1. La tutela europea della vittima: le fonti che valorizzano la figura
1.2 La valorizzazione della persona offesa da parte della Giurisprudenza:
La figura della vittima del reato è stata messa in risalto anche della Giurisprudenza delle Corti europee. In particolare la Corte di giustizia ha contributo alla definizione della nozione e al potenzia- mento dei suoi diritti all’interno del circuito processuale penale, men- tre la Corte europea dei diritti dell’uomo si è concentrata sulla ricerca di equilibrio tra i diritti della persona offesa (soprattutto quella vulne- rabile) e dell’imputato all’interno del processo. I lavori di questi due organi sono stati molto significativi: invero molte previsioni contenute nella Direttiva 2012/29/UE sono state influenzate dalle loro traiettorie giurisprudenziali. 87
85 M.VENTUROLI, Op. cit., pp. 6-7.
86 L.LUPARIA (a cura di), Lo Statuto europeo delle vittime del reato. Modelli di tutela tra di-
ritto dell’Unione e buone pratiche nazionali, Kluwer, Padova, 2015, p. 7.
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Partiamo con gli interventi sui temi della vittima del reato da parte della Corte di giustizia analizzando alcune sue importanti pro- nunce: innanzitutto dobbiamo ricordare la c.d. “sentenza dell’Orto” del 28 maggio 200788, con cui l’organo ha stabilito i confini della no- zione di vittima contenuti nell’art. 1 della decisione quadro 2001/220/GAI. Il caso riguardava un procedimento di esecuzione di- nanzi al Tribunale di Milano, a seguito di una sentenza definitiva di patteggiamento, avente ad oggetto la restituzione di una somma di de- naro sottoposta a sequestro conservativo ad una persona giuridica, la quale si era costituita parte civile. Alla Corte venne sottoposto il que- sito relativo alla possibilità di ricondurre anche le persone giuridiche all’interno del campo di applicazione della suddetta decisione quadro. Al termine del giudizio, la sentenza definitiva dell’organo ha respinto la possibilità di inquadrare la categoria in questione all’interno della definizione di vittima delineata dall’atto comunitario, puntualizzando che in realtà molte previsioni presenti all’interno di quest’ultimo erano volte a valorizzare le persone fisiche offese da un reato, nonostante al- cune sarebbero potute sembrare suscettibili di applicazione anche nei confronti di persone giuridiche.89Dunque la Corte ha escluso che la protezione prevista dalla decisione quadro possa estendersi anche a questo gruppo nonostante lo stesso abbia subito un pregiudizio causa- to direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro. 90
88 Sent. 28 maggio 2007, Sez. III, C- 467/05
89 Si pensi, ad esempio, al diritto di ottenere informazioni rilevanti ai fini della tutela dei pro- pri interessi o la restituzione dei beni appartenenti alla vittima, previsioni che potrebbe essere applicabili anche alle persone giuridiche, spronando per una nozione di vittima del reato atta a ricomprenderle.
