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Immigrati e mercato del lavoro: costrizioni, scelte e strategie

2.2 L’Italia nel modello mediterraneo

2.3.3 Le teorie intermedie

A fronte della complessità e dei limiti mostrati dalle teorie sull’imprenditoria immigrata, si sono sviluppati alcuni modelli che cercano di promuovere un’integrazione e un bilanciamento delle posizioni più “estreme”. In ordine cronologico è possibile ricordare due teorizzazioni: il modello interattivo di Waldinger, Aldrich e Ward; la teoria della mixed embeddedness di Kloosterman e Rath.

Una riflessione innovativa e pioneristica è proposta, in primo luogo, da Waldinger e dai suoi collaboratori nel corso degli anni Novanta. L’imprenditorialità immigrata è vista come qualcosa d’interattivo che risponde alle esigenze delle economie avanzate e risulta dall’agire di due fattori: la struttura delle opportunità e dei vincoli politico-economici e la strategia di adattamento data dalle caratteristiche etnoculturali dei vari gruppi181. Perciò il lavoro degli immigrati è studiato come “la conseguenza del perseguimento di opportunità attraverso una mobilitazione di risorse mediate dai reticoli etnici in condizioni storiche uniche” come “il modo con cui gli immigrati e le minoranze etniche possono rispondere all’attuale ristrutturazione delle economie occidentali”.182

La struttura delle opportunità riguarda propriamente le possibilità che hanno gli immigrati di avviare l’attività stessa ed è legata a una serie di fattori. Innanzitutto si devono considerare le caratteristiche del contesto, ovvero del mercato dove si inserisce l’impresa. Il primo mercato cui si rivolgono queste attività è quello etnico rivolto alla comunità d’origine e indirizzato a soddisfare le esigenze interne al gruppo. È un ambito particolarmente ristretto che porta i più intraprendenti a offrire i propri prodotti e servizi alla popolazione autoctona, specializzandosi in settori dove non è difficile entrare anche perché segnati da instabilità e incertezza. L’autore parla di “gruppo di rimpiazzo” rivolgendosi al processo di sostituzione degli autoctoni nelle attività di basso prestigio e torna sul concetto della mobilità bloccata che opera

181 Pilotti L., De Noni I., Ganzaroli A., (2014), Il cammino infinito. Imprenditorialità multiculturale tra varietà, innovazione e territori, Franco Angeli, Milano

come fattore di spinta per il gruppo etnico. Dal lato della strategia di adattamento, o dell’offerta, le risorse etniche diventano fondamentali per supportare la sopravvivenza e il successo dell’impresa: l’imprenditore immigrato, al contrario degli autoctoni, ha alle spalle un circuito di fiducia e lealtà, di flessibilità e “dedizione”, un network che provvede alla circolazione delle informazioni e alla ricerca dei capitali necessari; l’imprenditore immigrato può fare affidamento sull’azione della solidarietà etnica.

Rispetto all’interazione tra i due versanti è opportuno fare alcune precisazioni. Ad esempio, tra i fattori che determinano il lato dell’offerta, Waldinger parla di “migrazioni selettive” in base alle quali si realizzerebbe una sorta di autoselezione degli individui che, per una personale predisposizione o per una maggiore preparazione, il network andrebbe a indirizzare verso precise occupazioni. In effetti, anche se “l’identificazione con un particolare gruppo etnico non è una caratteristica naturale né importata prima del contatto con la società ospitante, ne valorizza il significato economico, assumendo che l’etnicità acquisti rilievo quando le connessioni sociali tra i membri di un gruppo etnico aiutano a stabilire concentrazioni occupazionali, settoriali o spaziali distinte”.183 Proprio riguardo questi aspetti il modello è stato sottoposto a una serie di critiche. Waldinger finisce per enfatizzare le risorse etniche (il lato dell’offerta), andando a trascurare le risorse di carattere generale come l’abilità negli affari o la disponibilità finanziaria. Dal momento che quando ci si riferisce alle microimprese di immigrati si stanno unendo delle realtà molto diverse, dalla “bancarella” del mercato alle società di servizi professionali,184 profondamente distanti sono anche i soggetti coinvolti. Il capitale umano così come quello finanziario e le risorse comunitarie possono quindi variare in modo sensibile: un suggerimento è quello di bilanciare con più decisione il peso dei fattori strutturali e in particolare il ruolo delle politiche nel favorire questo tipo di attività185. Ulteriori critiche puntano sempre sulla dimensione etnica del modello, la cui centralità ne rappresenta in realtà un punto debole. Innanzitutto le stesse attività indipendenti non necessariamente si muovono nell’ambito dell’etnicità, l’idea di

183 Ibidem 184 Idem p 116 185

Light I., Rosenstein C., Race, Ethnicity, and Entrepreneurship in Urban America. Review by: Steven J. Gold in American Journal of Sociology, Vol. 102, No. 3 (Nov., 1996), pp. 920-922

imprenditori immigrati che si comportano in modo completamente diverso da quelli autoctoni e il concetto di strategia etnica ben pianificata sono state messe in discussione dai fallimenti e dall’elevata improvvisazione.

