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All’interno del progetto: metodi e procedure

5.1 Metodo e partecipant

La ricerca, di carattere sperimentale, non ha previsto un gruppo di controllo ma due gruppi selezionati i quali sono stati esposti all’input lessicale secondo modalità diverse: in un caso è stata utilizzata unicamente la metodologia ludica, nell’altro, al metodo ludico è stato associato lo storytelling, offrendo un input potenziato.

Il lavoro si è articolato in tre fasi principali:

1) fase di pre-test, in cui è stato valutato il livello di competenza lessicale iniziale sia per quanto concerne la dimensione ricettiva che per quella produttiva;

2) fase sperimentale, durante la quale i bambini sono stati guidati all’apprendimento di parole target attraverso 8 incontri bisettimanali della durata di 60 minuti;

3) fase di post-test, in cui sono stati ripetuti i medesimi test della prima fase al fine di rilevare lo sviluppo della competenza lessicale relativa alle parole target apprese durante la fase esecutiva.

I soggetti coinvolti nella ricerca frequentavano la scuola dell’infanzia “Ciari” facente parte dell’Istituto Comprensivo “L. Strenta Tongiorgi” di Pisa, un complesso che localmente si distingue per l’adozione di politiche scolastiche volte all’accoglienza e all’inclusione, annoverando tra i suoi banchi alunni con un background linguistico e culturale internazionale. Le due sezioni de le “Ciari”, che includevano una sola classe per ognuna di esse e ospitavano bambini di età eterogenea compresa tra i 3 e i 6 anni, erano dette la sezione dei “blu” e la sezione dei “rossi”, definizione che abbiamo adottato per denominare anche i due gruppi di studio corrispondenti.

La classe dei blu era composta da 23 bambini di cui 15 di sesso maschile e 8 di sesso femminile, con un’età media di 4,04 anni; attraverso un’indagine della documentazione richiesta dalla scuola alle famiglie siamo potuti risalire alla composizione geografica del gruppo: 5 bambini

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presentavano cittadinanza italiana, 16 erano stranieri di seconda generazione, 1 era cittadino americano e 1 era nato da coppia mista italo-americana. Relativamente alle lingue d’origine, la biografia linguistica tratta dal medesimo documento ha evidenziato la presenza dei seguenti idiomi: albanese, bengalese, brasiliano, inglese, punjabi, romeno, romanì, spagnolo e tagalog. La classe dei rossi constava, invece, di 20 bambini, 11 di sesso maschile e 9 di sesso femminile, di età media pari a 4,2 anni, di cui 9 con cittadinanza italiana, 8 stranieri di seconda generazione, 2 di prima generazione e 1 nato da una coppia mista italo-spagnola. Le lingue d’origine delle famiglie dei bambini con background migratorio erano le seguenti: albanese, bengalese, brasiliano, francese, romanì, russo e spagnolo.

La competenza linguistico-lessicale in italiano dei bambini di seconda generazione si è rivelata nettamente disomogenea, strettamente legata al numero di anni di permanenza in Italia dei genitori, al loro livello di istruzione, al tipo di lavoro svolto e al grado di integrazione con il tessuto socioculturale del nostro Paese, elemento quest’ultimo da cui può dipendere una più o meno positiva considerazione nei confronti della lingua e di conseguenza una maggiore o minore predisposizione verso l’apprendimento della stessa.

Le medesime motivazioni sono alla base della conservazione o della perdita parziale o completa della competenza nella lingua di origine, un ulteriore tassello nella difficile valutazione del livello di competenza dell’italiano e del grado di bilinguismo di questi bambini, che di norma si attesta tra un pre-A1 e un A2.

Esiste poi una difficoltà aggiuntiva per questi alunni nel percorso di acquisizione linguistica di L2 rappresentata dal trasferimento momentaneo di parte della famiglia (solitamente la mamma e altri fratelli) nel Paese di origine per trascorrere i mesi invernali con i loro congiunti lontani. La mancata frequenza scolastica per periodi così lunghi (dai 2 ai 4 mesi) provoca discontinuità nello sviluppo della competenza linguistica in italiano, giacché fuori dal contesto scolastico e dall’Italia l’esposizione alla nostra lingua per questi bambini si riduce drasticamente e in molti casi si annulla totalmente.

Inoltre, alcuni dei bambini inizialmente coinvolti nella nostra sperimentazione hanno interrotto la frequenza scolastica, causando uno sbilanciamento tra le due classi nel numero di soggetti italiani e stranieri coinvolti nel progetto e sottoposti alla fase finale dello studio.

