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Lo sviluppo dell’integrazione socio-sanitaria: gli anni duemila

Integrazione socio-sanitaria: teorie di riferimento e iter normativo

PRESTAZIONI COMPETENZA ONERI INTENSITÀ E DURATA INTERVENTO

2.3 Lo sviluppo dell’integrazione socio-sanitaria: gli anni duemila

Come detto nel paragrafo precedente, gli Enti regionali hanno potere legislativo relativamente all’assetto organizzativo per quanto riguarda il servizio sanitario (poiché la sanità rientra nelle materie concorrenti, elencate all’art. 117 della Costituzione) e hanno piena potestà legislativa in materia sociale. Pertanto, le Regioni hanno provveduto a redigere norme sia sul versante sociale, sia su quello sanitario o sociosanitario facendo riferimento a quei principi guida, fondamentali dell’integrazione sociosanitaria contenuti nel D.P.C.M. 14 febbraio del 2001 Atto d’indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie. Con questo provvedimento si supera la divisione tra sociale e sanitario per dare risposta a bisogni complessi della persona. Bisogna capire cosa s’intende per bisogno sociale, quali sono i fattori produttivi che entrano in gioco, qual è l’evoluzione cui il bisogno sociale va incontro per capire quali sono le azioni che hanno la possibilità di garantire l’accompagnamento alle persone nell’evoluzione del bisogno sociale.

http://www.sanita24.ilsole24ore.com/pdf2010/Sanita2/_Oggetti_Correlati/Documenti/Regioni-e-

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Rispetto a queste questioni cerca di dare risposte il D.P.C.M. 14/2001 che, all’art 2, sottolinea come le prestazioni socio sanitarie devono essere definite tenendo conto di diversi aspetti: la natura del bisogno (se è sanitaria, relazionale, sociale), la complessità dell’intervento, la durata dell’intervento, l’intensità dell’intervento40. Si evidenzia la necessità di prendere in considerazione una serie di punti fondamentali che devono far parte non di una risposta al bisogno ma di un processo di risposta a un bisogno. Emerge un primo punto operativo, presente nel D.P.C.M. 14/2001, di considerare il bisogno sociale come un bisogno caratterizzato da processualità, cioè da qualcosa che anche in campo sociale ha bisogno di una funzione di accompagnamento e che per essere efficace, vi è la necessità che, prima che il bisogno si presenti, qualcuno ne definisca i passaggi, cioè ne definisca il processo. Il processo viene, pertanto, definito come l’insieme delle prestazioni e dei servizi che sono in grado di accompagnare l’evoluzione di un bisogno. In un secondo momento deve avvenire la presa in carico del soggetto, attraverso un accompagnamento messo in atto dall’insieme delle istituzioni, degli organismi pubblici o privati che sono presenti sul territorio e che a vario titolo sono chiamati a far parte di un programma di azione sociale.

Successivamente, si procederà a una valutazione multidisciplinare che dovrà essere effettuata da un’equipe mista sanitaria e sociale per procedere alla valutazione della patologia e del grado di non autosufficienza. L’U.V.M., che è l’unità di valutazione multidimensionale, si compone del medico specialista della patologia o del grado di disabilità, dell’infermiere, del terapista della riabilitazione, dell’Assistente sociale, dell’educatore e del medico di medicina generale. Il tutto servirà per arrivare alla formulazione del piano di assistenza individualizzato (PAI) che deve tener conto della natura multidimensionale del bisogno, degli obiettivi di salute da raggiungere, della responsabilità del caso e della verifica delle azioni composte sotto il profilo della qualità e degli esiti. Infine, il processo si conclude con la verifica delle attività e delle azioni che si stanno realizzando e l’accertamento dei risultati. Entrambe le valutazioni sono necessarie, perché una verifica solo delle cose compiute può dare l’idea della maggiore o minore quantità di soggetti arruolati, ma non dà necessariamente il senso del perché sono servite tutte le azioni che abbiamo messo in campo quindi si necessita di una valutazione che riguarda sia l’impiego delle risorse sia dei risultati.

