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Le tendenze nei nuovi paesi industrializzati4.

Rilevanti le politiche svolte che le quattro tigri di oriente hanno svolto nell’arco di quaranta anni, in cui il loro percorso è stato lineare, da azioni per entrare sul mercato mondiale agendo sui prezzi per poi intervenire sulle tecnologie e sulla conoscenza, dando così un’indicazione strategica anche alle nuove tigri entrate successivamente negli anni duemila (Bianchi, Labory, 2006b).

In Giappone, il ruolo del MITI (Ministero dell’industria e del commercio) nello sviluppo indu- striale, specialmente nelle fasi iniziali della ricostruzione post-bellica è noto. Dal 1948, il governo definisce le strategie nazionali,con l’obiettivo di raggiungere il livello di sviluppo degli Stati Uniti in un primo momento e, successivamente, per sviluppare specializzazioni nei nuovi settori (primo Libro

142 Patrizio Bianchi, Sandrine Labory

Bianco sullo sviluppo tecnologico del 1948; i grandi progetti iniziati negli anni ‘60; fino al “Piano Scientifico e Tecnologico di Base II” definito nel 2000, sulla base della legge quadro del 1995 sulla politica tecnologica e scientifica). Il Giappone ha in particolare giocato la carta dei Parchi scientifici creati attorno alle università maggiori ad imitazione delle esperienze californiane.

La Corea ha attraversato molto velocemente le diverse fasi di sviluppo industriale che caratte- rizzano i paesi sviluppati: nel primo periodo (1950-1980), sviluppa capacità nelle industrie pesanti e chimiche, promuovendo la sostituzione delle importazioni e la crescita delle esportazioni, e nelle industrie ad alta intensità di lavoro. Dalla crisi degli anni ’70 la Corea definisce una politica indu- striale mirata a riorientare la struttura delle specializzazioni industriali del paese verso i settori a contenuto di tecnologia medio-alto, vale a dire verso prodotti maggiormente sofisticati. Successi- vamente l’attenzione si concentra sempre più sulla promozione delle attività legate all’innovazione (con programmi di R&S e di formazione di alte qualifiche, creando università e centri di ricerca pubblici e stimolando la ricerca privata). La Corea ha investito enormemente nell’invio di giovani studenti presso università americane e nel consolidamento dei politecnici nazionali, come centri del nuovo processo di crescita interno.

Anche Taiwan basa lo sviluppo industriale su una politica industriale sempre più orientata alle attività basate sulla valorizzazione produttiva della ricerca. Dopo le nazionalizzazioni e le azioni a favore di uno sviluppo di capacità produttive nazionali degli anni ’50, la promozione delle espor- tazioni degli anni ’60 e ’70, le politiche diventano più liberiste negli anni ’80, in quanto il settore bancario e finanziario vengono liberalizzati. Alcune industrie vengono anche direttamente sostenute, come il settore elettronico (successo) e anche quello automobilistico (fallimento). Questi settori sono sostenuti con barriere tariffarie per proteggere il mercato interno dalle importazioni, la regolamenta- zione come ad esempio riguardo al contenuto locale della produzione e joint-ventures tra imprese e istituti di ricerca. Oggi Taiwan concentra maggiormente l’attenzione sui settori ad alto contenuto di ricerca, anche con notevoli incentivi alla ricerca universitaria ed alla formazione superiore.

Singapore è spesso presentato come il paese asiatico che si è maggiormente basato sulle forze di mercato, principalmente con una politica selettiva di attrazione degli investimenti diretti dall’estero per sviluppare alcuni settori nell’economia. Così incentiva l’arrivo di multinazionali soprattutto nei settori intensi in R&S e spinge queste imprese ad installare attività di R&S localmente, per creare una capacità di ricerca a livello nazionale; a questo si accompagna una attenta politica dell’istruzione e della ricerca incentrata sulle università locali, che hanno in particolare agito per attrarre massiccia- mente studiosi dagli Stati Uniti, dall’Europa e dalla Australia.

Tuttavia, le imprese di proprietà dello Stato rappresentano il cuore del sistema industriale del Sin- gapore, attraverso la proprietà totale o parziale della Temasek holding, un organismo simile nel suo ruolo all’IRI. La holding è un fondo sovrano situate al centro di una costellazione d’interessi politici, burocratici e di business. Temasek è un investitore attivo con chiari interessi strategici e detiene oggi delle partecipazioni in circa 70 aziende, in diversi settori, dalle telecomunicazioni a servizi finanziari. Gli investimenti mirati di Temasek hanno contribuito ad orientare lo sviluppo industriale del paese verso settori sempre più sofisticati e intessi in tecnologia e conoscenze.