5.2 Materiali

Relativamente alla prima e alla terza fase del lavoro, in cui i bambini sono stati sottoposti ai test per il rilevamento della competenza lessicale, abbiamo utilizzato il volume “TFL. Test

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fono-lessicale” di Vicari, Marotta e Luci (2007) specifico per la valutazione delle abilità lessicali, sia ricettive che produttive, in età prescolare e adottato principalmente in ambito clinico per l’individuazione di eventuali deficit linguistici.

In assenza di materiale didattico con il quale lavorare durante la fase esecutiva che fosse direttamente correlato al test prescelto e che quindi proponesse le medesime parole target, abbiamo suddiviso e raggruppato i vocaboli dei test in base al campo semantico di appartenenza al fine di facilitare la ricerca di strumenti glottodidattici da adoperare durante gli incontri con i bambini.

Reperire materiale per la fase esecutiva che fosse destinato o quantomeno idoneo a bambini non italofoni in una fascia di età compresa tra i 3 e 6 anni e che proponesse almeno in parte le parole target dei test non si è rivelata un’operazione del tutto semplice e, soprattutto per la scelta delle storie, in alcuni casi siamo dovuti ricorrere all’adattamento di racconti concepiti per un pubblico di età maggiore ai 6 anni o italofono.

Le fonti selezionate, che hanno garantito la somministrazione di input lessicale inerente a 5 aree semantiche (parti del corpo, animali, cibo, divertimento e acqua), sono state individuate anche in base alla metodologia glottodidattica adottata per ciascuna classe.

Per i blu, con i quali abbiamo adoperato esclusivamente il metodo ludico, abbiamo proposto alcune unità dei volumi “Piccolo e forte! A” e “Piccolo e forte! B” facenti parte del corso multimediale di lingua italiana per bambini “Forte” (2015) nato dall’esperienza personale di Maddii e Borgogni, due esperte che da anni si occupano di questo ambito.

Con i rossi, che oltre alle attività ludiche sono stati esposti all’ascolto di fiabe e racconti, ci siamo affidati in parte alla sezione dedicata alle risorse operative del libro “L’italiano con le fiabe. Costruire percorsi didattici per bambini stranieri” di Daloiso (2009) e in parte a storie selezionate da siti web dedicati all’infanzia52.

Le storie recuperate sul web hanno necessitato di alcuni accorgimenti al fine di essere adattate alle competenze e ai bisogni linguistico-cognitivi e comunicativi dei nostri piccoli alunni. Le modifiche apportate ai testi hanno seguito le indicazioni di Daloiso (2009) che delinea i tratti peculiari del racconto per bambini suggerendo l’utilizzo di testi: incentrati prevalentemente su azioni disposte secondo un ordine cronologico lineare e dialoghi; caratterizzati da risoluzioni positive ed ottimistiche; contrassegnati dalla ripetizione di alcuni passaggi della storia sia a livello linguistico che narrativo.

A livello lessicale Daloiso sottolinea l’importanza della scelta dei vocaboli sia in relazione al grado di complessità semantica, consigliando l’impiego di parole concrete, che dal punto di

52 vd. https://www.ginofelci.edu.it/sites/default/files/articoli/2019-2020/zarfati-2_3.pdf

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vista delle proprietà fonetiche dei vocaboli, la cui sonorità è rilevante al fine di agevolare i processi di memorizzazione e al contempo per aumentare la piacevolezza dell’esperienza auditiva e quindi, di conseguenza, per stimolare l’attenzione.

Non avendo un supporto apposito, per i racconti rinvenuti sul web si è reso necessario ideare delle attività glottodidattiche a carattere ludico, per le quali ci siamo avvalsi degli esempi presenti nel volume di Daloiso e anche dei consigli delle insegnanti della scuola che ci hanno indicato le attività preferite dagli alunni.

Per la scelta delle flashcard, strumento adoperato sia con il gruppo dei blu che con quello dei rossi, si è reso invece necessario selezionare tra le immagini del test quelle corrispondenti ai campi semantici dei vocaboli trattati dal materiale didattico e creare delle tessere in cartonato.

5.3 Procedure

In questo paragrafo approfondiremo le procedure inerenti la fase sperimentale del progetto mentre le fasi di testing, rispettivamente la prima e la terza, saranno illustrate nel capitolo successivo, interamente dedicato all’analisi dei dati ricavati dai test.

