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Riforme senza costo o riforme dei processi di governance

4. Proposte operative di politica industriale e regionale: “Progetto Italia 2020”

4.7 Riforme senza costo o riforme dei processi di governance

I processi innovativi e gli investimenti privati dipendono non solo dai costi di produzione o dal costo e disponibilità di capitale finanziario ma anche dalle aspettative degli imprenditori e dalla loro percezione del rischio. Per esempio i complessi procedimenti giudiziari per la soluzione dei conflitti tra i diversi operatori in lite tra loro comportano alti costi di transazione, ostacolano il cambiamento, rallentano la velocità di decisione e portano ad un allungamento dei tempi di realizzazione dei pro- getti di investimento.

In questa prospettiva sono necessarie riforme di governance che promuovano l’innovazione orga- nizzativa, semplifichino le procedure, aumentino l’autonomia, il decentramento e l’accountability, come ad esempio:

promuovere l’innovazione non solo tecnologica ma anche di prodotto e organizzativa all’in- •

terno delle stesse amministrazioni pubbliche locali e nazionali; orientare all’innovazione la spesa pubblica e sviluppare i servizi di tipo innovativo a fronte di un taglio di quelli di routine e tradizio- nali; promuovere gli investimenti rispetto alle spese correnti. Oltre alla “spending review” sarebbe

Introduzione: linee guida per il rilancio della politica industriale e regionale 41

opportuna una “Valutazione dell’Impatto Innovativo (V.I.I)” della spesa pubblica basata su precisi indicatori quantitativi e qualitativi, che sia elaborata in collaborazione con le università locali con metodologia analoga ai “bilanci ambientali” o ”report di sostenibilità”;

assicurare una divisione delle responsabilità precisa dei diversi tipi di politiche economiche nel •

rispetto del principio di sussidiarietà e di un necessario coordinamento, per cui mentre la respon- sabilità della politica monetaria deve essere propria della BCE e quella della politica del bilancio pubblico dei Governi e delle istituzioni UE, le responsabilità della politica industriale devono essere assegnate prioritariamente a Regioni ed enti locali, nell’ambito di linee guida e di un coor- dinamento a scala nazionale ed europea;

in una strategia di riforme istituzionali, ri-orientare l’attività delle Regioni verso il fine della •

promozione delle sviluppo economico e della piena occupazione a scala regionale aumentando il peso delle spese per investimento nei bilanci regionali;

assicurare un più efficace governo dell’economia e procedere ad una riforma dell’organizzazione •

interna del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) e ad una sua fusione con il Ministero della Coesione, al fine di focalizzare l’attività del nuovo ministero sulla politica industriale e sulla politica regionale in modo integrato e sulla promozione degli investimenti per lo sviluppo econo- mico, superando l’approccio attuale che vede il MISE occuparsi prevalentemente di mere azioni difensive come la gestione di crisi aziendali.

Note:

1 Enrico Marelli esamina le caratteristiche della situazione congiunturale dell’economia italiana e dei maggiori paesi europei corrispondente alla “doppia crisi” dell’ultimo quinquennio e sviluppa un’analisi critica delle recenti politiche eco- nomiche intraprese a livello europeo (in particolare relativamente alla “austerità espansiva”). Per quanto riguarda le politi- che strutturali, delinea le differenze tra la visione neoliberista tradizionale e le caratteristiche che le politiche economiche, nazionali ed europee, dovrebbero avere per essere meglio ri-orientate verso l’obiettivo della crescita.

2 Stefano Casini Benvenuti sostiene che la crisi attuale sia intervenuta su di un sistema già fragile, accelerando e, ovvia- mente, aggravando il processo di decadimento in atto ed esamina in una prospettiva di lungo termine i dati di investimenti nei diversi settori. Riprendendo la lezione di Hirschman, sostiene la necessità di puntare sui “settore chiave” e che l’Italia ha, in questo momento, bisogno di un nuovo take-off o un processo di continui squilibri sino a trovare un nuovo assetto finale equilibrato. Il problema quindi è di nuovo legato alla convenienza ad investire nel nostro territorio e quindi all’elimi- nazione di tutte quelle condizioni che possono fare da freno.

