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Integrazione socio-sanitaria: teorie di riferimento e iter normativo

PRESTAZIONI COMPETENZA ONERI INTENSITÀ E DURATA INTERVENTO

2.2 Il versante sociale: legge quadro 328/

Spesso ci si domanda quali sono le scelte da fare per la realizzazione del sistema integrato perché i bisogni cui siamo chiamati a dare le risposte si sono trasformati in bisogni complessi di natura socio-sanitaria. Da questo punto di vista, se in campo sanitario il riferimento normativo è rappresentato dalla legge organica 833/78, in campo sociale (a distanza di circa centodieci anni dalla legge Crispi), questo tipo di ragionamento prende forza solo negli anni 2000 con la legge n. 328, non a caso intitolata Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato d’interventi e servizi sociali, prima legge organica in materia di servizi sociali. È una legge che ha come obiettivo la realizzazione del sistema integrato proprio per le finalità e gli obiettivi che si pone. Per diversi anni si è attesa questa legge di riforma dell’assistenza che fosse in grado di far fronte a diverse situazioni. Brizzi e Cava (2003, p. 55) ce ne riportano alcune “da un’accentuata discrezionalità e forte disomogeneità di sistemi locali di organizzazione di servizi e di erogazione di prestazioni a una scarsa attenzione alla modificazione dei bisogni e alla flessibilità delle scelte, anche per il mutato scenario demografico e patologico”. Nello specifico, la legge 328/00 propone la realizzazione di

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un sistema attivo di protezione sociale, pari opportunità e diritti di cittadinanza, attraverso “la valorizzazione della persona nella sua unicità e anche il potenziamento della stessa all’interno del suo sistema di relazioni familiari e reti comunitarie; il potenziamento del Terzo Settore, anche attraverso una regolamentazione dei rapporti con il sistema sociale pubblico e la definizione a livello nazionale di un pacchetto di servizi essenziali, superando gli squilibri regionali, per garantire ai cittadini servizi di base uniformi su tutto il territorio nazionale”35. All’interno di questi obiettivi di carattere generale, il legislatore ha inserito questioni specifiche. Si fa riferimento all’area socio-assistenziale che concorre a determinare e a condizionare lo stato di salute della popolazione e in primis tutte le politiche di contrasto alle disuguaglianze sociale in particolare le misure di contrasto alla povertà (fino allora assente nel sistema assistenziale italiano). Il tutto utilizzando un metodo che è quello di ragionare secondo criteri perché nel momento in cui si decide di mettere al centro dell’attenzione la persona si devono tenere conto di tutti gli elementi (i noti determinanti di salute) di complessità che contraddistinguono la sua vita. Infatti, risulta di fondamentale importanza l’incrocio di questi fattori al fine di predisporre progetti personalizzati perché l’analisi dei bisogni di una persona è diversa da un’altra. Senza dimenticare che le prestazioni erogate hanno un valore molto limitato se non s’inseriscono all’interno di un più generale obiettivo che riguarda un riassetto istituzionale cioè un modo di rapportarsi tra le istituzioni che prescinda dall’agire rigorosamente per competenza e favorisca un tipo di approccio che abbia al centro la conoscenza e la risposta al bisogno. Per questo, il potenziamento delle competenze, nella misura in cui sono individuate dalla legge, servono per costruire e fornire risposte al bisogno che tagliano orizzontalmente i singoli settori di provenienza36.

La legge 328/00, come tutte le leggi quadro, non entra nel merito di tante questioni e non entra nel merito della definizione dei modelli organizzativi perché questo spetta alle Regioni. Dice, però quali sono le finalità e il livello di prestazioni che in ogni ambito dovrebbe essere assicurato; a questo proposito, l’art. 22 comma 1, riporta la definizione del sistema integrato d’interventi e servizi sociali che “si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale,

35Per un maggiore approfondimento si rimanda al testo completo della legge 328/2000

http://www.parlamento.it/parlam/leggi/00328l.htm visualizzato il 18-06-2017.

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integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti a ottimizzare l'efficacia delle risorse e impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte”37. Inoltre, si fa esplicito riferimento a cinque tipologie di servizi, indicati, sempre, all’art 22 comma 4:

- Servizio sociale professionale e segretariato sociale per l’informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari;

- Servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari;

- Assistenza domiciliare;

- Strutture residenziali e semi-residenziali per soggetti con fragilità sociale;

- Centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario (Bissolo, Fazzi 2005, p. 42).

Non si delineano livelli essenziali ma un’indicazione di macro tipologie d’interventi, perché per ragionare in termini di essenzialità devono essere definiti dei parametri. In realtà, è necessario introdurre dei sistemi di misurazione di questi livelli perché, ad esempio, se si vuole istituire un servizio di assistenza domiciliare dobbiamo sapere cosa s’intende per assistenza domiciliare in termini di prestazioni ma principalmente qual è l’ambito e i destinatari dei servizi. La misurazione serve non solo per dare e per investire sui livelli di adeguatezza e appropriatezza della risposta ma serve anche per individuare le risorse necessarie che servono per attuare gli interventi e le prestazioni.

