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Malli Pacuvium et Attiiim potius legunt quam Sophodem et Euripideni.

LE VITE DEGLI ECCELLENTI CAPITANI SONO DA ATTRIBUIRSI A CORNELIO NIPOTE?

1 Malli Pacuvium et Attiiim potius legunt quam Sophodem et Euripideni.

Milano il 1 4 9 6 , uscì il libro lalc q u ale è o g g i, con la stessa prefazione e con le due vite di Catone e di Attico. O ra dico io , com e va ch e a quelle

Vite ci si trovano u n ite nelle an tich issim e edizioni an ch e queste due u ltim e , e proprio queste due che tutti concordi attribuiscono a C ornelio? e com e ci si legge quella stessa prefazione ad A ttico, 1’ am icissim o di C ornelio ?

La dedica in v ersi ch e P robo m ette innanzi a questo libro, p rese n tan ­ dolo a T eodosio, è u n a ragione che per noi non pone e non toglie. Im pe­ rocché questa dedica non dice altro se non che un tal Probo p rese n tò a Teodosio u n ’ opera copiata da L u i, da suo p a d re , da suo avo, com e opinano a uu di presso L ieb erck u h n , P eck e L e rsc h . E questo è a voler g u ard are le sole circostanze esteriori del fatto ; ch e a v olerci ad d e n trare u n po’ più in codesto argom ento, io potrei afferm are ch e qu an ti in Italia e fuori s ' i n ­ tendono di eleganze latine non sanno n ea n ch e sospettare che 1’ au to re di questi b ru tti v ersi della dedica avesse poi potuto scriv ere il lib ro delle Vite

degli eccellenti ca p ita n i con quello stile sì adorno di n atu ra le bellezza e quella lingua sì p u ra. Udite il giudizio del L am b in o intorno a questa dedica: Q uis

non v i d e t , hos versu s non solu m inelegantes , ineptos et m ale n atos , veru m etiam ab aliquo nebulone indocto et b a rbaro, a u t, ne qu id g ra viu s d ica m , a scrittore lib ra rio v i x sem idocto esse fa cto s? quorum si v e lis sin gu la verba j u - stis pon deribu s e x a m in a r e , et syllabas pedesque d i m e t i r i, et sententiam p e r -

pendere, et v itia om n ia d ig ito , a u t etia m n u tu in d ic a re ; p ro b em qu anlum vis aut p ervica ci au t hebeti dignos esse, qu i lenissim o a lien i et vilissim o lu d im a - gistro, versu m scribendurum p n ir ig in e p e ru s to , et versibus in scitia m atque in - scientiam su am om nibus d ecla ra n ti, n ih il p ra e te re a ossequenti, seu p o tiu s coquo fuligine cooperto et im m u n d itia sordibusque popin ac squ alido, trib u a n tu r *.

Ma ciò non basta; p erchè io voglio dire che questo libro e pel concetto c per la form a non mi pare proprio ch e possa essere una produzione del secolo IV . Chi volete infatti ch e inveisca contro la tira n n id e e la dom in a­

zione d i un s o l o , quando il d iritto si vuol riconoscere d alla forza e i bar­ bari co rrono e signoreggiano da per tutto con un dispotism o feroce? Chi vo­ lete che celebri g li o d ia to ri e g li uccisori dei despoti, quando son cond an n ati di confisca e di m orte chi h a fatto onta alle statue dei superbi d om inatori? c chi d a rà il nome d i G rande a T im oleone che spense il tiran n o d i C orinto,

c celebrerà come p ro d e e virtu oso T rasibu lo che liberò A ten e d a i tren ta op­ pressori ? E in questo stesso secolo ch e su i rottam i del P a g a n e sim o , per opera dei più dotti e facondi Padri d ella C hiesa, il C ristianesim o affermasi in tu tta la sua potenza, chi volete ch e con sideri l ’uom o tu tto subordinato alla

società civile e som m erso nello sta to ? Q uando su la te rra l ’ uom o non deve altro che piangere e non c u ra rsi d ’ altro ch e dell’ an im a sua e della patria celeste, chi volete che ci p re se n ti come n obili esem pii d i c iv ili v ir tù quegli