3 Riccardo Cappellin esamina la relazione tra la diminuzione degli investimenti, il processo di “deleveraging” di im- prese, banche e Stati ed il processo di finanziarizzazione dell’economia. Propone una strategia di crescita basata sul rilancio della domanda interna e su progetti di investimento che diano una risposta ai crescenti bisogni dei cittadini di nuovi servizi moderni di uso collettivo nelle aree urbane. Infine, sottolinea che gli strumenti recenti dell’economia dell’innovazione e dell’economia regionale sono più appropriati per definire una strategia di crescita in un’economia moderna fondata sulla conoscenza, rispetto al modello neoclassico di crescita e alla dottrina neoliberista delle “riforme strutturali” e del fiscal compact.

4 Enzo Rullani individua cinque grandi onde: globalizzazione, iper-connessione, automazione, worldmaking, ri-perso- nalizzazione della complessità, che modificano lo scenario competitivo delle imprese, le caratteristiche delle filiere globali di cui fanno parte i comportamenti dei consumatori finali e che sono di stimolo all’innovazione dei prodotti e dei servizi delle imprese, determinano un nuovo rapporto tra imprese e territori e impongono l’adozione di nuove politiche industriali e territoriali.

5 Marco Bellandi analizza il dibattito tra, da un lato, le posizioni mainstream che puntano il dito sulla debolezza del tessuto di PMI e sottolineano la centralità delle aree urbane maggiori e, dall’altro, gli approcci sensibili alle specificità ter- ritoriali, settoriali ed organizzative dell’industria che sottolineano la forza dei sistemi distrettuali e del quarto capitalismo delle medie imprese. Essi propongono esempi di politiche per la rinascita dell’industria italiana che si basano su sistemi di produzione fortemente dinamici e non solo radicati localmente ma anche integrati in territori più ampi, in filiere produttive internazionali, in reti di comunità di pratica virtuali, in trasversalità settoriali e tecnologiche.

6 Leonardo Becchetti analizza alcuni aspetti interrelati della recente crisi: in primo luogo a livello macroeconomico, sottolineando le errate politiche monetarie e fiscali dell’Eurozona, che non hanno consentito di cogliere gli aspetti benefici della globalizzazione; quindi l’incapacità dell’attuale sistema finanziario di fornire liquidità al sistema produttivo; riguardo alla sviluppo locale, evidenzia la prevalente ed errata concezione della competitività (che non consente di sfruttare i fattori competitivi non delocalizzabili); infine si sofferma sui precari equilibri tra imprese, istituzioni e società civile (che stanno determinando crescenti disuguaglianze). Per ciascun aspetto, fornisce possibili risposte di politica economica.

7 Patrizio Bianchi e Sandrine Labory esaminano le caratteristiche della politica industriale in un’economia aperta e basa- ta sulla conoscenza, partendo dalle esperienze internazionali nei paesi emergenti a rapida internazionalizzazione e dall’evo- luzione dei programmi europei: dalla Strategia di Lisbona alla programmazione delle politiche strutturali; sottolineano la

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distinzione tra le politiche della concorrenza e le politiche della competitività a sostegno della ricerca e della formazione del capitale umano.

8 Alessandro Sterlacchini documenta il ruolo decisivo giocato dai gruppi Fiat, Finmeccanica, STMicroelectronics e Telecom Italia e delinea uno schema di politica industriale e della ricerca di natura sistemica che coinvolga anche i cluster tecnologici territoriali in cui operano le grandi imprese.

9 Marco Mutinelli analizza le principali caratteristiche strutturali e le tendenze evolutive più recenti riguardo l’attività delle multinazionali italiane e della multinazionali estere attive in Italia. Viene ribadita l’importanza ai fini della ripresa di un cammino di crescita di un maggiore radicamento delle nostre imprese sui mercati esteri, da un lato, e di una robusta e articolata presenza di imprese multinazionali nel nostro paese, dall’altro.

10 Sergio Destefanis evidenzia gli squilibri a livello locale tra domanda e offerta di competenze e alcune best practices nell’ambito del matching tra domanda e offerta di competenze relative sia all’Italia che ad altri paesi; queste evidenze at- testano l’effettiva possibilità di promuovere in modo coordinato le competenze e lo sviluppo locale e, più generalmente, il coordinamento delle politiche industriali e del lavoro.

