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Un mercato del lavoro per gli immigrat

Immigrati e mercato del lavoro: costrizioni, scelte e strategie

2.1 Un mercato del lavoro per gli immigrat

In questa ricerca sono stati già toccati alcuni aspetti relativi all’inserimento degli immigrati nel mondo del lavoro, ambito chiaramente intrecciato con modelli e teorie che si focalizzano sulle cause e sui risvolti economici dei flussi migratori. Il principale contesto di riferimento è offerto dalla globalizzazione102 economica come processo che, di fatto, ha portato a un nuovo livello l’internazionalizzazione economica nella quale l’immigrato costituisce una forza lavoro ai due poli di una gerarchia delle professioni103: ai livelli superiori si tratta di professionisti che godono di stabilità e di ottime retribuzioni, al livello più basso, invece, si collocano coloro che vanno a ingrossare le file della cosiddetta nuova servitù delle città globali. Una quota molto alta si muove nel terziario svolgendo lavori poco garantiti, di scarso prestigio e di bassa retribuzione.104 Per molti aspetti è proprio questa parte

102

La globalizzazione può essere definita come un processo fatto di “interconnessioni che mettono in rapporto Paesi ed imprese, movimenti sociali e gruppi professionali, etnie e religioni differenti” Cesareo V., (1998), Sociologia. Concetti e tematiche, Vita e Pensiero, Milano p.239

103 Zanfrini L., (2007), Sociologia delle migrazioni, Laterza, Roma-Bari

104 Il lavoratore immigrato sembra incarnare perfettamente la trasformazione del mercato del lavoro nella fase di terziarizzazione dell’economia, di segmentazione e precarietà. Egli svolge i cosiddetti lavori delle “cinque P”: pesanti, pericolosi, precari, poco pagati, penalizzati socialmente. Mansioni

dell’immigrazione che suscita una maggiore attenzione, poiché la loro presenza in primo luogo “getta luce sui processi sociali di costruzione delle differenze e d’attribuzione dei ruoli sociali in base ai caratteri ascritti”105 svolgendo in questo modo la funzione specchio dell’immigrazione106: sottolinea debolezze e tendenze delle società di arrivo. Senza contare che questa è anche la quota di immigrazione che causa le maggiori preoccupazioni in termini di sicurezza e presunti svantaggi per le popolazioni autoctone.

L’inserimento nel mercato del lavoro, l’iter e le possibilità di “successo” sono determinati non solo da fattori quali il livello di istruzione o l’esperienza professionale eventualmente maturata in patria, a svolgere un ruolo molto importante sono le specifiche politiche migratorie e la distribuzione delle opportunità connesse alle differenze etniche.

Le dinamiche d’inserimento nel mondo del lavoro, così come quelle relative al concetto più ampio d’integrazione, sono state identificate e interpretate alla luce di un superamento della visione tradizionale di tipo assimilazionista. E’ possibile identificare almeno tre momenti107: il primo guarda all’idea dell’embeddedness dell’economia nella società,108 ed è esemplificata dall’idea di un’assimilazione segmentata109 in base a tre tipi di fattori. I primi due riguardano un’incorporazione che può definirsi di tipo strutturale. Le politiche migratorie possono assumere un atteggiamento ostile, indifferente o ricettivo in base al livello di inserimento che rendono possibile. Segue il peso della società e dell’opinione pubblica che insieme si muovono lungo un continuum di discriminazione più o meno latente. Infine il terzo

che lo collocano in una posizione debole ma al tempo stesso indispensabile. Cfr Ambrosini M., (2005), Sociologia delle migrazioni, Il Mulino, Bologna

