1. La tutela europea della vittima: le fonti che valorizzano la figura
1.3 Verso la tutela europea della vittima di reato
Nonostante la normativa processuale sia stata per lungo tempo considerata esclusiva prerogativa nazionale e massima espressione della sovranità statale, l’attenzione per la vittima del reato è emersa anche a livello comunitario.
Invero l’assenza in ambito europeo di norme minime in materia di protezione e assistenza nei confronti delle persone offese dal reato può comportare il pregiudizio di numerosi diritti sanciti in tale sede: si pensi, ad esempio, a come la mancanza all’interno di uno Stato mem- bro di un sistema di indennizzo pubblico per le vittime possa ostacola- re la libera circolazione delle persone, principio cardine dell’Unione Europea, ovvero comportare la violazione del divieto di discrimina-
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zione tra i cittadini comunitari, sancito all’interno del Trattato sul fun- zionamento dell’Unione Europea. Dunque, già a partire dalla Comuni- tà Europea, ma soprattutto dopo il Trattato di Maastricht, all’interno del c.d. terzo Pilastro dell’Unione Europea 103, nasce un particolare in-
teresse nei confronti delle vittime del reato. 104
Tuttavia bisogna sottolineare che solo nel Trattato sul funzio- namento dell’Unione Europea, siglato nel 2007 il 13 dicembre ed en- trato in vigore il 1° dicembre del 2009, vi sia un espresso richiamo ai “diritti delle vittime di criminalità” nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.105
Esistono due tipi di testi normativi a livello comunitario che trat- tano della vittima del reato: le fonti a carattere particolare, che riguar- dano la protezione delle vittime di specifici reati, specie quelli pregiu- dicanti l’integrità fisica e morale delle persone (si pensi, ad esempio, all’abuso sessuale dei minori o alla tratta di esseri umani) e i testi che si occupano della tutela della persona offesa a livello generale.
Prendiamo in considerazione i testi che ricadono nel secondo gruppo, in cui sono presenti i documenti più rilevanti della Comunità Europea in tema di tutela delle vittime del reato.
Il primo testo degno di nota è, senza dubbio, la risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo del 1981 in tema di indennizzo alle persone offese da atti di violenza, in cui si chiede alla Commissione di presentare una proposta di direttiva concernente norme minime in ma-
103 Il terzo pilastro riguarda la Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, rivolto alla costruzione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia per garantire una colla- borazione contro la criminalità a livello sovranazionale.
104 Degno di esser ricordato, dopo Maastricht, è il Trattato di Amsterdam, il quale consolida la struttura già predisposta dei tre pilastri e persegue lo scopo di fornire un elevato livello di si- curezza e libertà all’interno del terzo pilastro attraverso la lotta e la prevenzione di vari reati come, ad esempio, la criminalità, il terrorismo, la tratta di esseri umani.
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teria di indennizzo pubblico nei confronti delle vittime di reati violen- ti, senza qualificare la nazionalità di quest’ultime come condizione in- dispensabile per godere del ristoro.
La questione viene nuovamente ad essere oggetto di discussione dieci anni dopo, nel 1989, anno in cui il Parlamento decide di produrre una nuova risoluzione, dove non solo si ribadisce la necessità di ar- monizzare le legislazioni interne in tema di indennizzo alle vittime, bensì si sottolinea e giustifica l’obbligo statale al risarcimento non so- lo a scopo solidaristico, ma anche attuativo del principio di responsa- bilità degli Stati membri a far rispettare le leggi e a mantenere la pace sociale.
Nell’ambito della Comunità europea possiamo, dunque, notare che inizialmente l’interesse nei confronti della vittima era presente, ma notevolmente incentrato sul problema dell’indennizzo pubblico.
Invero, solo con la nascita dell’Unione Europea e la creazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia si aprono nuovi scenari a livello comunitario per la persona offesa.
