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La competenza lessicale: acquisizione e sviluppo

3.1 Parametri neuropsicologici dell’acquisizione lessicale

Tenendo in conto le caratteristiche neuro-funzionali e attitudinali dei bambini descritte nel primo capitolo di questo lavoro, è consigliabile, nel processo di acquisizione linguistica di bilingui, assegnare una rilevanza prioritaria ad alcune dimensioni linguistiche rispetto ad altre (Daloiso, 2009):

dimensione fonetica: l’uso della memoria implicita e la plasticità fonologica che

caratterizzano i bambini facilitano l’interpretazione e la produzione dei suoni delle lingue straniere nella variante più similare all’originale, contenendo l’influenza della lingua madre;

dimensione funzionale: il processamento e l’acquisizione del linguaggio avvengono

tramite memorizzazione di strutture morfosintattiche dotate di un significato ricollegabile a determinate funzioni comunicative;

dimensione lessicale: la capacità di acquisire lessico aumenta con l’emergere della

memoria esplicita ed è opportuno stimolarla in tempi adeguati, ciò nonostante, questa dimensione sembra non essere influenzata dai periodi critici e dunque la possibilità di raggiungere un alto livello di competenza anche dopo la prima infanzia è garantita.

La priorità, dunque, dipende principalmente dai tempi di maturazione dei circuiti neuronali deputati a ciascuna delle dimensioni e a quelli relativi alle memorie.

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Nel caso della dimensione funzionale, per esempio, il ruolo della memoria implicita è incisivo in quanto (Daloiso, 2009:69): “consente l’interiorizzazione di routine linguistiche, ossia

l’insieme degli atti linguistici associati stabilmente ad un’azione frequente e ripetuta all’interno di un contesto comunicativo specifico. [...]Attraverso la memoria implicita, dunque queste espressioni vengono interiorizzate in forma sempre più automatica, tanto da non dover essere più sottoposte al controllo continuo dell’attenzione.” Nei prossimi capitoli ci

soffermeremo più specificamente sull’uso delle routine linguistiche e sul ruolo fondamentale che ricoprono nel processo di acquisizione linguistica e lessicale di una lingua seconda o straniera da parte di soggetti in età infantile.

Anche la competenza fonologica è fondamentale per l’acquisizione lessicale. Fino al quinto anno di vita i bambini vivono un processo di “sintonizzazione verso l’input linguistico presente

nell’ambiente circostante” (Daloiso, 2009: 65) e già all’ingresso nella scuola dell’infanzia

dispongono, mediamente, di un ampio inventario fonemico in lingua madre se si tratta di soggetti monolingue o in due o più lingue se tratta di bambini bilingui o plurilingue. Il livello di completezza e di sofisticatezza dell’inventario nelle varie lingue dipende dalla qualità dell’input ricevuto e da altri fattori personali quali status sociale ed economico della famiglia di provenienza.

Sul piano produttivo, invece, alla stessa età, le abilità articolatorie risultano limitate e in fase di perfezionamento, attestando un dislivello tra competenza ed esecuzione. L’incapacità di pronunciare correttamente alcune parole o di compiere errori, spesso frequenti, quali la duplicazione o cancellazione di sillabe, suggerisce un cambio di unità di acquisizione fonetica: si passa dall’intera parola alla sillaba (Daloiso, 2009).

Oltre alla divisione in sillabe, in alcune lingue si rivelano essenziali anche la percezione degli accenti, della lunghezza delle sillabe, dei fenomeni di indebolimento o cancellazione vocalica all’interno di parola, come succede per l’inglese, o di altri fenomeni che caratterizzano ciascuna lingua (Schmitt, 2000).

La capacità di discriminare i suoni e di padroneggiare routine linguistiche sono competenze che potrebbero essere definite propedeutiche all’acquisizione lessicale, ma non devono essere percepite come processi distinti dallo sviluppo lessicale, bensì come parte integrante dello stesso.

Quindi, sebbene la competenza lessicale abbia un potenziale di acquisizione molto più alto rispetto ad altre dimensioni linguistiche e, a livello neurologico, sembra non necessitare di una particolare attenzione per quanto riguarda le tempistiche di acquisizione, è preferibile, accanto allo sviluppo delle suddette dimensioni, incentivare parallelamente il processo di acquisizione lessicale. Se ciò è fondamentale per l’acquisizione di L1, si rivela ancora più essenziale per

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l’apprendimento di L2 e LS, poiché in questi contesti la possibilità di un arricchimento del vocabolario nella lingua target rappresenta anche un ampliamento delle modalità comunicative indispensabili per stabilire relazioni sociali.

