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Lo straniero nell’era globale

La figura presa in esame nelle pagine precedenti, pur nelle diverse sfumature tracciate dai vari studiosi, va a situarsi in quei processi di profonde trasformazioni

innescate in primo luogo dal nascente capitalismo e dal repentino cambiamento del profilo delle città. Lo straniero diventa così espressione delle aspettative, delle tensioni e delle paure che si affacciano di fronte a tutto ciò che è nuovo, sconosciuto e destabilizzante. In una fase successiva, mantenendo la maggior parte di questi tratti, egli diventa un elemento quasi irrinunciabile per spiegare e rappresentare lo spirito delle metropoli dell’era globale e delle società di cui sono diretta espressione.

In quella che viene presentata da Bauman come la “società dell’incertezza” lo straniero, con la sua particolare condizione, è portavoce e al tempo stesso prodotto del disagio connesso alle trasformazioni economiche, politiche e in particolar modo sociali che scuotono la realtà odierna. La sua presenza mostra quanto siano incerti i confini, contribuisce a mettere in discussione ciò che si credeva certo e genera dunque una confusione che non può essere controllata.

Com’è noto lo straniero di Bauman rientra nella sua più ampia riflessione sulle caratteristiche della società contemporanea, globale, “produttrice di circolazione di cose e persone e al tempo stesso di “estraneità”31 che, tuttavia, non riguarda esclusivamente lo straniero in quanto tale ma è condizione tipica dei rapporti che si sviluppano nella società liquida: egli, tuttavia, spicca sugli altri elementi perché da un lato si trova “fuori posto” e dall’altro, semplicemente con la sua presenza, ricorda costantemente il ridursi della distanza tra un “loro” e un “noi” sempre più confuso e meno definito. Se, nella riflessione di Bauman, la post-modernità porta il dono della libertà e con essa una piena realizzazione della libertà individuale e della creazione della propria identità, il prezzo da pagare si mostra allora in tutto il suo peso come sradicamento, solitudine, incertezza. Entra nella scena il cosiddetto “problema dell’identità”: tutta l’opera di costruzione tipica dell’età moderna è vanificata dalla perdita dei riferimenti e dalla necessità di non “fissarsi”, di lasciare spazio a ogni possibilità. Il progetto di costruzione dell’identità personale non può superare l’instabilità e la fluttuazione di quegli stessi luoghi dove si cerca “riparo”: anche la protezione offerta un tempo dai rapporti familiari e dal vicinato si è fortemente indebolita, gruppi e collettività dipendono sempre più dal mercato e ne riflettono quindi il carattere volubile e instabile. Il mondo sociale che circonda l’individuo è

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Dal Lago A., Esistenza e incolumità: Zygmunt Bauman e la fatalità del capitalismo, p. 217 Postfazione a Bauman Z., (2008), La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano

leggero e indeterminato, nulla è per sempre, tutto può accadere all’improvviso, l’identità stessa non può che essere definita da una serie di maschere indossate, di volta in volta, in base alle circostanze.32

Proprio accanto al carattere effimero delle relazioni e all’opacità dei confini tra gli elementi che un tempo guidavano l’esperienza e davano significato al mondo, emerge una più fragile e complessa distinzione tra ciò che è familiare ed estraneo: tra “noi” e gli stranieri. Oggi lo straniero resta con noi, condivide la situazione di incertezza e diventa un fondamentale elemento di costruzione, mai definitiva, dell’identità, ma questa sua presenza non fa che portare ulteriore confusione e per questo può diventare un problema. Nelle pagine di Bauman il “fastidio” legato alla presenza degli stranieri è strettamente connesso al concetto di “vischiosità”33 da intendersi come minaccia o perdita della libertà: essa avvolge, può costringere al compromesso, se non alla sottomissione, e solo dalla capacità e dalle risorse del singolo dipende la possibilità di muoversi in essa. Dove gli individui hanno sempre meno potere sulle loro vite, dunque sulle loro identità, lo straniero è temuto come la vischiosità: di qui l’esigenza di tenere a distanza qualcuno che è percepito come forza opprimente e limite alla propria libertà. Questa principalmente è la reazione di coloro che non hanno potere né possibilità di scelta, invece il consumatore benestante in cerca di piacere e di nuove sensazioni mostra una spiccata “eterofilia”: la differenza è un dono e un privilegio per coloro che possono permettersi di assumere atteggiamenti flessibili e nuovi, tali da trasmettere un senso di emancipazione in un mondo soffocante.

Si configurano così diverse strategie da adottare nei confronti dello straniero, dal limitare il suo carattere imprevedibile, circoscrivendone i movimenti, in nome di una apparente sicurezza, all’accogliere il mistero e il piacere che la sua diversità procura. Questa polarità di sentimenti è molto difficile da eliminare, d’altra parte, l’autore sottolinea come nelle città la libertà di movimento è il più importante fattore di emancipazione per cui le stesse posizioni sociali si caratterizzano in base alla

32 Bauman Z., (1999), La società dell’incertezza,, Il Mulino Bologna

33 “[…] Immaginate di fare un bagno in una botte di resina o di catrame, di miele o di melassa. […] la sostanza in cui mi immergo si incollerà, e rimarrà attaccata alla mia pelle. […] mi sento invaso e soggiogato da un elemento dal quale non c’è via di fuga. Non ho più controllo, non sono più padrone di me stesso. Ho perso la mia libertà.” Bauman Z., Ivi p. 69

possibilità di ignorare la presenza degli stranieri e dei relativi pericoli. In questo modo l’immagine dello straniero assume un significato differente a seconda dell’osservatore. Ecco allora che ne “La società dell’incertezza” Bauman dedica alcune pagine al modo in cui è visto e vissuto lo straniero nella routine della vita urbana postmoderna. Il “flâneur” alla ricerca di piacere e in balia del caos riesce a mantenere tutto a quella che potrebbe essere definita “distanza di sicurezza”, si espone agli altri ma in modo superficiale, la diversità dello straniero non è annullata, anzi, essa permette di mantenere la distanza e in ciò si sperimenta l’esperienza piacevole: la totale assenza di responsabilità reciproca. Aspetto che di fondo riguarderebbe tutte le relazioni che si sviluppano nel contesto urbano costellato di incontri fugaci e non coinvolgenti. Ben diversa è l’immagine dello “straniero alle porte”, ovvero colui che è visto come nemico assoluto e minaccia alla realizzazione di una “dimora sicura”, quello spazio protetto dove non si corrono rischi. In questo caso lo straniero è privato dei suoi tratti affascinanti e osservato da un individuo nostalgico che relaziona la costruzione della sua identità alla protezione di un rifugio dai confini stabili che evocano ordine e certezza.

Questa duplice immagine è legata all’ambiguità della città: è misteriosa e per questo affascinante, non chiede lealtà e coinvolgimento ma al tempo stesso può essere minacciosa e soffocante. Lo straniero, definito dall’autore come Giano bifronte, mostra due facce che devono essere interpretate: dalle sensazioni positive o negative legate a questa interpretazione deriva e si rafforza un’immagine di una contraddittorietà tanto complessa da non poter trovare, nella riflessione di Bauman, alcuna soluzione.