Uno degli aspetti innovativi che sono contenuti nella riforma delineata dalla 328/00 è un ruolo molto forte e importante che viene attribuito ai Comuni. Siamo negli anni Duemila e le trasformazioni dei modelli organizzativi del sistema sanitario ricominciano a prendere in considerazione il ruolo e la funzione degli Enti locali, con il D. Lgs. 229/99. La valorizzazione dei Comuni, singoli o associati, atti a governare l’intera rete d’interventi e servizi sociali rivolti alla persona, procede di pari passo con l’attribuzione all’ordinamento regionale di funzioni di programmazione. Qui non si asserisce a una programmazione gerarchica bensì circolare. Circolarità vuol dire che nell’ambito del processo di programmazione (che significa scegliere, definire le priorità) gli interventi devono concorrere a diversi livelli di responsabilità sia a quello nazionale, regionale e locale38. Una considerazione che deriva dalla riforma introdotta

37 Ibidem. 38

Project (VS/2011/0052) - supported by the European Union Programme for Employment and Social Solidarity - PROGRESS (2007-2013). Per un approfondimento si rimanda al testo completo:

http://www.projectaida.eu/wp-content/themes/thunderbolt/docs/Sintesi-dei-modelli-organizzativi-dei- Distretti-italiani.pdf .

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con le Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione, legge 3/2001. Questa riforma ha fornito la ridefinizione dei poteri tra i vari livelli di governo, nello specifico tra lo Stato e le Regioni. Le materie d’intervento pubblico (art. 117 della Cost.) sono state ricondotte in tre gruppi: alcune a legislazione esclusiva da parte dello Stato, altre a legislazione concorrente fra Stato e Regioni e altre ancora a legislazione esclusiva da parte della Regione. Si stabilì che la materia sanità doveva rientrare nelle materie a legislazione concorrente, in altre parole allo Stato spettava la determinazione dei principi fondamentali e di fissare i L.E.A. e alle singole Regioni, invece, la potestà legislativa. Mentre la materia dei servizi sociali rientrava nella competenza esclusiva delle Regioni. Una distinzione che ha creato delle difficoltà perché l’universalità (prescritta nella L. 328/00) è risultata incoerente con la legge costituzionale 3/2001; ciò non ha permesso la definizione dei livelli essenziali nel campo sociale come invece è accaduto in campo sanitario, alimentando il rischio che nel campo sociale si vengano a creare diverse situazioni l’una dall’altra per quanto riguarda i diritti di accesso, le modalità della presa in carico e i percorsi assistenziali. Sono tutte cose che la legge quadro del 2000 aveva ben individuato e declinato in maniera tale che questi rischi si sarebbero dovuti evitare.

Un’altra questione individuata dal legislatore, per favorire i processi di presa in carico integrata, è di pensare a investire di più e meglio su punti di maggiore criticità del sistema cioè quello dell’ingresso e della presa in carico. Le Regioni, singolarmente e nell’ambito della produzione legislativa, hanno provveduto a emanare norme diverse, ma avendo in comune l’idea di dotare il Distretto di porte d’ingresso, chiamate a non sostituire i Distretti ma ad aggiungersi a questi al fine di facilitare l’accesso e di rendere maggiormente fruibile il sistema dei servizi sanitari. Quindi di avviare percorsi di risposte che siano appropriati alla complessità dei bisogni socio sanitari. Secondo il progetto AIDA (2013- 2020):

«Il PUA, il cui acronimo sta per Punto Unico di Accesso, è stato realizzato al fine di avviare percorsi di risposta appropriati alla complessità delle esigenze di tutela della salute e con il compito di prendersi cura delle esigenze socio – sanitarie della persona superando la settorializzazione degli interventi che troppo spesso rende oltremodo complesso per l’utente l’accesso ai servizi» (p. 14) 39

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39 Si rimanda ad AIDA – Advanced Integration for a Dignified Ageing (2013-2020), Linee guida per

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Il PUA, presente in tutte le organizzazioni socio-sanitarie regionali, anche se con denominazioni diverse, risulta una modalità organizzativa di accesso unitario (senza distinzione tra bisogno sociale e sanitario) e universalistico ai servizi sociali, sanitari e socio-sanitari. Si tratta di prestazioni rivolte, tuttavia e nello specifico, a coloro che presentano bisogni di salute che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale. Le principali funzioni del PUA riguardano: l’accesso, l’accoglienza, la raccolta di segnalazione, l’orientamento, la gestione della domanda, l’attivazione diretta di prestazioni in risposta ai bisogni semplici, primo avvio della presa in carico (perché l’effettiva presa in carico avviene nel momento in cui la cartella, le informazioni, tutti gli elementi vengono esaminati dal gruppo dei professionisti) e l’integrazione con i servizi della rete territoriale e ospedaliera. All’interno del PUA sono svolte diverse attività quali: analisi del bisogno, registrazione degli accessi, risposte informative e di orientamento, apertura delle cartelle individuali, segnalazione dei casi con complessità socio-sanitaria con trasmissione d’informazioni all’U.V.M. per la valutazione multidimensionale.