Un primo diverso interesse nei confronti delle vittime lo riscon- triamo nella comunicazione del 14 luglio del 1999 della Commissione rivolta al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale “Vittime di reati dell’Unione Europea”, dove viene richiesta un’analisi dei sistemi di indennizzo pubblico previsti dagli Stati mem- bri e un’eventuale adozione di relative misure a livello europeo nel termine di cinque anni. 106
Infatti, all’interno della comunicazione in esame, sono previsti numerosi strumenti di protezione nei confronti delle vittime operanti in varie direzioni: innanzitutto, a scopo preventivo, viene sancita
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l’organizzazione di campagne informative circa gli elementi che pos- sono favorire fenomeni di vittimizzazione; inoltre viene imposto un sistema di assistenza di tipo medico, psicologico e legale per la perso- na offesa e valorizzato il ruolo della vittima del reato all’interno del processo penale, cercando di prevenire il più possibile anche episodi di vittimizzazione secondaria. Infine, viene nuovamente ribadita la ne- cessità di dotarsi di un sistema di indennizzo pubblico.
Dunque, con tale documento, vengono poste le basi per un mi- glioramento della posizione delle persone offese su tutti i fronti, sia fuori che all’interno del procedimento penale.
Un momento di svolta degno di attenzione è senza dubbio rap- presentato dalla decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo del 2001, la quale si può definire il più importante testo normativo euro- peo in materia di tutela della vittima all’interno del processo penale prima della già menzionata direttiva 2012/29/UE recante “norme mi- nime in materia di protezione, assistenza e diritti delle vittime del rea- to”, la quale ha sostituito la decisione quadro in questione.
Il 2001 ha assunto, senza dubbio, il valore simbolico di data ini- ziale di un nuovo percorso: per la prima volta l’Europa decide di porre al centro della propria politica penale la vittima del reato.
La decisione quadro aveva come obiettivo, sulla scia degli orientamenti espressi dalla Commissione europea nella comunicazione del 1999 e del Consiglio europeo di Tampere del 1999107, l’armonizzazione degli ordinamenti degli Stati membri per mezzo dell’adozione di disposizioni minime in materia di accesso delle vitti-
107 A Tampere, il 15 e 16 ottobre del 1999, il Consiglio Europeo ha tenuto una riunione straordinaria sulla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in seno all’Unione Europea: l’obiettivo era realizzare uno ambito aperto, sicuro e pienamente impegnato a rispet- tare obblighi di vario genere riguardanti rifugiati e diritti dell’uomo e in grado di rispondere ai bisogni umani attraverso lo strumento della solidarietà.
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me alla giustizia, di diritti delle vittime di informazione e partecipa- zione al processo penale, di protezione delle persone offese vulnerabi- li, di risarcimento danni a carico dell’autore del reato e di mediazione all’interno del processo penale. 108
Infatti, da quel momento in avanti, il Consiglio di Europa, attra- verso soprattutto le Convenzioni di Lanzarote e Istanbul, e l’Unione Europea hanno iniziato un cammino verso la tutela delle persone offe- se dal reato, culminato nella direttiva del 29/2012/UE.
Un ulteriore atto di impulso del legislatore comunitario in tema di tutela della vittima del reato è la Comunicazione della Commissio- ne del 18 maggio 2011, atta a rafforzare i diritti delle persone offese residenti in seno all’Unione Europea, all’interno della quale furono in- seriti i principali scopi e le linee di intervento cardine in tema di ac- cesso alla giustizia, protezione e assistenza per la vittima di reato; gli obiettivi sono poi stati nuovamente affermati nella risoluzione del Consiglio del 10 giugno 2011, relativa ad una “tabella di marcia per rafforzare i diritti e la tutela delle vittime, in particolare all’interno dei procedimenti penali”, la c.d. “Tabella di marcia di Budapest” : tra gli obiettivi da essa enunciati spiccava in particolar modo la necessità di sostituire la decisione quadro 2001/220/GAI nell’intento di ampliare l’ambito e le modalità di tutela delle persone offese.109
Il risultato è stato raggiunto con la già nota direttiva 29/2012/UE, provvedimento organico che prevede norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione per gli individui offesi dai reati.
108 D.SAVY, Il trattamento delle vittime dei reati nella nuova disciplina dell’Unione Europea, In Dir. Un. Eur., fasc. 3, 2013, p. 613.