105

Idem pag. 150

106 Sayad A., (2002), La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Raffaello Cortina Editore, Milano

107

Zanfrini L., (2007) Sociologia delle migrazioni, Laterza, Roma-Bari, p. 152 e ss. Si è scelto di trattare il terzo passaggio, identificato nell’imprenditorialità degli immigrati, separatamente e in modo più ampio rispetto ai precedenti. La scelta è stata dettata non solo da un’economia dell’indagine qui proposta, orientata a presentare il quadro variegato delle teorie sull’imprenditoria immigrata, ma anche perché “le evocazioni di tale passaggio sono molteplici e riguardano i vari ambiti della vita sociale, fino a prefigurare la necessità di rivedere l’intero apparato d’analisi con quale s’è fin qui interpretato il processo d’incorporazione”. Idem pp. 166-67

108 Secondo la visione della nuova sociologia economica ogni azione economica è immersa nel quadro sociale e istituzionale in cui si compie

109

Portes A., (1995), The Economic Sociology of Immigration. Essays on Networks, Ethnicity, and Entrepreneurship, Russell Sage Foundation

fattore è di tipo relazionale e rimanda al ruolo giocato dal gruppo etnico di appartenenza.

Se tutti insieme questi fattori contribuiscono a definire il percorso di inserimento economico degli immigrati, è in particolar modo il terzo ad aver ricevuto una forte attenzione in virtù dell’applicazione della teoria dei network al fenomeno migratorio. Il concetto di catena migratoria spiega il meccanismo che attrae nuovi migranti verso le destinazioni già “scoperte” da famigliari e amici; l’idea del network, invece, permette di ampliare lo sguardo su diversi fenomeni che insistono su diversi processi tra cui quelli relativi all’inserimento nel mondo del lavoro.110 Le reti sociali in cui gli immigrati riescono a muoversi contribuiscono a delineare l’ingresso in determinate occupazioni grazie a: una certa dose di fiducia esterna, che appare come una sorta di benevolenza da parte dei datori di lavoro e di fiducia interna, costituita dai legami non solo familiari ma di solidarietà e di appartenenza al gruppo. Ciò ha portato a una grande attenzione a fenomeni di specializzazione etnica in base ai quali intere nazionalità di immigrati finiscono per collocarsi in precisi settori dell’economia favorendo eventualmente una forte segregazione lavorativa e sociale. Questo aspetto è strettamente collegato a un’altra caratteristica delle reti che offrono una particolare forma di capitale sociale111. Quest’ultimo si presenta come risultato della partecipazione alle reti migratorie nelle quali gli individui hanno la possibilità di avvantaggiarsi di un’ampia gamma di risorse, come contatti e sostegno sia morale che materiale. I rapporti su base etnica, all’interno della rete, danno vita a

110 Ambrosini M., (2006), Delle reti e oltre: processi migratori, legami sociali e istituzioni, Working Papers del Dipartimento di studi sociali e politici, Università degli studi di Milano, disponibile al seguente link http://www.socpol.unimi.it/papers/2006-01-18_Maurizio%20Ambrosini.pdf consultato in data 20 dicembre 2014

111 Il concetto di capitale sociale è oggetto di diverse interpretazioni. In generale può definirsi come l’insieme di valori e relazioni che un individuo costruisce nel corso della propria esistenza. È possibile, in assenza di una definizione univoca, far riferimento a due prospettive che ne hanno valorizzata l’importanza anche nel quadro della sociologia. Nella visione individualista di Coleman il capitale sociale è frutto delle scelte dell’individuo, attore razionale, che massimizza i propri vantaggi nelle relazioni con gli altri, nelle società in cui si muove e nelle loro norme. Si assume che la sua sia una strategia di lungo periodo e che guardi, pertanto, a eventuali benefici futuri. L’altra accezione è invece di tipo collettivista ed è espressa dalla visione di Putnam. In questo caso il capitale sociale è dato dallo scambio, dalle relazioni dell’individuo con gli altri. Il contatto reciproco, non fondato esclusivamente sull’utilità individuale, permette di mettere in comune il proprio bagaglio di esperienze, conoscenze e informazioni in modo tale da raggiungere obiettivi altrimenti non perseguibili. Cfr Pendenza M., (2008), Teorie del capitale sociale, Rubbettino, Soveria Mannelli

