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3. L’ingresso della vittima all’interno del processo penale

3.2 L’offeso e il danneggiato da reato: i nodi irrisolti

La persona offesa dal reato è quel soggetto del procedimento ti- tolare dell’interesse giuridico protetto, anche in modo non prevalente, da quella norma incriminatrice che si assume sia stata violata dal fatto storico di reato. Il diritto vigente prevede che questa possa assumere la qualifica di “parte” solo ed esclusivamente se, in veste di danneggiato da reato, esercita l’azione risarcitoria costituendosi parte civile. 44

Dunque all’interno di un processo penale, la parte offesa, ossia la per- sona titolare del diritto violato dal reo, può non coincidere con il dan-

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neggiato dal reato, ovvero “chiunque abbia riportato un danno eziolo- gicamente riferibile all’azione o all’omissione del soggetto attivo del reato”4546

Invero, in merito alla distinzione tra le due figure, l’idea condi- visa è di ricondurre i termini a concetti giuridicamente autonomi: «il danneggiato da reato è legittimato a proporre l’azione civile nel pro- cesso penale per il risarcimento danni che assume aver subito, indi- pendentemente dalle azioni proposte o proponibili dalla persona offe- sa, che restano autonome e distinte»47. Seguendo tale linea di pensie- ro, si può affermare che sussiste un “rapporto di complementarietà” tra offeso e soggetto danneggiato: solo in seguito all’esercizio dell’azione penale, le vesti ricoperte dai due soggetti mutano e la per- sona offesa acquista un ruolo più residuale. 48

Analizzando più nel dettaglio l’azione in questione, prima di tut- to dobbiamo puntualizzare che, ai sensi dell’art. 74 c.p.p., la legittima- zione al suo esercizio spetta “al soggetto49 al quale il reato ha arrecato

danno, ovvero ai suoi successori universali50, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile51”.52

45 Cass. pen. sez., VI, 10.7.2000, in F.P.GUIDOTTI, Persona offesa e parte civile: la tutela

processuale, Giappichelli editore, Torino, 2001, p. 169.

46 L’orientamento dottrinale prevalente postula come unico requisito fondamentale l’aver su- bito un danno, ignorando la necessità di un rapporto immediato e diretto con esso: si tratta di una soluzione perfettamente aderente all’interpretazione delle norme, poiché nessuna previ- sione legislativa impone che il danno debba avere obbligatoriamente le sopracitate caratteri- stiche. Cfr. F.P. GUIDOTTI, Op. cit., p. 170.

47 Cass, pen. Sez. I, 12 aprile 2005, n. 13408, in A.ANCESCHI, La Costituzione di parte civi-

le nel processo penale, Giappichelli editore, Torino, 2009, p. 95.

48 T. BENE, La persona offesa tra diritto di difesa e diritto alla giurisdizione: le nuove tenden-

ze legislative, articolo in ArchivioPenale.it, maggio-agosto 2013, fasc. 2 anno LXV, pp. 487-

507.

49 E quindi anche da un ente collettivo, sprovvisto di personalità giuridica. 50 Locuzione idonea a ricomprendere anche le situazioni successorie fra enti.

51 Per responsabile civile si intende quella persona fisica o ente plurisoggettivo anche privo di personalità giuridica che, ai sensi dell’art. 185, comma II c.p., “è tenuto, a norma delle leggi civili, a rispondere per il fatto dell’imputato”.

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Quanto ai rapporti tra azione civile e penale, l’art.75 dispone una relazione di autonomia tra le due: all’interno del comma I, il legi- slatore ha inserito la disciplina della trasferibilità in sede penale dell’azione esercitata dinanzi al giudice civile, contemplando la possi- bilità di trasferimento fino a quando all’interno del processo civilistico non venga emessa sentenza di merito anche non definitiva e puntua- lizzando che l’esercizio di tale facoltà comporta la rinuncia agli atti del giudizio azionato in sede privata. Degno di nota è soprattutto il II comma del medesimo articolo, il quale sottolinea la piena prosecuzio- ne e autonomia di un’azione civile che “non è stata trasferita nel pro- cesso penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costitu- zione di parte civile”; solo in via eccezionale, ex III comma, il proces- so civile deve rimanere sospeso in attesa del giudicato penale nei casi in cui l’azione sia stata esercitata in sede civilistica dopo sentenza pe- nale di primo grado o dopo la precedente costituzione di parte civile nel processo penale, fatte salve “le eccezioni previste dalla legge”.53