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Si tratta di un testo che ha intensificato, senza dubbio, la spinta europea affinché la giustizia penale diventi sempre più un momento di inclusione, un “forum per tutte le vittime”. 110
In primo luogo, la novella direttiva dà una definizione più ampia di vittima del reato rispetto a quella contenuta nella decisione quadro, che si riferiva solo a quei soggetti che avevano subito un pregiudizio derivante in via immediata dal reato 111, richiamando anche le c.d. “vittime indirette”.
Invero, all’interno dell’articolo 2 del documento comunitario si parla sia di vittime “dirette”, ovvero le persone fisiche che hanno subi- to un danno fisico, mentale, emotivo o pregiudizi economici causati in linea diretta da un reato, sia di vittime “indirette”, ossia i familiari di una persona la cui morte sia stata causata direttamente da un reato e che abbiano subito un danno in conseguenza della morte di tale perso- na.
Passando ad un’analisi più approfondita del documento, possia- mo affermare che esso si concentra principalmente su quattro questio- ni:
1) Innanzitutto si attribuisce alla persona offesa dal reato una serie di diritti esercitabili indipendentemente dall’instaurazione di un procedimento penale, nonostante siano funzionali a tale scopo (Ca- po 2)
In via generale è sancito per l’offeso il diritto a ricevere infor- mazioni ad esso comprensibili in ordine alle vicende che lo riguarda-
110 Cfr. L.LUPARIA, Op. cit., p. 3.
111 All’interno dell’articolo 2 della decisione quadro infatti la vittima era definita “la persona fisica che ha subito un pregiudizio, anche fisico o mentale, sofferenze psichiche, danni menta- li causati direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro.
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no112 e all’interno dell’art. 4 si riconosce alle vittime, sin dal primo contatto con l’autorità giudiziaria, un diritto a ricevere talune informa- zioni che la stessa direttiva provvede ad individuare, sebbene l’entità o il grado di queste possano cambiare a seconda delle esigenze specifi- che. 113
Secondo quanto previsto dall’art. 5 la vittima può, inoltre, otte- nere un avviso di ricevimento scritto della denuncia formale presenta- ta, ricevere assistenza linguistica adeguata e sporgere denuncia in lin- gua lei comprensibile. 114
Infine, ex art. 6, la stessa deve esser informata senza ritardo in ordine al procedimento penale avviato ed essere messa al corrente dell’eventuale decisione di non luogo a procedere o di non prosecu- zione delle indagini oppure, in caso contrario, deve ricevere comuni- cazione in ordine alla data, il luogo del processo e la natura dei capi di
112 Capo 2, art. 3, comma I della direttiva: “Gli Stati membri adottano le misure adeguate per
assistere la vittima, fin dal primo contatto e in ogni ulteriore necessaria interazione con l’autorità competente nell’ambito di un procedimento penale, incluso quando riceve informa- zioni da questa, a comprendere e a essere compresa”.
Comma II: “Gli Stati membri provvedono a che le comunicazioni fornite alle vittime siano
offerte oralmente o per iscritto in un linguaggio semplice e accessibile. Tali comunicazioni tengono conto delle personali caratteristiche della vittima. Comprese eventuali disabilità che possono pregiudicare la sua facoltà di comprendere e essere compreso”.
Comma III: “Gli Stati membri consentono alla vittima di essere accompagnata da una perso-
na di sua scelta nel primo contatto con l’autorità competente, laddove, in conseguenza degli effetti del reato, la vittima necessiti di assistenza per comprendere o essere compresa, a con- dizione che ciò non pregiudichi gli interessi della vittima o l’andamento del procedimento”.
113 Ad esempio, ex art. 4, comma I si possono ricevere informazioni relative a “come e a quali
condizioni è possibile ottenere protezione, comprese le misure di protezione” o “come e a quali condizioni è possibile ottenere il risarcimento del danno” o ancora “come e a quali condizioni ha diritto all’interpretazione e alla traduzione”.
