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1. La tutela europea della vittima: le fonti che valorizzano la figura

1.4 Le fonti comunitarie a carattere particolare

A seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona129 sono

state emanate numerose direttive comunitarie volte al ravvicinamento sostanziale delle legislazioni penali degli Stati membri.

Uno dei provvedimenti più importanti, meritevole di analisi, è la direttiva 2011/36/UE del 5 aprile 2011 in tema di lotta alla tratta degli esseri umani, sostitutiva della decisione quadro 2002/629/GAI.

Si tratta di un testo che si è spinto oltre la sola prevenzione e re- pressione della tratta di esseri umani, volendo garantire una protezione

128 AA.VV.M.BARGIS EH.BELLUTA (a cura di), Op. cit., p. 49.

129 Ricordiamo che il Trattato di Lisbona, noto anche come Trattato di riforma, è il trattato internazionale, firmato il 13 dicembre 2007, che ha apportato numerose modifiche al Trattato sull’Unione Europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea.

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amministrativa, processuale e risarcitoria alle vittime del reato in que- stione, con misure ad hoc per quelle particolarmente vulnerabili e mi- sure di prevenzione a favore di quelle potenziali. 130

La tratta degli esseri umani è considerata uno dei reati più gravi a livello mondiale e costituisce una grave violazione dei diritti umani. Il provvedimento in esame si prefigge lo scopo di agire nel campo in una prospettiva sia di tutela ex-ante, sia di tutela ex-post.

Per quanto riguarda la fase preventiva, la decisione quadro im- pone agli Stati membri l’obbligo di incriminare una serie di condotte con cui si trae profitto dalla condizione di vulnerabilità psicofisica del- le persone, sottolineando che non è rilevante il consenso eventuale della vittima in caso di uno dei comportamenti che secondo il docu- mento in merito possono esser qualificati sfruttamento.

Si precisa inoltre che per chiunque ponga in essere questo tipo di grave illecito penale debbano essere inflitte sanzioni penali “effettive, proporzionate e dissuasive”, nello specifico non inferiori a otto anni di reclusione qualora il reato abbia messo in pericolo la vita della vitti- ma, se particolarmente vulnerabile, oppure se il fatto criminoso sia stato compiuto con violenza grave o abbia recato un danno partico- larmente grave alla vittima. 131

Quanto alla tutela ex-post, sono disposte misure soprattutto a ca- rattere processuale: le indagini o l’esercizio dell’azione penale in que- sti casi vengono svincolate da una denuncia o un’accusa formale delle persone offese e, per le vittime minori, viene imposta l’adozione di

130 Ivi. p. 96.

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cautele durante il processo e un adeguato supporto nei confronti dei loro nuclei familiari. 132

Proseguendo l’analisi dei testi a carattere particolare, degna di nota risulta essere anche la decisione quadro 2002/475/GAI del 13 giugno 2002, in seguito modificata dalla decisione quadro 2008/919/GAI del 28 novembre 2008 in tema di lotta contro il terrori- smo. L’atto comunitario mira alla prevenzione di reati terroristici con- figurando fattispecie incriminatrici in cui le caratteristiche personolo- giche delle potenziali vittime e la necessità di garantire la sicurezza collettiva stanno alla base di una risposta punitiva molto severa.

Inoltre, anche in tale sede, per quanto riguarda la tutela ex- post, non viene imposta una denuncia per lo svolgimento delle indagini o l’esercizio dell’azione penale. 133

Passiamo poi alla direttiva 2011/93/UE del 13 dicembre 2011 in merito alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, sostitutiva della decisione quadro 2004/68/GAI del 22 dicembre 2003.

L’atto precedente rappresentava, per l’Unione, solo un primo timido passo avanti per la lotta all’abuso e sfruttamento sessuale dei minori e prevedeva un livello minimo di armonizzazione dei sistemi nazionali, stabilendo criteri comuni in materia di criminalizzazione, sanzioni, circostanze aggravanti e assistenza alle vittime. Tuttavia tale normativa non venne qualificata come completa agli occhi del legisla- tore : prevedeva solo un tentativo di accordo degli ordinamenti interni in riferimento a un numero limitato di reati, non tenendo in considera- zione le nuove forme di sfruttamento sessuale commesse attraverso le tecnologie dell’informazione, non rimuovendo ostacoli per il compi-

132 Ivi, p. 111. 133 Ivi. p. 110.

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mento di reati fuori dal territorio dello Stato, ma soprattutto non pre- figgendosi di soddisfare tutte le esigenze delle vittime attraverso mi- sure idonee a tale scopo. 134

La nuova normativa prevede invece regole ad hoc per la tutela delle vittime minori (dunque vulnerabili), prescrivendo all’art. 19 una protezione specifica a seguito di una valutazione individuale della par- ticolare situazione di ciascuna di esse e tenendo conto del loro parere, delle loro esigenze e dei loro timori.

