• Non ci sono risultati.

1j E L E * S © N I D I ». I N S E L H O

X I.

E n triam o p e r poco n ella stan za da letto del nostro m aestro elem e n ta­ r e : lo tro v erem o assiso ad un tavolo in ten to a co rrig ere i com pili d i A- ritm e tic a d ati il giorno in n a n z i, aspettando che 11 fanciullo prosteso sul letto

si destasse d al sonno. Pochi lib r i sono in uno scaffale vicino; m a di q u elli che v arreb b e ro a farne m ille a l i l i ; non vi mancano la B ib b ia , O m e ro , i noslri q u a d ro poeti, e due o tre T ra tta li di Fisica e C him ica. Nella cam e­ r a , non ostante la povertà dei m obili, tu tto è ordine e pulitezza; le p a re ti sono stale di fresco im biancate, il pavim ento spazzalo nel m attino, ed ogni cosa sla al suo posto. Nè bisogna credere che D. Anseimo tenesse sollanlo cura di quei che rig u ard av a la sua p e rso n a ; egli era attentissim o che la scuola fosse ben netta, e che gli scolari non gli venissero innanzi colla fac­ cia e le mani sporche e con gli ab ili laceri e sudici. É vero che non tu tti potevano usarli senza rim e n d atu re; m a, purché fossero p u liti, egli ad allro non badava. A tal rig u ard o usava spesso d ire che se era potuto giungere tanto oltre negli anni, conservando gran p arte delle forze, lo doveva all’ os­ servanza di questo precetto igienico, ed al tenore m oderalo di vita.

E ra di già trascorsa un’ ora dopo m ezzodì, ed A ndreuccio, dopo aver due o tre volte distese le b ra c c ia , com inciò a d esiarsi. D. A n se im o , l a ­ sciata 1’ opera che aveva per le m ani, si accostò am orosam ente al le tto , a- spettando che quegli fosse del lutto sveglio. Il fanciullo, a p e rti gli occhi , fu preso da m araviglia a vedere il luogo, nel quale si tro v av a , e com inciò a chiedere piangendo la m adre. Giam mai il buon vecchio dovette tanto a- doperarsi in sua vita, quanto a persuaderlo a rim a n er q u e to ; prom ettendogli che tra breve egli stesso l’ avrebbe ricondotto a casa; e l’ a ltro , stanco del lungo pianto, accondiscese alla fine alle preg h iere di D. Anseimo e della sua antica P erpetua , sedè a tavola e mangiò dei cibi che gli si ap p restaro n o .

Il pranzo del m aestro di scuola non du rò m o lto , e generalm ente per questa classe di p e rso n e , che tanto lavora pel bene del p o p o lo , non biso­ gna raccom andare molto la sobrietà del v itto : vi pensano p u r troppo i m u- nucipii ! D im andate alla m aggior p arte dei noslri S in d a c i, dalla lesta di cote, se danno ad un loro contadino meno delle Irenla lire m ensili! E p u re ne spendon meno per provvedere alla istruzione dei loro figli. Sarebbe quasi da rim p ian g ere che sia cessata la paterna tutela di una v o lta ; così non si vedrebbero lante lesinature sugli slipendii dei m aestri !

Mi perdonino i le tto ri q u est’ a p o s tro fe ; lo so che è fiato p e rd u to , e che noi per civiltà stiam o al paro con la T u rc h ia . T orniam o al nostro D. Anseimo: egli è lì seduto nel suo piccolo giardino a godere il raggio del sole, fino a che giunga l’ istante della d u ra fatica; il fanciullo gli sta vicino e coglie i pochi fiori che si m ostrano in quel giorno di m arzo. 11 vecchio lo g u ard a sorridendo, e rito rn a colla m ente alla sua infanzia, quando non ancora aveva pro v ati gli stra z ii della sorte e la m alvagità degli u om ini !

Il giardino non so bene se e ra più esteso di due are ; un breve viale 1’ attrav ersav a nella sua lunghezza, e lunghesso pochi ara n ci ed a lb e ri f r u t­ tiferi ; ma l’ uno ben discosto dall’ a ltro , in modo che tra essi potesse c ir ­ colar l’ a ria e la luce. Poiché n u lla nuoce tanto alla vegetazione q u an to il p ia n tar alb eri 1’ uno daccosto all’ a ltro , come si usa nel S a le rn ita n o , senza nemmeno b ad are se una specie coltiv ata rip u g n i all’ a ltra . Il terren o poi era diviso in tre o q u a ttro aiuole d ’ insalata e cavoli; ma di q uelli messi dalle mani del nostro m a e stro , con p ia n te di fiori a ll’ intorno.

E ra d i già g iu n ta 1’ o ra d ella lezione, e D. A nseim o, preso p e r m ano A ndreuccio, che aveva finalm ente deposla la sua tim id ez za , en trò nella scuola e s’ occupò nell’ insegnam ento delle m a te rie p re s c ritte . V enuto a te rm in e di qu esta c u ra , prese^ il cappello ed il b astone, che g li d ette la su a d ilig e n te P e rp e tu a , e messi in o rd in e gli scolari , s’ in c a m m in ò a lla vicina collina.