3.1.1 Memoria e lessico

Conoscere le dinamiche di determinati processi di acquisizione e quali circuiti neuronali e parti della memoria ne vengono coinvolte ci aiuta a comprendere alcuni fenomeni tipici dell’apprendimento lessicale. Sapere, ad esempio, che gli aspetti fonologici e morfologici del linguaggio vengono elaborati dalla memoria a lungo termine di tipo implicito, mentre la funzione di immagazzinamento delle nuove parole e quindi la dimensione lessico-semantica viene gestita dalla memoria a lungo termine di tipo esplicito e che la prima è soggetta a vincoli temporali, rende conto di come avviene il processo di acquisizione del lessico funzionale in base all’età di apprendimento. Nei casi di bilinguismo precoce, infatti, il lessico funzionale viene processato dalla memoria implicita per entrambe le lingue come succede per gli elementi sintattici, quando invece il bilinguismo è di tipo tardivo il lessico funzionale viene memorizzato esplicitamente, ciò implica una maggiore difficoltà nel dominare appieno questa categoria (Daloiso, 2009).

I diversi tipi di memoria assumono, quindi, ruoli differenti all’interno del processo di acquisizione lessicale ma, spesso, lavorano in sinergia, in quello che possiamo definire un rapporto di complementarietà.

Per quanto riguarda la memoria a breve termine, mentre nel caso di parole conosciute è possibile rievocarne lo stimolo verbale in pochi secondi, nel caso di parole ignote e lontane dalle abitudini linguistico-culturali del soggetto la rievocazione a breve distanza appare difficoltosa. Ciò è dovuto in parte alla mancanza di un significato da associare al significante e in parte alla lunghezza della parola in questione. Per ovviare a quest’ultimo problema si attua la stessa strategia utilizzata per la memorizzazione di una lunga serie di numeri: la sequenza viene frammentata in gruppi di triple o doppie e poi si esercita la ripetizione subvocale, allo stesso modo sequenze lunghe di suoni vengono accorpati e poi replicati attraverso la ripetizione subvocale per blocchi fonici. A differenza del sequenziamento di numeri, che ad oggi viene considerato casuale, il raggruppamento di suoni sembra dipendere dalla scansione degli stessi operata dalla voce di chi li produce. Tali scansioni ricordano al soggetto le modalità di accorpamento di altre parole a lui note, di solito tramite suddivisione in sillabe o in morfemi. La memoria a breve termine si serve, dunque, delle conoscenze previe depositate nella memoria a lungo termine per organizzare le unità linguistiche nei diversi livelli di analisi, in questo caso

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“la conoscenza fonologica a lungo termine agisce sulla memoria a breve termine per non- and foreign language words”, Ellis (1997:125 cit. in S. Ferreri 2005:73).

Le memorie assumono un ruolo fondamentale anche per l’acquisizione del significato:

analogamente a quanto avviene per la dimensione fonologica infatti attraverso la memoria a lungo termine la parola in entrata viene scissa e i suoi elementi costitutivi vengono messi a confronto con quelli già immagazzinati. A questa teoria fa, però, di contraltare la tesi per cui il criterio utilizzato dalla memoria a lungo termine per raggruppare in una stessa classe di significato i lessemi sia l’occorrenza nei medesimi contesti. Una terza e ultima ipotesi, più vicina alla corrente neurolinguistica, riconduce invece l’assegnazione del significato di un nuovo termine alla costruzione di connessioni di reti di significato.

Il processo di immagazzinamento dei significati e la creazione delle rappresentazioni semantico-lessicali costituisce una delle dimensioni più complesse dello sviluppo linguistico, le cui dinamiche dividono gli esperti da decenni sia a livello di codifica del significato che di recupero delle informazioni.