114 Art. 5 comma I: “Gli Stati membri provvedono che la vittima ottenga avviso di ricevimen-
to scritto della denuncia formale da essi presentata alla competente autorità di uno Stato membro che indichi gli elementi essenziali del reato”
Comma II: “Gli Stati membri assicurano che la vittima che intende presentare denuncia rela-
tiva a un reato e non comprende o non parla la lingua dell’autorità competente abbia possi- bilità di presentare la denuncia utilizzando la lingua che comprende o ricevendo la necessa- ria assistenza linguistica”
Comma III: “GlI Stati membri assicurano che la vittima che non comprende o non parla la
lingua dell’autorità competente disponga, qualora ne faccia richiesta, della traduzione gra- tuita, in una lingua che comprende, dell’avviso di ricevimento scritto della sua denuncia di cui al paragrafo 1.”
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imputazione a carico dell’accusato. In aggiunta, nell’interesse di tute- lare la sicurezza dell’individuo offeso, viene contemplato il diritto di ricevere informazioni in ordine all’eventuale scarcerazione o evasione del reo sottoposto a misure cautelari, almeno nei casi in cui possa sus- sistere un rischio o un pericolo concreto che si verifichi tale evento nei suoi confronti, salvo se tale notifica comporta un rischio concreto per l’autore del reato115: occorre valutare la gravità e la natura del reato e
la possibilità di ritorsioni, difatti l’avviso risulta essere escluso per i reati minori, dove i rischi per le vittime non sussistono. Tali osserva- zioni sono riservate all’autorità giudiziaria, anche se la direttiva non lo precisa. 116
Ricordiamo che la vittima può rinunciare a ricevere informazio- ni in ordine al procedimento penale, purché tale richiesta venga espressamente formulata e fatta salva la possibilità di cambiare opi- nione. 117
Oltre ai diritti informativi, sulla scia di quanto già disposto dalla decisione quadro del 2001, il testo contempla i c.d. “service rights”. Si tratta di diritti di accesso ai servizi di assistenza alle vittime, i quali devono essere specifici, gratuiti e idonei a fare da supporto non solo durante il procedimento penale, ma anche nel periodo precedente e per un congruo periodo di tempo successivo alla chiusura del processo (art. 8, comma I).
Le autorità giudiziarie devono indirizzare la persona offesa fin da subito verso questi servizi già dal primo contatto, nonostante la de-
115 Art. 6, comma V: “Gli Stati membri garantiscono alla vittima la possibilità di essere in-
formata, senza indebito ritardo, della scarcerazione o dell’evasione della persona in stato di custodia cautelare, processata o condannata che riguardano la vittima. Gli Stati membri ga- rantiscono che la vittima riceva altresì informazioni circa eventuali pertinenti misure attivate per la sua protezione in caso di scarcerazione o evasione dell’autore del reato”.
116 L.LUPARIA, Op.cit., p. 10. 117 Ibidem.
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nuncia non rappresenti una condizione necessaria per la loro attiva- zione.
L’attività di assistenza deve essere pubblica e non governativa e il personale che la svolge, in veste professionale o volontaria, deve es- sere adeguatamente formato a tale scopo: si richiede una preparazione, invero, proporzionata al tipo di contatto che si intrattiene con la vitti- ma, in modo da essere in grado di dare un’identificazione a quest’ultima, alle sue esigenze concrete e prendersene cura in maniera rispettosa, sensibile, professionale e non discriminatoria.118
La direttiva contiene anche previsioni in ordine al contenuto mi- nimo dell’occupazione in esame: si possono svolgere attività di vario genere come fornire informazioni, assistenza e consigli in materia di diritti alle vittime, fra cui la possibilità di accesso ai sistema nazionali di risarcimento delle vittime del reato, e in relazione al loro ruolo nel procedimento penale, compresa la preparazione in vista della parteci- pazione al processo; comunicare eventuali pertinenti servizi speciali- stici di assistenza in attività o il rinvio diretto a tali servizi; sostenere emotivamente e, ove necessario, psicologicamente; consigliare in re- lazione e aspetti finanziari e pratici derivanti dall’illecito e dare consi- gli, salvo ove disposto diversamente da altri servizi pubblici o privati, relativi al rischio e alla prevenzione di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e ritorsioni (art. 9, comma I); inoltre, salvo ove diversamente disposto da altri servizi pubblici o privati, i servizi di assistenza sviluppano e forniscono almeno alloggi o sistemazioni temporanee a persone offese che necessitano di un luogo sicuro a cau- sa di rischi imminenti di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di inti- midazione e ritorsione e assistenze integrate e mirate a vittime con esigenze specifiche, come vittime di violenza sessuale, violenza di ge-
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nere e vittime di violenza nelle relazioni strette, compresi il sostegno per il trauma subito e la relativa consulenza. (art. 8, comma III).
