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La competenza lessicale: acquisizione e sviluppo

3.2 Lo sviluppo e le caratteristiche della competenza lessicale

La competenza lessicale non consta meramente della capacità di associare un significato a un significante, ma è una competenza più complessa il cui sviluppo comprende tre dimensioni principali: ampiezza o quantità del lessico, che consiste nel numero di parole conosciute;

profondità o qualità, cioè livello di conoscenza di ogni singola parola; automaticità e quindi la

rapidità dell’accesso e, conseguentemente, dell’utilizzo delle voci lessicali acquisite (Schmitt, Mc Carthy,1997). Gallina (2019:178) afferma che si tratta di un processo di acquisizione complesso che si caratterizza “per il fatto di essere un processo creativo, incrementale,

dinamico, continuo”.

Il carattere incrementale implica un potenziale di ampliamento pressoché illimitato e la tendenza generale verso un’espansione graduale del vocabolario. La direzione però non è univoca e, nel lungo percorso di acquisizione lessicale, possono verificarsi fasi di stallo o di contrazione e la perdita parziale del lessico acquisito (Schmitt, 2000).

Per quanto concerne la dimensione qualitativa dello sviluppo lessicale, invece, essa è espressione della natura intrinseca del lessico, della sua variabilità, indefinitezza, estensibilità e delle abilità creative e manipolative di chi ne fa uso.

Al fine di rendere la complessità di questo processo di acquisizione Nation (2000:4) propone una metafora: “Imagine learning 15,000 to 20,000 telephone numbers. For each of these

numbers you must remember the person and the address connected with those numbers. This might be somewhat analogous to learning all the various kinds of lexical knowledge attached to each word. Then, because these are word families and not single words, you would have to learn not only the single number, but also the home, work, and facsimile variants.”

Con riferimento al periodo dell’infanzia, intorno ai tre anni di età il vocabolario dei bambini è in rapida espansione, poiché iniziano a intuire che ogni cosa ha un nome e sono curiosi di conoscere la denominazione di tutto ciò che li circonda; inoltre, proprio durante questo periodo si sviluppa la memoria esplicita, specifica per l’immagazzinamento lessicale.

A livello quantitativo già dopo i due anni i bambini posseggono mediamente un lessico ricettivo all’incirca sui mille vocaboli, mentre sul piano produttivo si riscontra una notevole variabilità che va dal centinaio di parole per alcuni soggetti fino alle settecento e oltre per altri (Daloiso, 2009).

Dal punto di vista qualitativo, invece, lo sviluppo lessicale nel periodo prescolastico risulta nettamente più omogeneo e concentrato prevalentemente in alcune classi di parole come vedremo più avanti.

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Ciò nonostante, alcuni studi hanno evidenziato che anche in ambito qualitativo le differenze su base personale tra soggetto e soggetto sono elevate. A tale riguardo, Dockrell e Campbel (1986), dimostrano come la competenza lessicale dei bambini sia parziale e incompleta anche a livello delle singole parole. Due bambini della stessa età possono aver acquisito informazioni e competenze diverse per quanto riguarda la denominazione del medesimo oggetto: uno potrebbe riconoscere una tazza tra altri contenitori ma non sapere che le tazze sono contenitori per bevande, l’altro potrebbe sovra-estendere il vocabolo tazza per denominare altri tipi di contenitori per drink (bicchieri, bottiglie, caraffe) ma non comprendere che con “tazza” si intente un recipiente per bevande.

Entrambi i bambini presenterebbero una conoscenza limitata del vocabolo, il primo ne conoscerebbe la referenza mentre il secondo la denotazione e il “sense”, ciò che Lyons (1977) definisce come la relazione che intercorre tra una determinata parola e altre all’interno di una lingua e che predispone alla creazione dei cosiddetti campi semantici.

L’importanza della connessione tra i singoli vocaboli è sottolineata anche da Gallina (2015) che promuove i modelli globali e multidimensionali in quanto si focalizzano non solo sull’integrazione dei singoli tratti elencati da Nation (2000), ma soprattutto sulla capacità di collegare ciò che si apprende con le conoscenze enciclopediche e linguistiche precedenti e di riorganizzarle. A tale proposito Henriksen (1999), citato da Gallina, attribuisce la complessità dell’apprendimento lessicale alla necessità di sviluppare contemporaneamente i tratti semantici delle parole e le relazioni semantiche tra le parole.

