• Non ci sono risultati.

Il piano sanitario nazionale 1998/2000: un patto di solidarietà per la salute

Integrazione socio-sanitaria: teorie di riferimento e iter normativo

2.1 Sociale e sanitario: due strade separate

2.1.2 Il piano sanitario nazionale 1998/2000: un patto di solidarietà per la salute

A cavallo degli anni Duemila, si assiste a una netta inversione di tendenza nel trattare i due comparti del vecchio sistema di welfare in maniera separata. Giorni prima della redazione del Piano Nazionale Sanitario 1998-2000 fu istituita, con decreto del Ministro della Sanità, una commissione nazionale di studio sul tema dell’integrazione socio-sanitaria. Il Piano Nazionale Sanitario sostiene un nuovo concetto di salute superando nettamente la settorialità tra i due campi, sanitario e sociale, proponendo ed elaborando un approccio globale ai fattori che concorrono alla salute. Si arriva a una prima definizione d’integrazione socio-sanitaria quale:

«priorità strategica a cui destinare congrue risorse, da puntualizzare anche nei Piani regionali attraverso lo sviluppo di progetti -obiettivo nelle aree: materno infantile, handicap, psichiatria, tossicodipendenze, anziani, lungodegenze» (Brizzi, Cava 2003, p. 45).

Questo principale strumento di pianificazione a livello statale, focalizzato sulla necessità di creare un equilibrio tra i diversi livelli di assistenza territoriale, di prevenzione e di ospedalità, ha mirato alla de-ospedalizzazione e alla creazione di una fitta rete di servizi territoriali. L’integrazione tra i servizi sanitari e quelli socio- assistenziali è fondamentale poiché la gran parte della domanda di salute implica un bisogno sociale che deve essere affrontato insieme al bisogno sanitario per garantire l’efficacia dell’intervento assistenziale. Nel D. Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale, denominato anche riforma- ter o riforma Bindi, il distretto assume una configurazione organizzativa all’interno della quale è riconosciuta la responsabilità di governare la domanda (con un ruolo di committenza, valutando quali servizi per quali bisogni) e assicurare la gestione dei servizi sanitari territoriali (con un ruolo di produzione). Si verifica una trasformazione dell’aspetto relativo alle funzioni del distretto, non solo funzione di gestione e produzione di prestazioni e servizi ma anche una responsabilità, una funzione di governo che non può non essere giocata con le rappresentanze istituzionali presenti a livello della zona distretto cioè i Comuni. Altro elemento innovativo, scaturito dall’aggiunta al distretto della responsabilità di governo della domanda e la gestione dei servizi sanitari territoriali, è proprio la responsabilità di bilancio. In altre parole,

~ 46~

bisogna sapere su quante risorse30 si può fare riferimento al fine di organizzare un sistema che a livello locale sia adeguato a rispondere ai bisogni dei cittadini. Al fine di raggiungere questi obiettivi, la legge finanziaria del 2001, approvata alla fine degli anni 2000, la 388, stabilisce che a ogni zona distretto sia attribuito un budget e cioè una specifica dotazione finanziaria calcolata sulla base del numero degli abitanti ma non solo. Per assegnare un budget a una zona socio-sanitaria bisogna sapere quanti sono gli assistiti in quella zona ma anche la categoria di cittadini alla quale appartengono e qual è la classificazione della spesa per le prestazioni cui convengono. C’è un sistema di controllo e monitoraggio che è in grado di rappresentare tutti questi elementi che sono indicatori non solo per la programmazione ma anche per la misurazione della quantità e delle risorse che devono essere assegnate a un distretto. Così proprio come avviene per la determinazione delle quote da distribuire, da dividere tra il Fondo sanitario nazionale e le Regioni “calcolate sulla base del numero degli abitanti moltiplicato per la parte della quota capitaria concernente le spese per le prestazioni farmaceutiche, diagnostiche, specialistiche, ospedaliere e residenziali che si presumono indotte dall’attività prescrittive dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, degli specialisti ambulatoriali e convenzionali e dei medici di continuità assistenziali” (art.6, c. 2, Legge

23 dicembre 2000, n. 388)31.

Con il Decreto Lgs. 229/99 sono definite le prestazioni socio sanitarie:

«tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione» (Bissolo, Fazzi 2005, p. 40).