90 M.VENTUROLI, La Tutela della vittima nelle fonti europee, articolo in rivista Dir. Pen. Con- temporaneo.
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Una tra le più note sentenze della Corte in tema di vittima del reato è senza dubbio la c.d. “sentenza Pupino” del 15 giugno 200591:
l’organo fu investito di una questione interpretativa pregiudiziale sol- levata dal Tribunale di Firenze. Il caso vide come protagonista una maestra della scuola materna che era stata accusata di maltrattamenti, percosse e lesioni personali nei confronti dei bambini a cui insegnava. La donna lamentava la mancanza, all’interno del sistema processuale italiano, di una previsione che offrisse la possibilità di acquisire la te- stimonianza dei bambini coinvolti tramite incidente probatorio ai sensi degli art. 2,3 e 8 n.4 della decisione quadro92. Con la famosa sentenza i giudici della Corte sancirono per la prima volta l’obbligo di interpre- tazione conforme del diritto interno alle fonti non solo del “primo pi- lastro”93, ma anche del “terzo pilastro”. Dunque, era possibile inter-
pretare la normativa interna alla luce delle previsioni contenute della decisione del 2001, quindi degli art. 2,3 e 8 n. 4 e con ciò si arrivò ad affermare la possibilità per i bambini in età infantile, pregiudicati di- rettamente da reati, di rendere deposizioni secondo modalità che per- mettono una loro adeguata protezione, se necessario anche fuori dall’udienza pubblica o prima di quest’ultima. Per la prima volta quindi fu consacrata l’assunzione anticipata della prova in sede di in- cidente probatorio come modalità da privilegiare nelle ipotesi in cui a rendere dichiarazione siano soggetti vulnerabili. 94
Altrettanto significativa è stata la sentenza “Gueye e Sànchhez” del 15 settembre 201195, che riguarda due identici casi di violazione della pena accessoria del divieto di avvicinamento e comunicazione
91 Sent. 16 giugno 2005, Grande Sezione, C- 105/03
92 Articoli riguardanti nello specifico il riconoscimento, la protezione e l’audizione dell’offeso.
93 Ricordiamo che il Primo Pilastro concerneva le Comunità europee, come il Mercato comu- ne europeo e l’Unione economica e monetaria.
94 Ibidem.
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con la persona offesa, prevista dal sistema processuale penale spagno- lo e inflitta dal giudice nel caso in esame nei confronti di imputati per reati commessi all’interno del nucleo familiare. In entrambe le ipotesi, tuttavia, le vittime chiedevano l’esclusione dell’applicazione della pena accessoria, manifestando la volontà di riprendere rapporti con i colpevoli e di ricorrere al rimedio della mediazione penale. Al giudice di Lussemburgo viene chiesto se la decisione del 2001 ricono- sca la possibilità per le persone offese di influenzare le decisioni puni- tive degli Stati membri, autorizzandole a chiedere la non applicazione di una determinata misura accessoria e addirittura di sostituire quest’ultima con forme di risoluzione alternative di natura conciliati- va. La Corte risponde al quesito in senso negativo, stabilendo che l’art.3, comma I della direttiva disciplinante il diritto della vittima di essere sentita, non la autorizza a determinare la pena oggetto di irro- gazione; continua affermando che, sulla scia di quanto già esposto in un’altra sua precedente sentenza ( la sentenza Katz96) , il giudice non può ignorare il volere della persona offesa, bensì a quest’ultima deve essere riconosciuto il diritto di potere rendere una deposizione che può assumere il ruolo di elemento di prova.
Infine possiamo ricordare la più recente sentenza del 21 dicem- bre 2011 della Corte di giustizia97, pronunciata al termine di un ricorso pregiudiziale presentato dal Gip del Tribunale di Firenze: il giudice italiano lamentava, invocando i già menzionati artt. 2,3 e 8 della deci- sione quadro, la non compatibilità di quest’ultima nella parte in cui non prevedeva la possibilità per la vittima vulnerabile di chiedere lei stessa al giudice l’incidente probatorio senza il necessario intervento del pubblico ministero. Nello specifico si domandava alla Corte la le-
96 Con la Sentenza Katz, Il giudice di Lussemburgo affermò che gli art. 2 e 3 della decisione quadro, concernenti la posizione della vittima all’interno del procedimento penale, non con- cedono la possibilità di sentire la vittima in veste di testimone, ma quest’ultima può venire ammessa a rendere una deposizione che può essere qualificata elemento di prova.
