ed il palazzodel resi ritiravano,preparatia
nuove
e più vigorosebattaglieperchè làv’erano trincero,edilfuocodel castelloe del palazzogliproteggeva.
Ma
anzi che a quello pervenissero ebbero a passareinmezzo ad un
popolosempre
piùfieroenumeroso,
sottouna
piog-litizedbyGoogle
STORIA DELLARIVOLtJZlOHE DI SICILIA 127 già
non
solamente dipalle e di mitragliama
d’ogni cosache loro si gettava dalle case, enelmedesimo tempo
schermirsi dagli Italiani che liperseguitavano collabajonettaeconun
furoreche peressiera morte, spaventoe terrore.Garibaldi percorreva a cavallola città già data a
nuova
vita,equesti richiamava a piùdolcisentimenti, quelliinfervorava, e dove più erafittaed accanita lapugna
là siportava,ead
ogni cosa vegliavaed accudiva, equestoequell’allroordinemandava,
e sullasuafronte sileggevailvaloree lacompiacenza, l’onoredi tante sventureelarisoluzioned’ affrontarlecome
unicavia allasalute della patria.Ed
arrivalo sinoallapiazza Bo-logni, connon
poco contrastoeconnon
poco sangue, alpalazzo Pretorioil suo quartiere generale stabiliva;ed intorno a sèicittadiniprincipalichiamatielodatili del loro zeloevalore, erichiestilidiqueglischiarimenti chesul
momento
importavano,e spintolinuovamente
alladirezione dell’azioneod
a riempireuna
qualche funzione, adirigerel’insurrezione.Versoleoredieci antimeridianele
bombe
comincia-rono a schizzare perl’aria,prima moderatamente, ma
poscia conestrema violenza. Allora il popolo riprese
con
più energialeostilità,con più entusiasmoproruppe
nel gridodivivaVittorioEmannele,
viva l’Italia, viva Garibaldi, quasivolessea questomodo
rispondereallo scoppio dellebombe
ed al fischiodeipiojeltiliinfiniti cheovunque cadevano
gettando morte e devastazione.Ben
prestoun
grannumero
di casefurono distrutte,mucchi
dirovine coprironole strade.Ed
allorchéi va-scellicominciarono anch’essi a lanciarebombe
e razzi incendiari, alla vista di tutte le nazioni incivilite di Europa,allavistadinglesi, di Francesi, d’Americani, d’Austriaci, di Russied’ Italiani, allorada
molteparti198 CAPITOLO
VI-dellacittàelevaronsi vorticidi
fumo
e difiamme,
e l’ariafu pienadi caligine, eduna
tinta rossigna ri-schiaròlecose.E
ciònon
oslanle l’ordinedel popolonon
venivamano,
e lavedutadella rovina del patrio tetto,dellamortedeipiùcarie degliamici,lavistadi tanta strageesterminiosembrava
infonderenuova
vita, ed ilsangue
fluivapiùbollente nellevene,l’ardimentonon scemava
nei fortissimipetti.Cosi
venne
la sera. Allorauna
scenanuova
e ter-ribile si offrìaglisguardi dichi stavaa rimirarla. Il cieloerastellato, la naturacalma
eserena.Un conti-nuo
scoppiodibombe
e di granale, ilrimbombo pe-renne
dei cannoniedeimoschetti riempival’aria per ognidove, emille echidestava per tutta lacatenadi monti chedal Pellegrinoa
Misilmeri circondalacittà;elacittà eratuttailluminata, equantitàdi faci
erano
portate perogni versonellestrade enelle piazze, elebombe
edirazzispandevano
nellospaziouna
luce sfa-villante,elefiamme
chediqua
e di làuscivanosulPimmenso ammasso
dicasolari,e di templi, e di torri;e tutto ciò unito allo squillo d’infinite
trombe ed
alsuono
deitamburi, al martellareditutte lecampane, non
chealgridodituttoun
popolo,ailamentiinfiniti,ad un
tumulto sordoeconfuso,eratalescenachepur non
volendo faceva sgorgare il pianto,ecertamente
cheirifugiatisullenavee suivaporiavranno
pianto,non
diquel pianto dolceesoavechelenisceildolore,ma
di quel pianto cheagghiaccia, fafremeree inorri-dire.E
cosi passò la notte, equando
l’alba delnuovo
giornocomparve
sull’orizzonte piunon
si vide su Pa-lermo cheuna
nuvoladi fumo.Garibaldi intanto aveva pensatodidare
un
assaltoa
tuttiipostioveiNapoletani tenevansichiusi,al