Degno di nota è l’articolo 20, il quale si prefigge di garantire una speciale assistenza e consulenza legale per le vittime minori dei reati in esame, imponendo agli Stati membri di adottare le misure ne- cessarie per assicurare, sia durante lo svolgimento delle indagini sia all’interno del procedimento penale, che le autorità giudiziarie compe- tenti, secondo il ruolo delle vittime nel pertinente sistema giudiziario, nominino un rappresentante per l’offeso minorenne, nelle ipotesi in cui coloro che hanno potestà genitoriale non siano in grado di rappre- sentarlo a causa del conflitto di interesse con la vittima ovvero nei casi in cui il minore non sia accompagnato o sia separato dalla famiglia. 135

Per quanto riguarda la dimensione preventiva, il testo comunita- rio, rispetto alla normativa precedente, prevede una serie di condotte che devono essere incriminate dagli Stati membri, in quanto reati lega- ti allo sfruttamento sessuale del minore e alla pornografia minorile, tra cui merita di essere ricordato in particolare modo l’adescamento di minori tramite internet, il c.d. “grooming”, punto di partenza spesso per la commissione dei fatti criminosi suddetti a danno delle vittime minorenni. Si prescrive in tali ipotesi una pena privativa della libertà personale della durata massima compresa tra uno e tre anni, aumentati

134 A.VERRI, Contenuto ed effetti (attuali e futuri) della Direttiva 2011/93/UE, in rivista Dir. Pen. Contemporaneo.

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tra cinque e dieci qualora siano presenti specifiche condizioni, come ad esempio, la debolezza del soggetto vittima.

Inoltre, sempre in un’ottica di prevenzione, si prevede che gli Stati membri debbano attuare, anche attraverso internet, azioni volte a diminuire il rischio che i minorenni siano vittima di reati di abuso e sfruttamento sessuale, quali, ad esempio, campagne di informazione e sensibilizzazione o programmi di ricerca e istruzione. Al riguardo si prescrive poi che i Paesi membri predispongano misure adeguate alla rimozione e al blocco di accesso a pagine web presenti all’interno del territorio nazionale, che contengono o diffondono materiale di questo genere o che si adoperino per ottenere la rimozione di tali documenti, qualora siano ubicati fuori dal Paese.

Oltre alle fonti a carattere particolare, che perseguono l’obiettivo di armonizzare gli ordinamenti interni degli Stati membri, è presente una seconda categoria di atti comunitari volta all’attuazione del prin- cipio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali.

All’interno di questo gruppo degna di essere ricordata è, senza dubbio, la direttiva 2011/99/UE del 13 dicembre 2011 concernente l’ordine di protezione europeo, primo atto posto in essere da Parla- mento europeo e Consiglio dopo l’entrata in vigore del Trattato di Li- sbona.

L’atto prevede un meccanismo in base al quale la tutela basata su una misura di protezione adottata in conformità alla legge di uno Stato membro può venire applicata anche all’interno del Paese in cui l’individuo si sia trasferito o decida di trasferirsi, in modo da garantire la medesima protezione che egli avrebbe ottenuto qualora la misura in questione fosse stata adottata ab origine nello Stato di arrivo. Non so- no richieste ulteriori condizioni come, ad esempio, l’avvio di un nuo- vo procedimento penale o la fornitura di nuove prove nel Paese di ese- cuzione e non è nemmeno previsto che l’autorità competente dello

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Stato in cui viene eseguita la tutela riconosca e esegua una misura di protezione adottata dall’autorità competente dello Stato di emissione. Tuttavia, su richiesta della parte cautelata che decida di risiedere o soggiornare in uno Stato membro diverso da quello in cui sarebbe sta- ta destinataria della misura di protezione, l’autorità competente dello Stato di origine può emanare un “ordine di protezione europeo” con cui impone l’adozione all’interno dello Stato di esecuzione di una mi- sura analoga o equivalente a quella originariamente prevista e adottata nello Stato di emissione. Ciò è possibile a meno che non siano presen- ti motivi ostativi al riconoscimento e all’esecuzione di cui all’art. 10 della direttiva in questione, come ad esempio, la circostanza per cui la misura sia legata a un fatto che non costituisce reato nello Stato di esecuzione. 136

Infine, l’ultimo intervento del legislatore comunitario meritevole di analisi consiste in una direttiva della Comunità europea 2004/80/CE in tema di indennizzo delle vittime di reato. Pertanto non siamo di fronte a un testo dell’Unione europea nell’ambito del previgente terzo pilastro: difatti l’intento non è tanto prevedere misure di natura penale, bensì facilitare o comunque non ostacolare la libera circolazione delle persone.

Sul tema si era già esposta la Convenzione europea del 1983 sul risarcimento delle vittime di reati violenti elaborata all’interno del Consiglio di Europa, la quale prescriveva per le persone offese un in- dennizzo a carico dello Stato nelle ipotesi in cui l’autore del reato fos- se ignoto o insolvente.

Il testo comunitario in esame impone la creazione di un vero e proprio sistema di collaborazione tra gli Stati membri dell’Unione eu- ropea volto a garantire, nei confronti delle vittime di reati violenti, un

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indennizzo equo ed equivalente a quello che avrebbero potuto ottenere nel Paese in cui sono state oggetto dei fenomeni di violenza. 137

Inoltre, rispetto alla precedente normativa che limitava l’applicazione delle previsioni ai soli cittadini degli Stati membri della Convenzione e del Consigli di Europa residenti in prevalenza nel luo- go in cui è stato commesso l’illecito penale, la direttiva del 2004 eli- mina qualsiasi condizione legata alla cittadinanza o residenza nello Stato in cui è stato compiuto il fatto violento: basta che il reato sia sta- to commesso nell’ambito dell’Unione Europea da un individuo che sia o sia rimasto sconosciuto o qualificato insolvente o non persegui- bile e che la vittima abbia la residenza in uno degli Stati membri. Ri- spetto al 1983, un altro profilo di maggiore protezione all’interno della direttiva lo riscontriamo nella previsione che concede la possibilità al- la vittima del reato intenzionale e violento di richiesta di indennizzo allo Stato in cui è stato commesso l’illecito anche una volta tornata nel Paese di abituale residenza. 138

1.5 Il Consiglio d’ Europa: la tutela processuale della vittima alla lu-