40Per il testo completo del D.P.C.M. 14 Febbraio del 2001 si rimanda al seguente link:

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Sul finire del 2001, si approva il D.P.C.M. 29 novembre del 2001 Definizione dei livelli essenziali di assistenza, i cosiddetti L.E.A. Vengono riconosciuti per la prima volta, quale minimum di omogeneità, i livelli essenziali di assistenza al fine di assicurarli sull’intero territorio nazionale garantendo e facendo rispettare i principi di equità e coesione sociale. L’acronimo L.E.A. sta a indicare i livelli essenziali di assistenza in campo sanitario ma con questo decreto si realizza un ulteriore passo in avanti perché tra i L.E.A, in altre parole all’interno delle prestazioni esigibili da parte dei cittadini, sono inseriti anche le prestazioni di carattere socio-sanitario. Accanto alle prestazioni sanitarie sono elencate nei L.E.A. anche le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale. Sono escluse, dunque, dai L.E.A. le prestazioni sociali comprese le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e poi quelle socio sanitarie a elevata integrazione. Questo recente decreto, detto decreto Sirchia, dal nome del ministro della sanità, rimanda ad appositi accordi, a livello regionale, la ripartizione delle competenze e delle risorse per quanto riguarda le prestazioni socio sanitarie ad alta integrazione. Brizzi e Cava (2003, p. 61) riportano i LEA dell’area socio sanitaria:

- Attività di tipo consultoriale a famiglie e minori, per l’interruzione volontaria di gravidanza, di protezione al minore per affidi e adozioni, per minori abusati; - Assistenza, reinserimento sociale, tutela di persone affette da disturbi mentali; - Recupero, tutela, reinserimento sociale di persone dipendenti da droga, alcool; - Assistenza, recupero funzionale e sociale, inserimento sociale di disabili; - Assistenza di tipo palliativo anche domiciliare per malati terminali; - Attività sanitaria e socio sanitaria per persone affette da AIDS;

- Attività sanitaria e socio sanitaria per anziani e assistenza domiciliare integrata; - Attività sanitaria e socio sanitaria per detenuti.

Ripercorrendo sinteticamente quanto detto finora, possiamo dire che da una parte si afferma che la salute è un diritto fondamentale (art.32 della Cost.), dall’altra si afferma che nell’ambito e all’interno del diritto alla salute sono comprese anche le prestazioni socio-sanitarie. Nel D. Lgs. 229/99 si afferma che l’obiettivo del sistema è di garantire a chi ne ha bisogno prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale insieme, s’individuano quali sono le categorie di soggetti interessati e si riconosce che l’insieme dei cittadini appartenenti a queste categorie rappresentano la maggioranza della popolazione. Mentre, nel D.P.C.M. 14 febbraio del 2001 s’indica in cosa debba consistere l’analisi e la valutazione della natura del bisogno sociale e la definizione del processo socio sanitario sia nella fase d’intensità sia nelle modalità di presa in carico. Si

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veda, a questo fine, l’approccio multidisciplinare all’interno del quale coesistono professioni sociali e sanitarie.

Per quanto riguarda, invece, le prestazioni sociali e quelle sociali a rilevanza sanitaria non si è dato nessun riferimento quanto a livelli essenziali. Ci si chiede: a chi spetta la competenza in questo campo? Delle Regioni che la esercitano in rapporto con i Comuni. In campo sociale e anche nel campo sociale a rilevanza sanitaria, dunque, salta il rispetto dei principi di universalità e uguaglianza. Rimane da definire e da approfondire come ci si comporta nei confronti delle prestazioni socio sanitarie ad alta integrazione. In realtà, il D.P.C.M. 29 novembre del 2001 riteneva che quest’ultimo ambito fosse oggetto di contrattazione a livello regionale. Ammesso che quest’oggetto di contrattazione a livello regionale avvenga in maniera proficua, è evidente che anche a riguardo di queste prestazioni si rischia di avere risposte diverse secondo le realtà regionali. Per questo motivo le Regioni, all’interno della Conferenza Stato-Regioni hanno discusso su alcuni modi a cui fare riferimento per affrontare, in maniera più unitaria possibile, la questione delle prestazioni socio sanitarie ad alta integrazione (si fa spesso riferimento all’allegato 1C). Si comprende bene come le prestazioni dettagliate nell’allegato assurgono a livelli essenziali che devono essere garantiti sull’intero territorio nazionale in modo omogeneo (Bissolo, Fazzi 2005, p. 55-57).

Infine, si auspica che le istituzioni competenti, gli attori del nuovo welfare e tutta la comunità, al fine di far rispettare i diritti alla tutela della salute e quello relativo all’assistenza, costituzionalmente garantiti e connotati nell’ambito dell’integrazione socio-sanitaria, debbano impegnarsi, dal punto di vista legislativo, a emanare leggi che mirino a creare presupposti per cui le strutture, i servizi e operatori professionali possano promuovere risposte adeguate e personalizzate ai bisogni delle persone. Pertanto, si ribadisce come spetta allo Stato, in via esclusiva, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da assicurare in tutto il territorio nazionale (art.117 comma 2, lett. m).

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