L’art. 76, comma I c.p.p., prevede la modalità di esercizio dell’azione in esame, affermando che questa può essere posta in esse- re, anche a mezzo di procuratore speciale, mediante la costituzione di parte civile, la quale, precisa il II comma della stessa disposizione, produce effetti in ogni stato e grado del processo. Invero solo attraver- so l’esercizio dell’azione il danneggiato assume il ruolo di parte nel processo penale, e per questo motivo è connotata dal requisito dell’eventualità. Quanto alla capacità processuale della parte civile, ai sensi dell’art. 77, “le persone che non hanno il libero esercizio dei di- ritti, non possono costituirsi parte civile nel processo penale se non sono rappresentate, autorizzate od assistite nelle forme previste per le

52 G.CONSO,V.GREVI,M.BARGIS (a cura di), Compendio di procedura penale, settima ed., CEDAM, Padova, 2014, p.121.

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azioni civili”54; i commi II e III dell’art. 77 invece, contemplano due

correttivi per i casi in cui risulta impedito l’inserimento dell’azione ci- vile nel rito penale: si dispone la necessaria nomina di un curatore speciale nelle ipotesi in cui sia assente la persona cui spetterebbe la rappresentanza o l’assistenza e ricorrano ragioni urgenti e nei casi in cui sussista un conflitto di interessi tra l’incapace e il suo rappresen- tante legale; inoltre il IV comma del suddetto articolo prevede, solo sul presupposto di “assoluta urgenza”, che sia il pubblico ministero ad esercitare l’azione civile nell’interesse del minore o dell’infermo di mente, finché non subentri il rappresentante legale o il curatore di cui all’art. 77 comma II, c.p.p.55

Le formalità che devono essere osservate per la regolare costitu- zione vengono sancite dall’art. 78 c.p.p.: oltre e unitamente alla procu- ra, è necessaria la dichiarazione di costituzione che deve essere pre- sentata in udienza o depositata presso la cancelleria del giudice proce- dente e deve contenere determinate indicazioni stabilite dalla legge ( I comma); se presentata fuori udienza, deve essere notificata dalla parte civile a pubblico ministero e imputato, producendo effetti per ciascuna di esse dalla data in cui la notificazione è stata posta in essere ( II comma); qualora la procura non sia stata apposta in calce o a margine della dichiarazione di cui sopra e sia stata conferita nelle altre forme disposte all’art. 100, commi I e II56, c.p.p., essa è depositata in cancel-

leria o presentata in udienza assieme alla dichiarazione. Per quanto ri- guarda i termini, l’art. 79, comma I, c.p.p. dispone che la costituzione di parte civile debba avvenire “per l’udienza preliminare” e, dunque,

54 la norma si rivolge a minori, interdetti, persone giuridiche e rimanda in modo diretto alle norme relative la loro rappresentanza dettate in materia civile.

55 Ivi, p. 122.

56 La procura speciale, ai sensi dell’art. 100, comma I, c.p.p., viene conferita “con atto pubbli- co o scrittura privata autenticata dal difensore o da altra persona abilitata”; inoltre può anche apposta in calce o a margine della dichiarazione di costituzione di parte civile e di altri atti: in tali circostanze l’autografia della sottoscrizione della parte è certificata dal difensore (art. 100, comma II, c.p.p.)

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anche in precedenza ad essa, basta che il pubblico ministero abbia già esercitato l’azione penale57; il termine finale è invece previsto a pena

di decadenza e coincide con il momento in cui il giudice del dibatti- mento di primo grado esegue gli accertamenti in ordine alla regolare costituzione delle parti di cui all’art. 484 c.p.p. (art. 79, comma II, c.p.p.). Tuttavia, occorre precisare che la costituzione di parte civile non impone in ogni caso una stabile permanenza della stessa all’interno del processo, poiché il nostro sistema processuale penale prevede la possibilità sia di una revoca volontaria della parte medesi- ma, sia di una sua eventuale esclusione. Le cause di esclusione sono contemplate all’interno degli artt. 80-81 c.p.p.: la prima ipotesi è quel- la che può essere domandata da pubblico ministero, imputato o re- sponsabile civile, in presenza di motivi di illegittimità come l’assenza di un danno risarcibile o la tardività della costituzione; si tratta di una domanda su cui il giudice ha l’obbligo di decidere con ordinanza. Il secondo caso invece è quello disposto, sempre con ordinanza inoppu- gnabile e prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, ex-

officio dal giudice qualora accerti che non sussistono i requisiti previ-

sti ex-lege per la costituzione in esame. Infine, la disciplina del reces- so spontaneo, espresso o tacito, è contenuta nell’art. 82, commi I e II, c.p.p.: quanto alla revoca palese, si prevede che questa possa aver luo- go in ogni stato o grado del procedimento in corso attraverso una di- chiarazione resa personalmente o a mezzo di procuratore speciale, la quale può assumere una forma orale, se resa in udienza, o essere inse- rita in un atto scritto da depositare presso la cancelleria del giudice procedente e notificare alle altre parti; il recesso tacito invece si con- cretizza non presentando le conclusioni in sede dibattimentale a norma dell’art. 523 c.p.p. oppure promuovendo l’azione dinanzi al giudice

57 La previsione quindi esclude la possibilità per il danneggiato di partecipare alla fase inziale delle indagini preliminari. Invero, solo se riveste contemporaneamente anche la qualità di of- feso da reato può avvalersi dei diritti e facoltà che la legge riconosce in capo a quest’ultimo.

