151
Figura 6.22 Test di comprensione lessicale: incremento del vocabolario target usato e non usato per il sottogruppo “italiani” dei blu e dei rossi
La seconda coppia di grafici ripropone la stessa modalità di analisi ma in applicazione alla dimensione produttiva della competenza lessicale.
Dalla figura 6.23 deduciamo che, rispetto all’equivalente dei rossi, il sottogruppo dei bambini stranieri appartenenti ai blu ha ottenuto i maggiori progressi sia in relazione al TU che al TNU con valori di media corrispondenti a un +0,3 per il TU e un +1,3 per il TNU sulla controparte rossa.
In relazione ai soggetti italiani, la figura 6.24 ci mostra che blu hanno raggiunto risultati leggermente più soddisfacenti per il TU (+0,7), mentre il valore di crescita ottenuto per il TNU è condiviso da entrambi i sottogruppi.
Relativamente alla misura del divario tra il TU e il TNU i dati rilevano per il sottogruppo degli stranieri un incremento più cospicuo da parte dei rossi che fanno registrare un +1 sui blu; mentre il sottogruppo degli italiani vede uno scarto pari al +0,7 dei blu sui rossi.
0 1 2 3 4 5
target usato target non usato
2,5 1 2,0 1,6
soggetti italiani
blu rossi152
Figura 6.23 Test di produzione lessicale: incremento del vocabolario target usato e non usato per il sottogruppo “stranieri” dei blu e dei rossi
Figura 6.24 Test di produzione lessicale: incremento del vocabolario target usato e non usato per il sottogruppo “italiani” dei blu e dei rossi
Complessivamente, in relazione alla prova di comprensione i bambini appartenenti al gruppo dei blu hanno ottenuto i risultati più soddisfacenti, riportando però differenze notevoli tra il sottogruppo dei soggetti stranieri e quello dei soggetti italiani: nel primo caso la differenza di crescita rispetto alla controparte dei rossi è netta sia in riferimento al TU che al TNU; nel secondo caso si riscontra un maggiore incremento a livello di TU mentre, per quanto riguarda il TNU, sono i rossi a far registrare una crescita maggiore, si tratta ad ogni modo di crescite di natura meno rilevante rispetto a quelle riportate dai bambini stranieri.
0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0
target usato target non usato
4,5 3,1 4,2 1,8
soggetti stranieri
blu rossi 0 1 2 3 4 5target usato target non usato
2,5 1,5 1,8 1,5
soggetti italiani
blu rossi153
In merito al divario di crescita tra TU e TNU i blu raggiungono i risultati migliori per entrambi i sottogruppi.
Anche la prova di produzione illustra il raggiungimento dei risultati più significativi per i soggetti dei blu: il sottogruppo dei bambini stranieri ha prodotto un incremento maggiore rispetto a quello dei rossi, di lieve entità in riferimento al TU e più cospicuo in relazione al TNU; il sottogruppo degli italiani ha, invece, fatto registrare una lieve crescita maggiore per i blu inerentemente al TU, mentre gli incrementi relativi al TNU sono uguali sia per i soggetti dei blu che per quelli dei rossi.
Infine, l’analisi della differenza di crescita tra TU e TNU ci conferma una maggiore estensione del lessico manipolato per i blu, questa volta per il sottogruppo degli italiani, mentre per il sottogruppo degli stranieri ottengono un incremento maggiore i rossi.
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Conclusioni
Il progetto di ricerca qui proposto ha coinvolto bambini tra i 3 e i 6 anni di età di una scuola dell’infanzia con sede nel comune di Pisa che presentava una notevole presenza di soggetti di madrelingua non italiana.
La parte sperimentale dello studio, durata all’incirca 4 mesi, è stata ripartita tra le fasi 1 e 3 dedicate alla somministrazione dei test e la fase 2 in cui i soggetti sono stati accompagnati in specifiche sessioni didattiche volte alla manipolazione lessicale di cluster di vocaboli appartenenti a precisi campi semantici.
A ognuna delle due sezioni della scuola interessate, equiparabili per eterogeneità a livello di età, provenienza e lingue di origine, è stata assegnata una metodologia glottodidattica attraverso la quale agevolare l’acquisizione del sillabo lessicale selezionato: la sezione dei blu è stata accompagnata nel percorso di apprendimento attraverso l’adozione del metodo ludico, mentre la sezione dei rossi ha visto affiancare al metodo ludico quello dello storytelling.