Ai fini della comprensione e della produzione lessicale è necessario che i soggetti dispongano nella propria memoria di informazioni e di rappresentazioni, il cosiddetto lessico mentale, che viene sedimentato attraverso la formazione di una traccia mnestica che dalla memoria a breve termine passa e si consolida in quella a lungo termine (De Simone, 2012). Il processo di immagazzinamento dipende da modificazioni chimiche che influenzano l’attività elettrica attraverso un processo di sintesi proteica neuronale che secondo McGauch (2000) genera due tipi di fenomeni: 1) nella memoria a breve termine si creano dei cambiamenti sinaptici temporanei che portano alla formazione della traccia mnestica; 2) nella memoria a lungo termine avvengono dei cambiamenti più sostanziali che comportano la creazione di nuove proteine, le quali cambiano in modo permanente la sensibilità del neurone determinando il consolidamento dell’informazione.

3.1.2 I modelli acquisizionali

Per illustrare la rappresentazione delle informazioni nel cervello umano sono stati creati diversi validi modelli, tra di essi vogliamo proporre quello di Collins e Loftus (1975), compatibile con le modalità di ricerca di questo lavoro. Si tratta di un modello a “propagazione dell’attivazione” in cui i significati dei vocaboli vengono rappresentati attraverso una rete semantica i cui nodi concettuali sono formati dalle parole fra loro connesse sulla base della condivisione di tratti semantici. A una maggiore relazione semantica, che può essere di diversa tipologia,

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corrispondono una più forte connessione, una minore distanza tra i nodi e un inferiore tempo di attivazione.

In presenza di uno stimolo, affinché si ottenga il recupero dell’informazione, si ha l’attivazione di un nodo concettuale; attraverso le sinapsi tale attivazione si espande ai nodi vicini e ai nodi a questi collegati con una forza man mano meno intensa. L’attivazione può, quindi, interessare diversi gradi della memoria semantica e provenire da nodi diversi, creando la possibilità di attivare molteplici percorsi semantici come evidenziato nel seguente grafico:

Figura 3.2 Modello di attivazione a propagazione. Adattato da Collins e Luftus (1975)28

Schmitt (2000), riprendendo Miller e Gildea (1987), assume che per i bambini l’acquisizione del significato delle parole avviene in due fasi: un primo momento in cui la nuova parola viene inserita in una categoria generale (es. i gatti sono animali), e una seconda fase più lenta in cui le parole all’interno delle categorie vengono differenziate (es. i gatti sono animali ma sono diversi dai cani).

Sempre Schimtt (2000) propone il modello acquisizionale di Aichinson (1987) che si divide in tre stadi: labeling, che è il momento in cui la nuova parola si associa a un concetto;

categorization e cioè il raggruppamento di alcuni vocaboli sotto la stessa categoria; network building che consiste nel creare una rete di associazioni tra parole semanticamente correlate.

28 vd. https://www.researchgate.net/figure/Adapted-from-Collins-and-Loftus-1975-an-example-of-a-semantic-

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Man mano che si viene esposti all’input in contesti e situazioni diverse, si integrano le diverse sfumature di significato attribuibili ad una stessa parola; per quanto riguarda l’acquisizione del vocabolario di L2 sembrerebbe che il significato di base, quello più neutro, comune e più facilmente sostituibile con sinonimi, sia quello acquisito prima, insieme a tutto il bagaglio di informazioni trasferite dalla L1 nel caso in cui la parola sia già assimilata nella prima lingua. Kellerman (1978) e Ijaz (1986) suggeriscono che a essere trasferiti da una lingua all’altra siano, tipicamente, i significati di base, mentre quelli secondari o figurati tendono a non essere trasportati.

Nel caso di soggetti bilingui precoci, il rapporto tra il lessico della prima lingua, il lessico della seconda lingua e il sistema concettuale forma un apparato tripartito composto da due magazzini (uno per ciascuna lingua) e un unico sistema cognitivo-concettuale sottostante a entrambi i codici in accordo con l’Ipotesi dell’interdipendenza linguistica di Cummins (1978); di conseguenza questi bambini riescono ad accedere al sistema cognitivo da entrambe le lingue senza necessitare di alcuna traduzione dalla prima lingua alla seconda.