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civile. Al di là della forma scelta, rimane ferma la regola generale in base alla quale la revoca della costituzione di parte civile non impedi- sce in seguito l’esercizio dell’azione risarcitoria in ambito civilistico.

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Il reato, oltre ad arrecare pregiudizio a un bene giuridico, può aver provocato concretamente un danno. Le restituzioni e il risarci- mento danni vengono contemplate all’articolo 185, I e II comma c.p., il quale recita:

“Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili” “Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale59, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”. 60

Dunque, si evince che l’illecito civile e l’illecito penale derivano dal medesimo titolo, ossia dal fatto di reato.

All’interno del secondo comma si parla di danno sia patrimonia- le che non, pertanto la parte civile può non solo domandare il ristoro di quel pregiudizio risultante dalla concreta diminuzione di ricchezza materiale commisurabile economicamente, ma anche richiedere il ri- sarcimento di ingiusti turbamenti conseguiti alla sfera psichica e di tutti i danni a beni come l’onore o la reputazione derivanti dell’illecito penale. La richiesta di risarcimento del danno morale, in virtù delle sue caratteristiche, non può che essere rigorosamente personale: tale connotato consente la legittimazione all’esercizio dell’azione anche alle persone giuridiche che hanno subito danni ad esempio al prestigio

58 G.CONSO,V.GREVI, M.BARGIS (a cura di), 2014, pp. 123-125.

59 Si pensi, ad esempio, al reato di lesioni personali (art. 582 c.p.) dove il danno consiste nelle perdite patrimoniali, nelle sofferenze subite e nel pregiudizio alla salute subito dalla vittima. Dunque in questa ipotesi riscontriamo danni patrimoniali, morali e biologici.

60 Ricordiamo che l’art. 2059 c.c. limita la risarcibilità del danno morale ai “casi determinati dalla legge”: uno di questi è proprio l’art. 185, II comma, c.p.

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o all’identità personale a seguito del fatto criminoso. La Giurispruden- za Costituzionale ha inoltre esteso il concetto di danno morale, facen- do rientrare all’interno di tale nozione anche ulteriori pregiudizi come quello biologico. Le problematiche attinenti al danno di natura biolo- gica sono state definitivamente risolte dalla Corte con una sentenza in- terpretativa di rigetto emessa a seguito di una questione di costituzio- nalità dell’art. 2059 c.c. di cui era investita: la Consulta ha individuato il danno in questione e ha ammesso la sua risarcibilità in via autonoma e anche al di fuori dei casi in cui si sia ripercosso sul danno patrimo- niale o morale. Le questioni attinenti al danno ambientale sono più complesse a causa della lunga controversia dottrinale e giurispruden- ziale sulla tematica della legittimazione alla costituzione di parte civi- le degli enti esponenziali: sinteticamente si può affermare che, in tale ambito, la parte civile avente diritto alle restituzioni e al risarcimento è una persona giuridica pubblica, pertanto gli enti in questione possono esercitare l’azione acquiliana solo in ipotesi di lesioni concretamente subite, indipendentemente dal loro intervento a tutela di interessi dif- fusi e collettivi di tutela ambientale.61

Passiamo all’esercizio dell’azione civile all’interno del processo penale. I principi non espressi su cui si fonda sono sostanzialmente due: l’azione civile rimane “ospite” all’interno del procedimento pena- le ed è ancorata alle regole disciplinanti quest’ultimo.

Grazie alla prima caratteristica sopra menzionata, l’azione civile mantiene la sua natura e i suoi connotati. Essa rimane facoltativa e di- sponibile e invero il danneggiato può, in qualsiasi momento del pro- cesso, decidere di revocare la costituzione. 62

61 F. P.GUIDOTTI, Op. cit., pp. 174-177.

62 Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui il danneggiato in veste di parte civile stipula una transazione con l’imputato una transazione sul risarcimento dovuto.

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Tuttavia, nonostante il principio della “prevalenza della norma- tiva del processo penale”, alla parte civile è riservato un autonomo di- ritto di ricerca e ammissione della prova in ordine ai pregiudizi subiti. Ricordiamo infine che il giudice nel condannare a risarcimento l’imputato, non può oltrepassare la quantità di reintegrazione doman- data dalla parte civile.

Passiamo alle questioni irrisolte legate al rapporto tra le due fi- gure, persona offesa dal reato e danneggiato.