In particolare, in ognuna delle sessioni didattiche (della durata di circa 60 minuti) il lavoro sulle unità lessicali da acquisire è stato svolto per entrambi i gruppi sotto forma ludica (di norma negli ultimi 15 minuti), mentre ciò che ha distinto gli incontri è stata la fase precedente, costituita, per i blu, da sole attività ludiche collegate al campo semantico prescelto e, per i rossi, anche dall’ascolto di una storia, sempre relazionata all’area semantica scelta per quel giorno. La struttura delle sessioni didattiche costituisce il riflesso degli obiettivi della ricerca: in primo luogo, la verifica di eventuali benefici apportati dallo storytelling, in quanto, se da un lato, esso garantisce una maggiore contestualizzazione del lessico, dall’altro, rispetto all’impiego del solo metodo ludico, richiede uno sforzo maggiore in termini di mantenimento della motivazione e dell’attenzione.
In secondo luogo, si è voluto valutare l’efficacia, in questo preciso contesto, del modello di acquisizione semantico Collins-Luftus (1975), secondo il quale l’acquisizione lessicale sarebbe facilitata se gli item lessicali vengono presentati e collegati all’interno di uno specifico campo semantico.
Iniziamo l’analisi dei dati proprio da questo secondo punto che coinvolge in egual modo entrambi i gruppi: i dati rivelano che ambedue hanno ottenuto progressi sia in merito al lessico ricettivo sia a quello produttivo.
Data la brevità del tempo dedicato all’interno della sessione didattica alla manipolazione del lessico target, ipotizziamo che l’immersione nell’ambito lessicale di appartenenza del gruppo
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di vocaboli prescelti nel restante spazio dedicato alla lezione abbia potuto rappresentare terreno fertile per l’acquisizione lessicale delle unità target.
Relativamente al quesito principale posto dalla ricerca, la quantità di dati elaborata e i molteplici fattori analizzati richiedono una più approfondita esplicazione.
L’esame dei dati indica, innanzitutto, una maggiore progressione nell’estensione del lessico attivo rispetto a quello passivo per entrambi i gruppi: ciò potrebbe essere attribuito all’attivazione di lessico già immagazzinato ma non ancora disponibile per la produzione. Come noto, nei primi anni di vita, per un monolingue ma ancor di più per un bilingue, il lessico passivo è di norma più consistente di quello attivo, il divario, che potrebbe anche rimanere notevole o addirittura aumentare in età adulta, normalmente nei bilingui simultanei va riducendosi con il tempo.
Con molta probabilità, dunque, il nostro lavoro si è rivelato particolarmente efficace nella stimolazione e fissazione dei processi di recupero del vocabolario del bagaglio lessicale passivo già posseduto dai bambini.
Venendo al focus della ricerca, i dati evidenziano un incremento più notevole in entrambe le prove per il gruppo dei blu, che acquisisce maggiore consistenza tenendo in conto che durante il primo ciclo di test il suddetto gruppo aveva fatto registrare i valori di media più bassi. I soggetti dei blu hanno, al contempo, ottenuto risultati più soddisfacenti anche in relazione al TNU, ovvero il target presente nel test ma non trattato durante la fase esecutiva del progetto, e tale aspetto, sebbene non modifichi l’esito della sperimentazione, merita un approfondimento. E’ difficile stabilire se e in quale misura il lavoro svolto in classe abbia potuto influenzare la predisposizione dei soggetti all’acquisizione lessicale anche durante le altre attività educative o nella vita extrascolastica; altrettanto difficile è determinare il peso di altri fattori che esulano dalle attività svolte durante le sessioni didattiche legate al progetto.
Vogliamo in questo spazio citarne due di notevole rilevanza: in primis, l’approccio delle insegnanti verso il progetto e più in generale l’interesse per l’educazione linguistica dei propri alunni; in seconda battuta, l’ambiente linguistico domestico, che può essere caratterizzato da un minore o maggiore utilizzo della lingua italiana e delle sue varianti in base al livello di integrazione della famiglia nella società italiana, alla presenza di fratelli maggiori già scolarizzati, alla lingua dei media a cui si è esposti e, non in ultimo, all’indice di persistenza delle lingue di origine nella vita quotidiana delle famiglie.
Riguardo il secondo degli aspetti ci è dato poco da sapere, poiché la documentazione inerente alla bibliografia linguistica dei soggetti di cui siamo entrati in possesso ha fornito esclusivamente informazioni inerenti le lingue di origine dei membri della famiglia, senza alcun approfondimento sull’ambiente linguistico familiare quotidiano.
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In relazione al primo punto possiamo, invece, affermare che le insegnanti della sezione dei blu si sono dimostrate molto interessate al progetto e più disponibili delle altre nell’accompagnamento dei bambini all’interno del percorso di apprendimento lessicale; tale atteggiamento potrebbe aver sostenuto sia la motivazione generale dei bambini nei confronti del progetto, che, più nello specifico, l’attenzione durante le sessioni didattiche, contribuendo di fatto al raggiungimento di risultati più significativi per i blu.