Si tratta, dunque, di una rete di servizi molto costosa dal punto di vista economico, ma piuttosto rilevante per garantire e migliorare la protezione e il supporto nei confronti delle vittime di reato. 119
2) In secondo luogo sono sanciti una serie diritti volti a garantire l’effettiva partecipazione al processo della vittima (Capo 3)
L’articolo 10, invero, prevede un obbligo in capo ad ogni Stato membro di garantire la possibilità che la persona offesa venga sentita durante il procedimento penale e che possa fornire elementi di prova.
120Tuttavia, non viene imposto l’onere di qualificarla parte processua-
le, poiché ciò sarebbe stata un’ingerenza troppo penetrante nelle tradi- zioni processuali penali nazionali 121 (invero si stabilisce che le norme
processuali in base alle quali può essere sentita e fornire elementi di prova sono previste dal diritto interno).
Per assicurare un migliore intervento dell’offeso nel circuito processuale, all’interno dell’art. 7 sono previste misure volte a dimi- nuire ostacoli linguistici di comunicazione: infatti è prevista la possi- bilità per la vittima di dotarsi gratuitamente di un interprete sia duran- te la fase delle indagini preliminari che nel corso del processo e, nel rispetto dei diritti dell’imputato, di utilizzare tecnologie di comunica- zione per la traduzione. 122
119 Ibidem.
120 All’interno dell’articolo si contempla anche il caso in cui debba essere sentito il minore vittima, specificando che durante la sua audizione devono essere tenute in considerazione la sua età e maturità.
121 Si pensi, ad esempio, al sistema penale tedesco, dove la vittima del reato non può mai di- ventare parte del processo penale in senso stretto.
122 Art. 7, comma I: “Gli Stati membri assicurano che la vittima che non comprende o non
parla la lingua del procedimento penale in questione sia assistita, previa richiesta, da un in- terprete secondo il ruolo della vittima previsto nel pertinente sistema giudiziario penale nell’ambito del procedimento penale, gratuitamente, almeno durante le audizioni o gli inter-
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È anche previsto l’obbligo per ciascun Stato membro di garanti- re la traduzione di informazioni ritenute essenziali, previa richiesta, alla vittima che non parla o non conosce la lingua utilizzata all’interno del procedimento penale.
Sempre sul piano partecipativo, in linea con quanto già disposto dalla precedente decisione quadro, si delinea un diritto alla riparazione dei pregiudizi subiti che si articola in un diritto a ottenere una decisio- ne in tempi ragionevoli in ordine al risarcimento del danno a carico dell’autore del reato, in misure atte a spronare il reo a risarcire ade- guatamente la persona offesa e infine in nella restituzione di beni se- questrati appartenenti alla vittima.123
Bisogna sottolineare che, sempre sulla scia della decisione del 2001, si cerca di evitare che la diversa cittadinanza o il diverso luogo di residenza siano un ostacolo per ottenere adeguata tutela, in quanto ciò andrebbe senza dubbio a violare uno dei principi cardine sanciti a livello comunitario, ossia la libera circolazione delle persone.
Difatti, ex art. 17 comma II, la vittima di un fatto criminoso in un Paese diverso da quello di residenza ha la possibilità di sporgere
rogatori della vittima nel corso del procedimento penale dinanzi alle autorità inquirenti e giudiziarie, inclusi gli interrogatori di polizia, così come per la sua partecipazione attiva alle udienze, comprese le necessarie udienze preliminari”
Comma II: “Fatti salvi i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale, è
possibile utilizzare tecnologie di comunicazione quali la videoconferenza, il telefono o inter-