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gittimità dell’assenza di una disposizione all’interno del codice di pro- cedura penale italiano che attribuisca alla persona offesa un potere di impugnare il provvedimento di diniego della pubblica accusa in ordine all’incidente probatorio. Il Giudice europeo ha affermato la piena compatibilità delle norme processuali italiane con l’atto comunitario, ritenendo presente una discrezionalità degli Stati membri nell’attuare gli obbiettivi contenuti nella decisione e considerando ragionevole il potere in capo esclusivamente al pubblico ministero. Solo quest’ultimo potrebbe dunque investire il giudice di una domanda di incidente probatorio, poiché la tutela rafforzata dell’offeso è comun- que presente e garantita da altre previsioni, quali la particolare facoltà di chiedere di procedere a porte chiuse o di ricorrere a modalità protet- te per la sua audizione. 98
Un altro significativo organo influente sul ‘percorso europeo’ della persona offesa è indubbiamente la Corte di Strasburgo, la quale si è occupata dell’accesa questione conflittuale tra gli strumenti di pro- tezione che le norme comunitarie prevedono per le vittime vulnerabili e i diritti dell’imputato: invero, se quest’ultimo, sulla base del princi- pio della presunzione di innocenza 99 contemplato all’interno della Convenzione, va considerato non colpevole, non può essere un sog- getto a cui ascrivere ipotesi di vittimizzazione primaria e tantomeno secondaria. Perciò non si possono sminuire i diritti dell’imputato in vista di una speciale tutela della vittima. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha elaborato la sua risposta ai quesiti stabilendo un equili- brio tra le prerogative delle due Parti: nella celebre sentenza “Doorson
c. Paesi Bassi”100, concernente un caso di uso probatorio di dichiara- zioni provenienti da fonti anonime, l’organo ha affermato che, nel ri-
98 Ibidem.
99 Art. 6, comma 2, CEDU: “Ogni persona accusata è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata”.
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spetto dei principi del giusto processo (fair trial), gli interessi dell’imputato devono in determinate ipotesi essere bilanciati con le esigenze dei testimoni e delle vittime chiamate a testimoniare. Dunque la Corte ha affermato l’equità di un processo in cui la vittima o un te- stimone non vengono sottoposti all’audizione in contradditorio, nell’ottica di proteggerli dalla violenza di un esame incrociato, spin- gendosi addirittura ad ammettere la configurazione di testimoni ano- nimi, soprattutto in processi aventi ad oggetto reati a sfondo sessuale. Tuttavia, la previsione di una limitazione del diritto al confronto con l’accusa deve essere compensata da strumenti a difesa dell’imputato: invero quest’ultimo ha la possibilità di chiedere alla polizia o al giudi- ce procedente di porre specifiche domande alla vittima, di assistere al- la sua audizione dietro un vetro oscuro e di visionare il filmato del primo interrogatorio al fine di presentare domande in vista del secon- do ascolto. Lo scopo è quello di mettere l’accusato in grado di poter verificare la credibilità del soggetto sottoposto ad esame, attraverso però modalità particolari, atte ad attenuare il confronto diretto. Pertan- to, le cautele nei confronti della persona offesa vulnerabile non posso essere un ragionevole motivo per derogare al principio del contraddit- torio, ma possono legittimare solamente una normativa speciale di svolgimento dello stesso. 101
L’organismo europeo si è inoltre occupato di delineare i principi fondamentali della tutela della persona offesa “attraverso” il processo. Nel caso “Soderman c. Svezia” il giudice di Strasburgo in primo luogo ha stabilito obblighi di penalizzazione in capo agli Stati membri ogni qualvolta vengano in gioco beni fondamentali protetti dalla Con- venzione : in particolare si impone di predisporre specifici strumenti penali di tutela nel caso in cui si verifichino gravi fatti criminosi quali,
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ad esempio, la violenza sessuale, la tratta di esseri umani, la lesione intenzionale dell’integrità fisica o la rivelazione di notizie coperte da segreto. Per i reati di minor gravità pregiudicanti beni protetti dalla Convenzione invece si possono utilizzare solo espedienti di natura ci- vile. In secondo luogo la grande Camera ha imposto che all’interno di ciascun ordinamento venga garantita una reazione concreta agli illeciti penali attraverso lo svolgimento di indagini complete e idonee a con- durre all’accertamento dei fatti e all’individuazione e sanzione dell’autore; in aggiunta ha sottolineato che alla vittima deve essere at- tribuita la possibilità di partecipare concretamente a questa fase. Lo scopo è, pertanto, quello di portare ciascun Stato membro a prevedere norme processuali penali interne che predispongano uno svolgimento delle indagini preliminari effettivamente capace di accertare le viola- zioni penali. 102