30

Spesso si utilizza il termine risorsa solo ed esclusivamente pensando a una risorsa di carattere finanziario. Le risorse rappresentano uno strumento attraverso il quale si possono offrire delle risposte ai bisogni dei cittadini e nel nostro caso specifico il riferimento è ai bisogni di salute. Ma quando si usa la parola risorsa dobbiamo avere l’idea di qualcosa di organico che in realtà racchiude in sé più di un elemento. Sicuramente uno di questi è rappresentato dall’aspetto finanziario, ma se considerassimo soltanto questo non avremmo la percezione di che cosa significa servizio e cosa significa risposta perché una risposta non è composta solo dalla quota che si decide di impegnare per erogare la prestazione ma da un insieme di elementi che sono: finanziari, professionali, strutturali, organizzativi. Dunque, quando usiamo la parola risorsa dobbiamo pensare ad un sistema che racchiude tutti e quattro gli elementi, poiché è difficile immaginare un servizio o una prestazione che non abbia in sé uno di questi elementi. Ogni operatore è chiamato a mobilitare una o più risorse; mobilitare significa che non necessariamente ne deve avere la diretta responsabilità ma quando un operatore avanza una proposta e questa successivamente viene esaminata vuol dire che comunque l’operatore ha contribuito a mobilitare una parte delle risorse (Bevilacqua 2000, pp.13-31).

31 Per il testo completo della legge 388/2000 si rimanda al seguente link:

~ 47~

Sulla base di questa definizione, sono individuate le aree di bisogno socio sanitario (art. 3 septies) che si riferiscono, nello specifico, all’area materno infantile, anziani, handicap, dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico degenerative. L'assistenza sociosanitaria, dunque, si realizza sulla base di progetti personalizzati, curati in seguito a valutazioni multidimensionali ed è compito delle Regioni32 disciplinarne le modalità e i criteri di definizione (Brizzi, Cava 2003, p. 59). L’art. 3 septies del D. Lgs. 229/99 riporta le tre tipologie di prestazioni sociosanitarie e le relative competenze di spesa ripartite tra Azienda U.S.L., Comuni e singolo cittadino (Bissolo, Fazzi, 2005, p. 41):

1. Prestazioni sanitarie a rilevanza sociale sono prestazioni assistenziali erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali. Sono finalizzate alla promozione della salute, a prevenire, individuare, rimuovere e contenere gli esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite tenendo conto delle componenti ambientali alla partecipazione della vita sociale e l’espressione personale. Il progetto personalizzato ha durata medio - lunga e l’erogazione avviene in regime ambulatoriale, domiciliare o in strutture semi-residenziali e residenziali. Questa tipologia è di competenza e a carico delle Aziende U.S.L.

2. Prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono l’insieme di attività del sistema sociale ed hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità ed emarginazione condizionanti lo stato di salute. Queste attività sono di competenze e a carico dei Comuni con la partecipazione alla spesa da parte dei cittadini beneficiari. Brizzi e Cava (2005, p. 53) affermano che si tratta di attività che ricoprono diverse aeree: dal sostegno e promozione dell’infanzia, dell’adolescenza e delle responsabilità familiari, interventi di contrasto alla povertà, di aiuto

32 Inoltre, è compito della legislazione regionale occuparsi dell’assetto organizzativo del Sistema

Sanitario Regionale. Sappiamo che il primo strumento attraverso il quale le Regioni possono agire è quello legislativo perché, in seguito alla Riforma del Titolo V della Costituzione, esse hanno potere legislativo, insieme allo Stato, per quanto riguarda il settore sanitario (poiché la sanità rientra nelle materie concorrenti) mentre hanno piena potestà legislativa in campo sociale. Esistono diverse possibilità di usare lo strumento legislativo: la prima è quella relativa alla possibilità di definire gli assetti organizzativi del settore sanitario e poi definire quelli del comparto sociale in maniera distinta e separata; la seconda è di definire gli assetti organizzativi del comparto sociale e sanitario però con una raccomandazione a far dialogare le parti cercando di individuare gli obiettivi e finalità comuni; la terza consiste nell’approvare una legislazione socio-sanitaria.

~ 48~

e supporto per soggetti non autosufficienti e/o affetti da disabilità o patologia psicofisica e da dipendenza.

3. Prestazioni socio-sanitarie a rilevanza integrata sono da ricomprendersi nelle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale. Sono prestazioni a particolare rilevanza terapeutica e con intensa componente sanitaria e oltre ad essere erogate dalla Azienda U.S.L. sono a totale carico del Fondo sanitario nazionale.

Tab. 2 - Le prestazioni socio sanitarie: classificazione e caratteristiche

PRESTAZIONI COMPETENZA ONERI INTENSITÀ E DURATA