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Maiores natu in conviviis ad tibias egregia superiorum opera carmine comprehen sa pangebant, quo ad ea imitanda inventutem alacriorem redderent Quas Athenas,

progeniem V en e ris canem us ( H orat., C arm X V Caes Aug Laud.) V ersavano poi queste canzoni into rn o a storici argom enti, in cui bel­

2 Maiores natu in conviviis ad tibias egregia superiorum opera carmine comprehen sa pangebant, quo ad ea imitanda inventutem alacriorem redderent Quas Athenas,

quam scholam, quae alienigena studia buie domesticae disciplinae praetulerim? Inde o - riebantur Camilli, Scipiones, Fabricii, Marcelli, Fabii. Val. M ax. I I . I.

3 Tamagni, Storia letteraria d’Italia, parte prima, Letteratura romana, Milano, Vai- lardi, 1870.

di altri sappiam o ch e fu ro n o dedicati al cu lto di V e sta ; ed Orfeo ch e fu sa­ lu tato da P in d aro maestro della lira e padre de' sacri c a n t i , fondò il culto di D ionisio. Di O rfeo ce rtam e n te non sono i v ersi che oggi portan o il suo no m e; m a gli a n tich i ch e conobbero i veri canti di lu i e degli a ltri testò nom inati, ce ne riferiscono quanto basta a giu d icarli d irittam e n te. Che adun­ q ue era n o quelle poesie? in n i religiosi, cioè i prim i fiori di poesia che spun­ tavano dalla religione, e gli autori di essi furon poeti teologi, com e li do­ m anda il V ico. A llorché poi dom inarono i p rin cip i, gli apicrroi, la G recia non ebbe altra poesia che l ’ e p ic a ; infine, quando al co m inciare delle olim pia­ di, i moti repub b lican i priv aro n o de’ loro privilegi le fam iglie prin cip esch e, n atu ra lm e n te si dette luogo alla libera m anifestazione de’ sen tim en ti e degli affetti in d iv id u ali, e n e n acq u e la poesia liric a. A llora il poeta ch e n ell’ e- pica era sparito in n an zi al suo soggetto n ella seren a contem plazione d ell’età ero ica, si presentò al popolo riv elan d o i p ro p ri affetti.

Nè conferiscono m eno a co n ferm are cosiffatta opinione gl’ Im en e i, le c a n ­ zoni trio n fali, le n en ie e i v ersi fesc en n in i. E p er farci dagl’ Im enei, q u e­ sti e ra n ca n ti fesc en n in i, co’ quali u n coro di fan ciu lli e di fa n c iu lle , a c ­ com pagnando gli sposi, loro faceva i più lieti augurii, p er via invocando 1-

mene, e in su ll’ e n tra re la casa dello sp o so , Talassio, p erc h è questo grido,

nel ratto delle S abine, valse a difendere u n a vergine di bellissim e form e dal- l ’ im peto degli assalito ri:

T ollite, o p u e r i , faces: F lam m eum videor videre: Ite , concinite in m odum , O H ym en H ym enaee H y m en , H y m en o H ym enaee.

N eu diu ta ce at procax F e sc e n n in a locutio: . . . . lu b et

Iam se rv ire Thalassio. 1

L e canzoni trio n fa li poi non erano sem pre m ordaci beffe, onde la sfre­ n a ta licenza de’ soldati m otteggiava i difetti del trionfatore; m a ta lv o lta , co­ m echè rozze, elevandosi a ll’ altezza della poesia lirica d ella gloria, esprim e­ vano 1* esu ltan za del trio n fo , e celebravano le lodi del v in c ito re e la glorio­ sa m orte di coloro ch e furono prodighi della v ila p er la patria. Del ch e par c h e ren d a n o testim onianza queste parole di Livio: Celebrata inconditis car-

tninibus m ilitaribus non m agis victoria Q. F a b ii, quam m ors praeclara P . L e d i est : excitataque m emoria p a re n tis, aequata eventu publico privatoque filii laudibus. a

