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Verso l’incontro con le protagoniste

Immigrati e mercato del lavoro: costrizioni, scelte e strategie

Capitolo 3 La ricerca empirica

3.4 Verso l’incontro con le protagoniste

A questo punto è necessario fare alcune precisazioni. Il percorso di ricerca ha spinto a utilizzare le interviste in un modo particolare nella misura in cui, pur essendo stata definita una traccia orientativa, il materiale raccolto, arricchito da appunti presi contestualmente al colloquio, è trattato e interpretato come un racconto della loro esperienza, dall’arrivo in Italia fino al momento presente, mantenendo la dimensione del lavoro come riferimento essenziale.284

283 Della Porta D., (2010), L’intervista qualitativa, Gius, Laterza & Figli spa, Bari

284 In letteratura le tecniche qualitative sono state ripetutamente “organizzate” e distinte nel tentativo di fare ordine in un insieme che spesso vede un uso sincronico di più modalità di raccolta delle informazioni. Corbetta, ad esempio, raggruppa queste tecniche in ampi gruppi: l’osservazione diretta, le interviste in profondità e l’uso di documenti, riconducendo questa distinzione agli atti di: osservare, interrogare, leggere. Le interviste qualitative vengono quindi introdotte a partire da almeno quattro caratteristiche che le distinguono dal questionario standardizzato: l’assenza di standardizzazione; la comprensione contro la documentazione ovvero il contesto della scoperta contro quello della giustificazione; l’assenza di un campione rappresentativo; l’approccio fondato sui soggetti contro quello fondato sulle variabili. In base agli specifici tratti che un’intervista assume in base a queste caratteristiche, Corbetta riprende la distinzione di tre tipi base di interviste: strutturate, semi-strutturate e non strutturate. Cfr Corbetta P., (2003) La ricerca sociale: metodologia e tecniche. III. Le tecniche qualitative, Il Mulino, Bologna. Questa ripartizione, che permette di rilevare una certa vicinanza e sfumature tra interviste semi-strutturate e non strutturate, può essere ulteriormente approfondita in base al grado di flessibilità presentato dall’intervista, dal suo essere cioè malleabile e adatta alle diverse situazioni in cui si troverà il ricercatore. Un interessante tentativo di fare ordine tra le numerose etichette utilizzate è stato portato avanti dalla riflessione di Bichi che, per arrivare alla distinzione di tipologie di interviste, identifica come fondamentali due proprietà: la standardizzazione degli atti di interrogazione e la direttività ovvero la predefinizione degli stessi. Ad esse sono quindi correlate la strutturazione dello schema di interrogazione e la sua funzione. In particolare racconto e storia di vita possono essere considerate una particolare forma di intervista biografica Cfr Bichi R.

Il modo fluido e non standardizzato di condurre l’intervista ha reso possibile la raccolta delle informazioni in modo flessibile rispetto alle singole situazioni; ciò che accade durante il contatto intervistatore-intervistato diventa quindi centrale.

Questa scelta ha permesso di far assumere all’intervista stessa le caratteristiche di un racconto mediato, in effetti, dall’intervistatore. Infatti, anche se lo scopo è quello ricostruire il modo in cui l’intervistato vede il mondo, non si può negare un qualche grado di direttività, “cioè la possibilità da parte di chi intervista di stabilire i contenuti dell’intervista stessa”285. Relativamente a questo punto è bene ricordare che ci si sta muovendo nel quadro di un’intervista classificabile come non direttiva: la traccia, pur strutturata, è stata, per così dire, interiorizzata e non resa esplicita comportando una situazione unica e “irripetibile” in ogni intervista. Questa guida teorica ha subito una serie di trasformazioni dall’inizio della ricerca sul campo pur mantenendo ferma la consegna di partenza, necessaria a dare il via all’interazione, generica e al tempo stesso chiara nell’indicare il tema specifico da affrontare. Nel corso della ricerca solo il contatto diretto con i soggetti ha permesso di affinare gli interrogativi e di rintracciare, di volta in volta, delle significative connessioni e delle ricorrenze lungo le quali organizzare la successiva riflessione.

Questo approccio ha permesso di mantenere una certa libertà d’azione e di non essere intrappolati in uno schema di rigida successione “domanda-risposta-domanda”286. D’altra parte la traccia ha svolto la funzione di guida e di perimetro entro il quale è stato possibile decidere in che modo formulare altre consegne e rilanci e scegliere

(2007), La conduzione delle interviste nella ricerca sociale, Carocci, Roma. Infine, ancora una volta senza pretesa di offrire una trattazione esauriente, si ritiene di particolare interesse lo schema definito da Palumbo in base alle dimensioni della standardizzazione-direttività-strutturazione. In questo modo è definito un continuum, che va dall’interrogazione alla relazione, che comprende sei tecniche: questionario, intervista strutturata, intervista semistrutturata, intervista libera non direttiva, intervista in profondità, storie di vita. Tra queste l’intervista non direttiva si caratterizza per la bassa standardizzazione e una direttività minima che conferiscono una grande importanza alle parole dell’intervistato. Anche se la traccia solitamente è strutturata può non essere utilizzata in modo esplicito. Cfr Palumbo M., Gambarino E., (2006), Ricerca sociale: metodo e tecniche, Franco Angeli, Milano

285 “L’intervista, dunque, anche la meno direttiva […] è sempre orientata dalle intenzioni di conoscenza del ricercatore. Chi intervista ha circoscritto un campo di indagine. La sua interrogazione è finalizzata all’apprendimento di un’esperienza che è stata, anche in maniera incompiuta e transitoria, già definita.” Bichi R. ,(2007), La conduzione delle interviste nella ricerca sociale, Carocci, Roma. p. 156

delle tematiche da approfondire, anche se eventualmente non presenti nelle altre interviste, con la singola persona.

