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e mantenne il giuramenlo più bene di quello che non manici estero i suoi avi la costruzione e i giurali patti

elo

mantenne

siscrupolosamente cheglieffetti supera-ronola

brama. Morta

fu 1’ industriae ii commercio, avvilito e calpestalo ogni progettod’

un

più lieto vi-vere, dimenticata nell’inopia la borghesia,

smonta

e avvilita la nobiltà, il pubblico

bene

sottomesso alle

mene

gesuitiche, la politicastessacircoscritta

da una

sfera ignobile ed angusta; i’unico pensiero del go-vernofuquellodiabbattere edistruggerela più lieve

nube

diciviltà,dicrearebaluardicbastionisulle

mino

della patria,d’aizzarel’odioelavendetta,didivideree

smembrare

tutto

un

popolo,di fare

Palermo

straniera a Messina, Napoli a Siracusa, d’annientare ogni

umano

consorzio

rendendo

gli

uomini

affamati cd egoisti, e ciò

onde

governarli

come

il

mandriano governa

gli ar-menti, gettandoloro

un

tozzo di

pane

per la sod-disfazione di vederselischiavi a’ piedi.

Ed

allo scia-gurato

non mancarono

fiere

da

scagliar sulle desolale

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STORIADFXLARIVOLUZIONI; D! SICILIA 25 caterve,a succhiarneilsangue,ea infonderviilveleno dellasimulazionec dellasuperstizione;chese

un

so-spetto,

un mero dubbio, una

parolasloggila incon-siderala,

una

lettera passata

da

sospetta

mono, uno

sguardo,

un

sospiro, allraversasse latoro

mente,

le birreschefiereaddentavano,e

qualunque

fosselapreda, scannavano.*

r

!aiefuilprincipiodiquesto regno,tale nefui’ au-rora

— Immaginiamo

qual fosse ilgiorno,

quante

e .

quali miserie si accumulassero su quella miseraterra allorché la

campana

della riscossa destò gl’Italiani

,

quanto

fosseildolorediqueipopoli

, che pari a noi

hanno

nellevene

sangue

dei Cesari e degiiSeipioni, che paria noiserbanoin seno quel fuoco d.vino che è scintillaimmortaledelprimatod’ Italia,

non

polendo slendcie anoila

mano, non

polendo esternare queila giojache ispirail trionfo,

non

potendo cooperare

an-eli’essiallosviluppo del gran principio,

non

polendo versareilproprio

sangue

sui

campi

della patria indi- » pendenza.

E

ciònonostante,a*rischioche la

mannaia

troncasselegenerosecervici,collospettacoloinnanzigli occhi di tortureinaudite,dipersecuzionie proscrizioni d’ognigenere,ciononostanteiSiciliani d’ogni sesso, d’ogni condizione,d’ogni età,

eludendo

nelloscorso

aquo

l’esosasorveglianzadeiManiscalcoedeiFerro

non

mancavano

diporgereall'Italiaquantisoccorsi la

dura

circostanza loropermettesse.

Onde sempre

più irritata la ferociadei regii,e

sempre

più

accumulata

sugli in-felici la tirannide,più che

mai

fu lascialo libero freno aicarnefici edaglisgherri, sicché

pensando

a

quante

cenlinnjadipersone furono massacrate perfinoinsugli allari,alle

donne

sgozzateesventrale,ai saccheggi ed alledevastazioni, allecrudellà mostruose

un

brivido invadeI’

anima

nostra,

una

maledizione

suona

suite labbradiogni gentecivile.

CAPITOLO I

26

Qual

contrasto

non

offrìalloral’Italia,qnal differenza di vitaai

due

estremidellaPenisola.Sul

Po

esull’Arno tutto giubilo e tripudio, alle falde delVesuvioedell’Etna fupiantoetortura;

mentre

qui

regnava

laconfidenza el’ammirazione

pur un

miracolodire, làsilevava

una

segreta maledizione controaltronoese

ne minavano

le

fondamenta

dall’odioe dallavendetta;

mentre da un

lato tuttoeravitaesplendore,dall’altroeran tene-bree silenzio disepolcro,

mentre

che l’una parte

gua-dagnava

la simpatiadi tutti i popoli

, dall’ altra era compassionevole universale

argomento

diorrore.

Ma enormezze

siorribili, colpe sìgrandi, tanti la-mentietanto

sangue innocentemente

versato

non

poteva laProvvidenza permetteredivedere impunito.

Non sola-mente

isuoidelitti

pendevano

sulcapoaltiranno

come bipenne

scure pronta a vendetta; sopradi lui tuttele stragi e le

enormezze

de’padri suoi,itradimenti del-l’avo,lecarneficinedelpadre,leoscene infamiedi

Ca-. rolina,leconcussionidiRuffoe diActon, emille e mille giuramenti calpestati, azioniindegne,e tutto

quanto ha mai

d’orribileed’esecrandolastoriadeiBorboni,

dal-l’infanteD.Carloall’altualejena, pesava.Sì, la

Provvi-denza

decretòl’espiazione ditantecolpe, diqueltrono infame decretòlarovinaeperciòloresesordoai salu-tariconsigli di sudditi e di

monarchi

, lorese impas-sibile

ad

ogniminaccia, cieco

onde non

vedesseil pre-cipiziocheglisispalancavasotto

onde

per sè

medesimo

visiscagliasse,persèscoperchiassela

tomba

e suggel-lasselapietra col

marchio

dellainfamia.

Ed

intantoche questo fuocosi

accumulava

eche an-cora coperto di cenere cercavadilatarsi, e che

da un

capoall’altradell’Isolasipreparava a sorgeree

a

scin-tillare d’

una

luce irresistibile, intanto Francesco II

mandava

lesue ordea’confinidello Stato;elà pieno

1 >

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STORIA DELLA RIVOLUZIONEDISICILIA 27 d»tracotanza minacciavaairedentiItaliani,minacciava ajutoallapericolantebarcadiPietro,e nelsuo

animo meditava

recareall’Italia

come

già

un

diDarioalla Gre-cia,lecatenedelselvaggioed i

marmi

sontuosi

onde

innalzare

un monumento

altrionfo della tirannide.

E

certamente che ove

non

avesse trovata opposizione,

dove

potentivoci

non

gli avessero intimatoilrispetto alla volontà provvidenziale dei popoli,

dove

trovato avesse piùpotentialleati diquelloche

non

lo fossero

un

papato ed

un impero

,

ambo

sfinitodi forze e di ardire, certamente che osato avrebbepassatoil

Rubi-cone

,

non come

Cesare pienodi vtloree diconfidenza nellacausa che

andava a

propugnare,

ma come

Claudio imperatorealconquistodella

Gran Bretagna

recò

armi

tiranne.

Ma un rumore

sordoelontano,

una romba

di