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Il quadro internazionale

La valorizzazione del territorio in una prospettiva green

1. Il quadro internazionale

La green economy è stata vista a livello internazionale (Unep, 2011; OECD, 2011; World Bank, 2011) come una via globale per uscire rafforzati da questa fase di transizione2.

Per l’OECD (2011) sostenere la crescita verde significa “promuovere lo sviluppo economico e al contempo assicurare che il patrimonio naturale continui a fornire le risorse e i servizi ambientali sui quali si basa il nostro benessere”. Per sostenere questo duplice, ma sinergico, obiettivo sono 1. Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Istituto di Management, e-mail: frey@sssup.it.

2. Questa visione non è stata condivisa da diversi economisti, che avversi a slogan poco dimostrabili, insistono sulla necessità che vi siano attente analisi dei costi e dei benefici delle diverse alternative di uscita dalla crisi e che non si può considerare la green economy come un “grande banchetto gratuito che è stato messo sotto il nostro naso” (Schmalensee, 2012).

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necessari investimenti e innovazione che possano dare vita a nuove opportunità economiche e, in prospettiva ad una rinnovata e diversa fase di crescita.

Un ritorno al modello pre-crisi sarebbe per l’OECD limitativo allo sviluppo e, soprattutto, inso- stenibile. Tal punto di vista più prettamente ambientale potrebbe, infatti, generare una maggiore penuria idrica, colli di bottiglia nell’approvvigionamento di risorse, inquinamento atmosferico e idrico, cambiamento climatico e perdita di biodiversità irreversibili; a ciò si assocerebbero fattori di insostenibilità sociale ed economica riconducibili a modalità di sviluppo non equilibrate e durature che minerebbero l’equità intergenerazionale e infragenerazionale (su scala sia globale che locale).

A sua volta l’UNEP (2011) con il suo rapporto “Verso una green economy” ha enfatizzato l’im- portanza, tanto più in periodo di crisi, dell’economia verde come chiave per perseguire lo sviluppo sostenibile e lo sradicamento della povertà.

In sostanziale sintonia con l’OECD, l’UNEP (2010) definisce un’economia green come quella capace di migliorare il benessere umano e l’equità sociale, riducendo contestualmente i rischi ambientali e le scarsità ecologiche. In un’economia più verde, la crescita nel reddito e nell’occupa- zione sono guidati da investimenti pubblici e privati che riducono le emissioni di anidride carbonica e l’inquinamento, rafforzando l’efficienza nell’uso delle risorse e i servizi ecosistemici e prevenendo la perdita di biodiversità.

Questi investimenti necessitano dell’orientamento e del supporto della spesa pubblica, di riforme nelle politiche e di cambiamenti nella regolazione. Il sentiero di sviluppo dovrebbe, infatti, mante- nere, consolidare e, laddove necessario, ricostruire il capitale naturale come risorsa economica critica e fonte di pubblici benefici. Ciò risulta essere particolarmente importante per le popolazioni più povere la cui vita e sicurezza dipende direttamente dalla natura.

Il rapporto UNEP (2011) evidenzia nella prima parte quali sono gli ambiti del capitale naturale in cui appare necessario investire (l’agricoltura, la pesca, l’acqua, le foreste), mentre nella seconda parte approfondisce le opportunità nella gestione efficiente delle risorse (energia rinnovabile, industria, rifiuti, edifici, trasporti, turismo, città) e nella terza si sofferma su come supportare la transizione verso la green economy (modelli, condizioni abilitanti, finanza). Nel complesso l’investimento ipo- tizzato per attuare la conversione dell’economia tradizionale in un’economia più verde, sarebbe pari a 1.300 miliardi di dollari (2% del PIL)3.

Queste dimensioni chiamano prepotentemente in causa il mondo della finanza. Come è stato infatti evidenziato a Rio nel Corporate Sustainability Forum, per mantenere il delicato equilibrio tra svi- luppo economico, giustizia sociale e difesa dell’ecosistema, le infrastrutture finanziarie e di mercato devono essere riorientate verso obiettivi di sostenibilità, e adattate per meglio integrare le esterna- lità ambientali e le considerazioni sociali nel mainstream delle attività economiche e finanziarie. Al tempo stesso i modelli di business e i prodotti finanziari devono essere sviluppati per consentire ai flussi di capitale di fluire in misura adeguata verso gli investimenti più sostenibili. È necessario, infatti, mobilizzare risorse finanziarie su larga scala per finanziare un così ampio e profondo processo di trasformazione del sistema economico, accompagnando le imprese e i cittadini nella transizione verso un’economia più sostenibile.