Il Codice del 1988, come abbiamo esposto, ha ampliato note- volmente il ruolo della persona offesa nella fase delle indagini preli- minari e nell’ambito delle procedure di controllo sull’esercizio dell’azione penale.

Il danneggiato da reato, invece, risulta esser estromesso dalla fa- se investigativa e potrà intervenire in processo, esercitando tutti i dirit- ti che la legge prevede per le parti di quella fase, attraverso la costitu- zione di parte civile dopo l’esercizio dell’azione penale, proprio nel momento in cui i poteri dell’offeso ormai si avvicinano ad eclissarsi.

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Dunque, il legislatore ha stabilito che solo a seguito dell’esercizio dell’azione penale possa essere praticata l’altra azione, lasciando privo di protezione il danneggiato per tutta la fase investiga- tiva.

Questa scelta normativa è stata e viene tutt’ora accettata per il fatto che, secondo le statistiche, molto spesso l’offeso e la persona che ha subito un danno risarcibile coincidono soggettivamente e dunque, nella maggior parte delle ipotesi, i poteri che competono all’una e all’altra persona si integrano. Nonostante che la coincidenza dal punto

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di vista soggettivo delle due figure si verifichi molto spesso, rimane ancora oggi irrisolta e priva di adeguata tutela la situazione del dan- neggiato da reato che non ricopre al contempo la veste di persona of- fesa.

La persona che subisce un danno risarcibile, nonostante sia una figura sconosciuta ai sistemi penali ispirati al modello accusatorio, è stata mantenuta all’interno del nostro ordinamento seguendo la tradi- zione di origine francese.

L’azione processuale della parte civile mira all’accoglimento di una domanda di tipo civilistico, precisata in sede di presentazione del- le conclusioni: gli interpreti concordano nel ritenere che l’esercizio dell’azione civile in sede penale sia visto con poco favore nel sistema: essendo portatrice di un interesse esclusivamente privato, l’intervento può appesantire l’iter processuale e di conseguenza rappresentare un ostacolo per una rapida definizione del processo. 64

L’esercizio dell’azione civile nel processo penale ha suscitato numerose critiche dottrinali, volte a “censurare l’introduzione e l’azione, nel giudizio, di una «figura anomala, ibrida, che esercita una cripto-accusa»”: si tratta di orientamenti legati spesso all’ “apparente convinzione che solo al reo-indagato-imputato-condannato debbano prestarsi garanzie”65

Non a caso sono presenti numerose congetture che mirano ad evitare l’esercizio della domanda risarcitoria in sede penale: si pensi, ad esempio, all’assenza di un meccanismo che metta a conoscenza il danneggiato dal reato dell’istaurazione del processo penale, non es-

64 G.P.VOENA, La tutela del danneggiato nel processo penale, in La vittima del reato, questa

dimenticata, 2001, p. 59.

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sendo contemplato tra i destinatari dell’avviso dell’udienza prelimina- re o del decreto che dispone il giudizio

Nonostante l’intento del legislatore di indurre il danneggiato ad esercitare l’azione nella sua sede propria, mantenendo separati i due processi, restano forti le motivazioni che spingono , invece, questa fi- gura a tutelare i suoi interessi in campo penale: ricordiamo, ad esem- pio, che la persona che subisce un danno risarcibile, costituendosi par- te civile, si avvale , nella ricostruzione del fatto, di tutti i risultati posti in essere dal pubblico ministero, il quale ha numerosi e ampi poteri durante la fase delle indagini preliminari. Infine, rammentiamo che l’accertamento del reato risulta ben più celere in sede penale, soprat- tutto se si tratta di fattispecie incriminatrici di elevata gravità e un meccanismo favorevole alla persona offesa dal reato che ricopra al contempo la veste di danneggiato nei processi dinanzi al giudice di pace che hanno ad oggetto reati procedibili a querela: attraverso un semplice ricorso, egli investe il giudice di pace, sia pure col filtro di un giudizio di ammissibilità, della res iudicanda. 66

In conclusione dobbiamo sottolineare che, al di là degli scopi le- gislativi, il ruolo della parte civile rimane intessuto di elementi pub- blicistici: la decisione sulle questioni civili dipende dalla pronuncia penale di condanna in sede penale, dunque, i fini di colui che si è co- stituito parte privata non sono affatto di natura punitiva. 67 Si può, dunque, parlare di “accusatore” privato, privo di limiti nell’esercizio e svolgimento della sua pretesa nel processo penale rispetto al pubblico

66 Ivi, p. 61.

67 Art. 538, comma I, c.p.p.: “Quando pronuncia sentenza di condanna, il giudice decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno, proposta a norma degli articoli 74 e seguenti”.

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ministero, organo deputato anche a far osservare le leggi e quindi limi- tato nel maturare ottuse mire persecutorie. 68

3.3 Le prime linee evolutive del ruolo dell’offeso: la L. n. 479 del