Ritornando ai fattori responsabili dell’eterogeneità dei percorsi nello sviluppo della competenza lessicale tra i singoli soggetti, le condizioni educative e socioeconomiche della famiglia di appartenenza del piccolo alunno sembrano giocare un ruolo chiave.

Quando l’apprendente di L2 proviene da un nucleo familiare con background migratorio, non di rado le madri di questi bambini posseggono un livello scolastico basso, in altri casi essi hanno completato gli studi nel Paese di origine ma nel Paese ospitante non sono riuscite a conseguire un’occupazione adeguata al titolo di studio che posseggono. Onofrio et al. (2019) riportano alcune ricerche33 che individuano nel livello educativo materno uno dei principali fattori che condizionano l’ampiezza del vocabolario espressivo dei bambini bilingui o lo sviluppo della competenza lessicale nella lingua di origine.

Altri studi34, descrivono il lessico come la dimensione linguistica maggiormente influenzata dalle esperienze contestuali: nei bilingui il peso di questo fattore, in alcuni casi caratterizzati da

33 vd. Cote e Bornstein (2014); Reilly et al. (2007); Gatt (2016) 34 vd. Gathercole e Thomas (2009); Konert (2010)

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un ambiente socioeconomico significativamente svantaggiato, si rivelerebbe talmente preponderante da giustificare un ritardo nello sviluppo lessicale.

3.2.1 Lo sviluppo della comprensione e della produzione

La complessità che contraddistingue la competenza lessicale si osserva anche nelle sue due modalità di espressione: la comprensione e la produzione, due dimensioni separate ma strettamente interconnesse e interdipendenti. Ognuno di questi domini del lessico rappresenta un livello di conoscenza della parola e, soprattutto nei primi anni di età, ma anche in seguito, comprendere il significato (o meglio un significato) di un vocabolo non significa automaticamente riprodurlo e saperlo utilizzare nel contesto adeguato.

Nonostante siano due facce della stessa medaglia quindi, questi due processi non si evolvono in maniera parallela ma, di norma, lo sviluppo comprensivo precede quello produttivo in una sorta di continuum acquisizionale.

Webb e Nation (2017) sulla base di alcune ricerche35 affermano che l’apprendimento lessicale a livello produttivo implica il possesso di competenze necessarie anche a livello ricettivo, mentre quest’ultimo sembra non necessitare di competenze afferenti alla produzione.

In età adulta il processo di comprensione è facilitato non solo da una maggiore competenza ed esperienza di tutte le dimensioni del linguaggio verbale, inclusa quella metalinguistica, ma anche da altri due elementi: la conoscenza enciclopedica e l’expectancy grammar.

La conoscenza enciclopedica riguarda la conoscenza del mondo e la classificazione delle esperienze di vita e degli schemi comportamentali; l’expectancy grammar, introdotta in linguistica da Oller (1979), si rifà alla capacità di fare delle ipotesi su ciò che stiamo per ascoltare o leggere e si basa essenzialmente sulla conoscenza dei vari contesti situazionali, sulla previsione semantica e sulla conoscenza enciclopedica. L’expectancy grammar viene costruita durante l’infanzia, nel momento in cui cessa la fase egocentrica e il soggetto “si chiede che cosa

farà un interlocutore se lui lo accarezza, lo pizzica, lo coccola, lo respinge, etc. (Balboni,

2012:97).

L’assenza o un possesso parziale di tali fattori, tipico nei bambini ma anche negli adulti che imparano una nuova lingua, rappresenta un elemento di svantaggio nel processo di comprensione, che, ad ogni modo, anche per questa tipologia di apprendenti si affida alla, seppur minima, conoscenza contestuale.

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La competenza ricettiva orale è un prerequisito fondamentale per le due componenti base della lettura e cioè il riconoscimento delle parole e la loro comprensione. Secondo Bonifacci (2018) problemi e ritardi nello sviluppo della competenza ricettiva e, di conseguenza, il possesso di un vocabolario ridotto durante il periodo della scuola dell’infanzia si rivelano fattori predittivi per difficoltà a livello di decodifica e comprensione testuale nei primi anni della scuola primaria. Se queste considerazioni sono importanti in riferimento a un percorso di acquisizione di L1, si rivelano fondamentali quando guardiamo all’apprendimento di L2, soprattutto a quello dei bambini con background migratorio, alcuni dei quali, come più volte sottolineato, nel periodo prescolastico vengono esposti prevalentemente alla lingua d’origine.