Per quanto riguarda la formazione dei concetti, Paradis (2004) suppone che nel caso in cui il lessico delle due lingue faccia riferimento a concetti simili ma distinti, si creeranno rappresentazioni mentali distinte ma contenute nel medesimo sistema come illustrato dal grafico seguente:

SISTEMA COGNITIVO-CONCETTUALE

SISTEMA LESSICALE L1 SISTEMA LESSICALE L2

Figura 3.3 Sistemi lessicali e sistema concettuale nel bilingue precoce29

77 3.1.3 Transfer e code-mixing

Fattori neuropsicologici sono anche alla base di alcuni fenomeni comuni durante l’apprendimento di L2/LS, uno di essi è il transfer, un meccanismo mediante il quale un soggetto trasferisce le competenze riguardanti la propria lingua madre o altre lingue apprese in precedenza alla lingua target che sta apprendendo.

Il fenomeno è molto frequente nelle prime fasi dell’apprendimento di una nuova lingua, soprattutto quando le lingue hanno aspetti simili o in comune e quindi molte zone di trasparenza, come nel caso di lingue appartenenti alla stessa famiglia linguistica.

Nel transfer lessicale solitamente una rappresentazione fonologica o grafica si associa a un significato che è già parte del magazzino semantico, secondo Nation (1990) la casistica rivela che si tratta quasi sempre di cognates, e cioè parole con un’origine comune.

Il ricorso al transfer per gli apprendenti principianti e per i bambini è descritto da Hall (2002) come “Parasitic strategy” e, se da un lato, ha una connotazione positiva poiché facilita le prime fasi dell’apprendimento, dall’altra, se protratto a lungo termine, potrebbe indurre il soggetto a sottostimare le differenze tra le due lingue.

Un altro fenomeno molto diffuso fra coloro i quali non posseggono un’alta competenza nella L2/LS è il code-mixing e cioè il prestito di vocabolario o di altre strutture dalla L1 o da altre lingue che si padroneggiano meglio e il loro impiego nella lingua target per raggiungere gli scopi comunicativi.

3.1.4 I processi di produzione e comprensione lessicale

Per quanto concerne la ricerca in materia di produzione e comprensione linguistica possiamo affermare che i processi neuropsicologici che sottostanno a queste due funzioni essenziali sono per lo più noti, sono state individuate, inoltre, le aree del cervello e i circuiti neuronali implicati in tali processi, ciò su cui gli esperti sembrano essere invece in disaccordo riguarda la tempistica che coinvolge le varie fasi dei processi e specificatamente “ whether the processing stages are

strictly sequential or whether they interact to some degree” (Laganaro, 2017:13) .

Nell’attesa che studi futuri si pronuncino su tale questione, altre ricerche basate sull’utilizzo delle neuroimmagini hanno fornito importanti dati sui processi implicati nella produzione e nella comprensione lessicale.

Il processo di produzione di un vocabolo è più complesso rispetto a quello ricettivo, poiché il sostrato neurale coinvolto in esso deve inviare un impulso dall’interno, mentre durante la comprensione si riceve uno stimolo esterno, visivo o auditivo. Secondo Paradis (2004), la

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produzione necessita di una soglia di attivazione inferiore rispetto alla comprensione, ciò comporta la possibilità che un determinato livello di soglia permetta la comprensione di una parola ma non la sua produzione.

Guenter e Hickok (2016), indicano le seguenti aree cerebrali come quelle maggiormente attivate durante la fase articolatoria della produzione: il giro precentrale ventrale (corteccia motoria e premotoria), il giro postcentrale ventrale (corteccia somatosensitiva), il giro temporale superiore (STG)(corteggia uditiva), l’area motoria supplementare (SMA), il cervelletto paravermale superiore (principalmente lobuli V e VI) e in minor misura anche i nuclei della base (o gangli della base) e il talamo.

La produzione lessicale è un processo elaborato e multifasico, che si snoda attraverso vari momenti, secondo Nozari (2018) le fasi fondamentali sono due così articolate (prendiamo come esempio il termine cane): nella prima fase i tratti semantici (animale, quattro zampe, abbaia) devono essere collegati a unità lessicali, (in questo caso “cane”), la corrispondenza tra tratti semantici e unità lessicali però, raramente è del tipo 1:1 e si può incorrere nell’attivazione di più di una unità lessicale.

La rappresentazione e in seguito la scelta dell’item lessicale danno l’avvio alla seconda fase del processo che consiste nello scindere l’unità in segmenti fonologici e, conseguentemente, selezionare quelli corrispondenti alla rappresentazione semantica attivata, predisponendo il processo articolatorio finale che culmina con la produzione della parola.