Nenie infine si dom andavano quelle canzoni fu n eb ri ch e, in to n a te dal­

le prefiche al suono della tibia, ricordavano le lodi de’ defunti, com e appa­ re da questo luogo di C icerone: H onoratorum virorum laudes in conclone

memorentur, easque etiam cantu ad tibicinem prosequantur, cui nomen n e n i a . 3

P e r v e n ire da ultim o a ' versi fescennini, n e ’ quali u n iv e rsa lm e n te si ri- 1 Cat. In nupt. Juliae et Manlii.

a L iv . X. 30. 8 Cic. 2. Leg. 24.

conosce il prim o inizio del teatro la tin o , è da sapere che il dram m a p ri­ mitivo in I ta l ia , come in G recia, ebbe origine da solennità religiose. Se­ condo u n ’ antica tradizione, raccolta da V irgilio e da O razio, 1 gli agricol­ tori italiani, dopo la messe e la vendem m ia, con offerte di vittim e, di vino e di latte e di fiori festeggiavano Bacco e gli altri Dei protettori de’ cam pi, e n ella gioia delle raccolte e del vino nuovo scherzavano allegram ente con rozzi ver­ si alterni pieni di m otti pungenti. E ra n o satire im provvise, erano dialoghi pieni di arguzie, che pigliavano sem bianza di com media, a cui non m a n ca­ vano le m aschere, costum ando gli agricoltori italici di coprirsi il volto e re n ­ derlo orribile con scorze di a lb e ri, 2 come già in Atene usavano gli attori di Tespi d’ im piastrarsi il viso con fecce di vino. 3 Com inciò questa com ­

media dapprim a con gli am abili sc h e rz i, e poi venne a così acerbe parole e ingiuriose, che a in fre n arle fu forza por mano alla severità delle leggi 4. Cotale asprezza e m ordacità di sa tira , ch e i L atini ebbero in iscam bio dei

sali attici, si disse aceto italico, che al sopravvenire della greca coltura non

si spense nè si m utò negl’ Ita lia n i; n e’ quali non m ancò mai quella ricca vena di arguzie e di m otti e quell' attitudine a cogliere ed esprim ere il ri­ dicolo che si asconde nelle cose più g ra v i; che è il vero ingegno comico ( vis comica). M a in sullo scorcio del IV secolo, nel grave abbattim ento in cui cadde Rom a durante u n a fiera pestilenza, per placare con giuochi sceni­ ci l 'i r a degli D ei, si fecero v enire dall’ E tru ria g l'is trio n i che aggiunsero 1’ azione e la danza alle canzoni saturnie. Le quali ebbero il nome di Sa-

turae da’ molteplici loro argom enti, e di Atellanae dagli attori che le rap p re­

sentavano. Certam ente collo svolgersi della c o ltu ra , da que’ rozzi germi a- vrebbe potuto sbocciare e crescere e m a tu rarsi un teatro nazio n ale, se la am m irazione p e' Greci non avesse tanto m ortificato que’ semi da spegnerli affatto.

V ’ ebbe adunque in Rom a u n a poesia prim itiva, rozza, inform e, m a o- riginale. Ondechè Nevio ben potè sotto certi rispetti v a n ta rs i, n ell’ epitafio che scrisse p er s è , che seco era m o rta la lingua latina 5. E in v e r o , se dopo di lui sorse u n a le tte ra tu ra più elegante e artifiziosa; in gran p arte venne m anco quella vena propria e nazionale che n e’ prim i secoli abbondava.

(C o n t.J

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A. Lingaiti

CONFERENZA 26.a

In g r a s s i v e g e t a l i.

Sovesci — vantaggi che producono — piante da prescegliersi — avvertenze ne­ cessarie — Altri ingrassi vegetali — lupini cotti — vinacce — pampini ed altro fogliame — panelle di semi oleiferi — acqua di maceri ec.

Non senza ragione fin d alla passata conferenza io vi feci notare che la vegetazione spontanea non im poverisca m ai il terreno, p erchè, seccando sul

1 Virg. Georg. 11. 380. H orat., Epist. 11. 1. 139.