Molte di queste critiche sono state mosse dal secondo tentativo di arrivare a un’integrazione tra le varie proposte: la teoria della mixed embeddedness. Quest’analisi si propone di elaborare un concetto che possa abbracciare contemporaneamente i numerosi fattori che operano sui diversi livelli. Kloosterman e Rath partono dallo studio dell’iniziativa economica nel quadro delle relazioni etniche e delle condizioni del mercato con l’intento di elaborare dei concetti più ampi.186 Il presupposto è che mercati e dinamica della domanda siano dei fenomeni incorporati,

embededd appunto, in contesti sociali che variano nel tempo e nello spazio.187 Allo stesso modo l’offerta imprenditoriale immigrata è analizzata a partire dalle caratteristiche che la distinguono da quella locale e in riferimento a processi di integrazione economica a livello globale che sono indirizzati a una trasformazione, in termini di differenziazione, delle offerta in questione. In altri termini, si potrebbe dire che l’imprenditore immigrato, pur in situazioni di carente capitale finanziario e istruzione, è stato nel corso del tempo particolarmente abile a specializzarsi e qualificarsi in determinati settori dove la sua presenza è diventata significativa se non indispensabile. Questa abilità si riflette anche nel rapporto con la struttura delle opportunità che può essere modificata e sfruttata dai più intraprendenti e brillanti imprenditori. I due autori inoltre approfondiscono il concetto stesso della struttura delle opportunità a partire da due dimensioni, l’accessibilità e il potenziale di crescita dei mercati, analizzate su tre livelli: nazionale, regionale e del vicinato. Al livello nazionale si guarda all’operato delle istituzioni nel definire il percorso e l’evoluzione

186 Kloosterman R., Rath J., (2001) Immigrant Entrepreneurship in advanced economies: mixed embeddedness further explored in Journal of Ethnic and Migration Studies Special Issue on Immigrant Entrepreneurship vol 27 pp 189-202

187

Per un approfondimento del concetto stesso di mixed embeddedness Barberis E., (2008), Imprenditori immigrati, tra inserimento sociale e partecipazione allo sviluppo, Roma: Ediesse. L’autore propone una particolare analisi sottolineando come “la mixed embeddedness stessa non dovrebbe essere considerata un’esclusiva della popolazione immigrata e delle minoranze figlie di più o meno recenti percorsi di mobilità territoriale. La diversità, infatti, è una caratteristica delle società, che non sono multiculturali perché ci sono gli immigrati. Conseguentemente configurazioni differenziate e segmentate di embeddedness sussistono ogni volta che si presentano gruppi caratterizzati da diversi rapporti di potere, esigenze, bisogni, culture, posizioni nel mercato del lavoro, nell’arena politica, ecc. Si potrebbero dunque dettagliare profili differenziati e plurimi di mixed embeddedness ovunque si crei un sistema di relazioni fra un we-group e un they-group” p. 67

del lavoro indipendente: sono emanate norme e regolamenti che ostacolano o favoriscono le imprese. Sono le istituzioni che decidono cosa è mercificabile e cosa non lo è, cosa può circolare sui mercati e cosa essere fornito dall’apparato pubblico. Il livello regionale rimanda a un paesaggio particolarmente ricco e dinamico nel quale alcune aree, come i grandi centri metropolitani, sviluppano delle strutture di opportunità diverse dal resto del contesto circostante. Per questa specifica caratteristica si tratta di un livello di analisi di grande interesse perché è in esso che, in buona parte, si possono osservare e “valutare” non solo i fenomeni di inserimento degli immigrati nel lavoro indipendente, ma più in generale si può osservare uno spaccato significativo del più ampio processo di integrazione. Infine il livello del vicinato insiste su quelle aree dove sono concentrati specifici gruppi di immigrati: la concentrazione è tale da creare un ambiente “naturale” all’impresa di tipo etnico che fornisce prodotti altrimenti non disponibili.

La riflessione sulla mixed embeddedness può essere riassunta facendo riferimento all’interazione fra tre variabili: le reti sociali, i mercati e la regolazione politica.188 Le reti sono la fonte del capitale sociale distribuito ai diversi gruppi: attraverso esse circolano informazioni, conoscenze e relazioni tra imprenditori, fornitori e clienti. Queste risorse sono distribuite in modo differenziato e saperle sfruttare richiede una certa abilità. Il riferimento ai mercati rimanda alla varietà degli oggetti che possono essere scambiati, al numero e al tipo di attori coinvolti, al contesto territoriale. Infine la regolazione politica agisce sull’attività in questione favorendola o sottoponendola a particolari regimi.

Pur essendo stato criticato per una certa vaghezza teorica, se non addirittura per una certa ripetitività, il modello della mixed embeddedness ha rappresentato il primo autorevole tentativo, a livello europeo, di delineare un quadro teorico e interpretativo che fosse il più completo possibile.

188 Questa semplificazione si può cogliere in particolare da una ricerca di Rath sull’industria dell’abbigliamento in sette grandi città occidentali. Rath J., (a cura di), (2002) Unravelling the Rag Trade. Immigrant Entrepreneurship in seven world cities, Berg Publishers, Oxford