Nozari riprende il “Two-step Interactive Model” di Dell (1986) il quale scompone la memoria a lungo termine in tre livelli: semantico, sintattico e fonologico. L’attivazione detta a “cascata”, procede da un livello al successivo in modo interattivo, ciò comporta che ogni livello comprenda l’attivazione di più sottoinsiemi di tratti distintivi. Quando il concetto ‘gatto’ è attivato, lo è anche parzialmente quello di ‘cane’, in quanto condivide col primo i tratti ‘animale’, ‘domestico’ etc. Analogamente a livello fonologico, la parola ‘gatto’ attiva i fonemi /g/, /a/, /t:/, /o/ e tali fonemi possono a loro volta attivare vocaboli che li contengono: il fonema /g/ può attivare parole come /'gal:o/ (De Simone, 2012).

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Figura 3.4 Schema dell’architettura delle fasi del processo di produzione lessicale30

Nel caso del “picture naming”31, particolarmente rilevante in questo studio, Hartsuiker e Vigliocco (2019), inseriscono un’ulteriore fase che si antepone a tutte le altre e prevede il riconoscimento dell’oggetto semantico attraverso il processamento visivo.

Un altro modello a cui vogliamo accennare è quello denominato “WEAVER ++” di Levelt (1999), il quale differisce da quello di Dell per due punti principali: 1) i significati delle parole non possono essere decomposti e sono connessi da una rete di legami semantici che ne giustificano la relazione e attraverso i quali si diffonde l’attivazione mentre nel modello di Dell i significati sono scissi in sotto-insiemi di tratti distintivi; 2) i diversi livelli sono strettamente interdipendenti per cui la codifica fonologica ha inizio solo dopo l’effettiva selezione della parola target mentre nel modello a cascata con i processi fonologici hanno luogo contemporaneamente all’attivazione delle entrate lessicali, mentre sono ancora in competizione.

Il processo di comprensione, benché comporti delle differenze in base al tipo di input che lo caratterizza (visivo o orale), si snoda attraverso delle fasi che sono pressoché opposte a quelle che contraddistinguono la produzione.

Blumstein (2009) propone un modello multifasico, ispirandosi a quelli di McClelland ed Elman (1986) e Gaskell e Marslen-Wilson (1999), attraverso il quale delinea le fasi che descrivono il processo di comprensione: riconoscere una parola implica uno sforzo di tipo percettivo che serve a filtrare l’input acustico e a ricavarne dei segmenti con valore fonologico in grado di richiamare una rappresentazione semantica e infine la scelta di un lessema confacente. Come sottolineato dall’autore, la differenza con i modelli passati è rappresentata dalla misura in cui

30 vd.http://nazbanou.net/files/2018-NozariPLM.pdf

31 Il Picture Naming è una tecnica utilizzata per test psicologici o linguistici in cui il soggetto è chiamato ad

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le fasi di elaborazione si influenzano vicendevolmente secondo un effetto a cascata per cui l’input fonetico non influisce solo sull’attivazione delle sue unità rappresentazionali, ma ha anche un effetto sul livello lessico-semantico. La seguente figura riproduce le fasi sopraelencate (Blumstein, 2009: 827):

Figura 3.5 Fasi del processo di comprensione lessicale32

Analogamente a quanto succede per il processo di produzione, sia a livello acustico-fonetico che a quello fonologico, può esserci concorrenza tra due o più forme, ciò comporta una tempistica variabile nell’accesso da un livello della rappresentazione al successivo.

Le aree cerebrali coinvolte nel processo di comprensione sono quelle temporali per quanto riguarda la fase acustico-fonetica, quelle temporo-parietali per il riconoscimento delle unità fonologiche e l’accesso alle rappresentazioni semantiche e le aree frontali per la selezione lessicale.

Alcuni studi, come quello di Fennel et al. (2007) affermano che i bambini bilingui possono riscontrare maggiori difficoltà rispetto a quelli monolingui nella discriminazione di fonemi e coppie minime, altri come Havy et al. (2016) dimostrano che la difficoltà è proporzionale alla distanza tipologica fra le lingue.

32S. Blumstein (2010)

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