un’ulteriore forma di capitale sociale, quello, appunto, definito su base etnica112. Questo tipo di capitale tende in realtà a essere meno ricco del capitale sociale generalizzato, la sua utilità dipende fortemente dal grado di inserimento della comunità etnica nella società di arrivo. Anche per questo può rivelarsi poco flessibile e non sufficientemente diversificato. Tuttavia può risultare una valida risorsa, laddove si sviluppano “economie etniche”, e come strumento di inclusione nella società ricevente in alternativa all’eventuale perdita dei riferimenti identitari. Pur enfatizzando gli effetti positivi di questa dinamica, non si può dimenticare come indicatori grossolani, quale la semplice provenienza, possano diventare dei veri e propri criteri di selezione delle capacità di un lavoratore rispetto a un dato settore lavorativo. Ciò è vero soprattutto quando ci si riferisce alle dinamiche di genere nelle quali la rete svolge un compito fondamentale. Legami di parentela, amicizia o di interesse, permettono l’inserimento lavorativo delle nuove arrivate, assicurano protezione, forniscono forme di socialità e alcuni servizi informali. Parallelamente si compie un’azione di collocamento concentrata nel lavoro domestico e di cura: l’esito è il rafforzamento di un’immagine non veritiera delle immigrate, considerate, in blocco, prive di specifiche competenze professionali, docili e sottomesse.113

Un’ interessante riflessione sul legame tra embeddedness e capitale sociale è offerta, nel quadro della nuova sociologia economica, da Portes e Sensenbrenner114 che ricostruiscono le precedenti analisi sul concetto per arrivare a individuare i meccanismi che ne guidano la creazione, evidenziando conseguenze positive e negative. Intendendo quindi il capitale sociale come “insieme delle aspettative

112

Esser H., (2004), Does the “new” immigration require a “new” theory of intergenerational integration?, in International Migration Review vol. 38, n.3, pp 1126-1159

113 L’analisi del funzionamento e dei rapporti interni alle reti è un campo che deve ancora essere esplorato completamente, tuttavia, è possibile identificare alcune figure che svolgono dei compiti ben precisi anche se talvolta tendono a sovrapporsi Cfr Ambrosini M., (2006) op. cit.: lo scout è il pioniere che diventa il punto di riferimento per gli arrivi successivi; il broker opera come mediatore e garante nel processo di reclutamento della forza lavoro; il leader comunitario che assume compiti di rappresentanza verso la società ricevente, talvolta con un ruolo formalizzato come capo di un’associazione. Può trattarsi anche di un leader religioso e finire per essere più il simbolo del legame con la tradizione che un tramite verso l’inserimento. Infine è individuata la figura del provider che in quanto tale fornisce servizi di vario tipo e si muove in una zona d’ombra, eventualmente illegale. 114 Portes A., Sensenbrenner J., (1991), Embeddedness e immigrazione: riflessioni sui fattori sociali determinanti dell’azione economica in Ambrosini M., Abbatecola E., (a cura di), (2009), Migrazioni e società. Una rassegna di studi internazionali, Franco Angeli Milano

collettive che condizionano il comportamento economico individuale”115, ne isolano delle specifiche applicazioni e caratteristiche: da un lato sono all’opera legami di solidarietà nel quadro della comunità etnica immigrata, dall’altro, dinamiche di ricompense e sanzioni legate all’appartenenza al gruppo si riflettono nell’imprenditoria immigrata. Nel primo caso si è di fronte a una solidarietà vincolata che nasce dalla reazione collettiva alle avversità comuni, nel secondo caso invece la fonte del capitale sociale è data dalla fiducia applicabile e a giocare un ruolo centrale sono i meccanismi sanzionatori che operano all’interno della comunità stessa.