Dopo d i a v e r discorso di m olle cose , com inciò a r ic h ie d e re d a i suoi scolari che gli ripetessero in loro linguaggio i p rin c ip ii d i F isica in to rn o a l suono, sp ie g ali il giorno p rim a . E dopo a v e r c o rre tti d iv e rsi e r r o r i , d a ­ g li alu n n i co m m essi, così com inciò a d ir e :

Vi p a rle rò oggi d ella velocità del suono ; m a p rim a d i v en ire ad essa ho bisogno che in te n d ia te alcuni fa tti. S upponete che u n a ca rro z z a ca m m in i se m p re u g u alm en te o con molo uniforme, come si dice, ch iam erem o spazio la lin e a percorsa d alla carro zza d a i p rin cip io a l te rm in e d ella su a corsa; così lo spazio tr a S alerno e N apoli sa re b b ero i 54 c h ilo m e tri che intercedono tr a 1’ una e l’ a ltr a c ittà . Detto spazio o nu m ero d i c h ilo m e tri si può p e r­ co rrere im piegando u n n u m e ro di ore più g ran d e o p iù p ic c o lo , ossia co­ me si dice in un tempo m aggiore o m inore; nell’ idea q u in d i del m o v im en ­ to e n tra necessariam ente q u e lla d ella d u ra ta o tempo. Se poi la ca rro z z a p e rc o rre 9 ch ilo m e tri in u n ’ o ra , m ettendo 6 o re a v en ire d a ll’ una a ll’ a l­ tr a c ittà , d irem o che cam m ini p iù velocem ente d i q uanto in u n ’ o ra fa 6 ch ilo m e tri e pone 9 ore a far la stessa via. Q u indi noi diciam o in g en e rale che una c a rro z z a , un co rrie re , procedano più velocem ente q uando in un te m ­ po d e te rm in a to , p er esem pio in un ’ o ra, p e rc o rran o m aggior cam m ino o sp a­ zio. La velocità è d u n q u e m isu ra la dallo spazio che si p erc o rre in un dato te m ­ po, e precisam ente negli esem pii ad d o tti da quello che si descrive in un’ ora. Ciò posto il suono m ette un dato tem po p er v enire d a uu p u n to ad u n a llro , o p p u re un suono m andalo da u n ’ e stre m ità d i una lin e a , non si ode dall’ a ltr a nell’ istesso istan te nel q u a le si è pro d o tto . Si no ta d i f a tti che gli u o m in i, che sono a d isian za , e che si ch iam ano a v o c e , sentono m olto dopo le p aro le a loro d ire tle , avendo relazione a l tem po nel quale sono emesse.

Q u indi il suono im p ieg a un certo tem po p e r p erc o rre re un dato spa­ zio, o a ltrim e n ti tiene u n a d ata velocità. Da m olti fisici, e sp ecialm en te da G alileo si era ciò sospettato, ma solo u ltim am en te nel 1822 si ebbe la m isu ra dello spazio che il suono p e rc o rre in un m in u to secondo, poiché essendo il m ovim ento p iu lto sto c e le r e , non si può p re n d e re l’ o ra p e r u n ità d i tem po.

Cercale d ’ in te n d e re come questo si sia o tte n u to . Nei d in to rn i d i P a rig i vi h an n o d u e co llin e, 1’ una M ontlhèry, e l’ a ltr a V ille ju if , discoste 1’ una d a ll’ a ltra p er 18612 m e tri circ a. In ognuna delle due colline si collocò un cannone , che si esplodeva da 10 in 10 m iu u ti p r i m i , tre osservatori sta­ vano nel p rim o sito e tre nel se co n d o , con b uoni orologi o cronometri che si voglian d ire . Supponiam o che il p rim o colpo si tira sse da M onlhlè- r y alle 8 d ella se ra , g li osserv ato ri di V ille ju if a ll’ istessa o ra vedevano il la m p o , ma p er u d ire il rom bo dovevano p assare 54” ; q u in d i il suono im ­ piega 54 secondi a p erc o rrere 1S612 m e t r i , ed in un m in u to secondo de­ scriv ereb b e lo spazio d i 340m.

In questo esperimento si suppone che il colpo p a rta nell’ istan te nel quale la luce si vede dall’ a ltra e s tre m ilà , e ciò si può tenere quasi p er vero , poiché la luce in un istante percorre uno spazio grandissim o , ossia tiene grandissima velocità, di modo che in un secondo p ercorre 77000 le ­ ghe di 4 chilometri ognuna. Così la luce im p ieg a 8 m in u ti p rim i e 13 se­ condi per venire dal sole alla terra , d ista n ti 1’ uno d a ll’ a ltra p er 24000

raggi terrestri ognuno di 6366 chilom etri !

Ma basta quel che per oggi vi ho d etto . Già il giorno è vicino al tr a ­ monto , fa d’ uopo che voi rito rn ia te a c a s a , ed io debbo p en sare ad An­ dreuccio che non può stare a lungo senza le cu re d ella m adre.