11 Marco Frey sottolinea che la green economy può essere considerata un’opportunità sia per le imprese che per l’econo- mia nazionale, se accompagnata da un’adeguata azione di sistema che consenta di valorizzare le capacità distintive, l’uso efficiente delle risorse, la complementarietà tra i diversi attori e l’integrazione delle diverse azioni di policy.

12 Romeo Danielis esamina le diverse tipologie del trasporto di persone e merci, come il trasporto automobilistico pri- vato, il trasporto pubblico locale, il trasporto ferroviario, il trasporto aereo, il trasporto stradale delle merci e il trasporto marittimo. Delinea le caratteristiche delle politiche di contenimento della domanda, di promozione dei modi di trasporto meno intrusivi, di miglioramento tecnologico e di sviluppo delle infrastrutture stradali. Sottolinea le difficoltà di una ge- stione multilivello delle politiche, in particolare nella programmazione e realizzazione dei progetti di investimento.

13 Enrico Ciciotti sviluppa una riflessione sul nuovo ruolo che le città possono svolgere in un periodo di profondi cam- biamenti strutturali, analizzando le politiche urbane che sono state messe in atto, a scala locale e nazionale, e indica le linee generali di una politica urbana nazionale che valorizzi il ruolo che le città possono svolgere nel promuovere lo sviluppo economico nazionale.

14 Roberto Camagni e Roberta Capello affrontano il dibattito sulle strategie di specializzazione intelligente. Sostengono che la dicotomia centro periferia suggerita nella prima fase dagli esperti della cosiddetta “S3”, che distingue tra un’area di ricerca avanzata (il centro) e un’area di applicazione dei risultati della ricerca (la periferia), appare troppo semplificata per catturare i differenziati modelli di innovazione che caratterizzano le regioni europee. Propongono una nuova tassonomia delle regioni innovative in Europa basata sul loro modello di innovazione e politiche dell’innovazione diverse per ciascun tipi regionale di innovazione.

15 Gianfranco Viesti e Francesco Prota esaminano la struttura e le dinamiche recenti dell’industria meridionale e i fattori che hanno aggravato gli effetti della crisi. Essi sottolineano che lo sforzo pubblico per l’industrializzazione del Mezzogior- no è oggi assolutamente modesto, assai inferiore alla media comunitaria. L’industria svolge tuttora un ruolo cruciale per lo sviluppo e le politiche industriali devono mirare ad un allargamento della base produttiva attraverso l’ingresso di nuovi attori.

16 Alfredo Del Monte analizza un’ampia letteratura sull’importanza della cooperazione fra le imprese nonché fra imprese e istituzioni non di mercato per stimolare il processo innovativo e lo sviluppo. Esamina quali sono le caratteristiche che tali politiche devono avere per promuovere reti innovative e distretti tecnologici e come valutare gli effetti delle stesse.

17 Andrea Bollino esamina le metodologie di determinazione del rating delle imprese e degli stati e il problema della frammentazione del mercato del credito tra i diversi paesi, che contrasta con i principi del Mercato Unico e con la conside- razione che il merito di credito di ogni impresa dovrebbe essere basato solamente sulle capacità dell’impresa, sia tecnolo- giche che manageriali, di competere sul mercato.

18 Roberto Camagni sottolinea la necessità di un processo di ri-capitalizzazione delle città e che una fonte di rilevanti introiti fiscali potenziali per le città e le finanze pubbliche consiste nella tassazione delle rendite di trasformazione urbani- stica. Mentre in Italia manca un dibattito politico su questi temi, in altri paesi avanzati la negoziazione avviene con ben altri risultati per la parte pubblica, aiutata da una legislazione sulla fiscalità immobiliare assai meno sottomessa agli interessi privati.

19 Secondo Alessandro Petretto gli ultimi quindici anni hanno mostrato la presenza in Italia di un governo centrale so- stanzialmente incapace di effettuare riforme economiche e politiche strutturali (come la politica industriale), di politiche necessarie per affiancare le inevitabili manovre di contenimento del deficit e del debito pubblico, anche per limitare gli effetti pro-ciclici di tali manovre. Importanti potrebbero essere in questo contesto i “tributi commutativi” e in particolare l’imposizione di scopo per finanziare investimenti pubblici.

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Territori in transizione. Il nuovo rapporto tra imprese e Politiche territoriali

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