palazzo
—
DigitizedbyGoogleSTORIADELLA RIVOLUZIONEDISICILIA 129 naie, a quellodelle finanze,alcastello, sitopiu
impor-tante della città eche lamette incomunicazione
col mar,e.Perciò nel susseguentegiornoventotto, condusse controdiquellotutteleforze di cui poteva disporre,non
obliandodiguarnire tutte quelleoperedi fortifi-cazionegiàcaduteinsua mano ben sapendo
averealle spallecolonnedinemici prontead
ognisacrificioonde
riunirsial quartiere generale.ILbombardamento
più fiero,che,mai
continuava,il popolo incontinuascara-;maceia
coniregipersistevaallorché Garibaldiimpegnò
vivie replicati assaltitantoaidue,sopraccennatipalazzi quanto,alcastello; e condotta controdiquelli la,suà
poca, artiglieriaapriun
fuoco gagliardoecontinuato.E
che servequi.ilvenire,
a nuove
descrizioni, discenenon
dissimilidiquelledei passatigiorni? Ciò non-varrebbe che asempre
più amareggiare l’anima; e l’odioelosdegno
èjabbastanza inspiratoonde non
necessitadinuovi
stimoliedi nuoviesempi di crudeltà edi furore.Solo dirò che tanto dall’uno chedall’altro latofurono fattiprodigidivalore,siaper difendereche per aggre-dire,e,che molte furonolevittime in quei luoghi ca-dute, etroppo le stragi elebarbarie
commesse; ma
iGaribaldini ed,il nucleodelle
squadre
siciliane re-stanoalfinepadroni,ditutti gl|avampostie delpalazzo delle finanze,— guadagnano
alcuni pezzi d’ artiglie-ria—
moltiprigionieridanno,
emolte azionidisingo-.lare,generosità;edidisciplina.
Epperò
iregifurono co-strettirinchiudersinellareggiaenel castello,lasciandoogni
a,ltraposizione, dellacittàinmano
aivincitori.Ma con
questo,non
si sbigottirono, anziraddoppiano
dipremura
nellanciarlebombe
e nel fare fuoco-generoso di mitraglia edi inoschetteria sulpopoloe sugliarmati;e,ciòmentre,le navipersistevanonellanciareedinoro-'
cjareconi
loro, proiettili d!ogni natura. Sicchésempre-Rivoluzione diSicilia. 0
CAPITOLOVI 130
stragi,incendierovinedellapoveracittà;cuiilpopolo» rispondeva con
nuovo
furore,connuove
gridadivivamalia,
viva lalibertà. .•
In questo giorno l’ammiraglio
Mundy,
conaltri rap-presentantidipotenze europee faceva lepiùenergiche e generose rimostranzealcommodoro
edalcomandante
napoletano, e manifestava l’orrore d’una
carneficina inutile ecrudele;ma
questinullavollero ascoltare,come
Ulisse essiavevano
turatigliorecchi collacera, illoro cuore era talmentelegatoall’antennada
cuisventolavailborbonicovessillochealtro istinto
non
glianimava
che quelloispiratodallorocrudele signore— bombe
e
bombe,
lapietàconiribellièuno
scavarsiilsepolcro.E bombe continuavano
a pioveresullacittà.Intanto Garibaldi, che
come
già dissiavevastabilito ilsuo
quartiere generalealpalazzoPretorio,alla testa delcomitato, ilquale sedevainpermanenza,
provvide all’organizzazione generale.Dal latodelnemico
invece era disorganizzazioneescompiglio; lastanchezza,lafa-me,
ildisordine, la demoralizzazione già pullulavano nel suo seno.Icomandanti
edicapipiùnon
potevano fidare nelle lorotruppe,ladiserzione era continuata,la generositàdeinemiciledisanimava;lecolonne chenellecampagne
correvanonon
potevanocomunicare
conloro, ilnumero
deimortie deiferitinon
eraabbastanza com-pensato daisoccorsi cheda
Napoli pervenivano, ele istanzeeleprotesteconsolariedegliammiragli
piùche mai
pressavano. Alfine fu forzacessaleilbombarda-mento
edomandare
alnemico un
.armistizio,equestoonde
raccorreimorti ediferiti— onde
trattareipatti della resa.Allorasuccesse
un abboccamento
traGaribaldied
ilLanza
sulvascello ingleseYHannibal,allapresenza deicomandanti
ilegnida
guerra delle nazioni francese,i •.lV**. : »•
Digitizedby(
ST0RIÀDELLARIV01.CZ10SE DìSICILIA 131 sardaed americana.