Grazie all’accresciuta consapevolezza, gli attori finanziari potrebbero partecipare attivamente alla trasformazione in corso in tutti i propri mercati di riferimento, sostenendo attraverso una gestione oculata del credito le attività, le soluzioni e le tecnologie più efficienti e rinnovabili. Potrebbero anche influenzare positivamente la gestione delle imprese nelle quali investono, suggerendo l’ado- zione di politiche e standard di sostenibilità, tramite l’utilizzo di mezzi di partecipazione, quali ad esempio l’azionariato attivo, o limitandosi ad iniziative di moral suasion.

L’intero processo deve essere auspicabilmente gestito in stretta connessione con gli indirizzi e le azioni di politica industriale e ambientale, come gli strumenti economici per una green economy (tasse, tariffe), gli incentivi o i disincentivi (nei confronti delle attività più inquinanti).

Possiamo al proposito ritornare all’OECD che nella sua strategia verso la crescita verde si concen- tra sulle politiche da attuare. Partendo dal presupposto che non esista una ricetta universale, identifica 3. Uno delle principali critiche indirizzate al rapporto UNEP riguarda la non definizione di quali possono essere le moda- lità per finanziare questi cospicui investimenti (Victor, Jackson, 2012, p.14; Schmalensee, 2013).

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però degli elementi comuni da considerare nei diversi contesti: innanzitutto una politica economica flessibile e dinamica orientata alla gestione efficiente delle risorse. È questo un tema a cui ha dedicato grande attenzione anche la Commissione Europea con una delle iniziative bandiera (dedicata per l’appunto all’uso efficiente delle risorse) nell’ambito della Strategia Europa 2020 4.

In secondo luogo è necessaria una forte integrazione tra politica economica e ambientale, affinché si rafforzino a vicenda e riconoscano il valore del capitale naturale quale fattore di produzione nonché il ruolo che svolge nella crescita. Tale strategia mira a individuare dei metodi efficaci sotto il profilo dei costi, volti ad attenuare quelle pressioni ambientali che potrebbero ostacolare la transizione verso i nuovi percorsi di crescita che permetteranno di non superare le soglie ambientali critiche su scala locale, regionale e globale.

È soprattutto in questo ambito che possiamo ragionare delle implicazioni su scala territoriale e nazionale della strategia di crescita verde sostenuta dall’OECD e dall’UNEP.

Innanzitutto l’innovazione è chiamata a svolgere un ruolo chiave. Con la tecnologia di produzione e i comportamenti attuali dei consumatori, è possibile ottenere esiti positivi circoscritti. L’innova- zione green oriented può contribuire, spostando la frontiera delle capacità attuali, a disgiungere la crescita dall’uso delle risorse e dal progressivo esaurimento del capitale naturale (decoupling).

Le strategie di crescita verde devono poi incoraggiare comportamenti più ecologici da parte di imprese e consumatori, attraverso un mix di strumenti regolamentativi, fiscali e di incentivazione.

È infatti necessario aumentare la durevolezza dei prodotti nel mercato, promuovere forme di con- divisione (bihe, car, home, sharing) dei prodotti/servizi, sostenere la capacità di rigenerazione delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici (Cato, 2012).

L’attribuzione di un prezzo all’inquinamento o allo sfruttamento eccessivo di risorse naturali scarse, attraverso meccanismi quali imposte o sistemi di permessi negoziabili, dovrebbe essere un elemento centrale del mix di politiche. In generale vi è la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro all’uso delle risorse5.

L’OECD, sta contribuendo, anche attraverso i rapporti periodici sulle politiche ambientali dei diversi Paesi a questo quadro complessivo. L’ultimo rapporto sull’Italia evidenzia una serie di limiti che caratterizzano il nostro Paese, in particolare quelli connessi alla farraginosità del nostro sistema amministrativo, ma anche alcuni punti di forza, come quelli connessi alla creatività e innovatività delle nostre piccole e medie imprese.

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