E roi d i A te n e , d i S p a rta d i Tebe che com batterono sì n obili battaglie a d i­

fesa d i loro lib ertà ? Q uando i popoli gavazzando nei lor tu rp i trionfi b ru ­ ciano in A lessandria 40 m ila volum i, dopo u n a predica del fanatico p atriarca Teofilo, e distruggono il tem pio di S erapide, riputato il più vasto e m agni­ fico dopo il C a p ito lin o , c spezzano le statue e diroccano i più belli m onu-

m e n ti d ell’ a n tic a civ iltà pagana, c h i volete c h e s i lam en ti d e ll’ oblio in cu i

sono ca d u ti i bei costu m i a n tich i ?

E trasform atasi p er la n uova idea trio n fa tric e la m an iera di se n tire, di im aginare , di p e n s a r e , e h 'è ciò ch e co stituisce il principio vitale di ogni lingua , il la tin o , c h e rap p rese n ta 1’ an tic a c iv iltà , si trasform a a n c h ’ esso e dà luogo al latino c ristia n o , che fu b arb a ro e tan to diverso dal latino pa­ gano, quanto la n uova civ iltà dall’ an tic a . P a rla n o questo nuovo latino i c r i­ s tia n i e i pagani; m a in m olte cose no n s’ intendono p iù, p erc h è la sintassi è confusa com e le loro idee ; la n uova d ic itu ra non vuol sap ere di quelle in v e rsio n i, di quella g rav ità e di q u e ll’ o rn a to , a cu i studiavano gli sc ritto ri del Lazio. Esem pio è il latino di S . G iro la m o , ch e fu dei più dotti nelle lingue orien tali e studiò con am ore C icerone e V irgilio. In questi tem pi ad u n ­ que p er le m u tate condizioni non si potè sc riv e re e non si scrisse con quella p u rità di lin g u a , sa n ità di stile di eleganza leggiadria e b ellezza, ch e sono il pregio di queste V ite. E però P robo non scrisse questo libro: egli a tra rlo d all’ oblio, lo copiò e, com e per rac co m a n d arlo , lo volle d edicare all im pe­ rato re Teodosio , il quale fra le c u re del suo vasto im pero tro v av a an ch e tem po p er a tten d e re alle le tte re e m assim e alla Storia. E questo im peratore c h e giudicando a n tich i fatti frem eva alle cru d e ltà di C h in a , di M ario , di S iila , oh qu an ti utili am m aestram en ti io mi penso ch e ritra sse da questo lib ro !

D im ostrato così ch e le Vite d egli eccellen ti c a p ita n i non ponilo essere fru tto del secolo IV io dico c h e esse tu tte senza dubbio ap partengono a C or­ nelio N ipote, al repubblicano dei tem pi di B ruto , a ll’ am ico di C a tu llo , di C icerone, di A ttic o , siccom e oggi convengono tu tti q uelli che h an n o gusto e d o ttrin a . E qui senza rip etere le belle ragioni ch e altri in g ran copia ha addotte e ch e io p u re h o in p a rte a c ce n n ate, voglio re strin g e rm i ad u n solo argom ento che b aste rà di p er sè a dim o strare ad evidenza quel c h e ho detto. L 'in g e g n o lascia l’ im pronta di sè in ogni opera su a , e però am m esse com e sc ritte da Cornelio le due Vite di C atone e di A ttico , devono n ec essaria­ m ente a ttrib u irsi a L ui a n c h e le a ltre. Il modo infatti di concepire tu tte que­ ste Vite è uniform e , u niform e il modo di co n n e tte re le i d e e , u n iform e il m odo di g iudicare, uniform e il m etodo, uniform e la lingua, le p ro p rie tà g ram ­ m aticali, le frasi. Leggasi u n a vita, ad esem pio, q u ella di T em istocle e Voi vedete com e su quello a n d a re stesso son condotte le altre . O dicasi a d u n ­ que ch e n ea n ch e quelle di C atone e di A ttico appartengano a Cornelio o di­ casi ch e son tu tte di L u i.

C apisco ben e c h e la n uova scuola auceps sy lla b a ru m et v a ria ru m lectio -