Per ciò che concerne la pianificazione degli incontri con i bambini ci siamo dovuti attenere alle disposizioni dei referenti scolastici i quali ci hanno concesso lo spazio postprandiale, onde evitare accavallamenti con altre attività e progetti già in essere all’interno della programmazione didattica della scuola. A nostro avviso lavorare in questa specifica fascia oraria, compresa tra le 13:00 e le 14:00, si è rivelato penalizzante soprattutto in relazione alla tenuta delle capacità attentive dei bambini, in primis perché l’incontro avveniva immediatamente dopo la pausa pranzo e, in secondo luogo, perché quello specifico momento era solitamente destinato alla ricreazione nel giardino della scuola, consuetudine molto amata e attesa dai piccoli alunni.

All’inizio del percorso abbiamo svolto due incontri conoscitivi, uno per ogni gruppo, allo scopo di introdurre la tematica del progetto, promuovere l’interculturalità e permettere ai bambini di familiarizzare con la mia figura.

Dopo una breve presentazione mia e dei bambini, abbiamo cercato di indirizzare la conversazione verso il binomio lingua e luogo di origine, accennando alla diversa denominazione di alcuni oggetti, dei numeri ordinali e delle formule di saluto nelle varie lingue parlate in ambito familiare e in italiano. Infine, abbiamo presentato le bandiere dei Paesi di provenienza delle famiglie dei piccoli allievi, che i più grandi in parte già conoscevano, le abbiamo attaccate alle pareti delle classi e successivamente ne abbiamo distribuito alcune copie da colorare.

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Il secondo incontro con i due gruppi ha avuto l’obiettivo di far familiarizzare i bambini con le modalità esecutive del progetto di sviluppo e ampliamento del lessico in italiano.

Con entrambi i gruppi abbiamo lavorato con vocaboli relativi al campo semantico inerente alle parti del corpo. Con i blu abbiamo imparato le parti del corpo ritagliando, colorando e incollando le sezioni di una sagoma proposta dal libro; in seguito, i bambini si sono disposti in cerchio e si sono passati tra di loro un pupazzo del quale toccavano e riferivano la parte del corpo preferita; per ultimo, abbiamo introdotto e giocato con le flashcard relative a questo topic. Con i rossi, invece, abbiamo letto “La filastrocca del corpo umano”53 e poi abbiamo giocato indicando e denominando le nostre parti del corpo; infine, abbiamo utilizzato le flashcard abbinate.

Trattandosi di un incontro pilota i bambini non sono stati successivamente testati su questo cluster di parole target.

Ogni gruppo di parole appartenente a uno specifico campo semantico, rappresentante un’unità didattica, è stato sviluppato durante due incontri tenutisi nella stessa settimana.

Alleghiamo di seguito una tabella contenente il sillabo lessicale sviluppato durante il progetto:

UNITA’ DIDATTICA “ANIMALI”

gatto, cane, uccello, mucca, toro, rane, cammello, gabbia

UNITA’ DIDATTICA “DIVERTIMENTO”

cubi, palla, coro, canta, balla

UNITA’ DIDATTICA “CIBO”

mela, banana, pasta, riso, vino, pollo, zucca, cucino

UNITA’ DIDATTICA “ACQUA/AMBIENTE MARINO”54

goccia, tubi, vasca, nave, zattera, pinne, nuotare, remare

Figura 5.1 Tabella sillabo lessicale

53 vd. https://filastroccheperbenino.blogspot.com/2012/01/filastrocca-del-corpo-umano.html

54 Ci rendiamo conto che gli item lessicali trattati in questa unità didattica non abbiano tra di loro una relazione

semantica equiparabile a quella in essere tra i vocaboli delle altre unità; siamo dunque consapevoli di aver fatto una scelta arbitraria riguardo la composizione lessicale della suddetta raggruppandovi all’interno vocaboli non facenti parte di un vero e proprio campo semantico, ma di ciò che potremmo più adeguatamente definire due nodi semantici strettamente collegati.

Ci siamo permessi tale deroga in virtù delle singolari capacità associative dei bambiniche, al contrario degli adulti, non trovano difficoltà ma sono stimolati da ciò che risulta fuori dagli schemi.

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Salvo variazioni dovute a particolari bisogni o condizioni dei bambini, ciascuna delle sessioni didattiche ha seguito uno schema strutturato costituito dalle seguenti fasi:

❖ Saluti (spesso anche abbracci!)