Ritornando all’analisi dei dati, abbiamo ritenuto opportuno approfondire il nostro studio e soffermarci anche sul confronto dei risultati ottenuti separatamente dai bambini di origine straniera e da quelli italiani al fine di avere un quadro più esaustivo del nostro operato.
Sia i soggetti stranieri che quelli italiani appartenenti al gruppo dei blu, in accordo con gli esiti generali, hanno ottenuto risultati più soddisfacenti rispetto alla controparte dei rossi in relazione a entrambe le prove; il dato più rilevante è un netto incremento per i bambini stranieri rispetto a quelli italiani nella prova di comprensione.
Contrariamente alla tendenza complessiva, che ha visto una predominanza degli esiti più significativi in relazione al vocabolario attivo, quindi, i soggetti stranieri del gruppo dei blu hanno riscontrato particolare giovamento dal lavoro svolto in classe per l’immagazzinamento di nuovo materiale lessicale.
Valutiamo il dato in maniera positiva alla luce del fatto che il bagaglio lessicale passivo dei bambini stranieri nel periodo prescolare è di norma inferiore a quello dei compagni italiani e, dunque, sono coloro i quali necessitano maggiormente di un ampliamento di questa specifica dimensione del vocabolario. Allo stesso tempo, ribadiamo la difficoltà di stimare l’ampiezza effettiva del vocabolario ricettivo dei bilingui, che andrebbe sempre valutata tenendo in conto il livello di competenza lessicale passiva dei soggetti in entrambe le lingue.
Un’ulteriore analisi sulla misura del divario tra crescita del target usato (TU) e del target non usato (TNU) illustra, ancora una volta, risultati più incoraggianti per i blu, nel caso del sottogruppo dei soggetti italiani distribuiti su entrambe le prove mentre, per quello dei soggetti stranieri confermato solamente in relazione al test di comprensione, per quanto riguarda quello di produzione, invece, l’incremento più rilevante è fatto registrare dai soggetti dei rossi. Deduciamo, dunque, che il lavoro svolto con i blu si è dimostrato più efficace sia per il sottogruppo degli stranieri che per quello degli italiani, l’unico dato discordante, quello inerente al maggior incremento ottenuto dai rossi nel rapporto TU/TNU è, a nostro parere, giustificato dal fatto che, con riferimento allo stesso rapporto, la controparte blu ha ottenuto una crescita nettamente più ampia per il target non usato.
I risultati di questo studio sembrano quindi non rilevare uno specifico beneficio nel potenziamento dell’input lessicale attraverso l’accostamento dello storytelling alla metodologia
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ludica; uno dei dati che più avvalora questa tesi è il raggiungimento di un maggior incremento per i soggetti stranieri del gruppo dei blu nella prova di comprensione poiché, di norma, l’esposizione alla lettura di storie è un mezzo molto efficace per stimolare le competenze ricettive, mentre, in questo caso sembra non aver esercitato una sufficiente influenza sui bambini dei rossi.
La superiore efficacia della metodologia ludica in questo contesto è supportata anche da un ulteriore dato il quale si rifà agli esiti dei test somministrati nella fase 1: il fatto che i blu avessero ottenuto in media dei risultati meno soddisfacenti dei rossi sottolinea che proprio questi soggetti abbiano beneficiato maggiormente di un’azione didattica mirata, attraverso la quale hanno, non solo, colmato il divario iniziale ma addirittura raggiunto risultati migliori dei compagni del gruppo dei rossi.
Gli esiti, dunque, tendono a suffragare la validità del metodo ludico: la possibilità di manipolare attivamente l’input, di stimolare il cosiddetto “principio dell’azione” (Titone, 1987) e cioè favorire l’acquisizione linguistica attraverso il coinvolgimento di tutte le capacità e le risorse del soggetto, di fare esperienza tramite l’apprendimento, nonché di divertirsi all’interno dell’esperienza didattica stessa, sembrano costituire le chiavi di accesso a una modalità di insegnamento/apprendimento linguistico-lessicale dimostratasi particolarmente efficace per i soggetti madrelingua italiana e straniera non ancora alfabetizzati.
La ricerca qui presentata lascia anche dei quesiti non risolti, come quello relativo alla elevata crescita del TNU per il gruppo dei blu per il quale possiamo unicamente elaborare ipotesi, data la mancanza di informazioni più approfondite sulla biografia linguistica dei bambini e il numero ridotto dei soggetti coinvolti all’interno dello studio; allo stesso tempo, crediamo che ciò apra la possibilità a ricerche future con l’obiettivo di continuare a investigare in un ambito a nostro parare molto importante, ma ancora poco considerato, quale è quello dell’educazione linguistica nella scuola dell’infanzia.
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