A livello produttivo, per anni la ricerca linguistica ha promosso studi e sperimentazioni con l’obiettivo di individuare quali classi di parole fossero coinvolte nelle diverse fasi dello sviluppo della dimensione produttiva. Lavori come quelli di Caselli e Casadio (1995) e le loro successive collaborazioni con Bates (1999; 2001), per un confronto tra acquisizione linguistica in italiano e in inglese, hanno messo in risalto la precedenza e prevalenza della classe nominale su quella verbale e aggettivale (Ferreri, 2005). Altri studi36, condotti sull’acquisizione di lingue tipologicamente distanti dall’italiano e dall’inglese, quali il coreano e il cinese mostrano, al contrario, una percentuale maggiore di verbi nelle prime fasi di acquisizione lessicale, mettendo in discussione l’universalità dell’acquisizione prioritaria dei nomi.

Molti sono gli elementi che giustificano la prevalenza e precocità di acquisizione della categoria nominale o di quella verbale in lingue diverse, in primis una predominanza di una delle classi nel sistema lessicale o, più spesso, nel lessico più comune come dimostra la categorizzazione dell’intero lemmario del GRADIT37 per l’italiano. Un’altra motivazione, di carattere strettamente individuale, consiste nella modalità preferenziale, propria di ogni bambino, di acquisire la lingua e quindi anche il vocabolario: Nelson (1973) e ulteriori ricerche38 successive hanno delineato due profili di bambini, i cosiddetti referenziali e gli espressivi39, i primi mostrano un primo vocabolario composto prevalentemente di nomi e presentano una buona articolazione fonetica, i secondi tendono a utilizzare maggiormente pronomi, parole con funzione grammaticale e routine linguistiche, nonostante la produzione sia meno precisa dal punto di vista articolatorio. Secondo D’Onofrio (2005) questi stili individuali sono associabili da un lato a variabili di carattere sociodemografiche, come livello socioeconomico, ordine di

36 vd. (Choi e Gopnik, 1995); (Tardif, 1996; Tardif, Gelman e Xu, 1999) 37 vd. De Mauro (2005:120, tavola 1) in Ferrari (2005)

38 vd. Bloom, LightBown, Hood (1975); Gopnik e Choi (1995)

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nascita e sesso, e dall’altro alle caratteristiche dell’interazione madre-figlio e dell’input linguistico a cui il bambino viene esposto.

La ricerca di un percorso di acquisizione universale delle categorie lessicali si rivela ancora più arduo se si questiona il tipo di codifica utilizzata durante le ricerche. Molti bambini, ad esempio, potrebbero usare nelle prime fasi di acquisizione del linguaggio parole caratterizzate dalla tipica morfologia verbale ma che a livello funzionale codificano azioni o relazioni (Gopnik e Choi, 1995).

Più recentemente Daloiso ha proposto una sintesi che illustra la composizione del bagaglio lessicale di soggetti fino ai cinque anni di età e che proponiamo di seguito (Daloiso, 2009:71):

Categorie lessicali Caratteristiche

Regolatori sociali - Formule di saluto informale

- Espressioni per esprimere permessi e divieti - Formule per avanzare richieste

- Formule di cortesia

Lessico concreto - Verbi relativi ad azioni quotidiane

- Lessico relativo ad oggetti di uso quotidiano (giocattoli, abbigliamento, cibo, animali, oggetti e stanze della casa e della scuola)

Nomi propri - Nomi di persona

- Nomi inesistenti applicati a oggetti e giocattoli

Giochi di denominazione - Parole onomatopeiche, utilizzate in sostituzione del nome di un oggetto (‘cane’ diventa ‘bau’, ‘automobile diventa ‘brum’)

Lessico psicologico - Parole ed espressioni riferite a stati percettivi, fisiologici e volitivi (‘volere’, ‘sentire’, ‘guardare’ ecc.)

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- 2-3 anni: sono usate per scopi conversazionali (espressioni come ‘non pensavo’, ‘credo di sì’), in particolare per riferirsi a sé;

- 4-5 anni: estensione dell’uso del lessico cognitivo ad altre entità

- Parole legate a stati morali (‘vergognarsi’, ‘sentirsi in colpa’), ma solo a partire dal quinto anno di vita

Daloiso aggiunge che, intorno ai tre anni, una caratteristica del bagaglio lessicale dei bambini è l’integrazione del lessico verbale con quello gestuale: laddove la competenza produttiva è ridotta il soggetto supplisce con l’uso abbondante della gestualità, attuando così una strategia compensativa.

3.3 Lo sviluppo della competenza lessicale in L1 e L2 nella prima e seconda