Questi paesi, tradizionalmente denominati le Quattro Tigri, hanno da tempo superato la linea fra politiche tradizionali orientate a proteggere le industrie nascenti locali, o a sostenerne le imprese declinanti, per approdare a linee di politica industriali fortemente orientate a consolidare i sistemi innovativi locali, fino a fare di questi i veri noccioli duri di sistemi produttivi volti ad acquisire quote significative del commercio mondiale dei beni al alto contenuto di tecnologia.

Questi paesi si aggiungono oggi India e Cina, in cui sempre più i caratteri della prima industria- lizzazione pesante è stata sostituita dalla fase di attrazione di investimenti attratti dal basso costo del lavoro, per essere oggi nettamente superata da una politica di selezione delle imprese multinazionali in entrata e da una intensa politica di investimento in strutture universitarie e di ricerca. Il caso del Guang Dong ci aiuta a definire questo fenomeno

In India la rete delle università pubbliche ha fortemente puntato su software e servizi, così come la Cina ha puntato su produzione di hardware e manifattura, spingendo tuttavia a reinvestire parte dei guadagni realizzati in nuove università. Se Bangalore e Hiderabad sono ormai i centri di servizio

Le nuove politiche industriali in un contesto globale 143

mondiali dell’informatica, il centro della azione resta nella duplice scelta di attrarre investimenti internazionali in settore high tech, ma nel contempo di puntare sulla formazione superiore. Come è stato ricordato le università indiane producono oggi oltre sei volte i dottorati di ricerca in chimica degli Stati Uniti.

La stessa Cina si sta muovendo in questa direzione e dopo aver attratto nelle zone franche produ- zioni sempre più sofisticate, ora tende ad attirarne anche le funzioni di ricerca. Nel Sud della Cina, nella enorme conurbazione urbana del Delta del Fiume delle Perle, quella per intendersi che va da Macao a Canton e da questa a ShenZhen e quindi Honk Kong si concentra ora uno straordinario potenziale produttivo, ma anche una crescente concentrazione di università di alto livello, tanto che la Municipalità di Canton ha aperto l’anno scorso un nuovo campus congiunto delle 13 univer- sità della città in cui concentrare i nuovi grandi laboratori a disposizione delle imprese interne ed internazionali presenti nella area, con una politica di richiamo dall’estero di “cervelli in fuga”, che impressiona per la ricchezza della proposta.

Come ha scritto il grande economista indiano Sanjaya Lall, in un articolo che purtroppo è stato da noi pubblicato postumo, sono proprio i paesi asiatici che hanno rinnovato gli strumentari di politica industriale (Lall, 2006). Nell’insieme infatti, tutti i paesi asiatici seguendo le indicazione delle isti- tuzioni internazionali sono stati fortemente interventisti dal 1945 agli anni ’70; negli anni ’80 e ’90 hanno poi introdotto alcuni elementi di apertura, con la liberalizzazione del commercio e la maggior attenzione alla concorrenza; l’intervento per orientare la specializzazione industriale rimane presente in tutto il periodo e dagli anni ’90 si concentra sempre più fortemente sui nuovi settori.

Tuttavia è stata l’accelerazione del commercio mondiale che ha obbligato quei governi dopo le crisi degli anni novanta a ridisegnare le loro politiche agendo su quattro linee:

investimenti in formazione di qualifiche medie ed alte, anche inviando massicciamente studenti •

all’estero,

attrazione imprese straniere, con sempre più alta selettività verso imprese ad alta tecnologia •

incentivazione impianto in loco non solo della produzione ma anche della attività di ricerca •

applicata, con programmi nazionali guidati dalla impresa privata nei paesi tradizionalmente più interventisti e a guida pubblica invece a Singapore tradizionalmente più orientato al mercato promozione di centri universitari di grande livello, così da consolidarsi come centri di ricerca, •

parte integrante della comunità scientifica internazionale.

In altre parole hanno agito per far entrare i loro paesi o almeno alcune regioni centrali nel nuovo contesto di una economia non solo aperta e competitiva, ma soprattutto di una economia centrata sulla conoscenza e sulla ricerca. La World Bank agli inizi degli anni novanta chiamò questo ridisegno iniziale delle politiche industriali il Miracolo Asiatico, cioè la conversione da politiche protezioni- stiche verso azioni di riposizionamento sostenute da investimenti strutturali in istruzione e ricerca (World Bank, 1993)

Caratteristiche della politica industriale in economia aperta e basata sulla

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