b), l. 161/2017.

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traduzione. Al giudice, inoltre, si è consentito di disporre la traduzione dell’interessato anche in presenza della disponibilità di strumenti tecnici idonei, ove ritenga necessaria la presenza

della parte306.

Degna di particolare attenzione è poi l’introduzione di un nuovo co. 4-bis all’art. 7 cod. ant., ai sensi del quale, dopo l’accertamento della regolare costituzione delle parti, il tribunale ammette le prove rilevanti, escludendo quelle vietate dalla legge o superflue. Questa disposizione racchiude probabilmente uno dei maggiori sforzi con cui si è tentato di fare i conti con le “radici avvelenate” del processo di prevenzione, nato, come si è messo più volte in luce, con la struttura tipica dei procedimenti post rem iudicatam, nei quali il diritto alla prova – seppur comunque immanente307 – non ha la medesima centralità che possiede nel processo di cognizione.

Sempre in un’ottica di maggiore tutela del diritto di difesa, è stato previsto che il giudice debba procedere al rinvio dell’udienza anche quando sussista un legittimo impedimento del difensore, e non più soltanto del soggetto interessato che abbia chiesto di essere sentito personalmente308.

Al difensore, e non più soltanto all’interessato, è stata inoltre riconosciuta la facoltà di proporre ricorso alla corte d’appello e ricorso per cassazione309.

Ancora, per quanto qui interessa, deve segnalarsi che è venuta meno una delle disposizioni che più “stonava” con l’odierna cultura processuale, e cioè quella parte del comma 6 dell’art. 7 d.lgs. 159/2011 che consentiva al presidente del tribunale di «ordinare l’accompagnamento a mezzo della forza pubblica» del soggetto interessato, laddove questi non fosse intervenuto e occorresse la sua presenza per procedere all’interrogatorio. A seguito della recente modifica, il presidente può solo invitare l’interessato a comparire, «avvisandolo che avrà la facoltà di non rispondere»310 . Il legislatore ha in questo modo prestato ascolto alle aspre critiche dottrinali che erano state mosse nei confronti di una norma che, anziché riconoscere «lo ius tacendi», si ispirava alla logica per cui «suspectus loqui

306 Cfr. art. 7, co. 4, d.lgs. 159/2011, come modificato dall’art. 2, co. 3, lett. b), l. 161/2017.

307 Cfr. G. DEAN, L’esecuzione penale, cit., p. 876.

308 Cfr. art. 7, co. 5, d.lgs. 159/2011, come modificato dall’art. 2, co. 3, lett. c), l. 161/2017.

Segnalava da tempo la necessità di pervenire a questa soluzione in via interpretativa, in ragione delle peculiarità che differenziano il procedimento di prevenzione dagli altri procedimenti in camera di consiglio,

P. V. MOLINARI, Misure di prevenzione, giusto processo, diritto di difesa ed impedimento del difensore, in Cass. pen.,

2001, IX, p. 2485 ss.

309 Cfr. art. 10, co. 1 e co. 3, d.lgs. 159/2011, come modificato dall’art. 3, co. 1, lett. a) e lett. d), l. 161/2017.

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debet»311, e che era stata riproposta nel “codice antimafia” a dispetto di quelle voci che, a

seguito dell’entrata in vigore del codice Pisapia-Vassalli, ne avevano sostenuto l’avvenuta abrogazione, per incompatibilità con il nuovo sistema processuale312.

Da questo rapido excursus emerge come, con la recente riforma, il legislatore abbia inteso porre rimedio alle più evidenti “inadeguatezze” del processo di prevenzione, retaggio di provvedimenti legislativi ormai risalenti nel tempo. Del resto, come si è visto, con il recente “codice antimafia” era stato effettuato – soprattutto dal punto di vista processuale – poco più che un riordino della disciplina previgente.

In conclusione, non può negarsi che gli interventi messi in luce in questo paragrafo – a nostro avviso i più significativi della riforma – abbiano determinato un apprezzabile innalzamento delle garanzie difensive.

10. Breve riepilogo: dal procedimento “senza fatto” al processo “senza accertamento