❖ Presentazione dei protagonisti dell’unità didattica del libro (per i blu) e dei personaggi della storia (per i rossi);

❖ Lettura della storia/fiaba (solo per i rossi);

❖ Attività ludiche inerenti al lessico della lettura o all’unità del libro prescelti;

❖ Giochi con le flashcard relative al campo semantico sviluppato durante le sessioni didattiche di quella settimana.

Il momento iniziale dei saluti, che prevedeva la presenza e l’uso di più idiomi insieme alla presentazione dei personaggi con cui i bambini avrebbero lavorato durante l’incontro e dei bambini verso i personaggi, ha rappresentato una routine linguistica molto apprezzata dagli allievi.

Il passaggio dedicato alla lettura della storia si sviluppava secondo precisi rituali e specifiche linee guida: a livello logistico ad esempio, nel momento dell’ascolto del racconto i bambini venivano invitati a sedersi in semicerchio su un tappetino in un’area dell’aula appositamente destinata all’attività e denominata “l’angolo del racconto”.

Secondo Daloiso (2009) la “ percezione fisica da parte dei bambini di “entrare nel mondo delle

fiabe” nel momento in cui fanno il loro ingresso nello spazio didattico preposto all’ascolto di storie” genera nei piccoli alunni una forte motivazione; lo stesso autore aggiunge che tale

disposizione produce una relazione diversa tra gli alunni e l’insegnante grazie all’assenza dei tavolini, offrendo la possibilità di stabilire un maggior contatto, sia visivo che fisico, tra i due attori del processo matetico.

Per quel che riguarda il momento relativo alla manipolazione lessicale attraverso il gioco, data la composizione eterogenea a livello di età e di competenze linguistico-cognitive del gruppo, in molteplici circostanze abbiamo preferito far lavorare i bambini a coppie composte da soggetti di età e origini diverse, assegnando a ciascun componente un compito idoneo alle capacità possedute.

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Tale scelta affonda le sue radici nelle teorie e nei dettami provenienti da diversi ambiti del sapere: a livello psico-emotivo si promuove l’abbandono della fase egocentrica spingendo i bambini più piccoli verso la conoscenza dell’altro, ma senza coinvolgerli in attività che prevedano gruppi ancora troppo ampi per loro; da un punto di vista relazionale agevola lo sviluppo di dinamiche di cooperazione allo scopo di portare a termine un compito; in ultimo, dal lato pratico evita di assegnare molteplici versioni dello stesso compito a difficoltà differenziata, riducendo i tempi di preparazione e di svolgimento delle attività e consentendo una più semplice gestione della classe.

L’utilizzo delle flashcard, invece, assicura un giusto compromesso tra la ricerca di novità veicolata dal fattore sorpresa attraverso la proposta di giochi sempre diversi e il bisogno di sicurezza garantito dalla possibilità di svolgere le attività ludiche sempre con lo stesso tipo di strumento. Ogni gioco con le flashcard, inoltre, ha previsto che alla fine tutti i bambini “vincessero”: è molto importante infatti sia a livello attentivo che motivazionale, così come ci insegnano le trame delle storie per bambini, che l’esperienza globale sia non solo fonte di piacere ma anche sinonimo di positività.

Tra i mezzi che hanno facilitato, invece, il nostro lavoro vi è stata la creazione di un registro delle presenze in cui abbiamo annotato la frequenza scolastica al fine di poter selezionare per la terza fase solamente i bambini con una soglia minima di partecipazione pari al 75% degli incontri.

Sarebbe stato interessante testare anche i soggetti con un basso livello di presenze, utilizzandoli come gruppo di controllo per analizzare il grado di sviluppo lessicale in L2 durante lo stesso periodo di tempo della sperimentazione in contesto non istituzionale e senza l’ausilio di strategie esplicite; purtroppo, però, la quasi totalità degli alunni che hanno cumulato molte assenze sono quelli che hanno speso buona parte del periodo inerente la fase sperimentale della ricerca all’estero o hanno origini Rom e, in entrambi i casi, possiamo considerare l’esposizione all’input lessicale italiano ricevuta fuori dall’ambiente scolastico nulla o quasi.

Un ulteriore registro è servito per la programmazione delle lezioni e l’appunto di osservazioni legate a particolari espressioni linguistiche utilizzate dai bambini e all’andamento del progetto.