Consegne e rilanci rappresentano un ulteriore momento di interrelazione nella fase di intervista e segnano gli interventi del ricercatore all’interno del racconto. Le consegne permettono di chiedere approfondimenti e spiegazioni su un determinato argomento e possono essere utilizzate sia a scopo informativo sia a scopo valutativo. Nel primo caso si invita l’intervistato a parlare in modo più approfondito di eventuali sottotemi cui si sta riferendo; nel secondo caso invece si sollecita, da parte dell’intervistato, una razionalizzazione estemporanea riguardante il sottotema in questione.287 Anche i rilanci sono volti ad approfondire alcune parti del discorso ma hanno la particolarità di voler far emergere motivazioni e giudizi non legati a concatenazioni causali prodotte ad hoc.288 Consegne e rilanci inoltre non posso essere considerati neutri proprio perché, intervenendo nel discorso, possono essere più o meno coerenti con quanto espresso dall’intervistato. Certamente è stato fatto un ampio utilizzo di rilanci non verbali, come cenni di interesse, sorrisi, gesti di conferma, che hanno permesso di sollecitare il discorso limitando le interruzioni o “invasioni”.

L’utilizzo di questi elementi ha permesso, per quanto possibile, di esercitare un controllo sulla situazione: sono stati esplorati i temi ritenuti interessanti e vitali per la ricerca lasciando che emergessero anche quelli non richiesti e non previsti.289 A questo proposito non si può negare, nel caso specifico di questa ricerca, come gli interventi, seppur “calibrati” abbiano avuto un ruolo particolare nel favorire anche il racconto di piccoli episodi e aneddoti legati a qualche momento particolare della narrazione.

Si torna dunque a sottolineare una prospettiva strettamente non “inquisitoria”: non si ha infatti alcun interesse a trattare le parole dell’intervistato come delle mere

287 La consegna di tipo informativo consiste in espressioni come <<che cosa intende dire?>>, <<lei prima ha accennato a… me ne vuole parlare?>>; la consegna di tipo valutativo invece vede l’uso piuttosto diretto di espressioni come <<perché?>>, <<come mai?>>. In particolare le consegne valutative tendono a essere usate spesso e in modo spontaneo e naturale anche se è necessario fare attenzione a non causare un’interruzione nel discorso. Cfr Bichi R., (2007) La conduzione delle interviste nella ricerca sociale, Carocci, Roma

informazioni da verificare290. Il desiderio di “tutelare” la soggettività delle intervistate si lega allo specifico statuto delle loro parole “nel senso che le persone che parlano al ricercatore sono qui considerate soggetti che esprimono, in un dialogo improntato alla fiducia, la loro esperienza e le loro convinzioni, il loro punto di vista e le loro definizioni delle situazioni vissute”.291

L’intervista è stata orientata allo scambio dinamico e costruttivo che potesse portare a un esito positivo dell’incontro. Pertanto durante i colloqui è stato lasciato ampio spazio per raccontarsi senza timore e con la massima apertura accogliendo i diversi stati d’animo: permettere di parlare liberamente ha significato anche raccogliere sfoghi o semplicemente di “allontanarsi” dal focus del discorso. Il clima così instaurato ha fatto si che i racconti si svolgessero, quasi sempre, in modo molto fluido. Talvolta si è riscontrata una maggiore difficoltà legata al carattere sintetico delle dichiarazioni dell’intervistata; l’iniziale perplessità, tuttavia, è stata superata man a mano che l’interazione prendeva vita. Proprio riguardo a questi momenti di impasse bisogna sottolineare come la dimensione di genere, ovvero la condivisione del genere con l’interlocutore, sia stata particolarmente importante: ha contribuito infatti a superare eventuali imbarazzi e ad affidare parte della comunicazione, specialmente su aspetti di forte coinvolgimento sul piano emotivo, a ciò che comunemente potremmo indicare come “sensibilità femminile” fatta implicite intese.292

Infine non si può dimenticare un altro momento in cui continua a compiersi l’interazione intervistatore-intervistato, quello della conclusione dell’intervista. In un paio di occasioni la traccia non è stata completamente esplorata non tanto per una questione di tempo, quanto per l’esplicito desiderio della persona ascoltata di non volersi soffermare su determinati argomenti. Tuttavia è stato possibile arginare la creazione di troppe “zone bianche”, cioè dei buchi nel racconto, dal momento che lo

290 Bichi R., (2002) L’intervista biografica. Una proposta metodologica, Vita e Pensiero Milano 291

Bichi R., (2007) La conduzione delle interviste nella ricerca sociale, Carocci, Roma p. 59

292 Ci si riferisce a quanto espresso da Lunghi sull’importanza che la dimensione di genere gioca nel permettere una forte empatia nell’interazione intervistatore-intervistato: “Il provare emozioni e il saperle riconoscere divengono […] un aiuto importante per la comprensione del fenomeno studiato […]. Ciò porta ovviamente anche alla trasformazione del rapporto fra ricercatore e indagato: non sono più due entità distinte ma costruiscono una relazione significativa che va resa esplicita e raccontata.” Lunghi C., (2003), Culture creole. Imprenditrici straniere a Milano, Franco Angeli, Milano p 27

spegnimento del registrare ha rappresentato una fase molto importante e molto ricca nella produzione di altre informazioni.