E
sividero,siparlaronoquestidue
rappresentantidella libertàe dellatirannide; il fiero Lanza dovettealfine riconoscere inGaribaldiun suo
eguale,coluida
cui doveva subire la sorte.E come
lafiera che tenta
mordere
lamano
che l’incatena le sue parole volleropungere
esuonarono
mordaci:ma
Garibaldi colsuo
ingenuo
sorriso e colnobile orgoglio seppe rispondere.Furono
trattatii pattidella resa,ma suonando
troppo duri nel cuoreenell’anima dell’ita-lianopereccellenzafuronorespinti;sicché fusolamente conclusoun
armistizio di24
ore,e ciòonde
avere iltempo
diraccorreiferitie di seppellireimorti avanti diricominciareleostilità.Nelpartire dalla fregata, Ga-ribaldi lasciòtutti gliastanti pieni diamore
edi mara-viglia;lasua franchezza,lasuagenerosità,imodi
dolci edinsinuanti, l’entusiasmonelsantoamore
dipatria, tutto valseacolpirequei cuori incuilasua memoria
resteràimperitura.Onde
annunciarealpopoloilrisultatodell’avutoab-boccamento
Garibaldimontò
albalconedelpalazzo Pre-torio.Una
follainnumerevole
era accorsaad
ascoltarlo,un
evvivaedun
applauso chedurò
parecchiistanti sa-lutalasua comparsa. Successoilsilenzioeidice:—
Ilnemico mi ha
propostoun
armistizio, ione
accettai quelle condizioni che l’umanità dettavaaccettare; cioè:ritirarfamiglieeferiti
— ma
fralerichiesteuna
vene
eradiumiliantepellabrava popolazionediPalermo,ed
iolarigettaicondisprezzo,il risultatodellamia
con-ferenzadioggifudunque
diripigliarele ostilitàdomani,
loed
i mieicompagni siamo
festanti dipoter combat-tere accantoaifiglidelVesprouna
battaglia che deve infrangere1’ultimo anellodicatenaconcui fuavvintaquesta
terra delgenio edell’eroismo.— E
nuovi ap-plausi enuove
acclamazionilosalutarono.139r . >
carnet
v*.; ,
Quii più, afivonou,si;
pwrt.chfe
a,prepararsi,a,ni^>
a,
dr4^ej
n,ij»p fiprriqofi),a
strascinarec^ealr
io,feccia alpalazzo,reale,
e
provvedersifi’aroM,
inani-.zippi„
ed
incoraggiarsiscambievolmente.e ripromettersi-vigorieotrionfi.E
dalsuolatpilgovernoinvitògji abif, tacitianulla,omettereonde
lanuova
guerra conseguissiil'
4
^diCral<ivfine,agliinvila^aprire
ìe,bq(tpglmfpnd&
provvederepotesseagiiurgentibisogni, di dqne fcwifi,^,cqpmnjcazippj a;una,casajcoiralirft,di.
portareal,
epurato
tele da.sacpo,,Pffile*zappo, oggi, an-nose, infine.Cheservibile fosse,alpubblico.bisognaSiciliani!
'f T* >, l ; .-r, ,
•
gìGeneraleGaribaldi, DittatoreinSicilia,a nomedi S.BL
Vit-DaloinPalermooggi27maggio1860/
G, Garibaldi.
» * «•* •
fidecreto seguentedimostracornei anefie n,eU’arte dpj^
governare,siaeccellente cqluiefie.i nqsfiinemjpi
cjhj$-m&FiW.
filibustiere,Ajt.1.Ifigjiideimoriiin difesa delfa causa azionaI&,aorta
0?%
iranno
edpp^j^rjulri^,a tgn^edqllp.S^afp; se dopili!, fino, agliannisedici; seuomini,sinoagfiannidiciassette.
GiuntoledonneagliannisediciAvrannouna dote conveniente all»loro origine,da conseguirlalostoché. prenderanno marito.
Gliuominiaidifiiawqtt^aoiM, nqg5safangc, PÌÙ acarico dello